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2 .

INDICE

CAPITOLO 1: L’EVOLUZIONE DEL GRES E IL PROBLEMA DEI FANGHI DI LEVIGATURA.

1

1.1 Il settore ceramico e le sue trasformazioni 1

1.2 Il gres porcellanato 3

1.3 La levigatura del gres 3

1.4 I fanghi di levigatura 4

1.4.1 Il quadro normativo di riferimento 5

1.4.2 La produzione di fanghi 8

1.4.3 I problemi di un riciclo interno 9

1.4.4 Il recupero attraverso la produzione di laterizi 11

CAPITOLO 2 I LATERIZI 12

2.1 Definizioni e tipologie 12

2.2 I laterizi in cifre 14

2.2.1 L’andamento delle diverse tipologie 14

2.3 Caratteristiche degli impasti utilizzati 15

2.4 Ciclo produttivo 18

2.4.1 Stagionatura 18

2.4.2 Preparazione dell’impasto 18

2.4.3 Formatura e taglio 19

2.4.4 Essiccamento 19

2.4.5 Cottura 20

2.4.6 Imballaggio e spedizione 20

2.5 I difetti di produzione 20

2.5.1 I difetti di formatura 21

2.5.2 Efflorescenze 21

2.5.3 Inclusioni calcaree 23

2.6 Riciclaggio di scarti nell’industria dei laterizi 23

2.6.1 Scarti combustibili 24

2.6.2 Scarti fondenti 24

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2.6.3 Scarti dimagranti e plastificanti 25

CAPITOLO 3 LA MODELLIZZAZIONE MEDIANTE DOE 26

3.1 Le basi del DOE 26

3.1.1 Definizioni 26

3.1.2 Struttura e principi di funzionamento 27

3.1.2.1 Applicazione ad esperimenti fattoriali 28

3.2 Applicazione della metodologia moderna 32

CAPITOLO 4 SCOPO DELLA TESI 36

CAPITOLO 5 PARTE SPERIMENTALE 37

5.1 Materiali utilizzati 37

5.1.1 Preparazione dei materiali 37

5.2 Caratterizzazione dei materiali 39

5.2.1 Analisi mineralogica 39

5.2.2 Analisi chimica ICP 40

5.2.3 Analisi elementare 40

5.2.4 Analisi granulometrica 41

5.2.5 Perdita al fuoco 41

5.3 Preparazione dei provini 42

5.3.1 Calcolo della quantità di scarto da inserire 42

5.3.2 Calcolo della quantità di acqua da aggiungere all’impasto 42

5.3.3 Processo di produzione dei campioni 43

5.4 Caratterizzazione dell’essiccato 46

5.4.1 Ritiro medio in essiccazione 46

5.4.2 Assorbimento medio in nafta 47

5.4.3 Calcimetria 48

5.5 Caratterizzazione del cotto 50

5.5.1 Ritiro medio in cottura 50

5.5.2 Perdita media in peso 50

5.5.3 Assorbimento immediato del cotto 51

5.5.4 Assorbimento a 24 ore del cotto 51

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4 .

5.5.5 Resistenza media a flessione del cotto 52

5.5.6 Efflorescenze 53

5.5.7 Inclusioni calcaree 55

5.5.8 Misure di densità 55

5.5.9 Analisi microstrutturale SEM 56

CAPITOLO 6 ANALISI DEI RISULTATI E MODELLAZIONE 57

6.1 Caratterizzazione dei materiali 57

6.1.1 Analisi chimica ICP 57

6.1.2 Analisi mineralogica 58

6.1.3 Analisi elementare 62

6.1.4 Analisi granulometrica 62

6.2 Caratterizzazione dell’essiccato 64

6.2.1 Ritiro medio in essiccazione 64

6.2.2 Assorbimento medio in nafta 65

6.2.3 Calcimetria 66

6.3 Caratterizzazione del cotto 67

6.3.1 Ritiro medio in cottura 67

6.3.2 Perdita media in peso 68

6.3.3 Assorbimento immediato del cotto 70

6.3.4 Assorbimento a 24 ore del cotto 72

6.3.5 Resistenza media a flessione del cotto 75

6.3.6 Efflorescenza in cottura 76

6.3.7 Efflorescenze superficiali 77

6.3.8 Colore dopo cottura 78

6.4 Modellazione mediante DOE 83

CAPITOLO 7 CONCLUSIONI 99

BIBLIOGRAFIA 100

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Capitolo 1 L’evoluzione del gres e il problema dei fanghi di levigatura

1 .

CAPITOLO 1 L’EVOLUZIONE DEL GRES E IL PROBLEMA DEI

FANGHI DI LEVIGATURA.

1.1 IL SETTORE CERAMICO E LE SUE TRASFORMAZIONI

Nell’ultimo decennio tutto il settore ceramico è stato caratterizzato da forti mutamenti, nuove tecnologie, diverse esigenze dei mercati e scelte economiche hanno dettato nuove regole e nuovi standard il cui effetto è stato una netta ridefinizione delle modalità di produzione e delle stesse gamme di prodotti. Il gres nelle sue diverse forme, ha rappresentato il fulcro di questo mutamento in cui prodotti tradizionali andavano progressivamente perdendo quote di mercato a vantaggio di nuovi prodotti di qualità e contenuto tecnologico nettamente più elevato.

0

50

100

150

200

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350

400

1982 1984 1986 1988 1990 1992 1994 1996 1998 2000 2002 2003 2004

Gres porcellanato Monocottura Bicottura

Fig.1.1: Produzione complessiva, in milioni di m2, per le tre principali tipologie di prodotto

ceramico, dal 1982 al 2004, fonte: Assopiastrelle “INDAGINE STATISTICA NAZIONALE 2004”

In fig.1.1 viene riportato il confronto tra la produzione, in milioni di metri quadrati, delle tre principali tipologie di piastrelle, dal 1982 al 2004. In esso viene mostrato il declino dei prodotti in monocottura che hanno visto dal 1996 un dimezzamento dei volumi complessivi di produzione. Analogo discorso può essere fatto per i prodotti di bicottura, i quali hanno conosciuto una lenta contrazione sin dagli inizi degli anni 70’ quando l’introduzione della monocottura con i relativi vantaggi, soprattutto in termini economici, portò la bicottura a ruoli sempre più marginali. [1] La situazione attuale vede nel gres il prodotto di punta dell’intero settore ceramico con una percentuale sulla produzione totale superiore al 60% ripartita in misura del 39% e del 21% rispettivamente fra prodotti smaltati e a “tutta massa”, cioè non soggetti a trattamenti di smaltatura.

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Capitolo 1 L’evoluzione del gres e il problema dei fanghi di levigatura

2 .

La prevalenza di tale tipologia produttiva è frutto della rivitalizzazione di un prodotto tradizionale, grazie all’applicazione di moderne tecnologie, che hanno permesso di unire ottime caratteristiche tecniche ad un elevato livello estetico.

39%

21%

26%

9%5%

Gres smaltato

Gres non smaltato

Monocottura

Bicottura

Altri

Fig.1.2: Distribuzione della produzione per tipologie di prodotto, fonte: Assopiastrelle

“INDAGINE STATISTICA NAZIONALE 2004”[1]

1.2 IL GRES PORCELLANATO Con il termine “gres porcellanato” viene indicato nell’accezione originaria un prodotto ceramico non smaltato e ottenuto per pressatura, avente una struttura estremamente compatta e costituito da una o più fasi cristalline immerse in una matrice vetrosa. Tale prodotto, come indicato dai limiti imposti dalle norme UNI EN ISO 10545 sui materiali ceramici, è caratterizzato da un assorbimento d’acqua inferiore allo 0,5 % (il valore più basso tra tutti i prodotti da pavimento e rivestimento) e da elevati valori di resistenza a flessione, abrasione, compressione e ad attacco chimico.[2] Le caratteristiche che meglio esprimono il valore tecnico-commerciale di tale prodotto possono essere così riassunte.

• Alta resistenza meccanica e omogeneità lungo tutta la sezione. • Elevata resistenza all’attacco chimico. • Alta durezza superficiale. • Bassissimo assorbimento d’acqua. • Caratteristiche di antigelività. • Ampia gamma di tipologie estetiche.

Un tale livello qualitativo viene raggiunto unendo una accurata selezione delle materie prime utilizzate con opportune soluzione tecnologiche.

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Capitolo 1 L’evoluzione del gres e il problema dei fanghi di levigatura

3 .

In particolare, rivestono un ruolo fondamentale, l’alto rapporto di pressatura (350-400 Kg/cmq) e le elevate temperature di cottura (1200 - 1230 °C) che rendono questo prodotto quasi completamente vetrificato (greificato) ed estremamente compatto. Le caratteristiche estetiche derivano invece dall’utilizzo del caolino, una argilla bianca, utilizzata anche per la produzione di porcellana, che conferisce a questo prodotto un elevato pregio. Per quanto riguarda la scelta dei materiali il tipico impasto da gres porcellanato è composto da materie prime di provenienza sia nazionale che straniera quali:

• Argille illitiche-caolinitiche a diverso grado di plasticità; • Feldspati sodico-potassici; di provenienza nazionale. • Sabbie e sabbie feldspatiche di origine nazionale.

Le materie prime utilizzate nella produzione hanno tutte la caratteristica di avere bassi contenuti di ossidi cromofori come Fe2O3 e TiO2 in modo da evitare potenziali inflenze sulla tonalita finale della prodotto. Nella successiva tabella è riportata la tipica composizione di un impasto per la produzione del gres porcellanato.[3]

Tab.1.1: Impasto del gres porcellanato

Materie prime Percentuale in peso

Argille plastiche 27/32%

Caolino 12/18%

Feldspati 42/48%

Quarzo 5/10%

Fonte: Sacmi, Tecnologia ceramica applicata vol II Ed. La mandragola

Per le sue caratteristiche il gres porcellanato è, tra tutti i materiali ceramici per pavimentazione, quello che meglio si presta a sopportare usure di qualsiasi tipo.

1.3 LA LEVIGATURA DEL GRES

�Il gres porcellanato, in virtù delle elevate caratteristiche di resistenza meccanica, può essere sottoposto ad una operazione di levigatura basato sull’asportazione, fino a 1-1,5mm, di materiale dalla parte superficiale della piastrella. Tale processo permette un sensibile miglioramento delle qualità estetiche del prodotto, senza intaccare in modo evidente le caratteristiche meccaniche dello stesso, favorendone applicazioni di pregio.

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Capitolo 1 L’evoluzione del gres e il problema dei fanghi di levigatura

4 .

La rimozione dello strato superficiale avviene generalmente ad umido sul prodotto già sottoposto ad una fase di scelta e avente perciò le caratteristiche di planarità e rettilineità richieste . Le macchine per la levigatura sono composte da diverse stazioni operanti, ognuna delle quali dotata di teste rotanti, mostrate in figura 1.3. in cui sono presenti appositi zoccoli in materiale abrasivo che provvedono all’asportazione del materiale.

Fig.1.3 Testa oscillante per macchina levigatrice, Fonte: Officine Ancora Spa

Il processo di levigatura si esplica attraverso le seguenti fasi, ciascuna delle quali comportante l’asportazione di una certa quantità di materiale dalla superficie della piastrella.[3]

• Calibratura superficiale effettuata con utensili diamantati, avente la funzione di correggere eventuali scostamenti della planarità e delle dimensioni rispetto ai valori richiesti.

• Spianatura della superficie effettuata mediante abrasivi composti da carburo di silicio

SiC a grana grossa. Tale operazione ha funzioni simili alla precedente, ma con un grado di precisione richiesto maggiore.

• Levigatura mediante abrasivi a grana decrescente in modo da ridurre gradualmente la rugosità della superficie.

• Lucidatura ottenuta con dischi abrasivi molto fini in modo da ottenere una superficie a specchio.

Il processo sopra elencato comporta la produzione di una notevole quantità di materiali di scarto (fanghi) costituiti in parte dal materiale asportato dalla superficie della piastrella e in parte dai componenti abrasivi utilizzati per le varie lavorazioni. Il potenziale riutilizzo di tale materiale in virtù sia della sua quantità che della sua qualità rappresenta il cardine di questo lavoro di tesi. 1.4 I FANGHI DI LEVIGATURA Come intuibile, unitamente all’espansione del Gres, si è constatato negli anni un progressivo incremento della produzione di rifiuti nei processi ed esso connessi.

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Capitolo 1 L’evoluzione del gres e il problema dei fanghi di levigatura

5 .

In particolare la ricerca di un prodotto sempre più apprezzabile esteticamente ha indotto le industrie del settore a ricorrere ad un uso crescente della pratica della levigatura. Tale scelta impiantistica ha generato però notevoli problemi nella gestione e nello smaltimento dei rifiuti. Per fango di levigatura o di taglio si intende il residuo derivante dal trattamento chimico-fisico delle acque utilizzate nella levigatura del gres porcellanato. Detti fanghi sono costituiti da materiale particellato, originariamente in sospensione nell’acqua reflua del processo, e da addittivi coagulanti-flocculanti (poliammidi) impiegati per la separazione. [4] Il materiale particellato è composto sia dalla polvere asportata dalle piastrelle di gres, quindi riconducibile alla medesima composizione, sia dalla polvere derivante dall’usura degli elementi abrasivi ricchi in cemento magnesiaco e carburo di silicio. Il fango, dopo la separazione dell’acqua contenuta attraverso l’uso di adeguati quantitativi di flocculante, viene inviato ad un filtro pressa, da cui risulta un fango palabile con un umidità del 40% circa. [5] In tabella 1.2 sono riportati i principali componenti di un fango di levigatura, con le relative percentuali, derivanti da un campionamento effettuato su un sito di smaltimento nel quale confluiscono residui provenienti da diversi siti produttivi.

Tab 1.2: Composizione tipica dei fanghi di

levigatura

Elemento Percentuale in fango

SiO2 60-64 Al2O3 13.5-17.5 TiO2 0.1-0.3 Fe2O3 0.3-0.5 CaO 0.8-1.2 MgO 2.9-5.1 K2O 1.0-1.7 Na2O 1.8-2.5 ZrO2 0.1-1.1 P.f. 3.9-9.1

Fonte: Lucidi delle lezioni del corso di mineralogia tenute dal Prof. Gualtieri Allesandro, Università di

Modena e Reggio Emilia.

Nella successiva tabella (1.3) sono riportate le tipiche fasi cristalline presenti.

Tab.1.3: Fasi cristalline tipiche dei fanghi

di levigatura

Fase cristallina

Quarzo Mullite Feldspato Carburo di silicio Zircone Calcite

Fonte: Lucidi delle lezioni del corso di mineralogia tenute dal Prof. Gualtieri Allesandro, Università di

Modena e Reggio Emilia.

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Capitolo 1 L’evoluzione del gres e il problema dei fanghi di levigatura

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All’interno di questo tipo di rifiuto vanno incluse anche le polveri derivanti dalle operazioni di taglio e smussatura sia di piastrelle smaltate che non smaltate. 1.4.1 QUADRO NORMATIVO DI RIFERIMENTO [6]

Per quanto concerne l’aspetto normativo l’intera materia è regolata dal Decreto Legislativo n.22 del 05/02/1997, noto anche come Decreto Ronchi, e suoi decreti attuativi (Decreto Legislativo n.389 del 08/11/1997, detto Ronchi bis e Legge n.426 del 09/12/1998, detto Ronchi ter).

Attraverso tale codifica lo Stato italiano recepisce all’interno del proprio ordinamento le seguenti direttive Europee, garantendone l’attuazione:

• direttiva 1991/156/CEE relativa ai rifiuti, del Consiglio del 18/03/1991, che modifica la

75/442/CEE; • direttiva 1991/689/CEE relativa ai rifiuti pericolosi, del Consiglio del 12/12/1991, come

modificata dalla 1994/31/CEE del Consiglio del 27/06/1994; • direttiva 1994/62/CEE sugli imballaggi e rifiuti di imballaggio, del Consiglio del

20/12/1994.

Il testo si articola in 5 titoli, ciascuno dei quali si occupa di una determinata problematica, e in 9 allegati (fig.1.1.2): I) GESTIONE DEI RIFIUTI (art. 1-33) II) GESTIONE DEGLI IMBALLAGGI (art. 34-43) III) GESTIONE DI PARTICOLARI CATEGORIE DI RIFIUTI (art. 44-48) IV) TARIFFE PER LA GESTIONE DEI RIFIUTI URBANI (art. 49) V) SISTEMA SANZIONATORIO E DISPOSIZIONI FINALI (art. 50-58) Allegato A Æ riguarda la classificazione dei rifiuti con l’istituzione del Catalogo Europeo dei Rifiuti (CER) Allegato B Æ riguarda le operazioni di smaltimento Allegato C Æ riguarda le operazioni di recupero Allegato D Æ riporta l’elenco dei rifiuti pericolosi (ai sensi dell’art. 1, par. 4 della direttiva 91/689/CEE) Allegato E Æ riguarda gli obiettivi del recupero e del riciclaggio Allegato F Æ riguarda i requisiti essenziali concernenti la composizione, la riutilizzabilità e la recuperabilità degli imballaggi Allegato G Æ riguarda le categorie di rifiuti pericolosi elencati in base alla loro natura o all’attività che li ha prodotti (sottoallegati G1 e G2) Allegato H Æ riguarda i costituenti che rendono pericolosi i rifiuti del sottoallegato G2

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Capitolo 1 L’evoluzione del gres e il problema dei fanghi di levigatura

7 .

Allegato I Æ riguarda le caratteristiche di pericolo per i rifiuti

Il decreto Ronchi introduce una classificazione dei rifiuti secondo la loro origine e la loro pericolosità fornendo inoltre indicazioni per la gestione delle fasi di trattamento opportune attraverso tre modalità:

• Prevenzione della produzione • Recupero • Smaltimento Tale classificazione dei rifiuti è affidata all’art. 7 del Decreto , il quale stabilisce che vengano distinti secondo l’origine, in rifiuti urbani e rifiuti speciali, e secondo le caratteristiche di pericolosità in rifiuti pericolosi e rifiuti non pericolosi, potendosi così avere le seguenti categorie:

• RIFIUTI URBANI NON PERICOLOSI • RIFIUTI URBANI PERICOLOSI • RIFIUTI SPECIALI NON PERICOLOSI • RIFIUTI SPECIALI PERICOLOSI

Il comma 2 dell’art. 7 afferma che sono rifiuti urbani: a) i rifiuti domestici, anche ingombranti, provenienti da locali adibiti ad uso di civile

abitazione; b) i rifiuti non pericolosi, provenienti da locali e luoghi adibiti ad usi diversi da quelli di

cui alla lettera a), assimilati ai rifiuti urbani per qualità e quantità, ai sensi dell’art. 21, comma 2, lettera g);

c) i rifiuti provenienti dallo spazzamento delle strade; d) i rifiuti di qualunque natura o provenienza, giacenti sulle strade ed aree pubbliche o

sulle strade ed aree private, comunque soggette ad uso pubblico o sulle spiagge marittime e lacuali e sulle rive dei corsi d’acqua;

e) i rifiuti vegetali, provenienti da aree verdi, quali giardini, parchi e aree cimiteriali, f) i rifiuti provenienti da esumazioni ed estumulazioni, nonché gli altri rifiuti provenienti

da attività cimiteriale diversi da quelli di cui alle lettere b), c), ed e).

Il comma 3 dell.art. 7 afferma che sono rifiuti speciali: a) i rifiuti da attività agricole e agro-industriali; b) i rifiuti derivanti da attività di demolizione, costruzione, nonché i rifiuti pericolosi che

derivano dalle attività di scavo; c) i rifiuti da lavorazioni industriali; d) i rifiuti da lavorazioni artigianali; e) i rifiuti da attività commerciali; f) i rifiuti da attività di servizio;

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Capitolo 1 L’evoluzione del gres e il problema dei fanghi di levigatura

8 .

g) i rifiuti derivanti dall’attività di recupero e smaltimento dei rifiuti, i fanghi prodotti dalla potabilizzazione e da altri trattamenti delle acque e dalla depurazione delle acque reflue e da abbattimento di fumi;

h) i rifiuti derivanti da attività sanitarie; i) i macchinari e le apparecchiature deteriorate e obsolete; j) i veicoli a motore, rimorchi e simili fuori uso e loro parti.

La pericolosità eventuale di un rifiuto (sia urbano, sia speciale) è valutabile tenendo conto del nuovo Catalogo Europeo dei Rifiuti (CER 2002), entrato formalmente in vigore il 01/01/2002, adottato e approvato con decisione della Commissione 2000/532/CE del 03/05/2000, poi quasi integralmente sostituita dalla decisione 2001/118/CE del 16/01/2001 (la quale modifica l’elenco dei rifiuti istituito dalla 2000/532/CE), a sua volta ulteriormente modificata dalla 2001/119/CE del 22/01/2001 e dalla 2001/573/CE del 23/07/2001. [6] ���In particolare per quanto riguarda i fanghi di levigatura il decreto fornisce la seguente definizione: “Residuo costituito da fanghi di risulta del trattamento delle acque utilizzate per la levigatura

del grès porcellanato”.

I fanghi da depurazione delle acque di levigatura del gres porcellanato, aventi codice CER 101299, vengono classificati, secondo il Decreto Ronchi, come residui speciali inerti ed attualmente vengono conferiti in apposite discariche di 2° categoria di tipo A ( per inerti ) come dimostrato anche nella tabella 1.4 recante i dati di produzione e relativo smaltimento nella provincia di Modena nell’arco di tempo fra il 1999 e il 2001. �

Tab. 1.4: Produzione smaltimento e recupero in tonnellate dei fanghi di levigatura del gres porcellanato

nella provincia di Modena

� ������WRQ�� ������WRQ������� ������WRQ��Prodotti 26909 31154 38396 Smaltiti in discarica di 2° categoria 4573 16.082 16655 Smaltiti in provincia ma prodotti fuori provincia

2849 2540 2271

Recuperati in provincia 6.695 7.178 3.298 Recuperati in provincia ma prodotti fuori provincia

303 514

Smaltiti in discarica di 2° categoria ma fuori provincia

14296 14248 22973

Fonte: Provincia di Modena

Dai dati riportati in tabella (1.4) risulta che allo stato attuale lo smaltimento in discarica risulta essere la soluzione maggiormente diffusa mentre le alternative mediante recupero, quantificabili in un 8%, non sembrano ancora in grado di offrire una concreta soluzione al problema dell’accumulo di tale rifiuto.[7] ��

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Capitolo 1 L’evoluzione del gres e il problema dei fanghi di levigatura

9 .

1.4.2 LA PRODUZIONE DI FANGHI

Pur essendo classificati come rifiuti speciali, il problema maggiore creato dai fanghi di levigatura è legato alle elevate quantità prodotte. Si può infatti stimare che durante le operazioni eseguite nella fasi di levigatura attraverso l’ausilio di mole abrasive venga asportata una parte considerevole di materiale , quantificabile in circa 1.50 Kg/m2 di prodotto finito. A questo dato va aggiunto il quantitativo di materiale relativo al consumo dell’abrasivo normalmente pari a 0.45 kg/m2. La somma dei due costituenti fa si che dal processo di levigatura si generi un quantitativo di fango totale di circa 1.95 kg/m2, considerato allo stato secco. Confrontando i dati ottenuti con quelli relativi alla produzione di gres porcellanato si può evidenziare come il problema dei fanghi di levigatura, a causa delle elevate quantità prodotte, non sia affrontabile con una soluzione che preveda il deposito in discarica. Dalla figura (1.4.) recante l’andamento della produzione di fanghi di levigatura si può notare una netta diminuzione a partire dal 1999 dei volumi in gioco, imputabile ad un minor ricorso alla levigatura classica sostituita con trattamenti diversi e meno invasivi, a cui si aggiunge il crescente interesse verso prodotti smaltati o soggetti ad applicazioni serigrafiche superficiali.

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Fig.1.4: Andamento della produzione di fanghi di levigatura

Fonte: Assopiastrelle

Nonostante tale diminuzione a tutt’oggi la quantità di rifiuto prodotto rappresenta un problema di notevole interesse sia in termini economici che ambientali.

1.4.3 I PROBLEMI DI UN RICICLO INTERNO La composizione dei fanghi di levigatura, notevolmente simile a quella dell’impasto base, apparentemente suggerirebbe come migliore soluzione il riutilizzo di tali rifiuti come materia prima all’interno dello stesso ciclo di produzione delle piastrelle. Purtroppo l’evidenza sperimentale[3] ha dimostrato l’inapplicabilità di tale soluzione se non per piccoli quantitativi, comunque inadeguati alla risoluzione del problema dell’accumulo in discarica. La causa è da ricercarsi nelle variazioni indotte nella composizione chimica delle

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Capitolo 1 L’evoluzione del gres e il problema dei fanghi di levigatura

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materie prime durante i processi di lavorazione del prodotto, in particolare durante le fasi di levigatura e di trattamento dei fanghi. Tali processi comportano appunto l’introduzione di nuovi elementi quali sostanze derivanti dai materiali abrasivi e agenti flocculanti che impediscono un reinserimento del fango a monte della produzione. Gli elementi che generano questi problemi e le loro interazioni con i processi produttivi sono elencati di seguito: [3] Il carburo di silicio SiC, utilizzato come abrasivo all’interno dell’impasto che costituisce le mole, definibile come prodotto sintetico ottenuto dalla combinazione fra sabbia di quarzo e grafite. Tale elemento, se reinserito all’interno del ciclo produttivo, subisce una rapida ossidazione durante la fase di cottura ed in particolare in un range di temperatura compreso fra i 1050° e i 1100°C. L’ossidazione del carburo di silicio, dipendente sia dalle dimensioni delle particelle che dall’ambiente ossidante, ha come risultato la formazione di Cristobalite e di silice amorfa. La reazione di trasformazione del carburo di silicio avviene con un notevole aumento di volume e una elevato sviluppo di gas che, data la presenza di fasi fluide vetrose, induce nella piastrella considerevoli deformazioni tali da rendere inaccettabile il prodotto in uscita dalla cottura. Le elevate temperature richieste nella produzione di piastrelle, comunque superiori ai 1050°C, necessari per raggiungere un alto livello di sinterizzazione e una bassa porosità, risultano perciò incompatibili con il riutilizzo di materiali contenenti carburo di silicio. La magnesite MgO e altri composti solubili di magnesio derivanti dal legante (ossicloruro di magnesio) utilizzato nella produzione di mole per la levigatura del gres porcellanato. Questi composti tendono a creare problemi sulla reologia delle barbottine durante la fase di macinazione ad umido comunemente utilizzata nella produzione di piastrelle. Ne risulta così che l’introduzione di fanghi di levigatura all’interno del ciclo di produzione comporta necessariamente il passaggio ad una macinazione a secco, inoltre il prodotto finale avrà una maggiore tendenza a sviluppare, una volta cotto, porosità residua e fasi cristalline magnesiache. Cloruri derivanti anch’essi dalla pasta cementizia utilizzata come legante nelle mole e riscontrabili all’interno dei fanghi di levigatura in percentuali non trascurabili. I cloruri presenti durante la fase di cottura causano un rilascio di cloro tale da comportare fenomeni di corrosione dei forni e la necessità di un maggior quantitativo di calce per la depurazione dei fumi derivanti dalla cottura. I Flocculanti ed in particolare il cloruro ferrico utilizzati nel trattamento delle acque di levigatura. Tali composti tendono a inibire la capacità deflocculante dei reagenti utilizzati nella fase di macinazione ad umido causando un notevole aumento della viscosità delle barbottine modificandone quindi i principali parametri operativi industriali necessari per l’ottenimento del prodotto finale. Dalle considerazioni fin qui fatte emerge la necessità di studiare soluzioni alternative al riutilizzo dei fanghi di levigatura come materia prima secondaria nel processo ceramico.

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Capitolo 1 L’evoluzione del gres e il problema dei fanghi di levigatura

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1.4.4 IL RECUPERO ATTRAVERSO LA PRODUZIONE DI LATERIZI Fra le soluzioni più appetibili per il problema dello smaltimento dei fanghi di levigatura, quella come materia prima secondaria per la fabbricazione di laterizi sembra offrire importanti vantaggi sia in termini economici che in termini ambientali. Tale soluzione rappresenta un perfetto connubio fra il bisogno del settore ceramico di trovare una destinazione ad un così ingente flusso di rifiuti e la crescente necessità delle fornaci di reperire nuove fonti per l’approvvigionamento di materie prime. Le particolari caratteristiche del processo produttivo dei laterizi sono tali da non subire particolari variazioni dall’introduzione di fanghi provenienti dalla levigatura del gres. Si ricorda infatti che la produzione dei laterizi prevede una formatura per estrusione e una cottura a temperatura inferiore rispetto a quella adottata nel settore ceramico. Dette peculiarità rendono così il processo produttivo adottato in fornace teoricamente inalterato dall’introduzione dei fanghi di levigatura, essendo infatti la temperatura di cottura inferiore ai 1000°C non emerge la criticità derivante dalla gassificazione del carburo di silicio che ne impediva il reimpiego nella produzione di piastrelle. Inoltre l’elevata porosità dei manufatti prodotti in fornace rende accettabile l’aumento indotto dall’effetto dovuto alla magnesite e ai composti magnesiaci presenti nei fanghi mentre l’utilizzo di un processo di formatura per estrusione elimina il problema dei flocculanti sulla macinazione ad umido adottata nella ceramica. Tali caratteristiche risultano, almeno in linea teorica, idonee a giustificare un interesse verso questo tipo di soluzione.

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Capitolo 2 I laterizi

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CAPITOLO 2 I LATERIZI 2.1 DEFINIZIONE E TIPOLOGIE Per laterizio si intende un prodotto ceramico in terracotta avente pasta colorata, porosa, a struttura cristallina ottenuta dalla cottura di argille contenenti minerali di ferro a temperature generalmente inferiori ai 1000°C. L’attuale destinazione d’uso di tale prodotto è rappresentata da un utilizzo prevalente per attività edili sia di carattere residenziale che industriale. I vantaggi derivanti dall’uso dei laterizi sono i seguenti:[9]

• Modularità della forma e molteplicità di forme precostituite • Buona resistenza meccanica (150 Kg/cm2) • Bassa densità (1,9 g/cm3) • Buona durata nel tempo • Buona resistenza agli agenti atmosferici • Conducibilità relativamente bassa • Discreta permeabilità ai gas • Costo relativamente contenuto

La produzione di laterizi, in virtù delle diverse esigenze applicative, comprende una svariata tipologia di formati differenziabili attraverso caratteristiche quali: resistenza meccanica, leggerezza e maneggevolezza, isolamento termico e acustico. Le principali tipologie prodotte sono le seguenti:[10] o Mattoni pieni: Sono elementi privi di fori o comunque con una percentuale di foratura inferiore al 15% dell’area totale, la loro principale destinazione d’uso è rappresentata da murature strutturali e di sconfinamento di ambienti. Tali manufatti si presentano generalmente nelle dimensioni 5.5 x 12 x 25 cm con variazioni comunque limitate a 0.5 cm rispetto alle dimensioni standard e variabili a seconda della zona di produzione. All’interno di questa categoria si collocano anche i mattoni faccia a vista caratterizzati da una particolare colorazione (naturale o artificiale) e da trattamenti superficiali a cui sono sottoposti ( sabbiatura, bagnatura, smaltatura) che conferiscono a questo prodotto caratteristiche estetiche particolarmente pregiate e adatte ad applicazione in murature prive di intonaco. o Mattoni a blocchi semipieni: Sono manufatti caratterizzati dalla presenza di forature (ortogonali al piano destinato alla posa) comprese in percentuale fra il 15 e il 45% dell’area complessiva. La realizzazioni di questi prodotti mediante trafilatura permette di ottenere forature della forma e della dimensione desiderata conferendo al prodotto finale i seguenti vantaggi: leggerezza, consumo ridotto di impasto, tempi di essiccamento minori e migliore ancoraggio alla malta.

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Capitolo 2 I laterizi

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o Mattoni a blocchi semipieni alleggeriti in pasta: Sono prodotti appositamente realizzati per avere una maggiore leggerezza rispetto agli altri tipi di manufatti, tale caratteristica è ottenibile miscelando all’impasto tradizionale altri componenti accuratamente scelti per ottenere in fase di cottura la loro combustione e la conseguente formazione di piccolissimi pori non collegati fra loro che conferiscono, oltre al minor peso, anche migliori caratteristiche di isolamento termico e acustico. I principali additivi utilizzati a tale scopo sono la segatura di legno e il polistirolo nonchè residui provenienti da altri settori produttivi quali; fanghi di cartiera, residui dell’industria alimentare e dell’industria tessile. La percentuale di foratura, presente su manufatti di questo tipo, varia in funzione della destinazione d’uso ed in particolare è limitata ad un valore non superiore al 50% nel caso di murature portanti mentre per murature non portanti può arrivare fino al 65-70%. o Elementi per solai: Sono manufatti impiegati nella realizzazione delle strutture orizzontali che costituiscono i piani di un edificio, tali prodotti sono caratterizzati da una foratura orizzontale rispetto al piano di posa e compresa in percentuale fra il 60% e il 75% dell’area complessiva. Gli elementi per solai possono essere suddivisi nelle seguenti categorie: elementi per solai da gettare in opera, solai realizzati con travetti in calcestruzzo armato o ad armatura metallica e solai preconfezionati a pannelli. o Elementi per coperture discontinue: Tali manufatti destinati ad un uso prevalentemente esterno sono essenzialmente divisi in due categorie: tegole curve (o coppi) e tegole piane. La caratteristica che differenzia le due categorie è il tipo di giunzione utilizzato per mantenere la coesione fra un elemento e l’altro in modo da assicurare la resistenza richiesta agli agenti atmosferici. Nel primo caso questa è affidata alla semplice sovrapposizione degli elementi mentre nel secondo caso si aggiungono per aumentare l’aderenza una serie di incastri a risalti su tre lati del manufatto. Per entrambe le categorie i singoli elementi sono caratterizzati da dimensioni contenute in modo da aumentarne la versatilità, ma comunque generalmente riconducibili alle seguenti dimensioni medie: 12 x 43 x 18 cm per i coppi e 25 x 40 cm per le tegole piane.

Sul lato estetico tali manufatti sono prodotti in svariate tipologie cromatiche realizzate sfruttando diverse qualità di argilla oppure miscelando all’impasto ossidi metallici in modo da aumentare l’intensità della tipica colorazione rossa, tuttavia per conferire al manufatto particolari caratteristiche estetiche si ricorre talvolta anche all’uso di trattamenti superficiali come la smaltatura.

o Tavelle e tavelloni: Sono prodotti laterizi utilizzati per la realizzazione di controsoffittaure, fodere di pareti verticali, strutture orizzontali ed in particolari impieghi che richiedono elevata capacità di isolamento termico. Si distinguono essenzialmente per criteri dimensionali, i tavelloni infatti hanno generalmente dimensioni comprese fra i 6 e gli 8 cm di spessore, 25 cm di larghezza e possono arrivare fino a 200 cm di lunghezza, le tavelle pur conservando la medesima geometria si presentano con dimensioni più contenute e con una lunghezza generalmente compresa fra i 40 e i 50 cm.

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Capitolo 2 I laterizi

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2.2 I LATERIZI IN CIFRE [11]

�Superata la fase di crisi che all’inizio degli anni novanta ha interessato l’intero settore, allo stato attuale il mercato dei laterizi italiano può vantare una produzione di oltre 20 milioni di tonnellate con un trend di crescita stabilmente positivo da ormai diversi anni.

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Fig.2.1: Andamento della produzione di laterizi 1990-2004, fonte: ADIL Assolaterizi

Le motivazioni di tale ripresa sono da ricercarsi nel boom edilizio che negli ultimi anni ha interessato i nostro paese ed in particolare per quanto riguarda il settore delle costruzioni residenziali ed industriali. Va inoltre ricordato che la nuova fase di crescita è stata possibile solo grazie ad una netta ristrutturazione che l’intero settore ha subito nell’ultimo decennio, questa ha comportato un drastico ridimensionamento del numero delle unità produttive, passate dalle 337 del 1993 alle 195 attuali, con la conseguente concentrazione delle quote di mercato nelle aziende rimaste. Va inoltre sottolineata anche l’importanza della spinta innovatrice indotta dalla ridefinizione degli assetti di mercato che ha portato il settore a raggiungere elevati livelli di automazione ed efficienza degli impianti tali da richiedere ingenti investimenti di capitale per entrare o rimanere nel mercato. � 2.2.1 L’ANDAMENTO DELLE DIVERSE TIPOLOGIE Dall’analisi della figura 2.2 recante l’andamento della produzione di laterizi suddivisa per tipologie si può osservare come l’evoluzione commerciale di manufatti quali: elementi per murature, materiali alleggeriti e forati e mattoni faccia a vista, abbia subito nell’ultimo decennio un costante aumento in taluni casi così elevato da assorbire la grave crisi che colpì il settore nella prima metà degli anni novanta. ��

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�Fig.2.2: Andamento della produzione di laterizi per tipologie, fonte: ADIL Assolaterizi

� Per quanto riguarda altre tipologie di prodotto quali i manufatti alleggeriti, prodotto relativamente nuovo durante il periodo di crisi e perciò meno suscettibile alla flessione del mercato, si conferma un trend positivo sinonimo di apprezzamento del maggior valore tecnologico di questo contenuto in questo prodotto. Discorso a se stante va fatto per le restanti tipologie quali, solai, elementi per coperture e tavelloni, che hanno mantenuto le loro quote di mercato praticamente costanti dall’inizio degli anni novanta, va però notato che in particolare per i tavelloni a fronte di una quota di mercato contenuta al 3% si è evidenziato nel 2004 un incremento rispetto all’anno precedente del 6.4%. Nel complesso l’intero settore a saputo superare degnamente la crisi degli anni novanta attraverso una processo di cambiamento che ha permesso negli anni successivi di sfruttare a pieno il nuovo boom edilizio e ottenere da allora risultati in continua crescita. 2.3 CARATTERISTICHE DEGLI IMPASTI UTILIZZATI [11] La materia prima utilizzata nella produzione dei laterizi viene generalmente prelevata da depositi di argilla nelle vicinanze dei rispettivi siti produttivi. L’origine di tali argille è individuabile nei depositi alluvionali (fluviale, deltizio, lacustre) dell’Olocene o a sedimenti fluzio-glaciali del Pleistocene. La composizione dell’impasto naturale (tal quale come è prelevato) può essere suddiviso in:

• frazione argillosa • frazione organica • parte fondente • parte inerte

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Capitolo 2 I laterizi

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Frazione argillosa: essa può variare dal 30 al 60%, ha granulometria molto fine ed è costituita principalmente da minerali come: illite, clorite, montmorillonite e, in minor misura, da caolinite. La presenza di montmorillonite è accettabile a condizione che non superi il 5%; essa infatti da un lato favorisce la lavorabilità ed il potere legante dell’impasto, dall’altro richiede molta acqua d’impasto per cui comporta tempi lunghi di essiccamento e maggiori rischi di deformazione e rotture dei manufatti.

Frazione organica: essa è costituita da residui vegetali fossilizzati presenti nelle argille. E’ responsabile, assieme ai minerali ferrosi, della colorazione a crudo dell’argilla, ne migliora la lavorabilità, ma richiede programmi di cottura adeguati per evitare il difetto del cosiddetto “cuore nero”.

La parte fondente è costituita da:

1. calcare (CaCO3) 2. ossidi di ferro (Fe2O3)

Calcare: rappresenta una concentrazione nell’impasto che varia generalmente tra il 10 e 35% ed è il fondente tipico di questi impasti. Esso fornisce solidità e coesione ai cotti formando silicati e silicoalluminati di calcio a temperature non eccessivamente alte. E’ responsabile della porosità aperta in seguito alla dissociazione, durante la cottura, in ossido di calcio ed anidride carbonica. E’ importante che il calcare sia finemente ed uniformemente distribuito nell’argilla: infatti, la presenza di noduli di calcare dà luogo, per decomposizione, ad un granulo di ossido di calcio che può idratarsi con aumento di volume provocando il difetto del calcinello.

Ossidi di ferro: essi, assieme ad altri ossidi presenti nell’impasto, formano soluzioni solide e composti nuovi che conferiscono una particolare sonorità ai manufatti per la coesione del materiale.

Intorno ai 1000 °C la fusione di eutettici con la silice e con l’allumina porta l’impasto ad una maggiore greificazione. Questi ossidi conferiscono al cotto, in atmosfera ossidante, una colorazione rosso-bruna, mentre grigio-nera in atmosfera riducente. I granuli di ossidi di ferro che si formano durante la cottura, in presenza di impurezze quali pirite e marcasite provocano la formazione di tacche e cavità nel corpo ceramico. Inoltre, si ha contemporaneamente anche la formazione di granuli di anidride solforica che producono, assieme agli ossidi alcalini, sali solubili responsabili di antiestetiche efflorescenze. La parte inerte dell’impasto è formata da sabbie di quarzo, di feldspati, di miche, di feldspatoidi, che si sono mescolate ai minerali argillosi assieme ai granuli di pirite e di calcite nel processo di trasporto e sedimentazione dei minerali. Tali materiali si comportano da inerti causa la bassa temperatura di cottura degli impasti di laterizio (900 – 1000 °C). La quantità di questa frazione nell’impasto è variabile da regione a regione ed è in relazione alla formazione geologica dell’argilla impiegata. La parte inerte costituisce lo scheletro portante dei manufatti nella fase di foggiatura, essiccamento e cottura, riduce la plasticità ed il ritiro, concorre alla formazione della porosità nella massa.

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Ha un ruolo determinante per la resistenza meccanica a flessione e a schiacciamento, per la resistenza all’usura e per l’estetica dei manufatti cui conferisce un aspetto rustico.

Quando si è in presenza di argille troppo grasse, quindi con bassa percentuale di parte inerte, è molto spesso necessario aggiungere sabbie all’impasto, oppure impastare l’argilla con un’altra più magra, di maggiore granulometria, per conferire al prodotto le proprietà suddette.

Fra i materiali aggiunti come inerti sono da preferire quelli a base di rocce silicatiche altofondenti.

Le caratteristiche e le prestazioni tecniche di ogni prodotto dipendono dalle quantità relative dei componenti argilloso, fondente, inerte presenti nell’impasto. Dalla consultazione della tabella 2.1, è possibile dedurre le composizioni degli impasti di alcune tipologie di laterizi prodotti in Italia. Tab.2.1: Intervalli compositivi di impasti per alcune tipologie di laterizi, Fonte: Gian Paolo

Emiliano, Francesco Corsara, “Tecnologia Ceramica vol. III, Gruppo Editoriale Faenza Editrice.

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Mattoni a blocchi forati 38 – 44 17 – 26 33 – 43 Blocchi da solaio, tavelloni 40 – 50 10 – 20 36 – 45 Elementi per coperture 38 – 50 8 – 18 36 – 50 Nella tabella 2.2 vengono invece riportati alcuni tipi di argille con composizioni caratteristiche. Come osservato precedentemente, si nota dalla tabella che i costituenti chimici principali sono: Silice (SiO2), ossido di calcio (CaO), carbonato di calcio (CaCO3) e l’allumina (Al2O3). Tab.2.2: Composizione chimica di alcuni tipi di argille, Fonte: Gian Paolo Emiliano, Francesco

Corsara, “Tecnologia Ceramica vol. III, Gruppo Editoriale Faenza Editrice.

Argille 1 2 3 4 5

Perdita al fuoco 11,32 17,10 17,09 13,02 15,10 SiO2 55,24 46,98 41,06 52,46 42,52 Al2O3 + TiO2 13,26 14,66 18,08 13,07 16,46 Fe2O3 6,24 4,76 4,06 5,61 6,86 CaO 11,30 12,10 16,95 12,98 12,50 MgO - 1,56 1,15 0,14 2,07 Na2O + K2O 2,31 1,60 0,85 2,40 4,30 CaCO3 15,34 24,00 30,25 20,50 20,50 Sali solubili 0,78 - 1,03 - 1,50 Per quanto riguarda la granulometria, quasi tutti gli impasti per laterizi si collocano in un campo piuttosto ristretto che può riferirsi a quello delle argille siltose. Quindi secondo la classificazione data dal diagramma di Shepard, si parla di impasti composti con prevalenza di minerale argilloso (granulometria inferiore ai 4µm) ed in minor percentuale con minerale siltoso o limoso (granulometria tra 4 e 63µm).�

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2.4 IL CICLO PRODUTTIVO [10] [11]

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�Fig. 2.3 Layout di un tipico ciclo della produzione dei laterizi. �2.4.1 STAGIONATURA Dopo essere stata prelevata dalla cava di escavazione, l’argilla viene accumulata in collinette a cielo aperto dove avviene la maturazione per effetto degli agenti atmosferici e dei raggi solari. Il tempo di stagionatura è solitamente compreso fra 1 e 2 anni in modo che l’argilla raggiunga il grado di umidità ottimale per essere impiegata nelle successive fasi di lavorazione. ��2.4.2 PREPARAZIONE DELL’IMPASTO In questa fase avviene la miscelazione delle diverse argille prelevate dai cumuli a seconda della tipologia di impasto che si vuole ottenere, tale materiale per essere reso compatibile con le esigenze del ciclo produttivo necessita in di una serie di trattamenti atti ad ottenere un impasto il più possibile omogeneo. Questa fase rappresenta infatti uno dei passaggi più delicati dell’intero ciclo produttivo influenzando sia la funzionalità e la produttività dell’impianto sia la qualità del prodotto finito. A tal fine è necessario prevedere in questa fase trattamenti di raffinatura ( o selezionatura), frantumazione e bagnatura atti a rimuovere dall’impasto eventuali impurità quali ad esempio: radici, pietre, ecc… e sminuzzare e mescolare la parte argillosa nonché a conferire all’impasto il grado di umidità voluto.

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Capitolo 2 I laterizi

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La preparazione dell’impasto costituisce anche il momento in cui è possibile inserire, mediante apposite impastatrici, eventuali additivi necessari per migliorare alcune caratteristiche del prodotto o del ciclo produttivo.

2.4.3 FORMATURA e TAGLIO Una volta preparato l’impasto esso viene convogliato mediante nastri trasportatori ad una macchina di estrusione dove, per mezzo di pale elicoidali viene spinto con forte pressione attraverso un diaframma forato che gli conferisce la forma finale. Tale processo, detto appunto estrusione, consente di ottenere manufatti di dimensioni costanti e forme regolari e può essere realizzata “a freddo” o “a caldo” mediante l’utilizzo di vapore. In taluni casi, a monte di questo processo, è posto una sistema di laminazione che permette di eliminare eventuali aggregati calcarei residuati dalla fase di impastatura fornendo un importante contributo all’eliminazione del problema dei calcinelli nel prodotto finito. Come risultato delle operazioni descritte, si ottiene in uscita dall’estrusore una lunga trafila continua che viene tagliata secondo le dimensioni volute mediante taglierina automatica. Il processo sopra citato è quello più comunemente utilizzato nella formatura dei laterizi, va però ricordato che esiste un altro metodo detto “foggiatura in pasta molle” consistente in uno stampaggio del prodotto con un contenuto di acqua compreso fra il 25 e il 35%. Tale processo avviene mediante l’ausilio di una particolare macchina dotata di una piattaforma rotante munita di una serie di stampi sottoposti contemporaneamente a quattro stazioni di lavoro. Al termine della fase di formatura, a seconda delle caratteristiche finali richieste, il prodotto può essere sottoposto a particolari trattamenti superficiali quali ad esempio la sabbiatura o bagnatura. 2.4.4 ESSICCAMENTO Il prodotto in uscita dalla fase di formatura, a causa dell’elevato contenuto di acqua, risulta incompatibile con un inserimento diretto in fase di cottura. Diviene dunque necessario prevedere l’inserimento nel ciclo produttivo di una fase di essiccamento mediante la quale viene gradualmente ridotto il livello di umidità del prodotto grezzo fino alla completa essiccazione dello stesso. La corretta esecuzione di tale fase risulta determinante per prevenire la formazione di difetti nelle successive fasi di trasporto e cottura dove, un eccessivo grado di umidità residua causerebbe rigonfiamenti e rotture nei prodotti, a tal proposito è usualmente accettato nei pezzi in uscita un livello di umidità non superiore all’1-2%. Il risultato ottimale viene raggiunto controllando accuratamente tutte le variabile che influenzano il processo fra cui temperatura e pressione dell’aria, ventilazione e durata del ciclo. Va inoltre prestata attenzione nella scelta impiantistica fra le varie tipologie di essiccatoi disponibili sul mercato, cercando la soluzione che fornisce il miglior rapporto fra qualità del prodotto e consumi energetici, particolarmente onerosi in questa fase.

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Capitolo 2 I laterizi

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2.4.5 COTTURA Al termine della fase di essiccamento i semilavorati così ottenuti vengono generalmente impilati su appositi carrelli ( o carri ) che spostandosi su un sistema di binari permettono la movimentazione del materiale durante tutta la fase di cottura. I forni utilizzati, detti “a tunnel”, dentro i quali i carrelli scorrono a ciclo continuo lento, presentano tempi di cottura nell’ordine delle 20-50 ore a seconda della tipologia di prodotto realizzata. In alternativa alla cottura in forni a tunnel a ciclo lento viene sempre maggiormente utilizzata una cottura a ciclo rapido ( 2-3 ore) direttamente su rulli. Questa tecnica, particolarmente adatta per le aziende che producono diverse tipologie di prodotto, offre il vantaggio di ridurre notevolmente i consumi energetici Per entrambe le soluzioni impiantistiche la temperatura è attentamente regolata secondo una curva termica in grado di assicurare un corretto evolversi del processo e un elevata qualità in uscita. Tale curva e generalmente impostata in modo da generare tre fasi o zone termiche che in successione risultano essere: preriscaldamento, cottura, raffreddamento, la curva presenta inoltre una diminuzione del gradiente termico in corrispondenza delle criticità indotte dalle variazioni di fase subite dai materiali durante il processo. In merito alle temperature di cottura, le differenza sono funzione della tipologia di prodotto realizzato e dunque dell’impasto ad esso associato. Per i manufatti a impasto calcareo quali, mattoni comuni e per solai, tavelloni e tavelle, le temperature di cottura sono comprese fra i 900 e i 1000°C, necessarie per ottenere la decomposizione dei carbonati e la loro trasformazione in silicati e silicoalluminati e conferire così al prodotto adeguate caratteristiche meccaniche. La cottura di coppi e tegole richiede invece temperature comprese nell’intervallo termico fra 1000 e 1100°C, l’aumento rispetto al caso precedente è dovuto alla necessità di fornire a tali prodotti un certo livello di greificazione della massa che ne determini una maggiore resistenza agli agenti atmosferici. 2.4.6 IMBALLAGGIO E SPEDIZIONE Ultimate tutte le fasi precedenti e dopo aver effettuato un controllo della loro qualità, i prodotti vengono confezionati, imballati e stoccati in apposite aree ed essi destinate in attesa della loro spedizione. 2.5 I DIFETTI DI PRODUZIONE

Durante tutto il processo produttivo i manufatti in lavorazione sono soggetti al formarsi di varie difettosità dovute in parte ad eventuali problemi impiantistici ed in parte alla natura dell’impasto e alle trasformazioni da esso subite. Tali difetti possono manifestarsi sia durante la lavorazione, sia nelle successive fasi della vita del prodotto soprattutto se l’utilizzo a cui tali prodotti sono destinati, implica condizioni particolarmente gravose.

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2.5.1 DIFETTI DI FORMATURA Sono difettosità che nascono nella fase di estrusione a causa delle azioni che la massa di impasto subisce durante la lavorazione, talvolta infatti le diverse zone del materiale sono soggette a differenti velocità di avanzamento all’interno della macchina provocando una deformazione rispetto alla forma voluta.

Fig.2.5 Difetto in formatura ( Fonte: Lucidi delle lezioni di Recupero e riciclo dei materiali,

Prof. Marcello Romagnoli,Università di Modena e Reggio Emilia) 2.5.2 EFFLORESCENZE Per efflorescenza si intende generalmente il deposito salino che si forma sulla superficie dei laterizi in seguito all’evaporazione dell’acqua di cui possono essere imbevuti, quando questa contiene sali solubili disciolti. Durante l’evaporazione dell’acqua i sali in essa contenuti tendono a saturare la soluzione e a precipitare sulla superficie del mattone, la struttura porosa del laterizio, formata da una fitta rete di capillari permette di generare un flusso continuo di acqua dall’interno all’esterno del manufatto portando all’accumulo, a volte ingente, di sali sulla superficie. La presenza di tale accumulo superficiale si manifesta con affioramenti di diversa entità cromatica a seconda del tipo e della concentrazione del sale presente. Depositi derivanti da solfati,carbonati e cloruri generano una patina di colore bianco mentre la presenza di vanadati è caratterizzata da un colore giallastro, infine affioramenti salini ferrosi si manifestano con una tipica colorazione rossa simile alla ruggine. Il problema delle efflorescenze, oltre che un danno estetico, può in taluni casi compromettere anche l’utilizzabilità dei manufatti, infatti in presenza di cristalli igroscopici di solfato di magnesio (MgSO4) o di sodio(Na2SO4 ), in caso di una loro eventuale idratazione comporterebbe un aumento di volume tale da causare la scagliatura del laterizio e in caso di murature intonacate il distacco di quest’ultimo. L’attitudine a sviluppare efflorescenze è correlata alla quantità di sali solubili e solfati totali contenuta nelle argille, la differenza fra i due valori può derivare dai solfuri insolubili in esse presenti. L’attuale normativa europea UNI EN 771-1, approvata nel 2004, stabilisce a tal proposito che il produttore sia obbligato a dichiarare il contenuto di sali solubili in acqua con riferimento alle categorie riportate nella tabella 2.3.[14]

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Tab.2.3 Categorie di contenuto di sali solubili attivi. ( Fonte: M.Dondi “L’industria dei laterizi. La

normativa europea sui sali solubili” Faenza Ed.)

Massima percentuale di sale ammessa per categoria Categoria

Na+,K

+ Mg

2+

S0 Nessun requisito Nessun requisito S1 0.17 0.08 S2 0.06 0.03 Tale norma considera i sali solubili solo per quanto riguarda il problema del deterioramento delle murature, trascurando completamente gli eventuali effetti antiestetici indotti dalla comparsa delle efflorescenze. E’ possibile inoltre distinguere il contributo dei vari sali durante le fasi della vita del prodotto correlandoli con la loro attitudine a generare efforescenze. Tab.2.4 Elenco dei sali che costituiscono le efflorescenze e che si presentano sul manufatto secco,

su quello cotto e sulla muratura. Fonte: G.P.Emiliani, F.Corbara,”Tecnologia ceramica. Le

tipologie” vol.III, Faenza ed.

+ raro; ++ spesso presente; +++ quasi sempre presente

Sale secco cotto muratura

Na2SiO4 +++ +++ +++ K2SO4 ++ ++ ++ CaSO4 +++ +++ +++ MgSO4 + ++ ++ NaAl(SO4)2 - + - KAl(SO4)2 - + - Na2CO3 - + + K2CO3 - + + CaCO3 - + + NaCl + + ++ KCl + + ++ NaNO3 + - ++ KNO3 + - ++ Fe2(SO4)3 - + + FeSO4 - + + E’ da evidenziare anche che il problema delle efflorescenze non è esclusivamente legato alla presenza di sali solubili, ma nella sua formazione partecipano anche altri fattori quali:

• Quantità d’acqua presente nel manufatto. • Struttura porosa del corpo ceramico.

Le capillarità presenti nel corpo del laterizio e la sua permeabilità superficiale danno un contributo determinante all’assorbimento di acqua e al successivo deposito di sali in superficie.

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Vari studi hanno correlato le dimensioni dei pori con la probabilità del manifestarsi di affioramenti salini, da tali studi è stato evidenziato come, con dimensioni dei pori inferiori a 0.7 µm i manufatti presentavano scarsa efflorescenza anche con alti contenuti di sale. Viceversa per distribuzioni superiori a questo limite, anche in presenza di modeste quantità di sali, si è registrata la comparsa di efflorescenze di medio grado. Da sottolineare infine il ruolo fondamentale svolto dall’acqua durante la formazione delle efflorescenza, infatti anche in presenza di elevati contenuti di sali all’interno del manufatto questi non rappresenterebbero alcun problema se si potesse evitare il loro contatto con l’acqua. Viceversa, anche in assenza di sali solubili è possibile assistere comunque al manifestarsi di efflorescenze derivanti dai sali che possono essere contenuti nell’acqua piovana o assorbiti dal terreno circostante. 2.5.3 INCLUSIONI CALCAREE “Calcinello” Sono difettosità che si manifestano sul prodotto finito e derivano da eventuali accumuli di ossido di calcio ( CaO ) nella struttura del manufatto. In presenza di acqua si assiste all’idratazione dell’ossido di calcio secondo la seguente relazione.

CaO + H2O → Ca(OH)2 L’idratazione comporta un aumento del volume che può causare il distacco del materiale con la formazione di scaglie e fratture. Nella formazione del calcinello gioca un ruolo fondamentale la granulometria dei materiali utilizzati nella preparazione dell’impasto, una riduzione di quest’ultima infatti può sensibilmente ridurre il manifestarsi di questo problema.

2.6 RICICLAGGIO DI SCARTI NELL’INDUSTRIA DEI LATERIZI [14] Negli ultimi anni si è progressivamente diffusa la pratica di miscelare le tradizionali argille destinate alla produzione di laterizi con materiali di scarto derivanti ad altre attività industriali ed urbane. La stessa natura fortemente eterogenea degli impasti utilizzati ha permesso di tollerare al loro interno presenze, anche significative, di materiali di scarto di diverso tipo senza compromettere eccessivamente le caratteristiche finali dei prodotti. I vantaggi di soluzioni di questo tipo sono sia di carattere economico che ambientale, l’utilizzo di nuove risorse permette infatti da un lato la riduzione del prelievo di materie prime argillose e del degrado ambientale ad esso associato , dall’altro offre la possibilità per le aziende di reperire materie prime spesso a bassissimo costo. Inoltre la possibilità di inertizzare gli scarti permette di trovare una collocazione diversa dalla discarica per sostanze spesso inquinanti. In merito a questa pratica esiste un ampia bibliografia scientifica che permette di mettere il luce vantaggi e svantaggi delle singole tecniche.

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Gli scarti utilizzati sono generalmente suddivisi in quattro categorie, in base al loro effetto principale:

• Scarti combustibili • Scarti fondenti • Scarti dimagranti e plastificanti

2.6.1 SCARTI COMBUSTIBILI Sono rifiuti che in virtù del loro contenuto di sostanze organiche permettono, durante la loro combustione, di fornire un apporto energetico alla fase di cottura dei laterizi. Di questa categoria fanno parte scarti industriali quali: residui degli impianti di trattamento dei rifiuti urbani, scarti della lavorazione del carbone, scarti dell’industria tessile e conciaria, reflui derivanti dalla lavorazione del petrolio, della carta, del legno. Il potere calorifico dei vari rifiuti, riportato nella tabella 2.5 è variabile a seconda della natura dello stesso e generalmente compreso fra i 300 e i 7900 Kcal*Kg-1 . Tab. 2.5: I Potere calorifico degli scarti combustibili, Fonte: ANDIL Assolaterizi

Tipo di scarto Potere calorifico

inferiore

(Kcal*Kg-1

)

Residui degli impianti di trattamento dei rifiuti urbani

2390-5495

Fanghi dell’industria cartaria 1846-1860 Segatura di legno 1670-4025 Fanghi di lavaggio della lana 416 Peluria di scarto da lavorazioni tessili 4500-7000 Oli minerali esausti 1700 Scarti dell’industria conciaria 2000 Residui di noci di cocco 3060 Sansa di oliva 4447 Scarti dell’estrazione e della lavorazione del carbone

840-1380

Coke di petrolio 7500-7900 Ceneri volatili 300-1300 Generalmente le aggiunte di scarti negli impasti ceramici sono quasi sempre limitate ad un 10% del peso complessivo, questa limitazione è dovuta principalmente alla necessità di raggiungere un equilibrio fra effetti positivi come diminuzione del peso e del ritiro ed effetti negativi come l’aumento della porosità e la diminuzione della resistenza meccanica dei manufatti.

2.6.2 SCARTI FONDENTI Sono residui costituiti dai fanghi provenienti dalle linee di smaltatura delle industrie ceramiche, dagli impianti di placcatura e da lavorazioni metallurgiche e metalmeccaniche, da materiali a composizione vetrosa provenienti dall’industria alimentare.

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Capitolo 2 I laterizi

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La tipica composizione di questi scarti è caratterizzata da elevate percentuali di elementi a base silico-alluminosa , riscontrabili in quantità maggiori del 50% e da contenuti molto variabili di metalli pesanti ed elementi alcalino-terrosi. Questi scarti, introdotti in percentuali comunque inferiori al 20%, hanno un notevole effetto “fondente” che comporta in cottura, a parità di temperatura, un’elevata diminuzione della porosità dei manufatti. Da tale effetto può derivare un risparmio energetico conseguente alla diminuzione della temperatura di cottura dei manufatti con uguale grado di porosità richiesto. Da sottolineare inoltre gli effetti positivi riscontrati per quanto concerne la lavorabilità in fase di estrusione nonché leggere diminuzioni sul ritiro in essiccazione dei manufatti. Gli svantaggi sono essenzialmente riassumibili in una diminuzione della resistenza meccanica dei manufatti essiccati, quantificabile in una diminuzione variabile fra il 15 ed il 40%. 2.6.3 SCARTI DIMAGRANTI E PLASTIFICANTI Sono materiali residui da lavorazioni dell’industria mineraria e metallurgica capaci di svolgere, durante la lavorazione delle materie prime argillose, una funzione dimagrante o plastificante. Tali materiali vengono utilizzati, in virtù della loro distribuzione granulometrica grossolana, per attenuare la plasticità tipica delle materie prime argillose e ottenere così un adeguato livello di lavorabilità con un minor dispendio di risorse idriche. La quantità di scarto aggiunta nell’impasto può variare dal 10 al 60% e determina sui manufatti cotti una diminuzione del ritiro della resistenza meccanica. Da segnalare inoltre possibili fenomeni di efflorescenza conseguenti all’aggiunta di scarti con elevato contenuto di calcio. In conclusione, la possibilità di riutilizzo di materiali di scarto come materia prima secondaria nell’industria dei laterizi, appare come una pratica di accertata validità, capace di unire in un perfetto binomio vantaggi sia di carattere ambientale che economico.

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Capitolo 3 La modellazione mediante DOE

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CAPITOLO 3 LA MODELLAZIONE MEDIANTE DOE 3.1 LE BASI DEL DOE ( Design of experiments ) Per DOE ( disegno degli esperimenti ) si intende l’insieme delle tecniche statistiche atte ad indagare gli effetti di determinate condizioni o fattori sui risultati di un esperimento scientifico [12], tale metodologia trova nell’utilizzo dell’analisi di varianza ( ANOVA ) il suo strumento fondamentale.[13] Le basi di questa tecnica di modellazione risalgono al 1920 da parte dello scienziato inglese R. A. Fisher, che lo sviluppò come metodo per massimizzare le informazioni derivanti da dati sperimentali [14]. Da allora il DOE ha subito una continua evoluzione fino a diventare uno strumento fondamentale per il supporto all’attività di laboratorio, permettendo, attraverso un approccio scientifico-formale, la valutazione delle caratteristiche del processo analizzato. I principali vantaggi derivanti dall’utilizzo di questa tecnica sono:

• riduzione dei tempi di analisi dei processi • uso più efficiente delle risorse • maggiore affidabilità dei processi

L’adozione in fase sperimentale di questa metodologia offre inoltre la possibilità di ottenere informazioni aggiuntive sul processo analizzato, se infatti una metodica tradizionale è sostanzialmente orientava alla verifica delle ipotesi iniziali ( es. applicabilità di una nuova soluzione ), l’utilizzo del DOE permette, attraverso l’analisi delle correlazioni fra i vari fattori, di evidenziare in una logica di causa-effetto le condizioni e le opportunità non considerate nella fase iniziale. �3.1.1 DEFINIZIONI Per una migliore comprensione dell’argomento trattato si forniscono di seguito le definizioni delle principali terminologie utilizzate nella modellazione mediane DOE.[15] Esperimento: E’ così definita un’attività di ricerca dove le condizioni entro cui viene effettuata sono mantenute controllate durante tutta la durata dell’esperimento. Scopo di questa attività è valutare l’effetto indotto dalle condizioni ( o fattori ) considerati sui risultati finali ottenibili dall’esperimento. Fattori sperimentali: Rappresentano le condizioni considerate nello svolgimento dell’esperimento. La scelta di tali fattori viene effettuata dal ricercato in funzione delle caratteristiche dell’esperimento. Livelli: Costituiscono l’insieme di valori che un fattore sperimentale può assumere durante le diverse prove dell’esperimento, per un corretto approccio i livelli devono mantenersi costanti durante le singole prove, una volta fissati dal ricercatore non è cioè permessa alcuna loro variabilità.

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Capitolo 3 La modellazione mediante DOE

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Replica: Definisce la ripetizione di un esperimento in condizioni simili, cioè con uguali valori dei fattori considerati. Risposta: E’ rappresentato dal valore numerico assunto dalle variabili osservate durante le prove effettuate nell’esperimento. Può essere costituita da un singolo valore o da un insieme di valori a seconda della natura dell’esperimento���Errore sperimentale: Definisce la variazione fra risposte sperimentali simili ma ottenute attraverso prove indipendenti fra loro ed identiche nella procedura di esecuzione. Misura in sostanza la differenza fra la risposta ideale e quella realmente osservata. Tale errore può essere imputabile a fattori di diversa natura quali: variabilità naturale dell’attività sperimentale, errori di misurazione, interazioni non considerate fra diversi fattori, fattori esterni non controllati. Per il raggiungimento di risultati scientificamente accettabili l’errore sperimentale dovrebbe essere ridotto al minimo prestando particolare cura al corretto utilizzo della strumentazione, nonché alla scelta di un numero adeguato di unità esaminate per ogni prova. 3.1.2 STRUTTURA E PRINCIPI DI FUNZIONAMENTO [13][15] Disegnare un esperimento significa effettuare una serie di prove variando i valori dei fattori sperimentali scelti, tale procedura permette di individuare ed evidenziare le corrispondenti variazioni indotte nella risposta finale analizzata. L’esperimento può infatti essere visto come un ambiente dove le caratteristiche iniziali vengono fatte mutare dal variare di fattori controllabili ( fattori sperimentali ) e da fattori incontrollabili (errori), da tale combinazione si otterrà una risposta che caratterizzerà l’ambiente.

Fig.3.1 Rappresentazione di un esperimento

INPUT OUTPUT

Fattori controllabili

Fattori incontrollabili

AMBIENTE ANALIZZATO

(esperimento)

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Capitolo 3 La modellazione mediante DOE

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Il DOE permette cioè di individuare un modello matematico che, in funzione dei dati ottenuti dalle prove sperimentali effettate, permetta di prevedere il valore assunto dalla risposta finale al variare delle condizioni iniziali. In particolare tale tecnica sia basa sul raggiungimento dei seguenti obbiettivi:

• Determinazione delle variabili che maggiormente influenzano la risposta

dell’esperimento. • Individuazione delle variabili controllabili in modo da permettere un interazione

controllata con la risposta dell’esperimento. • Quantificare l’influenza delle variabili controllabili sulla risposta finale.

Il raggiungimento di questi obbiettivi permette le seguenti azioni:

• Individuare e ridurre l’effetto delle variabili incontrollabili. • Determinare per quali valori delle variabili controllate è ottenibile la risposta ottimale.

3.1.2.1 APPLICAZIONE AD ESPERIMENTI FATTORIALI

Di particolare interesse risulta l’applicazione di questa tecnica nell’analisi di esperimenti caratterizzati dalla presenza di più fattori capaci di influenzare la risposta finale. Supponiamo di avere, in un esperimento, una riposta influenzata da due fattori che chiameremo A e B agenti entrambi su due soli livelli (L1,L2). Analizzando sperimentalmente le risposte ottenute dalle diverse combinazioni si otterranno complessivamente 4 possibili risposte. Tab. 3.1: Possibili risposte ottenibili dalla combinazioni dei diversi livelli assunti dai due fattori considerati. Combinazione 1 2 3 4 Fattore A L1 L2 L1 L2 Fattore B L1 L2 L2 L2 Rappresentando graficamente i risultati ottenuti ponendo su ascissa e ordinata i valori assunti dai fattori A e B. Si ottiene un quadrato( fig.3.2) in cui ad ogni vertice è associato il relativo valore assunto dalla risposta Y.

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Capitolo 3 La modellazione mediante DOE

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Fig. 3.2: Rappresentazione grafica delle risposte ottente.

Una volta ottenuti tutti i risultati delle combinazioni fra i diversi livelli assunti dai fattori considerati è necessario stabilire quale sia l’interazione che i fattori hanno fra di loro nel generare la risposta.

A tal fine risulta necessario stabilire qual’è l’effetto dei singoli fattori sulla risposta finale, le determinazione avviene mediante le seguenti relazioni. EFFETTO di A = (media delle risposte al livello L1) - (media delle risposte al livello L2)

= (Y2+Y4)/2 – (Y1+Y2)/2 EFFETTO di B = (media delle risposte al livello L1) - (media delle risposte al livello L2)

= (Y3+Y4)/2 – (Y1+Y2)/2

Gli effetti dei valori dei singoli fattori risulteranno tanto più elevati quanto maggiore è la differenza fra le risposte ottenute a diversi livelli. Per determinare l’eventuale interazione fra i due fattori occorre confrontare le differenza di risposta di un fattore al variare del livello dell’altro fattore, se tale valore non subisce variazione allora è possibile affermare che il fattore considerato è indipendente dall’andamento dell’altro fattore.

L1

L2

L1 L2

Y1

Y3 Y4

Y2

B

A

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Capitolo 3 La modellazione mediante DOE

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In particolare questo si manifesterebbe se ottenessimo la seguente uguaglianza

DIFF. DI RISPOSTA DI A CON B A L1 = DIFF. DI RISPOSTA DI A CON B A L2

(Y1 - Y2) = (Y3 – Y4)

E’ inoltre possibile valutare l’effetto di un fattore rispetto agli altri presi in considerazione in modo da individuare quello che maggiormente incide sulla risposta da ottimizzare. EFFETTO % DI A = [Effetto di A / (Effetto di A + Effetto di B)]*100 �La successiva operazione è quantificare l’interazione fra i diversi fattori agenti sulla risposta. Per fare ciò si assumono tutti i fattori considerati ai loro livelli minimi e massimi i modo da generare tutte le possibili combinazioni. Tab. 6.2: Esempio di calcolo dell’interazione fra diversi fattori.

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L’effetto delle interazione fra i diversi fattori sarà così quantificabile effettuando la sottrazione fra la media dei risultati ottenuti con i livelli massimi dei fattori considerati e la media di quelli ottenuti con i fattori assunti al loro livello minimo. EFFETTO di AB = (Y1+Y2+Y7+Y8) / 4 - (Y3+Y4+Y5+Y6) / 4 EFFETTO di BC = (Y1+Y4+Y5+Y8) / 4 - (Y2+Y3+Y6+Y7) / 4 Si procede allo stesso modo per tutte le possibili combinazioni di fattori considerate nell’esperimento. Dai dati ottenuti si calcola poi la media e la varianza delle risposte derivanti dalle diverse repliche effettuate per ogni combinazione di fattori.

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Capitolo 3 La modellazione mediante DOE

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Le formule utilizzate sono le seguenti:

∑=

=n

J

jyn

y1

1

Dove: _ y = media delle risposte di tutte le repliche n = numero di repliche yi = Risposta i-esima

∑=

−−

=n

J

j yyn

s1

22 )(1

1

Dove: s = varianza n = numero di repliche yi = Risposta i-esima y = media delle risposte di tutte le repliche

I dati così ottenuti vengono analizzati mediante modelli statistici come l’ANOVA o metodo dell’analisi di varianza che permette di ottenere importanti informazioni sull’andamento dei valori assunti della risposta. I risultato di tale elaborazione può essere rappresentato graficamente da un solido ( nel caso di almeno 3 fattori) accompagnato da una serie di informazioni aggiuntive che permettono di analizzare a fondo l’andamento della risposta al variare dei fattori.

Fig. 6.3 : Rappresentazione dei dati derivanti dall’elaborazione.

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Capitolo 3 La modellazione mediante DOE

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3.2 APPLICAZIONE DELLA METODOLOGIA MODERNA

Nel corso degli ultimi decenni sono state sviluppate diverse tecniche di costruzione di un programma sperimentale. La più nota ed utilizzata è quella definita come metodo della variazione di un fattore alla volta (“One-Factor-at-a-Time-Method”). In questo metodo vengono per prima cosa individuate le variabili che si ritiene abbiano una qualche influenza sul processo. Successivamente vengono programmate le prove facendo variare singolarmente ogni variabile e registrando le risposte del sistema. In questo modo è possibile individuare la relazione tra variabile ed effetto. L’approccio, molto popolare tra tecnici e ricercatori, risulta essere però costoso in termini di numero di prove quando i fattori considerati sono molti. Altro limite insito nel procedimento è quello di rendere difficile registrare interazioni sinergiche o competitive tra le variabili indipendenti capaci di amplificare o smorzare l’effetto sulla variabile dipendente.

Un metodo che negli ultimi anni ha riscosso grande apprezzamento sia in campo scientifico che tecnologico è il DOE. DOE è l’acronimo di Design of Experiment o anche Experimental Design e rappresenta una raccolta di diverse tecniche, più o meno specializzate, sviluppate per rispondere a diverse esigenze. Una loro descrizione approfondita può essere trovata nella vasta letteratura sviluppata sull’argomento [18] [19] [20] [21].

L'approccio alla pianificazione di un test seguendo le regole dell'Experimental Design permette di ottenere diversi vantaggi che vengono di seguito descritti.

• Con un numero ridotto di prove si può ottenere un numero di informazioni maggiore rispetto agli approcci sperimentali tradizionali. È possibile conoscere non solo l’effetto delle variabili principali, ma anche delle loro interazioni.

• Il metodo è flessibile; può essere utilizzato in un amplissimo numero di casi diversi. Le variabili analizzate possono essere sia di tipo qualitativo che quantitativo. Il metodo dell’Experimental Design non è relegato al solo ambito della ricerca, anzi esso è molto utilizzato in campo industriale

• La possibilità di arrivare a definire un modello capace di fare previsioni permette rapide simulazioni ed ottimizzazioni via computer. Attraverso il modello possono essere fatte ottimizzazioni anche di tipo economico.

• Anche se l’Experimental Design si fonda su una solida base statistica, grazie alla disponibilità di strumenti informatici è possibile fare della buona sperimentazione senza grandi difficoltà. È sufficiente, infatti, saper interpretare i dati forniti dai softwares.

• L’addestramento richiesto per un utilizzo pratico è relativamente breve e non eccessivamente complesso.

• Il fattore umano, rappresentato dall’esperienza e dalla sensibilità dello sperimentatore, rimane decisivo, ma viene aiutato e supportato nelle scelte.

Nell’approccio a questa tecnica si inizia comunemente da un modello di processo di cui non si conosce nulla, caratterizzato da variabili continue o discrete che possono essere controllate dallo sperimentatore e a cui corrispondono dati in uscita che possono essere assunti continui.

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Capitolo 3 La modellazione mediante DOE

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I dati sperimentali ottenuti dall’analisi del modello vengono poi utilizzati per ricavare un modello empirico che li colleghi alla variabili di processo ( fattori sperimentali ).

Fra le varie tipologie presenti il disegno fattoriale completo a due livelli rappresenta uno dei più efficienti modelli sperimentali della famiglia del DOE utile sia per effettuare uno screening di massima per individuare i fattori che più influenzano il processo, sia per costruire un primo modello matematico. Con un numero ridotto di prove è infatti possibile ottenere un numero di informazioni maggiore rispetto agli approcci sperimentali tradizionali.

E' inoltre possibile con un set limitato di esperimenti conoscere non solo l'effetto delle variabili principali, ma anche quello delle loro interazioni, cosa non possibile nelle tecniche tradizionali.

Per una corretta applicazione del modello è necessario, per ogni fattore, effettuare un numero di prove minimo per completare il programma sperimentale, tale numero è dato dalla seguente equazione:

numero di prove necessarie = 2n

Dove n rappresenta il n di fattori considerati.

In caso di più prove (repliche) per la stessa combinazione di valori il numero totale di prove sarà:

numero di prove con repliche = 2n x numero di repliche per combinazione

Ad esempio, il numero di prove da effettuare nel caso si realizzi una sola prova per combinazione con tre variabili indipendenti è uguale a 23 = 8. Nel caso si effettuino per esempio tre prove ogni combinazione allora il numero di prove da effettuare cresce: 23x3 = 24.

Il numero di campioni da realizzare cresce con l’aumento del numero di parametri considerati, esistono comunque metodologie di realizzazione di programmi sperimentali, chiamati frazionali (fractional factorial design) che consentono, in questi casi, di ridurre il numero di prove.

In tab.6.3 viene riportato un esempio di programma completo di prove riferito a tre parametri di studio. Ogni riga rappresenta un singolo esperimento che può essere eseguito una sola volta o anche più volte per avere una maggiore validità statistica del dato. Le prime tre colonne a destra rappresentano i valori dei fattori indipendenti considerati per ogni singolo esperimento. Il simbolo (+) sta a significare che, in quell’esperimento, il fattore sarà fissato al suo valore più alto; il simbolo (-) che il fattore sarà fissato al suo valore più basso. La colonna “Ordine di sperimentazione” riporta l’ordine reale in cui verranno effettuate le prove. L’ordine deve essere volutamente casuale per minimizzare errori che potrebbero effettuarsi nelle prove. Ad esempio, se le prove svolte un determinato giorno sono state condotte ad una temperatura effettiva più bassa, l’errore su questo fattore potrebbe indurre una valutazione non corretta. Randomizzando le prove, l’errore si distribuisce casualmente e viene ridotto dai successivi trattamenti statistici.

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Capitolo 3 La modellazione mediante DOE

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La prima colonna a sinistra riporta una notazione codificata. Le lettere a, b e c rappresentano ognuna un parametro. La presenza di una lettera denota il livello più alto per il fattore corrispondente, l’assenza il settaggio del valore minimo. Con il termine (1) si denota l’esperimento dove tutti i parametri sono al loro valore più basso5.

Il programma preso ad esempio prevede una prima prova in cui tutti i parametri sono al loro livello più basso. L’esperimento è codificato con il simbolo convenzionale (1). Altre tre prove distinte vedono la variazione di un fattore alla volta che assumerà il proprio valore massimo, mentre gli altri rimarranno a quello minimo. In tabella sono indicate con i simboli: a; b e c. Fino a questo punto ci troviamo di fronte al classico metodo della variazione di un fattore alla volta. Ora il piano sperimentale si arricchisce. I livelli vengono cambiati in modo tale che per ogni prova siano assunti contemporaneamente per due fattori indipendenti, i rispettivi valori massimi. Il dettaglio è quello relativo agli esperimenti: ab; ac e bc. Infine il programma sperimentale si conclude con una prova in cui tutti e tre i fattori sono settati al valore maggiore: abc.

Tab.6.3: Programma sperimentale

Test Ordine di

sperimentazione

Pressione

(MPa)

Temperatura

(°C)

Tempo

(min.)

(1) 2 - - - a 4 + - - b 3 - + - ab 1 + + - c 5 - - + ac 8 + - + bc 7 - + + abc 6 + + +

Una volta effettuate le prove e misurate le grandezze dipendenti, il passo successivo, di rilevante interesse per effettuare processi di ottimizzazione, consiste nel determinare un modello matematico che permette simulazioni sul ritiro in diverse condizioni di pressione, temperatura e tempo.

Si consideri generalmente il seguente modello matematico generale�per un disegno a tre fattori.

�y = α + βx1 + χx2 + δx3 + ε x1x2 + φ x1x3 + γx2tx3 + ηx1x2x3

I valori delle costanti possono essere ottenuti mediante il metodo dei minimi quadrati. Eliminando i termini di minore peso, il modello può essere semplificato e i calcoli per l’ottimizzazione alleggeriti. Una analisi della varianza, o ANOVA, è lo strumento più utilizzato per la semplificazione.

Dopo aver definito il modello matematico occorre verificarne la capacità predittiva. Per prima cosa si può vedere se vi è accordo tra i dati ottenuti con il modello e quelli sperimentali da cui è derivato. L’equazione ottenuta ha ovviamente una sua validità se viene utilizzata all’interno del dominio in cui è stata calcolata, quindi occorre scegliere i valori per le variabili indipendenti compresi nei range del modello.

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Capitolo 3 La modellazione mediante DOE

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La scelta degli intervalli dei parametri indipendenti è un momento cruciale della fase sperimentale, qualunque sistema si scelga. Un fattore può risultare di scarsa importanza o di grande peso in funzione dei valori scelti per i livelli di minimo e massimo. In questa fase è fondamentale la sensibilità e l’esperienza dello sperimentatore. Anche la capacità predittiva del modello può risultare scarsa o ottima in base a tale scelta.

Non bisogna pensare che la tecnica di approccio sperimentale sia valida solo nel caso preso ad esempio, la sua grande forza sta infatti nell’ampia possibilità di utilizzo in situazioni e con fattori diversi. Ad esempio è possibile considerare anche variabili qualitative, come quando si vuole confrontare diverse materie prime tra loro o diversi fornitori. .[22] [23]

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Capitolo 4 Scopo della tesi

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CAPITOLO 4: SCOPO DELLA TESI

Lo smaltimento dei fanghi di levigatura e taglio attualmente comporta il deposito di ingenti quantitativi di materiale in discarica. Tale rifiuto, pur non costituendo un pericolo di inquinamento, è caratterizzato da quantitativi così elevati da rappresentare un problema di carattere ambientale. Dai dati raccolti è possibile stimare per il solo 2004 una produzione interprovinciale ( Modena e Reggio E.) complessiva di fanghi da trattamento gres porcellanato di circa 20.000 ton. /anno di solido secco. Nel corso degli anni diverse, ricerche hanno dimostrato per questi materiali le notevoli difficoltà di un riciclaggio a circuito chiuso per la produzione di nuovi prodotti ceramici. Tale problema nasce dalla presenza nei fanghi di composti in grado di interferire con le proprietà dei prodotti ceramici, alterandone sensibilmente la qualità. L’industria dei laterizi, grazie alle differenti caratteristiche tecnologiche del ciclo produttivo e le peculiari caratteristiche dei materiali realizzati, appare meno influenzata dagli effetti negativi indotti dalla presenza di questi composti e dunque risulta di particolare interesse nell’applicazione di una soluzione basata sul riciclaggio a circuito aperto. Il loro reimpiego in impasti per la produzione di laterizi offre il vantaggio di trovare per questi rifiuti una diversa collocazione rispetto all’attuale smaltimento in discarica riducendo, al contempo i costi ad essa connessi . Va inoltre ricordato come l’industria dei laterizi sia caratterizzata dall’utilizzo di impasti naturali che, per ragioni economiche, vengono reperiti da depositi argillosi nelle zone limitrofe agli stabilimenti. Negli ultimi anni, le direttive in materia di protezione ambientale hanno ridotto la possibilità di effettuare nuove escavazioni imponendo così, per le aziende del settore, la necessità di trovare fonti alternative per l’approvvigionamento delle materie prime. Appare dunque evidente l’azione sinergica indotta da questa soluzione, la quale permette di offrire, ad entrambi i settori produttivi interessati, effetti positivi sia di carattere economico che ambientale. Allo stato attuale infatti questi rifiuti rappresentano, in virtù degli elevati oneri derivanti dal loro smaltimento in discarica, un problema per l’industria ceramica mentre al contempo potrebbero costituire una importante fonte di approvvigionamento per l’industria dei laterizi. In questo lavoro di tesi si è cercato di sviluppare un modello in grado di evidenziare le variazioni sulle proprietà fondamentali dei laterizi indotte dall’aggiunta, come materia prima secondaria, di fanghi di levigatura e di taglio provenienti dall’industria ceramica del gres. L’elaborazione di questa tesi si è sviluppata attraverso una prima fase di preparazione e caratterizzazione dei materiali e dei provini realizzati; ciò ha permesso l’ottenimento di dati sperimentali inerenti ad ogni fase del processo analizzato. Dai dati così ottenuti è stato possibile accedere alla fase di modellazione nella quale si è potuto analizzare l’andamento delle proprietà e studiarne la loro dipendenza dai parametri iniziali adottati. Le prove di analisi e caratterizzazione dei materiali nonché parte delle fasi produttive dei provini analizzati sono state effettuate presso il Dipartimento di ingegneria dei materiali e dell’ambiente. Per dare un maggior valore a questo lavoro ci si è avvalsi della collaborazione della fornace San Lorenzo s.p.a. – Ubersetto (MO), operante nel settore da diversi decenni, che ha permesso di realizzare talune fasi della lavorazioni nel pieno rispetto dei parametri di un ciclo industriale. La sperimentazione ha permesso di analizzare in modo sistematico e comprendere meglio l’effetto delle aggiunte e di proporre una loro ottimizzazione.

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Capitolo 5 Parte sperimentale

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CAPITOLO 5 PARTE SPERIMENTALE 5.1 MATERIALI UTILIZZATI

�Per il lavoro svolto in questa tesi sono stati utilizzati i materiali elencati nella tabella 5.1 �Tabella 5.1: Materiali impiegati

Materiali Luogo di raccolta Descrizione

Argilla “Gialla” Presso l’azienda

Fornace San Lorenzo

Argilla proveniente da cave di pianura e da siti estrattivi posti nelle vicinanze dell’azienda

Argilla “Grigia” Presso l’azienda

Fornace San Lorenzo

Argilla proveniente da cave di montagna

Fango di Taglio Presso l’azienda

Fornace San Lorenzo

Residuo derivante dal taglio di piastrelle di gres porcellanato

Fango di levigatura

Da discarica rifiuti inerti nella quale

confluiscono scarti di molteplici stabilimenti

ceramici

Residuo derivante dalla levigazione di Gres porcellanato proveniente da numerosi siti produttivi del Comprensorio Ceramico

Impasto aziendale Presso l’azienda

Fornace San Lorenzo

Impasto utilizzato dall’azienda per la produzione di laterizi avente la seguente formulazione:

o 45% pale argilla grigia o 45% pale argilla gialla o 10% fango da taglio o Umidità al 20%

�����������35(3$5$=,21(�'(,�0$7(5,$/,��

a) essiccazione

Tutti i materiali impiegati, essendo stati prelevati da un sito di stoccaggio posto all’esterno, hanno subito un trattamento preliminare di essiccazione in stufa per 24 ore ad una temperatura di 110 C°, al fine di eliminare il contenuto di umidità posseduto inizialmente e poter meglio controllarla nelle formulazioni successive.

b) macinazione delle materie prime

Dopo l’essiccazione i materiali sono stati macinati a secco in una giara di porcellana, avvalendosi di corpi macinanti in allumina (diametro 10÷40 mm), assumendo un rapporto di macinazione di 1:1 con il solido di cui se ne vuole ridurre la dimensione.

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Capitolo 5 Parte sperimentale

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�Nel caso dell’argilla tipo “gialla” più friabile si è scelto un tempo di macinazione di 2h, mentre per l’argilla tipo “grigia”, molto più compatta, l’attività si è protratta per 2,5h complessive. Infine per i 2 tipi di residui utilizzati (fango da taglio e di levigatura) l’operazione si è svolta in un intervallo temporale più ristretto (1,5h). Al termine di ogni ciclo di macinazione si è effettuata una setacciatura per mezzo di un setaccio con luce pari a 2 mm, con ulteriore reinserimento in macinazione del materiale più grossolano atto al conseguimento della granulometria voluta.

c) Miscelazione delle argille

Una volta essiccati e macinati tutti i materiali, si e proceduto alla preparazione della miscela delle due argille, seguendo la formulazione indicata dall’azienda:

50% argille tipo “giallo” + 50% argille tipo “grigio” La miscelazione nel rapporto indicato è stata fatta pesando i singoli materiali, utilizzando una bilancia di precisione elettronica. d) setacciatura

Al termine della macinazione si è eseguita una setacciatura a 500 µm in modo da rendere compatibile la granulometria dei nostri materiali con i requisiti richiesti per la produzione di laterizi. Il sopravaglio residuo è stato nuovamente macinato fino ad ottenere le caratteristiche dimensionali richieste. e) preparazione delle formulazioni

Per il lavoro svolto in questa tesi si è proceduto alla preparazione di miscele di impasto base additivato con diverse percentuali (10,15,20%), alternativamente, di fango di taglio o di levigatura, preparate fissando due livelli di umidità ( 17% e 20%) in modo da valutare la variazione delle proprietà considerate al variare della quantità di materiale di scarto inserita. Nonostante nella pratica comune i due tipi di fanghi vengano trattati indifferentemente si e scelto di mantenerli separati durante tutto il processo: questa scelta è nata dall’esigenza di ottenere dati che esprimessero le potenziali differenze nell’applicabilità di tale soluzione. Le formulazioni utilizzate per lo svolgimento di questo lavoro sono state 14 ( 6 per i fanghi di taglio e 6 per quelli di levigatura ) e sono state prodotte mescolando i vari materiali con un impastatrice meccanica per un tempo di circa 20 min. ciascuno in modo da ottenere un prodotto omogeneo e con una lavorabilità sufficiente per le successive fasi. In due formulazioni non sono stati aggiunti scarti e rappresentano il riferimento per i due livelli di umidità: 17% e 20%.

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Capitolo 5 Parte sperimentale

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Le 12 formulazioni prodotte sono le seguenti: �������������������������������������������

Tabella 5.2: formulazioni preparate

N° formulazione % umidità % scarto aggiunto

1 17 10 2 17 15 3 17 20 4 20 10 5 20 15 6 20 20 7 17 10 8 17 15 9 17 20

10 20 10 11 20 15 12 20 20 13 17 0 14 20 0

Per effettuare una corretta caratterizzazione dei campioni prima e dopo l’essiccamento e dopo la cottura in modo da valutare tutte le proprietà considerate in questo lavoro di tesi sono stati prodotti 9 campioni per ogni formulazione. I due tipi di campioni variano per le loro dimensioni [ larghezza, altezza, lunghezza ]

• 5x1x12 cm prodotti nella quantità di 6 elementi • 1.7x1x12 cm prodotti nella quantità di 3 elementi

�I campioni di larghezza minore sono stati utilizzati per la determinazione della resistenza a flessione mentre quelli di lunghezza maggiore sono stati utilizzati in tutte le restanti misurazioni. Una volta prodotti tutti i campioni sono stati contrassegnati con un apposito codice( n° formulazione e n° campione).

5.2 CARATTERIZZAZIONE DEI MATERIALI

Tutti i materiali ( miscela delle argille e fanghi ) sono stati sottoposti ad un insieme di prove mirate ad individuare le esatte caratteristiche dei materiali utilizzati.

��5.2.1 ANALISI MiNERALOGICA (XRD)

Per la determinazione delle fasi cristalline presenti nei materiali studiati è stata condotta l’analisi mineralogica mediante misure diffrattometriche realizzate tramite un diffrattometro a raggi X per polveri Philips mod. PW3710 con anticatodo in rame, utilizzando la radiazione Cu

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Capitolo 5 Parte sperimentale

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K(α) con lunghezza d’onda λ = 1,54 A nell’intervallo 2ϑ compreso tra 5° e 70° (con velocità di scansione di 1° al minuto). I campioni sono stati preventivamente macinati in giara d’agata per circa 15’ affinché presentassero una granulometria sufficientemente fine (< 45µm). �La determinazione delle fasi è quindi stata condotta manualmente mediante il confronto delle distanze interplanari e delle rispettive intensità dei picchi coi dati tabulati.

5.3.2 ANALISI CHIMICA (ICP) L’analisi chimica dei materiali è stata effettuata utilizzando la spettroscopia a plasma accoppiato induttivamente (ICP).

Tale tecnica e basata sul principio secondo cui la concentrazione di uno specifico elemento in un campione è correlata con l’intensità delle linee del suo spettro ottico.

Gli spettri ottici sono ottenuti convertendo i componenti del campione in atomi gassosi o ioni elementari mediante un trattamento termico di atomizzazione a temperatura compresa fra i 4000 e gli 8000 °K.

L’emissione della miscela gassosa così prodotta viene poi analizzata mediante uno spettroscopio ad altissima precisione in grado di effettuare una determinazione qualitativa e quantitativa degli elementi presenti nel campione.

Il limite di questa tecnica sta nel non essere applicabile su campioni allo stato solido per cui si è reso necessario portare preventivamente in soluzione il campione da analizzare. Tale fase si è svolta nelle seguenti fasi:

1. Si sono pesati 100g di campione macinati finemente e setacciati a 70µm e sono stati posti in un crogiolo di platino.

2. Si è aggiunto 1g di metaborato di litio ( LiBO2 ) al fine di facilitare la fusione del campione analizzato.

3. Si è proceduto alla fusione del contenuto del crogiolo, sottoponendolo ad un riscaldamento fino alla temperatura di 1250 °C , poi mantenuta per 30 min., fino alla formazione di un sistema amorfo denominato “perla”.

4. Si è dissolta la perla introducendo il crogiolo in un becher, posto su un agitatore magnetico, contenente una soluzione costituita da 4 ml di acido nitrico ( HNO3) AL 65% in 150 mL di acqua distillata.

5. Una volta sciolta la perla la soluzione ottenuta è stata portata a volume a 250 ml con acqua distillata ed in seguito è stata analizzata mediante strumentazione ICP Plasma Varian modello Liberty 200, determinando i seguenti elementi: Si, Mg, Na, K, Ca, Al, Fe, Zr, Ba, Pb, Ti, Zn, Sr, P, Co, Ni in ppm (parti per milione).

5.2.3 ANALISI ELEMENTARE

Al fine di individuare l’eventuale presenza degli elementi N, C, S, H si è effettuata l’analisi elementare sia sulla miscela di argille sia sui due tipi di fanghi.

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Capitolo 5 Parte sperimentale

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Per la realizzazione di tale analisi è stato utilizzato lo strumento Carlo Erba Elemental Analyzer modello EA 110.

5.2.4 ANALISI GRANULOMETRICA Le indagini granulometriche sono state effettuate su tutte le materie prime utilizzate in questo lavoro di tesi previa macinatura e setacciatura a 500µm. Le analisi sono state compiute con un granulometro a diffusione elastica di luce a basso angolo (modello Analysette 22 Fritsch). L’utilizzo di questo strumento è consigliato rispetto ad altri metodi nella determinazione di granulometrie di polveri fini, dal momento che l’intervallo di misura comprende diametri da 0,16 a 1000 µm. Inoltre i risultati possono essere presentati come distribuzioni di frequenza o come curve cumulative ed è possibile calcolare a partire dai grafici i diametri caratteristici di una distribuzione: D10, D50, D90, corrispondenti ai diametri al di sotto dei quali si trova il 10, il 50 ed il 90% rispettivamente della distribuzione. I risultati vengono riportati in funzione del diametro sferico equivalente (ESD), definito come il diametro della sfera pari alla dimensione massima della particella. Per particelle molto irregolari, questo corrisponde ad un metodo generalizzato.

5.2.5 PERDITA AL FUOCO

Al fine di ottenere un dato che completi l’analisi chimica, mettendo in evidenza la perdita di peso, riscontrata in seguito a riscaldamento del campione, dovuta a fenomeni di decomposizione di sostanze organiche, trasformazioni di fase, decarbonatazione, ecc, si è effettuata su tutti i materiali utilizzati una prova di perdita al fuoco. Tale analisi si è sviluppata sottoponendo, a partire da temperatura ambiente, separatamente la miscela di argille e i fanghi di taglio e levigatura ad un trattamento termico in forno a muffola modello Lenton a 1100 °C per 30 minuti. I campioni in analisi sono stati pesati prima e dopo il trattamento in modo da ricavare la variazione in peso. Il valore di perdita al fuoco è stato ricavato mediane la seguente formula:

100*)(

.(%).Pi

PtPfmPiFP

−−=

Dove:

PF = Perdita al fuoco espressa in percentuale

Pi = Peso iniziale del campione (g)

Pfm = Peso finale misurato (g)

Pt = Tara (g)

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Capitolo 5 Parte sperimentale

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5.3 PREPARAZIONE DEI PROVINI

5.3.1 CALCOLO DELLA QUANTITA’ DI SCARTO DA INSERIRE

Per calcolare la quantità di materiale di scarto da inserire nell’impasto secondo le percentuali stabilite (10%,15%,20%) ci si è riferiti al peso netto secco. Per il calcolo di tale quantità si e utilizzata la seguente proporzione:

(%):)(100:)( vns PgXgP =

Dove:

Pns = Peso netto secco (g)

Pv = Percentuale di materiale di scarto da aggiungere all’impasto (g) X = Quantità in peso di materiale di scarto (g)

Definito Pns=1400g rappresentante il quantitativo di materiale argilloso allo stato secco necessario per la produzione di 9 elementi per ogni formulazione si sono ricavate le seguenti quantità da aggiungere all’impasto:��Tab.5.3: Valori del peso netto dello scarto aggiunto.

N° e codice

formulazione

Peso netto secco

dell’impasto

argilloso (g)

% scarto aggiunto Peso netto dello

scarto aggiunto (g)

1 17U-10FL 1400 10 156 2 17U-15FL 1400 15 248 3 17U-20FL 1400 20 312 4 20U-10FL 1400 10 156 5 20U-15FL 1400 15 248 6 20U-20FL 1400 20 312 7 17U-10FT 1400 10 156 8 17U-15FT 1400 15 248 9 17U-20FT 1400 20 312 10 20U-10FT 1400 10 156 11 20U-15FT 1400 15 248 12 20U-20FT 1400 20 312

5.3.2 CALCOLO DELLA QUANTITA’ DI ACQUA DA AGGIUNGERE

ALL’IMPASTO

Al fine di ottenere un dato che esprimesse la potenziale l’incidenza del contenuto di acqua sul comportamento dei campioni nelle varie fasi della loro produzione, si è scelto lavorare con due percentuali di umidità. La prima è stata fissata al 20%, percentuale comunemente utilizzata nella produzione di laterizi e rappresenta appunto un dato operativo, in modo da valutare l’applicabilità della soluzione sviluppata in questo lavoro di tesi con i quantitativi di umidità comunemente utilizzati.

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Capitolo 5 Parte sperimentale

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La seconda percentuale di umidità è stata fissata al 17% ed è stata utilizzata per studiare le variazione nelle proprietà dei materiali utilizzati con quantitativi di acqua inferiori a quelli comunemente utilizzati. Inizialmente era stato considerato anche un quantitativo di acqua del 23% ma tale soluzione è stata abbandonata per problemi sorti durante la fase di formatura per estrusione dei campioni, tali problemi sono dovuti all’eccessiva plasticità acquistata dall’impasto con il contenuto di acqua fissato. Per il calcolo dell’umidità delle varie formulazioni si è utilizzata la seguente relazione:

100:(%):)( 2OPHUgPns = �

Dove: U% = Umidità reale dell’impasto(%) Pns = Peso netto secco della miscela(g) PH2O = Peso dell’acqua aggiunta(g)�

5.3.3 PROCESSO DI PRODUZIONE DEI CAMPIONI

Il processo di produzione dei campioni si è articolato nelle seguenti fasi: • 1. Impastatura meccanica • 2. Formatura • 3. Essiccazione • 4. Cottura Attraverso questo processo sono stati prodotti un totale di 250 campioni divisi in due dimensioni e 14 diverse formulazioni.

1. impastatura meccanica

La miscelazione dei vari costituenti dell’impasto è stata eseguita con un impastatrice meccanica composta da un contenitore in acciaio inox ed un braccio meccanico mantenuto in rotazione da un motore elettrico. Per ottenere un impasto omogeneo il quantitativo di acqua è stato inserito gradualmente durante tutta la fare di impastatura. 2. formatura

Tutti i campioni sono stati realizzati mediante un estrusore pneumatico ad aria compressa operante ad una pressione compresa fra 8 e 9 Bar.

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Capitolo 5 Parte sperimentale

44

Fig. 5.1 Estrusore

Il funzionamento di questo strumento può essere riassunto nelle seguenti fasi:

1) La fase iniziale prevede il riempimento dello strumento con piccoli blocchi di

impasto di circa 500g l’uno inseriti nella bocca di ingresso dell’estrusore. 2) Attraverso un apposito tappo viene chiusa la bocca d’ingresso e si porta in pressione

lo strumento, questa fase serve a produrre un cilindro omogeneo e ad eliminare le sacche d’aria presenti nell’impasto.

3) Una volta ottenuto un cilindro omogeneo di materiale di procede sostituendo nella

bocca di ingresso il tappo con una trafila a sezione rettangolare di dimensione 50mm x 10mm

4) Riportando in pressione lo strumento si costringe il materiale a passare per la trafila

e ad assumere le dimensioni della sezione del foro rettangolare. 5) Si genera cosi una striscia di materiale con la sezione fissata che è stata poi tagliata

per ottenere campioni della lunghezza richiesta (120mm).

Per quanto riguarda i campioni di dimensione 17mm x 10 mm x 120mm si sono ricavati tagliando manualmente in 3 parti i campioni prodotti per estrusione. Al termine della fase di formatura tutti i campioni sono stati contrassegnati da un apposito codice che ne permetta il riconoscimento durante tutte le successive fasi di lavorazione e di caratterizzazione, si sono inoltre fatte 2 tacche su ogni campione alla distanza di circa 100mm fra loro necessarie per le successive misure di ritiro in essiccazione e in cottura.

3. essiccazione

Una volta ottenuti i campioni delle diverse formulazioni essi sono stati sottoposti ad un processo di essiccazione suddiviso in due fasi:

• Essiccazione e temperatura ambiente per circa 3 ore

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Capitolo 5 Parte sperimentale

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• Essiccazione in forno a muffola alla temperatura di 80°C per 48 ore, in tale fase i campioni sono stati disposti su una griglia di materiale refrattario avendo l’accuratezza di mantenere distanti fra loro i campioni e permettere all’acqua contenuta di evaporare facilmente.

�Fig.5.2 Essiccatoio

�4. cottura

La cottura dei campioni è stata eseguita presso il forno dell’azienda Fornace San Lorenzo operante alla temperatura di 960°C. Per il lavoro svolto in questa tesi si è scelto di analizzare il comportamento dei materiali sottoposti a due diversi cicli di cottura. Essendo la temperatura di cottura un dato costante e inalterabile, durante il processo industriale operato dall’azienda in questione, si è optato per diversificare i cicli di cottura a seconda delle “spinte” ossia della velocità di avanzamento del materiale all’interno del forno e dunque del tempo complessivo di cottura. Il primo ciclo (C1), denominato veloce, viene utilizzato durante la settimana e ha mediamente una durata complessiva di circa 24 ore 6 delle quali a una temperatura prossima ai 960°C. Il secondo ciclo (C2), denominato lento, viene utilizzato durante il weekend, il tempo complessivo di cottura è di 48 ore di cui 9 ad una temperatura prossima ai 960°C. Il forno in questione , utilizzato per la cottura dei campioni ha una lunghezza di 100m ed è alimentato a gas naturale e ad olio combustibile, è inoltre dotato di un sistema di recupero del calore che viene poi utilizzato a monte dell’impianto per l’essiccazione dei laterizi. La cottura avviene per mezzo di 13 bruciatori a volta posti superiormente e lateralmente rispetto al binario di avanzamento dei carri, di tali bruciatori 12 sono alimentati a gas mentre l’ultimo è alimentato a olio pesante. In figura (5.3) è riportato il tipico diagramma adottato per la cottura dei laterizi, la prima linea rossa a 570°C mette in evidenza la temperatura alla quale vi è la trasformazione del silicio , tale criticità come evidenziata nel diagramma viene affrontata imponendo una diminuzione del gradiente termico in modo da rendere più graduale il passaggio. La seconda linea rossa caratterizza la massima temperatura raggiunta in fase di cottura. ��

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Capitolo 5 Parte sperimentale

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��

���

���

���������

Fig.5.3: Diagramma di cottura

5.4 CARATTERIZZAZIONE DELL’ESSICCATO Per la fase di caratterizzazione dell’essiccato sono state effettuate le seguenti analisi:

• Ritiro medio in essiccazione R% • Assorbimento medio secco in nafta N%

• Calcimetria CaCO3%

5.4.1 RITIRO MEDIO IN ESSICCAZIONE

Attraverso il ritiro medio in essiccazione è possibile osservare la variazione della lunghezza dei campioni in seguito al trattamento termico di essiccazione. Questa misura è importante perchè elevati ritiri sono indice di maggiori problemi di fratture e difetti che posso insorgere in questa fase. Il controllo è stato effettuato misurando con calibro decimale la distanza, prima e dopo l’essiccamento, fra le due tacche incise sui campioni in fase di formatura.

7HPSHUDWXUD���&�������&�

����&�

����&�

����&�

7HPSR�GL�FRWWXUD��K��

7HPSR�DOOD�PDVVLPD�WHPS��

7HPSR�WRWDOH�GL�FRWWXUD�

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Capitolo 5 Parte sperimentale

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Utilizzando poi la seguente formula si è ricavato il ritiro per ogni campione �

100*(%)v

sv

L

LLR

−= �

dove:

R(%) = ritiro in essiccazione Lv = distanza iniziale tra le tacche(mm) Ls = distanza finale tra le tacche (mm)�

Ottenuti tutti i valori di ritiro si è ricavata la proprietà in questione effettuando la media aritmetica fra i valori di ogni formulazione.

5.4.2 ASSORBIMENTO MEDIO IN NAFTA Nella produzione dei laterizi la porosità rappresenta una proprietà di notevole importanza nel fornire le caratteristiche richieste dall’impiego: alta capacità coibentante; leggerezza; capacità di traspirazione. Per valutare tale proprietà si è effettuata una prova di assorbimento in nafta; quest’ultimo composto viene scelto perché, non essendo un solvente polare come l’acqua, non causa lo scioglimento dei campioni. L’assorbimento è determinabile secondo la seguente procedura:

• Si misurano separatamente e con bilancia di precisione almeno due campioni della

stessa formulazione. • Si immergono i campioni in una bacinella riempita di nafta in modo che rimangano

sotto un battente di almeno un centimetro e avendo l’accortezza di verificare, durante tutta la prova, che i campioni siano sempre completamente immersi.

• Dopo aver lasciato per 24 ore i campioni immersi in nafta si effettua, previo asciugatura

degli stessi con carta assorbente, una nuova misurazione del peso.

Al termine della prova, attraverso i dati ottenuti, è possibile ricavare per ogni campione il valore dell’assorbimento dalla seguente formula:

100*0

0

P

PPN n −

=

dove: N = assorbimento percentuale Po = peso del provino secco(g) Pn = peso del provino dopo l’immersione in nafta(g(

Ottenuti i singoli valori di assorbimento si effettua la media aritmetica in modo da ricavare il valore medio.

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Fig.5.4: Campioni immersi in nafta

��5.4.3 CALCIMETRIA

La determinazione del contenuto di carbonato di calcio è stata effettuata utilizzando il calcimetro di Dietrich-Fruehling, basato sul principio della determinazione gas-volumetrica della CO2 gassosa, sviluppata trattando il campione con acido cloridrico HCl. ��

�Fig. 5.5: calcimetro di Dietrich-Fruehling�

��La reazione fra acido e carbonato di calcio e descritta dalla seguente reazione:

2HCl + CaCO3 ---> CO2 + CaCl2 + H2O

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Tale reazione può essere quantificata osservando la variazione indotta nel livello di una colonna d’acqua collegata alla beuta in cui avviene la reazione. ��Lo svolgimento della prova si è sviluppato come segue:

• Si prendo parte di un campione e lo si macina manualmente con un mortaio fino ad ottenere una polvere fine.

• Preso 1g della polvere appena macinata la si inserisce nell’apposita beuta.

• Si preparano 5ml di acido cloridrico HCl versandoli in una provetta di vetro di

dimensioni tali da poter essere inserita nella beuta.

• Facendo attenzione a non rovesciarne il contenuto, si inserisce provetta nella beuta contenete la polvere del campione.

• Controllata la taratura della strumento si chiude la beuta e si porta a contatto l’acido

contenuto nella provetta con la polvere nella beuta mantenendo in agitazione il tutto per qualche minuto.

• La reazione produce una variazione di pressione nella beuta che, collegata ad una

colonna d’acqua attraverso un tubo di gomma, ne farà variare il livello in funzione dell’intensità della reazione.

• Completata la reazione si effettua la lettura del livello raggiunto dalla colonna di acqua.

Una volta effettuate tutte le letture e note temperatura e pressione dell’ambiente è possibile ricavare il volume della CO2 mediante la seguente formula.

)273(760

273)(0

t

pPVV vtt

+

−=

Dove: V0 = Volume della CO2 sviluppata [ml] Vt = Volume della CO2 misurata [ml] Pt = Pressione atmosferica [mmHg] Pv = Pressione di vapore dell’acqua alla

temperatura t [mmHg] t = temperatura alla quale è stata eseguita

l’analisi [°C]

Poiché nella reazione fra acido e carbonato vale la seguente uguaglianza

1mol di CO2 = 1 mol di CaCO3

dal volume di CO2 sviluppata è possibile ricavare il volume di CaCO3 presente e applicando il principio di Avogadro calcolarne la sua percentuale rispetto al peso totale del campione.

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5.5 CARATTERIZZAZIONE DEL COTTO

La caratterizzazione dei provini cotti avviene per mezzo dei seguenti controlli:

• Ritiro medio in cottura R (%) • Perdita media di peso Pp (%) • Assorbimento immediato medio del cotto a (%) • Assorbimento dopo 24 ore medio del cotto A (%) • Resistenza media a flessione del cotto Tc (MPa) • Efflorescenze E • Inclusioni calcaree • Colore dopo la cottura

5.5.1 RITIRO MEDIO IN COTTURA

La variazione di dimensione subita da un manufatto in seguito alla cottura rappresenta un importante parametro per la valutazione di una soluzione come quella trattata in questo lavoro di tesi. Un eventuale riduzione delle dimensioni rappresenterebbe infatti un importante vincolo all’applicabilità di una nuova formulazione di impasto all’interno del ciclo industriale comportando la necessità di un maggior utilizzo di materiale per il raggiungimento delle dimensioni prefissate e dunque di un onere economico per l’azienda. Tale analisi viene effettuata misurando prima e dopo la cottura la distanza fra le due tracce incise sui campioni in fase di formatura, dai due valori ottenuti è possibile ricavare il ritiro medio in cottura, espresso in percentuale mediante la seguente formula: �

100*(%)e

ce

L

LLR

−= �

Dove: R= ritiro medio in percentuale Le= lunghezza campione essiccato(mm) Lc= lunghezza campione cotto (mm)

5.5.2 PERDITA MEDIA IN PESO

Attraverso questa prova è possibile valutare la variazione di peso subita di campioni in fase di cottura, tale variazione è dovuta principalmente alla volatilizzazione delle sostanze organiche presenti all’interno dell’impasto utilizzato.

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La prova in questione avviene pesando i campioni prima e dopo la cottura e successivamente, attraverso i valori ottenuti, calcolare la perdita in peso mediante la seguente formula:

100*(%)e

ce

P

PPPp

−=

Dove Pp= perdita in peso percentuale Pe= peso del campione essiccato(g) Pc= Peso del campione cotto(g)

Effettuando la media aritmetica dei singoli valori ottenuti si è ricavato il valore medio per ogni tipo di formulazione�� 5.5.3 ASSORBIMENTO IMMEDIATO DEL COTTO

L’assorbimento immediato del cotto ha la funzione di fornire una valutazione della porosità superficiale dei campioni analizzati, tale parametro risulta particolarmente importante quando i manufatti devono avere caratteristiche antigelive come ad esempio nel caso di mattoni faccia a vista o comunque per applicazioni esterne, dove l’eventuale assorbimento di acqua all’interno del mattone potrebbe causare problematiche in condizioni termiche particolari. Tale analisi è stata effettuata immergendo i campioni in acqua distillata per un tempo di 45” e pesando gli stessi prima e dopo l’immersione. Dalle misure ottenute si è poi ricavato l’assorbimento immediato mediante la seguente formula:

100*(%) 45

e

ca

P

PPAi

−=

Dove: Ai= assorbimento immediato (%) Pc= peso del provino cotto (g) Pa45= Peso del provino immerso per 45”(g)

Dai valori ottenuti sui singoli valori si è ricavato un valore medio (Aim) effettuando una media aritmetica.

5.5.4 ASSORBIMENTO DOPO 24 ORE MEDIO DEL COTTO

Una volta effettuata la prova di assorbimento immediato i campioni sono stati lasciati in acqua distillata per le successive 24 ore e al termine delle quali si è proceduto con una nuova pesatura degli stessi.

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Capitolo 5 Parte sperimentale

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Dai dati ottenuti si è ricavato il valore di assorbimento dei campioni cotti immersi per 24 ore utilizzando la seguente relazione:

100*(%) 24

c

ca

P

PPA

−=

Dove: A= Assorbimento del cotto dopo 24 ore di immersione (%) Pc= peso del campione cotto (g) Pa24= peso dopo 24 ore di immersione (g)

Dai valori ottenuti per ogni campione si è poi ricavato il valore medio. Tale valore da una valutazione della porosità globale dei campioni analizzati e permette di considerare anche le cavità interne non direttamente a contatto con la superficie. Ciò risulta di particolare importanza nel valutare le proprietà di laterizi destinati ad applicazioni in esterno come ad esempio manufatti per coperture. Un eccessivo valore di assorbimento esporrebbe il manufatto a potenziali rotture se sottoposto a particolari condizioni climatiche, tale problema viene ripreso anche nelle normative comunitarie dove la Norma 8942-2 recante le caratteristiche per quanto concerne il comportamento ad azioni igrometriche dei laterizi, stabilisce come limite di accettazione un valore di assorbimento compreso fra 10 e 25% rispetto al peso del campione secco. 5.5.5 RESISTENZA MEDIA A FLESSIONE DEL COTTO Per l’esecuzione di tale prova sono stati utilizzati i campioni aventi dimensione 12 Cm x 1.7 Cm x 1 Cm rispettivamente di lunghezza base e altezza. La scelta di utilizzare campioni di dimensioni ridotte è stata necessaria per adattare la prova in questione alle caratteristiche tecniche della strumento utilizzato (fig. ) avente come limite superiore una carico di rottura applicabile di 20000g.

Fig.5.6: Strumento per la misurazione della resistenza a flessione.

Per l’esecuzione della prova di resistenza a flessione è stato necessario misurare con calibro decimale i valori di base e altezza di tutti i campioni utilizzati, esaurita tale fase preliminare, la prova si è sviluppata (articolata) secondo i seguenti punti.

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Capitolo 5 Parte sperimentale

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o Si posiziona il campione sugli appositi coltelli facendo attenzione che esso risulti in posizione centrale.

o Dopo aver effettuato la taratura dello strumento sul peso del nostro campione si prosegue ruotando la manovella posta nella parte superiore facendo scendere il perno ad essa collegato che una volta giunto a contatto con il campione lo sottoporrà ad un carico in progressivo aumento.

o Si continua ad agire sulla manovella fino a quando il carico a cui è sottoposto il campione è tale da causarne la rottura.

o A rottura avvenuta si effettua la registrazione del valore di carico Cr[kg] indicato sul Display dello strumento.

Dai valori ottenuti si ricava la resistenza a flessione utilizzando le seguenti formule. 1) Forza applicata sul campione al momento della rottura

aCrF *=

Dove: Cr= Carico di rottura in grammi visualizzato sullo strumento(kg) a= accelerazione (m/s2) F = Forza applicata sul campione (N)

2) Resistenza a flessione del campione

BH

LFTc

**2

**32

=

Dove: F = Forza applicata sul campione L = distanza fra i due coltelli dello strumento (0.1m). B= base del campione (mm) H= altezza del campione (mm) Tc = Resistenza a flessione del cotto (Mpa)

Infine dai dati ottenuti si è ricavato attraverso una media aritmetica il valore di resistenza media a flessione del cotto. 5.5.6 EFFLORESCENZE

Per efflorescenza si intende il deposito salino che può formarsi sulla superficie del manufatto in seguito all’evaporazione dell’acqua contenuta nella quale possono trovarsi sali solubili disciolti. L’evaporazione dell’acqua sia in condizioni naturali che in fase di essiccazione porta alla formazione nel laterizio di una soluzione satura di sali i quali precipitando tendono a depositarsi sulla superficie del manufatto creando una patina detta appunto efflorescenza. Tale fenomeno può essere diviso in due categorie associate a due fasi del ciclo produttivo. 1. Efflorescenze in cottura 2. Efflorescenze superficiali da depositi salini

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1) EFFLORESCENZE IN COTTURA L’effetto ottico è caratterizzato dalla presenza di una patina biancastra e puntinata sulla superficie superiore del campione la quale però non altera il colore della matrice. La prova è essenzialmente di carattere visivo e si basa sulla quantificazione del fenomeno secondo 4 livelli di intensità.

o Nullo o Leggero o Medio o Forte

Un elevato livello di tale fenomeno pur non intaccando le caratteristiche tecniche del prodotto e causa di problemi soprattutto nel caso di manufatti per esterni come i faccia a vista nei quali le proprietà estetiche risultano fondamentali.

2) EFFLORESCENZE SUPERFICIALI

Si originano dalla precipitazione di sali sulla superficie del provino, in seguito all’evaporazione dell’acqua presente all’interno del medesimo. Per lo studio di tale fenomeno è stata necessaria una fase preliminare consistente nell’immersione parziale(fig.3.7) dei campioni in acqua distillata per 48 ore al fine di favorire su una parte della superficie del campione la solubilizzazione dei Sali in esso contenuti.

Fig 5.7: Es. di campioni immersi in acqua

Al termine del tempo di immersione i campioni sono stati lasciati a riposo per 72 ore in modo da permettere l’evaporazione dell’acqua e il manifestarsi dei depositi salini. La prova è essenzialmente di carattere visivo e si basa sulla quantificazione del fenomeno secondo 4 livelli di intensità.

o Nullo o Leggero o Medio o Forte

campione

Livello dell’acqua

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Capitolo 5 Parte sperimentale

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5.5.7 INCLUSIONI CALCAREE

Le inclusioni calcaree comunemente detti “calcinelli” sono nuclei di ossido di calcio CaO all’interno della matrice del manufatto, tale accumulo calcareo se idratato aumenta il suo volume provocando la rottura di parte del materiale e formando un cratere sulla superficie del laterizio. La reazione mediante la quale si genera il calcinello è la seguente: �

Cao + H2O = Ca• (OH)2 �L’analisi di tale fenomeno è stata effettuata immergendo i campioni cotti in acqua distillata alla temperatura di 100°C per 3 ore e al termine delle quali si è fatta una valutazione visiva come esposto di seguito:

o Si e contato per ogni campione il numero complessivo dei crateri presenti sulle 2 facce di area maggiore.

o Si è valutata la dimensione dei crateri presenti.

Secondo i criteri fissati dalla normativa italiana UNI 8942-2 i limiti di accettazione permettono la presenza sulla superficie del manufatto di crateri con dimensione media inferiore ai 15mm per un massimo di 3 crateri per dm2 con diametro compreso fra 7 e 15mm. 5.5.8 MISURE DI DENSITA’ La densità è stata misurata pesando un frammento di campione in aria e dividendo il peso trovato per la spinta idrostatica (riduzione di peso) quando il campione è immerso nel mercurio. In accordo con il principio di Archimede la spinta idrostatica eguaglia il peso del fluido spostato, che per l'acqua equivale al volume. La densità e stata poi calcolata mediante la seguente formula.

HgPHg

Pac ρρ =

Dove: Pa= Peso del campione in aria (g) PHg = Peso del campione nel mercurio (g) pHg = Densità del mercurio (g / cm3) pc = Densità del campione ( g / cm3 )

Tale procedimento è stato eseguito per tutte le formulazioni.

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Capitolo 5 Parte sperimentale

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5.5.9 MICROSCOPIA ELETTRONICA A SCANSIONE ( SEM )

La prova è stata eseguita per effettuare uno studio della microstruttura dei campioni cotti in modo da evidenziare maggiormente proprietà quali porosità interne e superficiale e ricavare inoltre informazioni sul grado di cristallinità, sul tipo e sulla forma dei cristalli presenti. Tale analisi è stata effettuata mediante l’utilizzo di un microscopio Philips SEM XL 40. E’ stato inoltre possibile attraverso l’utilizzo della tecnica EDS ( spettroscopia a dispersione di energia ) valutare la presenza all’interno dei campioni degli elementi evidenziati nella fase di caratterizzazione dei materiali con analisi chimica ICP. Attraverso tale tecnica si è potuto fornire anche un’indicazione qualitativa delle efflorescenze presenti sulla superficie dei campioni. I campioni per essere sottoposti alle analisi sopra citate hanno necessitato di un preventivo trattamento di lucidatura a specchio atta a favorire l’osservazione e la capacità di lettura dello strumento. Per quanto riguarda la scelta delle superfici da analizzare si è considerato sia la superficie esterna del campione sia una sua sezione verticale sezione presa nella parte centrale, tale scelta è stata effettuata per ottenere un informazione più completa sulla microstruttura dei campioni analizzati.

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Capitolo 6 Analisi dei risultati e modellazione

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CAPITOLO 6 ANALISI DEI RISULTATI E MODELLAZIONE 6.1 CARATTERIZZAZIONE DEI MATERIALI 6.1.1 ANALISI CHIMICA ( ICP)

I dati riportati nella tabella 6.1 contengono i risultati ottenuti dalle analisi ICP effettuate sia sull’impasto base che sulle due tipologie di fanghi utilizzate in questo lavoro di tesi.

Tab.6.1: Risultati delle analisi chimiche effettuate sui materiali utilizzati, dati espressi in

percentuale sul peso totale. Elemento Impasto base Fango di taglio Fango di levigatura

SiO2 52.47 64.98 64,06 Al2O3 11.57 16.84 16,54 TiO2 0.50 0.47 0,48 Fe2O3 4.53 1.02 0,50 CaO 12.66 5.94 1,40 MgO 2.24 0.52 2,37 K2O 1.20 1.36 2,05 Na2O 0.99 3.08 4,43 ZrO2 - 0.19 0,37 CdO - tracce < 0,05

Cr2O3 - 0.22 < 0,05 CuO - tracce < 0,05 NiO - <0.02 < 0,05

MnO2 0.21 tracce < 0,05 ZnO - 0.08 < 0,05 CoO - tracce < 0,05 Bi2O3 - - < 0,05 BaO - tracce 0,08 PbO - tracce < 0,05 SrO - 0.03 < 0,05 P.F. 13.63 5.23 5.41

��Come era facile prevedere, in tutte le composizioni analizzate si riscontra un elevato tenore di silice (SiO2 ) ed allumina ( Al2O3 ), componenti tipici delle argille e feldspati contenuti nelle miscele utilizzate nell’industria ceramica. I due residui introdotti presentano una composizione analoga in ragione del fatto che, come avviene usualmente per il taglio, parimenti l’operazione di levigatura viene attualmente compiuta anche su piastrelle decorate. E’ comunque evidente un maggior contenuto di ossidi metallici nel residuo derivante dall’operazione di taglio, rispetto alla levigatura in quanto quest’ultima riguarda in parte piastrelle non smaltate. Il maggior contenuto di silice presente nei due fanghi è imputabile alla diversa composizione degli impasti utilizzati per la produzione del gres rispetto a quelli impiegati per la produzione di laterizi.�

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Capitolo 6 Analisi dei risultati e modellazione

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L’impasto base risulta più ricco in ossidi di ferro dei due fanghi: tale differenza è imputabile alle diversità fra impasto utilizzato nella produzione dei laterizi rispetto a quello adottato nella produzione del gres porcellanato, il quale presenta mediamente percentuali di ossidi di ferro nell’ordine dello 0.5%, dato correttamente confermato dall’analisi chimica. La perdita al fuoco invece risulta marcatamente superiore nell’impasto base, la differenza riscontrata è giustificata dai trattamenti termici che il materiale costituente i due fanghi ha subito durante le fasi della fabbricazione del gres, Nello specifico, a seguito della precedente cottura, i residui considerati risultano privi delle sostanze organiche al contrario ancora contenute nell’impasto base. L’elevata entità della perdita registrata nell’impasto base si giustifica in parte con il verificarsi dei fenomeni di decarbonatazione, insorti a temperature superiori a 800°C, particolarmente intensi a causa dell’alto contenuto di CaCO3 presente nelle argille, mentre un ulteriore contributo è legato alla eliminazione dell’acqua zeolitica, ancora presente nonostante il preventivo trattamento di essiccazione subito. Un ulteriore differenza riscontrabile fra le diverse campionature analizzate è la presenza, esclusivamente nei fanghi, di una certa quantità di ossido di zirconio ZrO2, rilevato percentualmente in misura maggiore nel residuo di levigatura. L’origine di tale componente è da ricondurre all’uso di silicato di zirconio, utilizzato come sbiancante per la produzione di gres, la cui ossidazione in fase di cottura determina la presenza nei fanghi di questo elemento in forma ossidata. La maggior presenza in entrambi i fanghi di ossidi di metalli alcalini (Na2O e K2O) deriva dai feldspati largamente utilizzati nell’impasto del gres. Di diversa origine sono invece gli ossidi di magnesio (MgO) contenuti prevalentemente nell’impasto base e nei fanghi di levigatura. Infatti se per i primi il contenuto di questo composto è da attribuirsi alle argille utilizzate, nei fanghi di levigatura la presenza di questi metalli alcalino-terrosi è imputabile alle operazioni subite dei materiali in fase di levigatura, durante questa fase infatti, l’azione esercitata dalle mole sulle piastrelle di gres porcellanato fa sì che nei fanghi siano presenti i componenti, tipicamente a base di magnesio, utilizzati nella preparazione degli abrasivi. Per tutti i restanti elementi non si riscontrano particolari differenze fra i diversi materiali analizzati.

6.1.2 ANALISI MINERALOGICA Dall’analisi mineralogica effettuata sull’impasto base e sulle due tipologie di fango sono emersi i seguenti risultati. 1. Impasto base L’analisi mineralogica ha rilevato la presenza di diverse fasi cristalline e di una fase vetrosa, evidenziata dalla presenza di una linea di base non piatta compresa in particolare fra i 20° e i 30° di angolazione.

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Capitolo 6 Analisi dei risultati e modellazione

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Viene segnalata in particolare la presenza di quarzo (fase principale) e calcite, tipiche di impasti di natura argillosa.

Fig.6.1: Risultato analisi a raggi X sull’impasto base

�Fra le fasi cristalline riportate nella tabella 6.2 sono stati rilevati sia materiali argillosi plastici sia altri componenti non plastici. �Tabella 6.2: Fasi cristalline dell’impasto base evidenziate dall’analisi a raggi X.

Nome della fase

cristallina

Formula chimica Codice schedina

Quarzo SiO2 33-1161 Calcite CaCO3 5-586

Illite 2M1 (K,H3O)Al2Si3AlO10(OH)2 26-911

Clinoclorite-1M2b (Mg,Fe)6(Si,Al)4O10(OH)8 29-701 Albite (Ca,Na)Al(Si,Al)3O8 41-1480

Le argille presenti hanno funzione plastica ed i carbonati costituiscono i fondenti, mentre il quarzo e le sabbie quarzifere rappresentano l’inerte. La funzione plastica, esercitata dalle argille, permette la lavorazione degli impasti, conferisce resistenza meccanica in verde ed in secco ai provini e ai semilavorati in genere. I carbonati presenti decompongono a temperature comprese tra 700° e 900°C durante cottura, sviluppando gas che contribuiscono alla presenza di porosità in questo tipo di prodotti. Il quarzo contribuisce alla vetrificazione con la frazione più fine, mentre quella più grossolana è coinvolta in un processo di solubilizzazione graduale che regola la viscosità della fase liquida e controlla il ritiro del materiale in cottura.

q = quarzo c = calcite i = illite cl = clinoclorite a = albite

q + i

q

q q

q q

q + c q c c

c

c c c q

i i i

cl cl cl

a a

a

a

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Capitolo 6 Analisi dei risultati e modellazione

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2. Fango di taglio Anche per il primo fango analizzato si osserva la presenza del quarzo come fase cristallina principale, di fasi cristalline secondarie e di una fase vetrosa simile a quella riscontrata nell’impasto base.

Fig.6.2: Risultato analisi a raggi X sul fango di taglio.

�Nella tabella 6.3 sono riportate le fasi cristalline evidenziate dall’analisi a raggi x sui fanghi di levigatura. Tabella 6.3: Fasi cristalline del fango di taglio evidenziate dall’analisi a raggi X

Nome della fase

cristallina

Formula chimica Codice schedina

Quarzo SiO2 33-1161 Calcite CaCO3 5-586

Corindone Al2O3 43-1484 Albite (Na,Ca)Al(Si,Al)3O8 41-1480

q = quarzo c = calcite co = corindone a = albite

q

q

q q q q

q q

c

c c c

c q

a a a

co co

co

co

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Capitolo 6 Analisi dei risultati e modellazione

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3. Fango di levigatura L’analisi mineralogica eseguita sui fanghi di levigatura tal quale ha rivelato come per il precedente fango la presenza di diverse fasi cristalline ed una fase vetrosa. ����������������������

Fig.6.3: Risultato analisi a raggi X sul fango di levigatura

Nella tabella 6.4 sono riportate le fasi cristalline rilevate durante l’analisi mineralogica sui fanghi di levigatura.

Tabella 6.4: Fasi cristalline del fango di levigatura evidenziate dall’analisi a raggi X

Nome della fase

cristallina

Formula chimica Codice schedina

Quarzo SiO2 33-1161 Calcite CaCO3 5-586 Zircone ZrSiO4 6-266 Albite (Na,Ca)Al(Si,Al)3O8 41-1480 Mullite Al6Si2O13 15-776

Carburo di silicio SiC 42-1360 La presenza di carburo di silicio evidenziata durante l’analisi è dovuta agli abrasivi delle mole utilizzati per la levigazione del gres da cui questi fanghi sono originati.

8000

7000

6000

5000

4000

3000

2000

1000

0

LSAT data

0.0 10.0 20.0 30.0 40.0 50.0 60.0 70.0

m a z

q

c a

a

q

z a

a a z q

s q q q m c z q

q

c c z z q c m c

m a

q

s

c q

m = mullite s = carburo di silicio a = albite z = zircone q = quarzo c = calcite

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Capitolo 6 Analisi dei risultati e modellazione

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6.1.3 ANALISI ELEMENTARE L’analisi elementare effettuata sui materiali utilizzati in questo lavoro di tesi ha evidenziato i risultati riportati nella tabella 6.5.

�Tab. 6.5: Risultati analisi elementare, (peso %)

Componenti analizzati Materiale

C H N S Impasto base 2.90 0.81 0.12 0.00 Fango di taglio 1.20 0.13 0.00 0.00 Fango di levigatura 0.61 0.44 0.00 0.00 Dai dati ottenuti appare una leggera presenza di azoto nell’impasto base mentre risulta totalmente assente nei fanghi. Si osserva inoltre una netta diminuzione del quantitativo di carbonio presente nei fanghi rispetto all’impasto base imputabile hai trattamenti, soprattutto di natura termica, subiti dai residui di lavorazione del gres. La presenza residua è comunque associata sia a carbonati di Ca e Mg della matrice cementante che al SiC usato come abrasivo che ad eventuali flocculanti organici utilizzati nel trattamento delle acque. ����6.1.4 ANALISI GRANULOMETRICA Le analisi granulometriche sono state effettuate su tutti i materiali utilizzati ed hanno evidenziato le seguenti distribuzioni granuometriche. 1. Impasto base (Dati completi)

Particle Size Distribution

0.01 0.1 1 10 100 1000 3000

Particle Size (µm)

0

1

2

3

4

5

Vol

ume

(%)

'�� ��������P�����������������������������������'�� �������P�������������������������������'�� ��������P

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Capitolo 6 Analisi dei risultati e modellazione

63

2. Fango di taglio (Dati completi)

Particle Size Distribution

0.01 0.1 1 10 100 1000 3000

Particle Size (µm)

0

0.5

1

1.5

2

2.5

3

3.5

4

4.5

5

Vol

ume

(%)

'�� ��������P�����������������������������������'�� ��������P�������������������������������'�� ���������P 3. Fango di levigatura (Dati completi)

Particle Size Distribution

0.01 0.1 1 10 100 1000 3000

Particle Size (µm)

0

0.5

1

1.5

2

2.5

3

3.5

4

4.5

5

Vol

ume

(%)

'�� ��������P�����������������������������������'�� ��������P�������������������������������'�� ��������P Dai dati ottenuti è possibile osservare una granulometria più fine nell’impasto base rispetto a quella dei due fanghi. Le differenze non sono comunque tali da impedire la loro introduzione all’interno di un impasto per laterizi. Risulta infatti per entrambi i fanghi una granulometria LQIHULRUH�DL������P��

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Capitolo 6 Analisi dei risultati e modellazione

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6.2 CARATTERIZZAZIONE DELL’ESSICCATO 6.2.1 RITIRO MEDIO IN ESSICCAZIONE (Dati completi) Dai dati ottenuti dalle misurazioni effettuate sui campioni essiccati, è stato possibile costruire l’andamento (fig.6.4) di questa proprietà in funzione della variazione di scarto aggiunto nell’impasto. Per quanto riguarda il fango di taglio si assiste, per entrambi i livelli di umidità, ad una progressiva diminuzione del ritiro all’aumentare della percentuale di scarto aggiunto. Tale andamento è dovuto alla caratteristiche di inerte del fango aggiunto che rende i campioni analizzati meno suscettibili al ritiro in fase di essiccazione. ��

0

1

2

3

4

5

6

0 10 15 20

% di scarto aggiunta

R (

%)

17UFT_C1 20UFT_C2

Fig 6.4: Andamento del ritiro in essiccazione nel fango da taglio

�Per i fanghi di levigatura si denotata un andamento variabile, i valori si mantengono comunque entro i limiti di accettabilità.���

0

1

2

3

4

5

6

0 10 15 20

% di scarto aggiunto

R (

%)

17UFL 20UFL

Fig 6.5: Andamento del ritiro in essiccazione nel fango di levigatura

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Capitolo 6 Analisi dei risultati e modellazione

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Complessivamente si può affermare che l’aggiunta di fanghi non ha causato particolari criticità per quanto riguarda il ritiro, riscontrando anzi una positiva diminuzione dello stesso in quasi tutte le prove effettuate. ��6.2.2 ASSORBIMENTO MEDIO SECCO IN NAFTA (Dati completi) Mediante questa prova si è cercato di mettere in evidenza l’influenza degli scarti aggiunti sulla porosità dei campioni.�

0

2

4

6

8

10

12

14

16

0 10 15 20

% di scarto aggiunto

N (

%)

17UFT 20UFT

Fig.6.6: Andamento dell’assorbimento medio secco in nafta dei campioni con fango di taglio

Dai dati relativi alla fig.6.5 si evince che l’assorbimento in nafta tende generalmente ad aumentare per percentuali maggiori di fango da taglio aggiunto. Questo avviene perché il provino è soggetto, in fase di essiccazione, ad un ritiro non uniforme dovuto ai diversi andamenti indotti dal fango e dalla miscela di argille dell’impasto base. Ciò che ne deriva è l’aumento della porosità aperta da cui segue un maggior assorbimento di nafta, tanto maggiore quanto maggiore è il fango introdotto. Come era presumibile si nota inoltre un aumento dell’assorbimento all’aumentare dell’umidità dell’impasto. Questo è giustificabile con l’aumento, in fase di essiccamento, delle capillarità del campione per effetto del maggior contenuto di acqua che evaporando lascia spazi vuoti all’interno del campione. Anche per quanto riguarda i fanghi di levigatura si nota (fig.6.7) un costante aumento dell’assorbimento in nafta all’aumentare della percentuale di scarto aggiunto all’impasto.

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0

2

4

6

8

10

12

14

16

0 10 15 20

% di scarto aggiunto

N (

%)

17UFL 20UFL

Fig.6.7: Andamento dell’assorbimento medio secco in nafta dei campioni con fango di levigatura

6.2.3 CONTENUTO DI CARBONATO DI CALCIO

�La fig. 6.8 mostra la tendenza alla diminuzione del contenuto di carbonati all’aumentare del quantitativo di scarti immessi nell’impasto, ciò deriva dal minor contenuto di questo composto in entrambi i fanghi. Lo scarto aggiunto funge in sostanza da diluente provocando la diminuzione dei carbonati totali presenti nell’impasto. Nell’esecuzione di questa prova si è scelto di analizzare solo i campioni prodotti con formulazioni aventi umidità al 17%. Tale scelta è stata effettuata poiché, da prove eseguite, la percentuale di umidità è risultata ininfluente sui risultati finali della prova. Si è in sostanza scelto di non considerare il contenuto di carbonato di calcio (CaCO3 ) apportato dall’acqua utilizzata nella preparazione degli impasti.

0

5

10

15

20

25

0 10 15 20

% di scarto aggiunto

CaC

O3 (

%)

17UFT 17UFL

Fig.6.8: Andamento del contenuto di carbonato di calcio

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Capitolo 6 Analisi dei risultati e modellazione

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Gli andamenti dei contenuti di carbonato di calcio nelle due tipologie di fanghi appaiono sostanzialmente simmetrici, indice dell’elevata affinità che caratterizza questi due materiali. Da osservare infine che le minori percentuali di carbonati presenti nei campioni con aggiunta di fanghi potrebbero contribuire ad un contenimento delle efflorescenze, bilanciando in parte gli effetti negativi indotti dall’aumento della porosità che, unitamente al contenuto di sali, rappresenta il principale fattore favorente il manifestarsi di depositi salini superficiali��

6.3 CARATTERIZZAZIONE DEL COTTO

6.3.1 RITIRO MEDIO IN COTTURA (Dati completi) Nelle tabelle 6.6 e 6.7, sono riportati i dati ottenuti dalle misurazioni effettate sui campioni sottoposti ai diversi cicli di cottura. Si rimanda alla tab. 5.2 per la comprensione dei codici di riferimento delle formulazioni. Tab. 6.6: Ritiro medio in cottura dei campioni contenenti fango di taglio e sottoposti al ciclo di

cottura C1 detto “veloce”

17% umidità

0% FT 10% FT 15% FT 20% FT Ritiro cotto (%)

-0.29 -0.28 -0.09 0.00 20% umidità

0% FT 10% FT 15% FT 20% FT Ritiro cotto (%)

-0.02 -0.01 -0.23 0.03 Tab. 6.7: Ritiro medio in cottura dei campioni contenenti fango di taglio e sottoposti al ciclo di

cottura C2 detto “lento”

17% umidità

0% FT 10% FT 15% FT 20% FT Ritiro cotto (%)

0.00 -0.10 -0.36 0.07 20% umidità

0% FT 10% FT 15% FT 20% FT Ritiro cotto (%)

-0.18 -0.08 -0.32 -0.02 Tutti i dati relativi all’impasto con aggiunta di fango di taglio (tab. 6.6 e 6.7) si mantengono prossimi allo zero. Tale risultato è di fondamentale importanza nell’analisi di applicabilità della soluzione proposta in questo lavoro di tesi in quanto un valore eccessivo di ritiro comporterebbe un maggior dispendio di materia prima per raggiungere le dimensioni prestabilite. Il leggero aumento delle dimensioni, riscontrato dalle misurazioni, risulta essere di entità così esigua da rientrare nei limiti di accettabilità aziendale. Analogo risultato è evidenziato dai dati (tab. 6.8 e 6.9 ) relativi all’utilizzo di fanghi di levigatura.

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Capitolo 6 Analisi dei risultati e modellazione

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Nel complesso non si sono registrate sensibili differenze nel comportamento dei due materiali di scarto utilizzati come aggiunta all’impasto base. ��Tab. 6.8: Ritiro medio in cottura dei campioni contenenti fango di levigatura e sottoposti al ciclo

di cottura C1 detto “veloce”

17% umidità

0% FL 10% FL 15% FL 20% FL Ritiro cotto (%)

-0.29 0.03 -0.03 0.28 20% umidità

0% FL 10% FL 15% FL 20% FL Ritiro cotto (%)

-0.02 -0.10 -0.11 -0.07 Tab. 6.9: Ritiro medio in cottura dei campioni contenenti fango di levigatura e sottoposti al ciclo

di cottura C2 detto “lento”

17% umidità

0% FL 10% FL 15% FL 20% FL Ritiro cotto (%)

0.00 -0.08 -0.03 0.06 20% umidità

0% FL 10% FL 15% FL 20% FL Ritiro cotto (%)

-0.18 -0.31 -0.20 0.00 6.3.2 PERDITA MEDIA IN PESO (Dati completi) Nelle seguenti figure sono evidenziati graficamente i risultati delle prove di perdita di peso effettuate su tutte le formulazioni di impasto utilizzate in questo lavoro, venendo nel contempo messe in evidenza le differenze derivanti dall’adozione dei due diversi cicli di cottura. La perdita in peso dei materiali argillosi è dovuta alle trasformazioni subite dai materiali durante la cottura, dal momento che avvengono in questa fase importanti variazioni nelle caratteristiche dei materiali. La prima variazione di peso registrata all’aumentare della temperatura è associata alla progressiva perdita dell’umidità residua lasciata dal trattamento di essiccazione. Tale fase può ritenersi conclusa a temperatura vicine ai 200°C. A temperature comprese fra 400 e 600°C avviene invece la decomposizione della materia organica presente e la liberazione dell’acqua ossidrilica strutturale costituente i minerali idrati presenti. Infine fra 800 e 900°C si realizza la decomposizione con emissione di gas dei carbonati presenti, in maniera rilevante, nel materiale argilloso. Dall’analisi dei risultati dei due cicli di cottura (fig. 6.8 e 6.9) si nota una leggera tendenza alla diminuzione di questa proprietà all’aumentare della percentuale di scarto aggiunto all’impasto base. La spiegazione di questo andamento risiede nel fatto che i fanghi utilizzati, essendo stati sottoposti a trattamenti termici in precedenza, hanno già subito quei processi (decarbonatazione, decomposizione di sostanze organiche, ecc..) caratterizzati da perdita di

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Capitolo 6 Analisi dei risultati e modellazione

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peso. In sintesi la riduzione della diminuzione ponderale è dovuta al minor impiego della componente argillosa, sostituita con materiale inerte.

0

2

4

6

8

10

12

14

16

18

0 10 15 20

% di scarto aggiunto

PP

(%

)17UFT_C1 20UFT_C1

Fig 6.8: Andamento della perdita in peso al variare della percentuale di fango di taglio aggiunto

dei campioni sottoposti al ciclo di cottura C1 “veloce”.

Appare inoltre evidente una perfetta simmetria fra i due andamenti, indice che le differenti durate dei due cicli di cottura non hanno influenzato questa proprietà.

0

5

10

15

20

0 10 15 20

% di scarto aggiunto

PP

(%

)

17UFT_C2 20UFT_C2

�Fig 6.9: Andamento della perdita in peso al variare della percentuale di fango di taglio aggiunto

dei campioni sottoposti al ciclo di cottura C2 “lento”.

Anche in questo caso (fig. 6.10 e 6.11) appare evidente la simmetria fra i due andamenti a conferma dell’ininfluenza della durata del ciclo di cottura sulla proprietà analizzata. Di difficile interpretazione risulta invece il diverso comportamento dei due fanghi per quanto riguarda il punto del grafico rappresentativo della formulazione con il 20% di fango di levigatura ed il 20% di umidità.

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70

0

2

4

6

8

10

12

14

16

18

0 10 15 20

% di scarto aggiunto

PP

(%

)

17UFL_C1 20UFL_C1

�)LJ�������$QGDPHQWR�GHOOD�SHUGLWD�LQ�SHVR�DO�YDULDUH�GHOOD�SHUFHQWXDOH�GL�IDQJR�GL�WDJOLR�DJJLXQWR�GHL�FDPSLRQL�VRWWRSRVWL�DO�FLFOR�GL�FRWWXUD�&��³OHQWR´���

0

2

4

6

8

10

12

14

16

18

0 10 15 20

% di scarto aggiunto

PP

(%

)

17UFL_C2 20UFL_C2

�)LJ�������$QGDPHQWR�GHOOD�SHUGLWD�LQ�SHVR�DO�YDULDUH�GHOOD�SHUFHQWXDOH�GL�IDQJR�GL�WDJOLR�DJJLXQWR�GHL�FDPSLRQL�VRWWRSRVWL�DO�FLFOR�GL�FRWWXUD�&��³OHQWR´���Nel complesso i valori non si discostano mai eccessivamente dai valori assunti dall’impasto base, questo denota un comportamento simile dei materiali utilizzati durante la fase di cottura.���� 6.3.3 ASSORBIMENTO IMMEDIATO DEL COTTO (Dati completi)

�Dai risultati rappresentati nella fig.6.12 si nota come siano stati confermati i dati ottenuti nella prova di assorbimento in nafta eseguita sui campioni essiccati. E’ infatti osservabile un aumento dell’assorbimento immediato conseguente all’introduzioni, inferiore ad una certa soglia (15%), dei fanghi di taglio all’interno dell’impasto.

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0

2

4

6

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14

16

18

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0 10 15 20

% di scarto aggiunto

Ai (%

)

17UFT 20UFT

�)LJ�������$QGDPHQWR�GHOO¶DVVRUELPHQWR�LPPHGLDWR�DO�YDULDUH�GHOOD�SHUFHQWXDOH�GL�IDQJR�GL�WDJOLR�DJJLXQWR�GHL�FDPSLRQL�VRWWRSRVWL�DO�FLFOR�GL�FRWWXUD�&��³YHORFH´���Per quanto concerne l’andamento si nota, in particolare per i campioni realizzati con le formulazioni aventi il 17% di umidità, un aumento della proprietà considerata fino ad aggiunte del 15%, seguita da un andamento ascendente determinato dai valori assunti dai campioni con il 20% di fango di taglio. Suddetta tendenza può essere spiegata richiamando i risultati raccolti in fig.6.24 relativi ai valori di densità dei campioni cotti. Risulta infatti evidente come per aggiunte di scarto del 20% si siano ottenuti elementi caratterizzati da una maggiore densità. Un maggiore grado di compattezza indica la minor presenza di vuoti all’interno dei campioni. Questo permette di affermare che vi è una ridotta presenza di capillarità nella massa e ciò determina la diminuzione di assorbimento riscontrata.�

0

5

10

15

20

0 10 15 20

% di scarto aggiunto

Ai (%

)

17UFT 20UFT

�Fig 6.13: Andamento dell’assorbimento immediato al variare della percentuale di fango di taglio

aggiunto dei campioni sottoposti al ciclo di cottura C2 “lento”.

��Per quanto concerne l’impasto con aggiunta variabile di fango di levigatura, si nota un trend crescente dell’assorbimento in funzione della percentuale di scarto aggiunto. �

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Capitolo 6 Analisi dei risultati e modellazione

72

0

5

10

15

20

0 10 15 20

% di scarto aggiunto

Ai (%

)

17UFL 20UFL

�Fig 6.14 Andamento dell’assorbimento immediato al variare della percentuale di fango di

levigatura aggiunto dei campioni sottoposti al ciclo di cottura C1 “veloce”.

��Considerando le differenze riscontrate fra i due cicli di cottura, la posizione del punto rappresentante la formulazione relativa all’introduzione del 15% di fango, non risulta giustificabile se non prendendo in considerazione un errore compiuto durante la fase sperimentale. Come rappresentato in figura 6.14 la variabilità del dato in questione è probabilmente imputabile ad una difettosità sorta in fase di estrusione. In particolare è desumibile che si sia formata una bolla d’aria all’interno del campione umido che, ultimata la fase di essiccazione si sia trasformata in una cavità aperta falsando così la misurazione dell’assorbimento. �

0

5

10

15

20

0 10 15 20

% di scarto aggiunto

Ai (%

)

17UFL 20UFL

�Fig 6.15: Andamento dell’assorbimento immediato al variare della percentuale di fango di

levigatura aggiunto dei campioni sottoposti al ciclo di cottura C2 “lento”.

��6.3.4 ASSORBIMENTO DOPO 24 ORE (Dati completi)

�Di seguito vengono riportati graficamente i dati ottenuti dalle misurazioni di assorbimento a 24 ore, ricordando che, rispetto alla prova precedente, questi valori sono funzione non solo della porosità superficiale del campione ma bensì di quella complessiva. �

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Capitolo 6 Analisi dei risultati e modellazione

73

0

5

10

15

20

25

0 10 15 20

% di scarto aggiunto

A (

%)

17UFT 20UFT

�Fig 6.16: Andamento dell’assorbimento al variare della percentuale di fango di taglio aggiunto dei campioni sottoposti al ciclo di cottura C1 “veloce”.

�Per quanto riguarda i campioni con aggiunta di fango di taglio i valori ottenuti, in particolare per la formulazione al 17% di umidità, non si discostano eccessivamente dai valori ottenuti per l’impasto base. Vi è comunque una leggera tendenza all’aumento per percentuali di scarto maggiori, tale andamento risulta meno marcato rispetto alla precedente prova di assorbimento immediato, il che permette di desumere che la maggiore porosità indotta dall’utilizzo di fanghi di taglio sia prevalentemente di carattere superficiale. In merito invece alle differenze riscontrate fra i due cicli di cottura, si evidenziano valori maggiori per il secondo ciclo ( C2 “lento”): lo scostamento fra i due valori è quantificabile in una variazione sul valore massimo pari al 5%. �

0

5

10

15

20

25

0 10 15 20

% di scarto sggiunto

A (

%)

17UFT 20UFT

�Fig 6.17: Andamento dell’assorbimento al variare della percentuale di fango di taglio aggiunto dei

campioni sottoposti al ciclo di cottura C2 “lento”.

�I risultati delle prove effettuate sui fanghi di levigatura confermano le affinità fra i due materiali utilizzati, dal momento che è infatti presente, come per il materiale precedente, una tendenza all’aumento dell’assorbimento in funzione della percentuale di scarto aggiunto, leggermente più marcato per il fango di levigatura. �

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Capitolo 6 Analisi dei risultati e modellazione

74

0

5

10

15

20

25

0 10 15 20

% di scarto aggiunto

A (

%)

17UFL 20UFL

�Fig 6.18: Andamento dell’assorbimento al variare della percentuale di fango di levigatura

aggiunto dei campioni sottoposti al ciclo di cottura C1 “veloce”.

0

5

10

15

20

25

0 10 15 20

% di scarto aggiunto

A (

%)

17UFL 20UFL

Fig 6.19: Andamento dell’assorbimento al variare della percentuale di fango di levigatura

aggiunto dei campioni sottoposti al ciclo di cottura C2 “lento”.

Pur senza evidenziare criticità particolari, si è osservato per tutti i campioni un progressivo aumento dell’assorbimento in acqua al crescere della percentuale di scarto immessa nell’impasto base, più pronunciato per il fango di levigatura. Tale variazione potrebbe per talune tipologie di prodotto causare il sorgere di problemi; infatti per elementi utilizzati all’interno delle costruzioni ( pignatte, blocchi forati, tavelle…) la porosità rappresenta un aspetto secondario, al contrario per i manufatti destinati ad applicazioni esterne, (coppi,tegole…) la porosità diviene una caratteristica fondamentale per resistere alle sollecitazioni indotte dagli agenti atmosferici. I dati ottenuti vanno perciò analizzati anche in funzione della destinazione d’uso degli eventuali prodotti che si andranno a realizzare.

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Capitolo 6 Analisi dei risultati e modellazione

75

6.3.5 RESISTENZA MEDIA A FLESSIONE DEL COTTO (Dati completi) Dai dati ottenuti sui campioni con aggiunta di fango di taglio (fig. 6.20 e 6.21) è possibile osservare, per entrambi i cicli di cottura, una leggera diminuzione della resistenza a flessione rispetto ai campioni realizzati con l’impasto base. Data la variabilità dei dati ottenuti risulta difficile stabilire se la diminuzione di questa proprietà sia correlata all’aggiunta di scarto. �

0

2

4

6

8

10

12

14

16

18

20

0 10 15 20

% di scarto aggiunto

Tc (

MP

a)

17UFT 20UFT

�Fig 6.20: Andamento della resistenza media a flessione al variare della percentuale di fango di taglio aggiunto dei campioni sottoposti al ciclo di cottura C1 “veloce”.

�Le variazioni riscontrate fra i valori relativi alle diverse percentuali di residuo sono imputabili alle differenti condizioni di impaccamento avvenute fra materiali utilizzati.

0

5

10

15

20

0 10 15 20

% di scarto aggiunto

Tc (

MP

a)

17UFT 20UFT

Fig 6.21: Andamento della resistenza media a flessione al variare della percentuale di fango di

taglio aggiunto dei campioni sottoposti al ciclo di cottura C2 “lento”.����Anche per quanto riguarda i fanghi di levigatura (fig. 6.22 e 6.23) si nota un andamento decrescente di questa proprietà nei campioni con aggiunta di scarto. Come per il caso precedente l’eccessiva variabilità dei dati impedisce di formulare osservazioni certe.

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Capitolo 6 Analisi dei risultati e modellazione

76

0

2

4

6

8

10

12

14

16

18

20

0 10 15 20

% di scarto aggiunto

Tc [

MP

a]

17UFL 20UFL

�Fig 6.22: Andamento della resistenza media a flessione al variare della percentuale di fango di

levigatura aggiunto dei campioni sottoposti al ciclo di cottura C1 “veloce´���

0

2

4

6

8

10

12

14

16

18

20

0 10 15 20

% di scarto aggiunto

Tc [

MP

a]

17UFL 20UFL

�)LJ� ������ $QGDPHQWR� GHOOD� UHVLVWHQ]D� PHGLD� D� IOHVVLRQH� DO� YDULDUH� GHOOD� SHUFHQWXDOH� GL�IDQJR�GL�OHYLJDWXUD�DJJLXQWR�GHL�FDPSLRQL�VRWWRSRVWL�DO�FLFOR�GL�FRWWXUD�&��³OHQWR´���Seppur affetti da una notevole variabilità, indotta dalle metodiche sperimentali utilizzate, tutti i valori ottenuti si mantengono entro il livello di accettabilità, fissato dalla normativa in 10 Mpa. 6.3.6 EFFLORESCENZE IN COTTURA Dall’analisi visiva effettuata si è riscontrata la presenza in quasi tutti i campioni di una leggera pattina biancastra di composizione calcarea ricoprente la sola superficie superiore dei campioni cotti. In particolare il grado di efflorescenza delle singole formulazioni in cottura è riportato nelle seguenti tabelle 6.10 e 6.11. Dai dati in esse contenuti è possibile evidenziare come un aumento dell’umidità dell’impasto comporti una maggiore intensità delle efflorescenze riscontrate. Tale deduzione è confermata anche dai dati sull’assorbimento immediato (fig. 6.12 e 6.13) del cotto, è noto infatti che la porosità gioca un ruolo fondamentale nel manifestarsi delle efflorescenza. Unendo i dati delle due prove si può appunto osservare come il minor assorbimento dei campioni derivanti dalle formulazioni con il 10 e 20% di fango di taglio al

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Capitolo 6 Analisi dei risultati e modellazione

77

17% di umidità rispetto ai campioni contenenti il 15% di scarto comporti una riduzione delle manifestazioni efflorescenti. Tab. 6.10: Grado di efflorescenza in cottura dei campioni con aggiunta di fango di taglio.

17% umidità-Ciclo veloce

0% FL 10% FL 15% FL 20% FL M/F N L N/L 20% umidità-Ciclo veloce

0% FL 10% FL 15% FL 20% FL M/F L M M 17% umidità-Ciclo lento

0% FL 10% FL 15% FL 20% FL M L M L 20% umidità-Ciclo lento

0% FL 10% FL 15% FL 20% FL

Grado di

efflorescenza in

cottura

N = nullo

L = leggero

M = medio

F = forte

M/F M/F M L �Richiamando i dati sul contenuto di carbonato di calcio(fig. 6.8), in cui si evidenzia la diminuzione di tale composto all’aumentare della percentuale di scarto , è possibile giustificare la diminuzione dell’efflorescenza dei campioni con aggiunta di scarto rispetto a quelli realizzati utilizzando l’impasto base. Per quanto riguarda i fanghi di levigatura, dai dati ottenuti, è possibile affermare nuovamente che l’aggiunta di questo scarto diminuisce la presenza di efflorescenze calcaree rispetto ai campioni senza aggiunta di scarto. Da sottolineare inoltre che persiste anche in questo caso l’analogia fra assorbimento ed intensità delle manifestazioni efflorescenti. Tab. 6.11: Grado di efflorescenza in cottura dei campioni con aggiunta di fango di levigatura.

17% umidità-Ciclo veloce

0% FL 10% FL 15% FL 20% FL M/F L M L 20% umidità-Ciclo veloce

0% FL 10% FL 15% FL 20% FL M/F L M L 17% umidità-Ciclo lento

0% FL 10% FL 15% FL 20% FL M L M L 20% umidità-Ciclo veloce

0% FL 10% FL 15% FL 20% FL

Grado di

efflorescenza in cottura

N = nullo L = leggero

M = medio

F = forte

M/F M M L In conclusione è possibile osservare, per entrambi gli scarti utilizzati, come il ciclo di cottura risulti ininfluente sul manifestarsi di questo fenomeno.

6.3.7 EFFLORESCENZE SUPERFICIALI

Non si sono riscontrate particolari efflorescenze sui campioni cotti, solo taluni campioni risultano caratterizzati da un leggero grado di efflorescenza non correlabile comunque alla presenza dei residui.

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Capitolo 6 Analisi dei risultati e modellazione

78

6.3.8 COLORE DOPO COTTURA Dall’analisi visiva effettuata sui campioni cotti si è riscontrata un’attenuazione della tipica colorazione rossa nei campioni realizzati con aggiunta di scarto ed in particolare per quelli contenenti fango di levigatura. Tale risultato può essere giustificato dalla minor quantità di ossidi di ferro (tab. 6.1) presenti nei materiali di scarto che, unitamente alla elevata quantità di caolino normalmente presente negli impasti argillosi del gres, avrebbero contribuito a conferire ai fanghi un effetto sbiancante. Tab.6.12: Contenuto di ossido ferrico nei materiali ( dati analisi chimica ICP).

Elemento Impasto base Fango di taglio Fango di levigatura

Fe2O3 4.53 0.994 0,50 ��6.3.9 CALCINELLI Dai risultati di tale prova si è osservato che tutti i calcinelli formatisi in seguito all’idratazione dell’ossido di calcio risultano avere diametri inferiori ai 2 mm rispettando il limite superiore dei 3mm citato dalla normativa in materia. E’ perciò possibile affermare che l’aggiunta di scarti non influenzi la formazione delle inclusioni calcaree.

6.3.10 DENSITA’ MEDIA DEL COTTO (Dati completi) �Avendo dimostrato nelle precedenti prove l’ininfluenza della durata del ciclo di cottura sul peso dei materiali utilizzati, si è scelto di trascurare le ipotetiche variazioni di volume ed effettuare la determinazione della densità utilizzando campioni provenienti solo dal primo ciclo di cottura ( C1 “veloce”).�

1

1,1

1,2

1,3

1,4

1,5

1,6

1,7

1,8

0 10 15 20

% di scarto aggiunto

De

ns

ità

[g

/cc

]

17UFT 20UFT

�Fig. 6.24: Andamento densità al variare della percentuale di fango di taglio.

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Capitolo 6 Analisi dei risultati e modellazione

79

1

1,1

1,2

1,3

1,4

1,5

1,6

1,7

1,8

0 10 15 20

% di scarto aggiunto

Den

su

tà [

g/c

c]

17UFL 20UFL

�Fig. 6.25: Andamento densità al variare della percentuale di fango di levigatura.

Dai risultati emersi dalle prove effettuate non appare evidenziabile un influenza dello scarto aggiunto sulla proprietà considerata. 6.3.11 ANALISI MICROSTRUTTURALE (SEM) La seguente analisi è stata effettuata sui campioni contenenti il 10 ed il 15% di fango di taglio, con umidità del 17%. Tale scelta è stata effettata per trovare una giustificazione ai diversi andamenti sia della resistenza a flessione sia dell’assorbimento. L’osservazione della sezione del campione contenete il 15% di fango di taglio (fig. 6.26) ha evidenziato la presenza, lungo la superficie analizzata, di fessurazioni non evidenziate invece per il campione contenente il 10% di scarto. 8SZ_05.TIF [712 x 484] SEM XL30

0,5 mm. 8SZ

SED 76x HT=25,0Kv. SPOT=6 WD=12,0mm.

Fig. 6.26: Sezione del campione analizzato.

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Capitolo 6 Analisi dei risultati e modellazione

80

Tali fessurazioni, probabilmente derivanti dal diverso comportamento termico dei materiali utilizzati, costituirebbero una valida spiegazione alla diminuzione della resistenza a flessione misurata per questi campioni, è inoltre osservabile che le fessure risultano collegate con la superficie influenzando così anche l’assorbimento di acqua. Dall’analisi sono state evidenziate anche zone non correttamente sinterizzate che potrebbero anch’esse aver partecipato al peggioramento delle caratteristiche meccaniche del campione. 8SZ_02.TIF [712 x 484] SEM XL30

50 µm. 8SZ

BSD 301x HT=25,0Kv. SPOT=6 WD=12,0mm.

Fig. 6.27: Sezione del campione analizzato. Nella seguente figura 6.28 sono riportate le sezioni osservate dei due campioni

50 µm.

Fig. 6.28: Sezioni dei due campioni (a sinistra quello con il 10% di scarto a destra quello con il 15%)

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Capitolo 6 Analisi dei risultati e modellazione

81

In figura 6.29 è riportata una microfotografia della sezione del campione con il 10% di scarto in cui si evidenzia la presenza del quarzo (vedi spectrum 3). Fig.6.29: Microfotografia 350x della sezione campione con il 10% di scarto

Fig.6.30: Presenza di potassio rilevata dall’EDS Fig. 6.31: EDS corrispondente al silicio

La presenza di potassio rilevata dall’EDS in figura 6.30 potrebbe essere dovuta alla presenza di residui di smalti asportati dalle piastrelle durante il taglio.

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Capitolo 6 Analisi dei risultati e modellazione

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In figura 6.31 è riportata una microfotografia della sezione del campione con il 10% di scarto in cui si evidenziano la presenza delle seguenti fasi cristalline: Albite(spectrum 4), Clinoclorite (spectrum5) Fig.6.31: Microfotografia 151x della sezione campione con il 10% di scarto

Fig.:6.32 Albite rilevata da EDS Fig.: 6.33 Clinoclorite rilevata da EDS

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Capitolo 6 Analisi dei risultati e modellazione

83

6.4 MODELLAZIONE MEDIANTE DOE La seguente fase di modellazione è stata effettuata per trovare un riscontro statistico ai risultati descritti nei precedenti paragrafi nonché per ricavare maggiori informazioni dai dati ottenuti durante la fase sperimentale. Per la modellazione si è utilizzato il software DX 7.01 dalla Stat-Ease®, tale prodotto attraverso l’utilizzo della metodologia ANOVA permette,fra le altre cose, di quantificare la probabilità che un fattore sperimentale, o l’interazione di più fattori , possa influire con una determinata probabilità (95%) sulla risposta analizzata. Questo dato viene indicato con il termine P-value con il quale si intende la probabilità che il modello matematico fornisca una risposta di influenza positiva dell’effetto considerato, nel caso che si dia per vera l’ipotesi nulla, cioè che non vi siano in realtà effetti del fattore sperimentale sulla risposta analizzata. Valori di questa variabile vicini ad uno (100%) implicano che non vi sono differenze osservabili nei campioni esaminati rispetto agli altri elementi appartenenti allo stesso gruppo (formulazione), non vi è dunque nessuna influenza del fattore sperimentale considerato sulla variabile analizzata. Per valori inferiori a 0.05 (5%) è possibile affermare che i diversi valori assunti dalla proprietà analizzata hanno una andamento influenzato significativamente dal fattore sperimentale considerato. 6.4.1 MODELLAZIONE SUL FANGO DI TAGLIO

6.4.1.1CONTENUTO DI CARBONATO DI CALCIO CaCO3 Dai risultati ottenuti dall’elaborazione (Tab.6.13 ) dei dati è emerso che la percentuale di scarto immesso nell’impasto è l’unico fattore in grado di influenzare significativamente la risposta analizzata.

Tab.6.13 ANOVA dei fattori considerati

Analysis of variance table [Partial sum of squares - Type III]

Source Sum of

squares df

Mean

Square

F

Value

p-value

Prob > F

Model 5.06 1 5.06 47.02 <0.0001 B-Scarto 5.06 1 5.06 47.02 <0.0001 Residual 1.08 10 0.11 Cor Total 6.13 11

L’andamento ottenuto mette in evidenza la diminuzione del contenuto di carbonato di calcio all’aumentare della percentuale di scarto aggiunto, tale andamento conferma statisticamente le osservazioni fatte nel paragrafo 6.3.3. Infatti il fango, caratterizzato da una minor presenza di carbonati, una volta miscelato all’impasto base attraverso un’azione diluente, produce una progressiva diminuzione dei carbonati totali presenti.

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Capitolo 6 Analisi dei risultati e modellazione

84

Fig.6.34: Andamento del contenuto di carbonato di calcio(%) La relazione fra la percentuale di carbonato di calcio presente e la percentuale di fango di taglio aggiunto è esprimibile mediante la seguente equazione lineare:

)(%*16.018.21% 3 aggiuntoscartodiCaCO −=

L’equazione mostra un buon grado di concordanza tra valori sperimentali e calcolati con un R2= 0,8246 6.4.1.2 RITIRO MEDIO IN ESSICAZIONE

L’analisi dei dati inerenti a questa proprietà ha indicato che il ritiro in essiccamento non risulta statisticamente influenzato da nessuna delle variabili considerate, negli intervalli utilizzati nel presente studio. Quanto affermato non significa che l’andamento di questa proprietà è indipendente dal tipo di formulazione analizzata, ma solo che non è possibile realizzare una modellazione che garantisca una probabilità di errore inferiore al 5%. Dai valori ottenuti dall’analisi mediante ANOVA (Tab.6.14 ) viene comunque evidenziata una maggiore influenza sulla risposta del umidità rispetto alla percentuale di scarto aggiunto.

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Capitolo 6 Analisi dei risultati e modellazione

85

Tab.6.14: ANOVA dei fattori considerati

Analysis of variance table [Partial sum of squares - Type III]

Source Sum of

squares df

Mean

Square

F

Value

p-value

Prob > F

Model 1.22 3 0.41 0.85 0.5048 A-Umidità 1.19 1 1.19 2.47 0.1549 B-Scarto 0.039 1 0.039 0.082 0.7825 C-Ciclo 0.000 1 0.000 0.000 1.0000 Residual 3.85 8 0.48 Cor Total 5.07 11

Viene inoltre confermato, anche se non in maniera statisticamente significativa, una diminuzione del ritiro medio in essiccazione riducendo in contenuto di acqua nell’impasto. L’impossibilità di formulare un modello matematico attendibile deriva dall’elevata variabilità nei dati ottenuti durante l’esecuzione di questa prova, tale problema potrebbe essere risolto aumentando il numero di repliche al fine di ottenere un dato medio più significativo.

6.4.1.3 ASSORBIMENTO IN NAFTA

I risultati ottenuti dall’elaborazione dei dati inerenti a questa proprietà mostrano( Tab.6.15) una significativa influenza derivante dalla variazione dell’umidità. Tale osservazione risulta particolarmente veritiera è conferma come il maggior contenuto di acqua abbia contribuito in fase di essiccazione a generare una struttura con un più elevato livello di porosità. Non è stata invece evidenziata una significativa influenza su questa proprietà da parte della percentuale di scarto aggiunto all’impasto.

Tab.6.15: ANOVA dei fattori considerati

Analysis of variance table [Partial sum of squares - Type III]

Source Sum of

squares df

Mean

Square

F

Value

p-value

Prob > F

Model significant 16.17 1 16.17 12.54 0.0053 A-Umidità 16.17 1 16.17 12.54 0.0053 Residual 12.89 10 1.29 Cor Total 29.06 11

Dalla modellazione effettuata si è ottenuto un andamento di tipo lineare (fig.6.35 ) che evidenzia l’aumento dell’assorbimento all’aumentare dell’umidità contenuta nell’impasto.

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Capitolo 6 Analisi dei risultati e modellazione

86

Fig. 6.35: Andamento dell’assorbimento in nafta (%)

L’andamento in figura è rappresentato matematicamente dalla seguente equazione:

(%)'*77.081.1(%) impastodellUmiditàNaftaintoAssorbimen +−= L’equazione mostra un buon grado di concordanza tra valori sperimentali e calcolati con un R2= 0.5563 6.4.1.4 RITIRO MEDIO DEL COTTO

L’analisi dei dati mediante metodologia ANOVA non ha mostrato alcuna influenza significativa delle variabili considerate. L’impossibilità di elaborare un modello matematico deriva dai bassissimi valori riscontrati sperimentalmente per questa proprietà , tali valori infatti si mantengono prossimi allo zero per tutte le formulazioni. Gli ottimi valori ottenuti dai campioni per questa proprietà rendono comunque superflua una successiva fase di modellazione.

6.4.1.5 PERDITA IN PESO DEL COTTO Come evidenziato nel paragrafo 6.3.2 questa proprietà è soggetta ad una lieve diminuzione in funzione dell’aumento della quantità di scarto, la ridotta entità della variazione non è comunque sufficiente per giustificare che le variabili considerate abbiano influito in maniera significativa sul suo andamento. Risulta perciò impossibile, per questa proprietà, una successiva fase di modellazione.

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Capitolo 6 Analisi dei risultati e modellazione

87

6.4.1.6 ASSORBIMENTO IMMEDIATO DEL COTTO

L’assorbimento immediato del cotto è risultato essere significativamente influenzato dalla variazione di acqua contenuta nell’impasto (Tab.6.16), l’aggiunta di fango non ha invece comportato variazioni statisticamente accettabili alla risposta analizzata. L’assorbimento del cotto aumenta al crescere dell’umidità in quanto quest’ultima determina una maggiore porosità sia dell’essiccato sia del cotto. Infatti l’acqua è una componente che occupa volume, ma che viene completamente eliminata nel processo industriale comportando la formazione di pori e capillarità residue.

Tab.6.16: ANOVA dei fattori considerati

Analysis of variance table [Partial sum of squares - Type III]

Source Sum of

squares df

Mean

Square

F

Value

p-value

Prob > F

Model significant 39.31 1 39.31 10.48 0.0089 A-Umidità 39.31 1 39.31 10.48 0.0089 Residual 37.52 10 3.75 Cor Total 76.83 11

L’andamento derivante da questa modellazione è lineare ed è rappresentato in figura.

Fig.6.36: Andamento dell’assorbimento immediato(%)

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Capitolo 6 Analisi dei risultati e modellazione

88

L’andamento in figura è rappresentato matematicamente dalla seguente equazione matematica:

(%)'*78.038.6(%) impastodellUmiditàimmediatotoAssorbimen +−= L’equazione mostra un buon grado di concordanza tra valori sperimentali e calcolati con un R2= 0.5887 5.4.1.7 ASSORBIMENTO A 24 ORE

Analogamente al caso precedente l’analisi statistica dei dati ottenuti dalla parte sperimentale ha evidenziato un influenza significativa dell’umidità sull’assorbimento. Per quanto concerne il fango di taglio aggiunto all’impasto non è stata evidenziata un influenza al variare della quantità aggiunta.

Tab.6.17: ANOVA dei fattori considerati

Analysis of variance table [Partial sum of squares - Type III]

Source Sum of

squares df

Mean

Square

F

Value

p-value

Prob > F

Model significant 39.31 1 39.31 10.48 0.0089 A-Umidità 39.31 1 39.31 10.48 0.0089 Residual 37.52 10 3.75 Cor Total 76.83 11

Dalla modellazione è emerso il seguente andamento della risposta analizzata:

Design-Expert® Softw are

Assorbimento a 24 ore del cotto

Design Points

X1 = A: Umidità

Actual FactorsB: Scarto = 15.00C: Ciclo = C1

17.00 17.75 18.50 19.25 20.00

16.1

17.675

19.25

20.825

22.4

A: Umidità

As

so

rbim

en

to a

24

ore

de

l co

tto

One Factor

Fig. 6.37: Andamento dell’assorbimento immediato (%)

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Capitolo 6 Analisi dei risultati e modellazione

89

La relazione matematica che esprime la dipendenza dell’assorbimento dalla percentuale di umidità e la seguente:

(%)impasto'dellUmidità*99.023.1(%)immediatotoAssorbimen +=

L’equazione mostra un buon grado di concordanza tra valori sperimentali e calcolati con un R2= 0.5633 6.4.1.8 RESISTENZA A FLESSIONE

La resistenza a flessione, nell’intervallo di umidità e percentuale di scarto, relativamente ai due cicli di cottura considerati, non mostra essere statisticamente influenzata dalle variabili considerate. Non viene perciò eseguita la successiva fase di modellazione. 6.4.1.9 COLORE

In accordo con quanto descritto nel paragrafo 6.3.8 l’elaborazione dei dati non ha evidenziato nessuna influenza significativa sulle proprietà estetiche dei campioni analizzati. 6.4.1.10 EFFLORESCENZE

Efflorescenza in cottura ed efflorescenza superficiale non sono statisticamente influenzate dalle variabili considerate. L’acqua introdotta non apporta quantità di sali che possono essere portatrici di efflorescenza tale da influire su queste variabili. Il fango di taglio non ha variazioni tali da essere sentite in termini di insorgere di efflorescenza I cicli termici non sono tanto differenti da poter generare efflorescenza.

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Capitolo 6 Analisi dei risultati e modellazione

90

6.4.2 MODELLAZIONE SUL FANGO DI LEVIGATURA

6.4.2.1 CONTENUTO DI CARBONATO DI CALCIO CaCO3 Dall’analisi dei dati ottenuti dall’elaborazione si nota una significativa influenza della percentuale di scarto aggiunto nell’impasto sulla proprietà in questione. Tale risultato conferma le osservazioni precedentemente fatte, il minor contenuto di carbonato dei fanghi determina infatti un azione diluente sui carbonati totali presenti nell’impasto.

Tab.6.18: ANOVA dei fattori considerati

Analysis of variance table [Partial sum of squares - Type III]

Source Sum of

squares df

Mean

Square

F

Value

p-value

Prob > F

Model 13.83 1 13.83 197.61 < 0.0001 A-Umidità 13.83 1 13.83 197.61 < 0.0001 Residual 0.84 12 0.070 Lack of Fit 0.84 10 0.084 Pure Error 0.000 2 0.000 Cor Total 14.67 13

L’andamento espresso del modello è riportato nella seguente figura

Fig. 6.38: Andamento contenuto di carbonato di calcio%

Tale andamento di tipo lineare è esprimibile matematicamente mediante la seguente equazione:

(%)*263.026.22(%)3 aggiuntoScartoCaCO −=

L’equazione mostra un elevato grado di concordanza tra valori sperimentali e calcolati con un R2= 0.9443

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Capitolo 6 Analisi dei risultati e modellazione

91

6.4.2.2 RITIRO MEDIO IN ESSICCAZIONE

Il ritiro in essiccamento è definito unicamente dalla percentuale di umidità dell’impasto. Alle temperature utilizzate, non si hanno fenomeni di decomposizione nelle materie prime o negli scarti pertanto il ritiro è dovuto solo alla perdita dell’acqua aggiunta al fine di aver una sufficiente plasticità.

Tab.6.19: ANOVA dei fattori considerati

Analysis of variance table [Partial sum of squares - Type III]

Source Sum of

squares df

Mean

Square

F

Value

p-value

Prob > F

Model 7.33 1 7.33 22.04 0.0005 A-Umidità 7.33 1 7.33 22.04 0.0005 Residual 3.99 12 0.33 Lack of Fit 3.99 10 0.40 Pure Error 0.000 2 0.000 Cor Total 11.32 13

L’andamento che si ottiene dalla modellazione e di tipo lineare e mostra l’aumento della proprietà analizzata all’aumentare della quantità di scarto aggiunto all’impasto.

Fig. 6.39: Andamento del ritiro medio in essiccazione (%)

L’espressione matematica dell’andamento in figura, valida solo nell’intervallo considerato, è la seguente:

(%)'*49.099.4(%) impastodellUmiditàneessiccazioinmedioRitiro +−= L’equazione evidenzia un buon grado di concordanza tra valori sperimentali e calcolati con un R2= 0.6508

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Capitolo 6 Analisi dei risultati e modellazione

92

6.4.2.3 ASSORBIMENTO IN NAFTA

Dall’elaborazione dei dati ottenuti sperimentalmente è risultata un influenza statisticamente significativa sia dell’umidità sia della percentuale di fango di levigatura aggiunta nell’impasto.

Tab.6.20: ANOVA dei fattori considerati

Analysis of variance table [Partial sum of squares - Type III]

Source Sum of

squares df

Mean

Square

F

Value

p-value

Prob > F

Model 9.85 2 4.93 22.06 0.0001 A-Umidità 5.91 1 5.91 26.45 0.0003 B-Scarto 3.95 1 3.95 17.67 0.0015 Residual 2.46 11 0.22 Lack of Fit 2.46 9 0.27 Pure Error 0.000 2 0.000 Cor Total 12.31 13

Come mostrato nell’andamento in figura 6.40 entrambi i parametri presentano una relazione di proporzionalità diretta con il valore di assorbimento, ma non mostrano interazioni tra loro. Il risultato è facilmente spiegabile. L’umidità iniziale dell’impasto, anche se determina un maggiore ritiro in fase di essiccazione, contribuisce ad una maggiore porosità dell’essiccato. Cosi lo scarto, comportandosi sostanzialmente da inerte, in funzione anche della distribuzione granulometrica, favorisce l’aumento di porosità.

Fig. 6.40: Andamento dell’assorbimento in nafta (%)

Il modello matematico, valido solo nell’intervallo 17-20% di umidità e 10-20% di scarto, esprime l’andamento dell’assorbimento secondo la seguente equazione:

(%)*14.0(%)'*44.058.3(%) aggiuntoScartoimpastodellUmiditàNaftaintoAssorbimen ++=

L’equazione evidenzia un buon grado di concordanza tra valori sperimentali e calcolati con un R2= 0.8005

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Capitolo 6 Analisi dei risultati e modellazione

93

6.4.2.4 RITIRO MEDIO DEL COTTO

Lo scarto mostra una relazione diretta con il ritiro. Ciò può essere attribuito a una somma di eventi che avvengono in cotura. Si ha infatti la decomposizione della calcite (CaCO3) che aprone pori nella massa. I’albite, agendo da fondente, accelera la formazione di una fase viscosa che favorisce il ritiro ad alta temperatura. L’effetto dell’umidità è diverso, all’aumentare dell’umidità, il ritiro diminuisce fino a divenire negativo. Il fenomeno può essere spiegato con il fatto che, aumentando l’umidità, di fatto diminuisce la quantità di materiale solido presente nel pezzo. La maggior parte del ritiro causato dall’umidità si ha in fase di essiccamento. In fase di cottura il ritiro viene mascherato dal fatto che il materiale presente, quello che di fatto determina il ritiro, si riduce. Nella seguente tabella sono riportati i valori dell’ANOVA dei fattori considerati e delle loro interazioni.

Tab.6.21: ANOVA dei fattori considerati

Analysis of variance table [Partial sum of squares - Type III]

Source Sum of

squares df

Mean

Square

F

Value

p-value

Prob > F

Model 0.23 3 0.076 16.96 0.0003 A-Umidità 0.089 1 0.089 19.72 0.0013 B-Scarto 0.097 1 0.097 21.52 0.0009 C-Ciclo 0.043 1 0.043 9.63 0.0112 Residual 0.045 10 4.488E-003 Lack of Fit 0.045 8 5.610E-003 Pure Error 0.000 2 0.000 Cor Total 0.27 13

Dai risultati dell’elaborazione non risultano interazioni statisticamente significative fra i fattori considerati.Gli andamenti evidenziati dal modello al variare dei fattori iniziali sono i seguenti:

Fig. 6.37 Andamento del ritiro medio del cotto(%) I modelli matematici, validi solo nell’intervallo 17-20% di umidità e 10-20% di scarto, mostrano un andamento lineare senza interazioni. L’effetto delle variabili scarto e umidità è lo stesso nei due cicli (stesse costanti), l’effetto, peraltro modesto, del ciclo è rappresentato da una diversa costante iniziale.

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Capitolo 6 Analisi dei risultati e modellazione

94

(%)*22.0(%)'*54.067.0(%)cot 1 aggiuntoScartoimpastodellUmiditàtodelRitiroC

+−=

(%)*22.0(%)'*54.056.0(%)cot 2 aggiuntoScartoimpastodellUmiditàtodelRitiroC +−=

L’equazione evidenzia un buon grado di concordanza tra valori sperimentali e calcolati con un R2= 0.8357 6.4.2.5 PERDITA DI PESO IN COTTURA La perdita in peso durante la cottura dipende sia dall’umidità iniziale, sia dalla percentuale di scarto. I cicli di cottura utilizzati non hanno mostrato effetto su questa variabile. La perdita in peso è inversamente proporzionale alla percentuale di umidità in quanto, come detto in precedenza, a una maggiore quantità di acqua, che evapora durante la fase di essiccamento, corrisponde una minore quantità di materia prima. Anche lo scarto determina una diminuzione della perdita in peso. Se da una parte contribuisce all’apporto di calcite e carburo di silicio, dall’altra la quantità di queste due sostanze che decompongono è minore dell’apporto di materiale in grado di dare diminuzione di peso dovuta alle materie prime naturali e cioè argilla e calcite contenuta in queste materie prime. Nella seguente tabella (6.22) vengono riportati i risultati ottenuti dall’elaborazione statistica dei dati sperimentali:

Tab.6.22 ANOVA dei fattori considerati

Analysis of variance table [Partial sum of squares - Type III]

Source Sum of

squares df

Mean

Square

F

Value

p-value

Prob > F

Model 12.27 2 6.13 11.39 0.0021 A-Umidità 7.24 1 7.24 13.43 0.0037 B-Scarto 5.03 1 5.03 9.34 0.0109 Residual 5.93 11 0.54 Lack of Fit 5.93 9 0.66 Pure Error 0.000 2 0.000 Cor Total 18.19 13

L’andamento risultante dalla modellazione è espresso nella seguente figura 6.41.

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Capitolo 6 Analisi dei risultati e modellazione

95

Fig. 6.41: Andamento della perdita di peso in cottura (%)

Il modello matematico, valido solo nell’intervallo 17-20% di umidità e 10-20% di scarto, mostrana un andamento lineare senza interazioni dove l’effetto dell’umidità è superiore a quella dello scarto.

(%)*16.0(%)'*48.049.25(%) aggiuntoScartoimpastodellUmiditàpesoinPerdita −−=

L’equazione evidenzia un buon grado di concordanza tra valori sperimentali e calcolati con un R2= 0.8357

6.4.2.6 ASSORBIMENTO IMMEDIATO DEL COTTO

L’analisi statistica dei dati ha evidenziato un influenza significativa dell’umidità contenuta nell’impasto sulla variazione di assorbimento immediato dei campioni cotti. Dalla modellazione è risultato che statisticamente la risposta è caratterizzata da un andamento lineare, in particolare dall’analisi statistica mediante ANOVA sono emersi i risultati riportati in tabella 6.23.

Tab.6.23 ANOVA dei fattori considerati

Analysis of variance table [Partial sum of squares - Type III]

Source Sum of

squares df

Mean

Square

F

Value

p-value

Prob > F

Model significant 7.33 1 7.33 22.04 0.0005 A-Umidità 7.33 1 7.33 22.04 0.0005 Residual 3.99 12 0.33 Lack of Fit 3.99 10 0.40 Pure Error 0.000 2 0.000 Cor Total 11.32 13

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Capitolo 6 Analisi dei risultati e modellazione

96

In figura 6.42 è mostrato l’andamento della risposta al variare dell’umidità nell’impasto.

Fig. 6.42: Andamento dell’assorbimento immediato (%)

Il modello matematico che esprime la relazione fra i fattori considerati e la risposta analizzata è rappresentato dalla seguente equazione:

(%)'*527.0513.8(%) impastodellUmiditàimmediatotoAssorbimen += L’equazione evidenzia un grado più basso, rispetto alla media, di concordanza tra valori sperimentali e calcolati con un R2= 0.8357 6.4.2.7 ASSORBIMENTO DOPO 24 ORE DEL COTTO

L’analisi statistica dei dati non ha evidenziato influenze significative dei fattori sperimentali sull’andamento dell’assorbimento a 24 ore. Questa risposta è in sintonia con quanto affermato nel paragrafo 6.3.5 , infatti i valori di questa proprietà si mantengono costanti al variare della percentuale di scarto aggiunto nell’impasto base. 6.4.2.8 RESISTENZA A FLESSIONE

La resistenza a flessione del cotto non è risultata statisticamente influenzata da nessuno dei fattori considerati. Questo come per i fanghi di taglio è dovuto all’elevata variabilità dei dati

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Capitolo 6 Analisi dei risultati e modellazione

97

sperimentali ottenuti. Tale dato, in virtù della notevole importanza applicativa, necessiterebbe di un ulteriore approfondimento atto dare maggiore fondamento alle ipotesi fatte. 6.4.2.9 COLORE

Il risultato emerso in fase di modellazione conferma quanto esposto nel paragrafo 6.3.8 , la colorazione dei campioni cotti risulta infatti essere statisticamente influenzata dalla percentuale di scarto aggiunta nell’impasto. Seppure in maniera lieve appare evidente come il fango di levigatura alteri le proprietà estetiche dei campioni riducendone l’intensità della colorazione.

Tab.6.24 ANOVA dei fattori considerati

Analysis of variance table [Partial sum of squares - Type III]

Source Sum of

squares df

Mean

Square

F

Value

p-value

Prob > F

Model 0.28 1 0.28 9.23 0.0161 B-Umidità 0.28 1 0.28 9.23 0.0161 Residual 0.24 8 0.030 Cor Total 0.53 9

Fissato ad 1 il livello di colore caratterizzante un campione privo di aggiunte di scarto, è possibile osservare, nell’andamento risultante dalla modellazione, la progressiva diminuzione della colorazione all’aumentare della quantità di scarto aggiunto.

Fig. 6.43: Andamento della variazione cromatica

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98

6.4.2.10 EFFLORESCENZE

Per entrambi i tipi di efflorescenze non sono state riscontrate influenze statisticamente significative da parte dei fattori sperimentali considerati. Non è pertanto possibile attribuire un valore statistico alle osservazioni esposte nei paragrafi 6.3.6 e 6.3.7 e procedere alle successive fasi della modellazione.

6.4.3 OTTIMIZZAZIONE DELL’AGGIUNTA DI FANGO DI TAGLIO Per l’ottimizzazione si è scelto di utilizzare i parametri riportati in tabella (6.25), si è cercato in particolare di massimizzare l’aggiunta di residuo nell’impasto contenendo al contempo lo scostamento dai valori dell’impasto standard. Si è inoltre fissato in 12 MPa il limite inferiore per la resistenza a flessione in modo da rimanere entro standard di qualità adeguati.

Tab. 6.25: Parametri scelti per l’ottimizzazione

Fattori e variabili

considerate

Obbiettivo Limite

inferiore

Limite

superiore

Importanza

Umidità nel range 17 20 3 Scarto massimizza 10 20 5 Ciclo nel range C1 C2 3

Ritiro medio in

essiccazione

nel range 1.84 3.725 3

Assorbimento in nafta

dell'essiccato

minimizza 10.3 14.502 3

Perdita di peso in

cottura

massimizza 13.363 16.202 3

Assorbimento

immediato del cotto

minimizza 11.145 19.174 3

Assorbimento a 24 ore

del cotto

minimizza 16.135 22.325 3

Resistenza a flessione

del cotto

nel range 12 17.064 4

colore raggiungi 1 1 1.5 3 Efflorescenze in cottura minimizza 0 2.5 3 Efflorescenze

superficiali

minimizza 0 1.5 4

Si è scelto di non comprendere nell’ottimizzazione il ritiro medio in cottura poiché quest’ultima proprietà pur essendo influenzata dall’aggiunta di fango si mantiene comunque a valori prossimi allo zero.

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Capitolo 6 Analisi dei risultati e modellazione

99

D es ign-Exper t® Softw ar e

D es irabi l i ty1

0

X1 = A: U m iditàX2 = B: Scar to

Ac tual F ac torC : C ic lo = C 2

17.00

17.75

18.50

19.25

20.00 10.00 12.50

15.00 17.50

20.00

0.000

0.175

0.350

0.525

0.700

D

es

ira

bil

ity

A: U m id ità

B : S ca rto

Fig. 6.44 Andamento della desiderabilità In figura è mostrato l’andamento risultante dalla modellazione, in ordinata è riportato il livello di raggiungimento complessivo (desiderability) dei parametri fissati in tabella. Vengono, in particolare, evidenziati valori ottimali per percentuali di scarto vicine al 20%, si osserva inoltre un miglioramento dei parametri considerati proporzionale alla diminuzione del contenuto di acqua nell’impasto. In particolare, in base ai parametri fissati, si sono ottenute le seguenti combinazioni di livelli dei fattori considerati. Tali soluzioni permettono di ottenere valori ottimali fra percentuale di scarto aggiunto e proprietà valutate.

Tab. 6.26 Combinazioni ottimali ottenute nella modellazione. Umidità % di

scarto agg.

Ciclo di

cottura

Ritiro

medio in essicc.

Ass. in

nafta

Perdita

di peso in cottura

Ass.

immediato

Ass. a

24 ore

Res. a

flessione

Colore Eff. in

cottura

Eff.

superf.

17.00 20.00 C2 2.74433 11.3457 14.0474 14.134 18.2225 13.9049 1.04167 1 0.16667 17.00 20.00 C1 2.74433 11.3457 14.0474 14.134 18.2225 13.9049 1.04167 1 0.16667 17.00 19.96 C2 2.74433 11.3457 14.0523 14.134 18.2225 13.9125 1.04167 1 0.17047 17.00 19.66 C1 2.74434 11.3457 14.0913 14.134 18.2225 13.9726 1.04167 1 0.20076 17.00 19.51 C2 2.74433 11.3457 14.1104 14.134 18.2225 14.002 1.04167 1 0.215518

Come è possibile osservare tutte le soluzioni ottimali adottano il livello minimo di umidità, questo perché minori contenuti di acqua nell’impasto diminuiscono sensibilmente l’assorbimento dei campioni realizzati. Nel complesso dall’ottimizzazione risulta che, anche con percentuali di aggiunta vicine al 20%, i valori delle variabili analizzate non si discostano eccessivamente da quelli dell’impasto standard (Tab.6.27). Si osserva inoltre un miglioramento per talune proprietà (Ritiro, Efflorescenze).

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Capitolo 6 Analisi dei risultati e modellazione

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Tab.6.27 Valori delle proprietà analizzate per i campioni standard ( senza aggiunta di

residui).

Umidità Ciclo

di

cottura

Ritiro

essic.

Ass.

in

nafta

Perdita

Peso

Ass.

imm.

Ass. a

24ore

Resist.

a

fless.

Col

ore

Eff. in

cottura

Eff-

Sup

17% C1 4,632 10,407 15,458 10,526 18,72 17,182 1 1 2 20% C1 4,98 11,565 15,684 13,866 19,05 14,08 1 2 2 17% C2 4,632 10,407 15,405 11,182 17,896 18,776 1 2 2 20% C2 4,98 11,565 15,68 13,98 18,83 15,269 1 2.5 2

6.4.4 OTTIMIZZAZIONE DELL’AGGIUNTA DI FANGO DI LEVIGATURA

Nell’ottimizzazione dei risultati di detto residuo si sono utilizzati gli stessi parametri precedentemente utilizzati per il fango di taglio e contenuti in tabella 6.28, si è cercato, anche in questo caso, di massimizzare l’aggiunta di residuo nell’impasto contenendo al contempo lo scostamento dai valori dell’impasto standard.

Tab. 6.28: Parametri scelti per l’ottimizzazione Fattori e variabili

considerate

Obbiettivo Limite

inferiore

Limite

superiore

Importanza

Umidità nel range 17 20 3 Scarto massimizza 10 20 5 Ciclo nel range C1 C2 3

Ritiro medio in

essiccazione

nel range 2.933 5 3

Assorbimento in nafta

dell'essiccato

minimizza 12.103 14.913 3

Perdita di peso in

cottura

massimizza 12.299 16.414 3

Assorbimento

immediato del cotto

minimizza 12 20 3

Assorbimento a 24 ore

del cotto

minimizza 19.84 22.708 3

Resistenza a flessione

del cotto

nel range 12 15.576 4

colore raggiungi 1 0.5 1 3 Efflorescenze in cottura minimizza 0 2 3 Efflorescenze

superficiali

minimizza 0 1 4

Si è scelto di non comprendere nell’ottimizzazione il ritiro medio in cottura poiché quest’ultima proprietà pur essendo influenzata dall’aggiunta di fango si mantiene comunque a valori prossimi allo zero.

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Capitolo 6 Analisi dei risultati e modellazione

101

.

De si g n -E xp e rt® S o ftwa re

De si ra b i l i ty

1

0

X 1 = A : Um id i tàX 2 = B : S ca rto

A ctu a l Fa cto r

C : C i c l o = C1

17. 00

17. 75

18. 50

19. 25

20. 00

10 .00 12 .50

15 .00 17 .50

20 .00

0 .000

0 .130

0 .260

0 .390

0 .520

D

es

ira

bilit

y

A : Umid ità B : Sca rto

Fig. 6.45 Andamento della desiderabilità

Dalla figura 6.45 vengono in evidenziati valori ottimali per percentuali di scarto vicine al 16%, si osserva inoltre un miglioramento dei parametri in seguito alla diminuzione dell’umidità. Una diminuzione del contenuto di acqua nell’impasto, previa valutazione della lavorabilità, potrebbe rappresentare una soluzione per contenere l’aumento dell’assorbimento indotto dall’aggiunta di residuo. In particolare, in base ai parametri fissati, si sono ottenute le seguenti combinazioni di livelli dei fattori considerati. Tali soluzioni permettono di ottenere valori ottimali fra percentuale di scarto aggiunto e proprietà valutate.

Tab. 6.29 Combinazioni ottimali ottenute nella modellazione.

Umidit

à

% di

scarto

aggiu

nto

Ciclo

di

cottur

a

Ritiro

medio

in

essicc.

Ass. in

nafta

Perdita

di peso

in

cottura

Ass.

imm.

Ass. a

24 ore

Res. a

fless.

Colore Eff. in

cott.

Eff.

sup.

17.00 15.78 C1 3.296 13.234 14.756 17.472 21.409 12.993 0.8041 1 0.5 17.00 15.77 C2 3.296 13.234 14.757 17.472 21.409 12.994 0.8043 1 0.5 17.00 15.74 C1 3.296 13.229 14.762 17.472 21.408 12.999 0.8055 1 0.4999 17.00 15.66 C2 3.296 13.217 14.775 17.472 21.407 13.013 0.8086 1 0.4999 17.00 16.03 C2 3.296 13.270 14.716 17.472 21.415 12.952 0.7945 1 0.4999 17.00 16.05 C1 3.296 13.272 14.713 17.472 21.415 12.949 0.794 1 0.4999 17.00 16.19 C1 3.296 13.292 14.691 17.472 21.418 12.926 0.780 1 0.4999 17.00 16.41 C1 3.296 13.323 14.656 17.472 21.423 12.890 0.780 1 0.4999 17.00 16.77 C2 3.296 13.374 14.598 17.472 21.431 12.830 0.767 1 0.4999

Nel complesso per aggiunte di residuo fino al 17% quasi tutte le proprietà si mantengono entro limiti di accettabilità, permane il problema dell’aumento dell’assorbimento, in particolare quello immediato che a andrebbe valutato caso per caso in funzione della destinazione d’uso dei prodotti.

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Capitolo 6 Analisi dei risultati e modellazione

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Tab.6.30 Valori delle proprietà analizzate per i campioni standard ( senza aggiunta di

residui).

Umidità Ciclo

di

cottura

Ritiro

essic.

Ass.

in

nafta

Perdita

Peso

Ass.

Imm.

Ass. a

24ore

Resist.

a

fless.

Colore Eff. in

cottura

Eff-

Sup

17% C1 4,632 10,407 15,458 10,526 18,72 17,182 1 1 2 20% C1 4,98 11,565 15,684 13,866 19,05 14,08 1 2 2 17% C2 4,632 10,407 15,405 11,182 17,896 18,776 1 2 2 20% C2 4,98 11,565 15,68 13,98 18,83 15,269 1 2.5 2

Per aggiunte superiori si assiste ad un progressivo intensificarsi dell’effetto sbiancante indotto dal fango di levigatura, tale variazione potrebbe non essere compatibile con talune tipologie di prodotto. La percentuale di aggiunta ottimale risulta inferiore a quella ottenuta per i fanghi di taglio. Tale risultato può essere imputabile alle diverse composizioni dei due residui ed in particolare ai materiali abrasivi residui contenuti nel fango di levigatura.

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Capitolo 7 Conclusioni

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CAPITOLO 7 CONCLUSIONI

L’industria dei laterizi, negli ultimi anni, sta manifestando crescenti problemi nel reperimento delle materie prime necessarie per la produzione di manufatti di adeguata qualità. Al contempo il settore ceramico si è trovato ad affrontare la necessità di trovare una diversa collocazione, rispetto all’attuale discarica, per una nuova tipologia di rifiuti, quali i residui della levigatura e taglio del gres porcellanato. Il possibile utilizzo di questo rifiuto nella produzione di laterizi offrirebbe ad entrambi i settori produttivi notevoli vantaggi sia sotto il profilo ambientale che economico. Un recupero di detti fanghi rappresenterebbe infatti per l’industria dei laterizi una importante fonte dove reperire materie prime a bassissimo costo evitando allo stesso tempo sia un accumulo di materiale in discarica, sia il prelievo di nuove risorse naturali. Con il lavoro svolto in questa tesi si è indagato sugli effetti indotti da tale soluzione sulle proprietà dei materiali utilizzati, cercando di avvalorare quanto ottenuto tramite le risposte offerte dall’elaborazione statistica dei dati. La tesi si è sviluppata in tre fasi che hanno compreso la caratterizzazione dei materiali utilizzati, la preparazione ed ulteriore caratterizzazione dei campioni realizzati, la modellazione mediante DOE dei dati ottenuti sperimentalmente. I campioni realizzati sono stati sottoposti ad una serie di prove atte a fornire indicazioni sulle variazioni delle proprietà principali indotte dall’aggiunta dei fanghi. Dalle prove di caratterizzazione effettuate sui materiali è stato possibile mettere in luce le notevoli similitudini fra l’impasto base ed i residui utilizzati. In particolare, i risultati dall’analisi chimica ICP, evidenziano in tutti i materiali la presenza delle componenti tipiche di argille e feldspati, quali silicio,allumina e calcio. Le differenze, riscontrate in fase di analisi fra impasto e residui, sono prevalentemente di carattere quantitativo e sono riconducibili alle diversità fra gli impasti utilizzati nel settore ceramico e nell’industria dei laterizi. Si sono inoltre osservate, fra i due tipi di residui utilizzati, differenze nei contenuti di ossidi metallici, principalmente ferrici , presenti in maggiore quantità nei fanghi di taglio. La successiva analisi mineralogica ha confermato la natura argillosa dei materiali oggetto di studio ed ha permesso di constatare, all’interno dei fanghi di levigatura, la presenza di carburo di silicio derivante dal trattamento di finitura superficiale del gres. Le analisi granulometriche hanno evidenziato una distribuzione più fine dell’impasto base rispetto a quella dei due residui, tuttavia le differenze rimangono comunque entro gli standard di tolleranza aziendale. Dai risultati delle prove di caratterizzazione dei campioni essiccati si è notato un influenza dell’aggiunta dei residui su talune delle proprietà valutate. In particolare, l’introduzione di fanghi ha generato nelle miscele realizzate una diminuzione dei carbonati di calcio proporzionalmente al quantitativo di residui aggiunti, causata all’effetto diluente da essi indotto all’atto della miscelazione. E’ stato osservato inoltre un aumento dell’assorbimento in nafta, tanto maggiore quanto maggiore è stata la quantità di fango introdotto. La ragione di detta variazione sta nel diverso comportamento termico assunto dai materiali in fase di essiccamento. Il ritiro in essiccazione non è invece risultato direttamente influenzato dall’aggiunta di fanghi, ed i valori ottenuti sono comunque risultati compatibili con un applicazione industriale. Le prove di assorbimento effettuate per la caratterizzazione dei campioni cotti hanno permesso di confermare, anche a cottura ultimata, l’aumento della porosità indotto dall’introduzione dei fanghi. Dai dati ottenuti emerge che la variazione di porosità è principalmente localizzata sulla superficie dei campioni mentre, protraendo la prova per tempi più lunghi, si assiste ad un

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Capitolo 7 Conclusioni

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livellamento delle differenze tra provini con aggiunta di residui e provini standard. Quanto detto si riferisce ad entrambe le tipologie di residuo, dal momento che non si sono registrate differenze significative nel comportamento dei due materiali aggiunti all’impasto base. Come previsto la perdita di peso in cottura ha subito una leggera diminuzione in seguito all’aggiunta di entrambi i fanghi, lo scostamento rispetto ai valori dell’impasto base non risulta comunque eccessivamente elevato. Le prove di resistenza a flessione, pur caratterizzate da una notevole variabilità, hanno evidenziato un influenza negativa dei fanghi, sebbene i valori ottenuti si mantengano comunque entro le tolleranze industriali. Tale dato è stato confermato anche dall’analisi microstrutturale, osservando nei campioni contenenti fango, la presenza di sottili fessurazioni e zone non completamente compattate. Da un punto di vista estetico si è notata una leggera variazione della colorazione, tendente ad un effetto sbiancante, in seguito all’aggiunta dei fanghi di levigatura, mentre le efflorescenze si sono mantenute immutate rispetto all’aggiunta di scarto. Da quanto emerso dall’attività sperimentale compiuta, l’aggiunta dei fanghi ha indotto un leggero peggioramento di talune proprietà ( assorbimento, resistenza a flessione ) senza però comprometterne l’utilizzo per la produzione di laterizi, in quanto tutti i valori misurati si mantengono entro le tolleranze industriali. La fase di modellazione ha permesso di attribuire un significato statistico a parte dei risultati ottenuti; è stato inoltre possibile, per molte delle proprietà analizzate, elaborare un modello matematico che ne ha espresso l’andamento in funzione delle variabili inizialmente considerate. Non si è stati in grado di attribuire un valore statistico ai risultati delle prove a flessione, tale proprietà data la sua importanza, meriterebbe un ulteriore approfondimento necessario per l’elaborazione di un modello matematico accettabile. Attraverso l’ottimizzazione dei dati ottenuti sperimentalmente si è potuto trovare la combinazione ottimale, per entrambe le tipologie di residuo. In particolare si è ottenuto un valore ottimale di scarto aggiunto di circa il 16% per i fanghi di levigatura ed un valore prossimo al 20% per fanghi di taglio. Per tali valori vengono rispettati i limiti di tolleranza per gran parte delle proprietà valutate, i livelli di assorbimento, aumentati in seguito all’aggiunta di residui, andrebbero comunque valutati in funzione della destinazione d’uso dei prodotti realizzati. Alla luce di quanto emerso in questo lavoro di tesi, si può concludere che l’industria dei laterizi rappresenta un interessante opportunità per il recupero di questi rifiuti.

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[15] P.W.Araujo, R.G.Brereton, “Experimental design I. Optimization”, Trends in analytical chemistry, vol 15 no.2, pp.63-70,1996, Elsevier

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[16] D.C. Montgomery, “Design and Analysis of Experiments”, 5th edition, p.39, p. 170 e p.228- 246, J.Wiley & Sons. Inc, ISBN 0-471-31649-0

[17] A.G. Gonzalez, “Two level factorial experimental designs based on multiple linear regression models: a tutorial digest illustrated by case studies”, Analytica Chimica Acta 360 (1998), pp. 227-241, Elsevier

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RINGRAZIAMENTI

Desidero rivolgere i più sentiti ringraziamenti al relatore di questa tesi, prof. Marcello Romagnoli per l’aiuto dato durante tutto questo lavoro. Un particolare ringraziamento va all’ing. Valerio Piccagliani per la costante attenzione prestata durante la stesura del presente lavoro. Desidero altresì ringraziare l’ing. Fernanda Andreola e la Prof.ssa Luisa Barbieri per tutti i preziosi consigli inerenti all’attività di laboratorio. Un altro ringraziamento va alla Dott.ssa Isabella Lancellotti per l’aiuto fornito nell’analisi microstrutturale. Un sentito ringraziamento lo rivolgo hai dipendenti della ditta fornace San Lorenzo per la disponibilità e la cortesia.

Un grato pensiero a mia madre per il sostegno morale dato durante tutto questo percorso.