rivista del grande oriente d’italia n. 2/2008muratoria e “charta” di bologna del 1248 51 ......

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HIRAM Rivista del Grande Oriente d’Italia n. 2/2008 EDITORIALE Tu sei mio Fratello 3 You are my Brother 9 Gustavo Raffi Centralità dell’uomo. Considerazioni sul “Bisogno di Socialità” 15 Pietro Bayeli Il Poimandres di Ermete Trismegisto ovvero l’intelligenza suprema 21 Giulio Cesare Maggi Galileo: una lettura originale del personaggio 29 Salvatore Sansone La soliderietà 35 Bent Parodi di Belsito L’Arte Muratoria: suo rapporto con la Luce; ascesa alla Libertà nello Spirito 39 Vincenzo Tartaglia Muratoria e “Charta” di Bologna del 1248 51 Giovanni Greco Ernesto Teodoro Moneta: centenario di un Premio Nobel dimenticato 57 Gianmichele Galassi I punti di riunione 67 Giuseppe Cacopardi Giuseppe Garibaldi nelle Americhe e i suoi legami massonici: appunti per una ricerca 71 Pietro Rinaldo Fanesi La via laica alla tolleranza 79 Bent Parodi di Belsito Massoneria e musica nel Settecento: arte, speculazione e organizzazione economico-sociale 85 Daniele Tonini SEGNALAZIONI EDITORIALI 97 RECENSIONI 109

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Page 1: Rivista del Grande Oriente d’Italia n. 2/2008Muratoria e “Charta” di Bologna del 1248 51 ... (Univ. di Pavia) - Santo Giammanco (Univ. di Palermo) - Vittorio Gnocchini (Archivio

HIRAM

Rivista del Grande Oriente d’Italian. 2/2008

• EDITORIALE

Tu sei mio Fratello 3You are my Brother 9

Gustavo Raffi

Centralità dell’uomo. Considerazioni sul “Bisogno di Socialità” 15Pietro Bayeli

Il Poimandres di Ermete Trismegisto ovvero l’intelligenza suprema 21Giulio Cesare Maggi

Galileo: una lettura originale del personaggio 29Salvatore Sansone

La soliderietà 35Bent Parodi di Belsito

L’Arte Muratoria: suo rapporto con la Luce; ascesa alla Libertà nello Spirito 39Vincenzo Tartaglia

Muratoria e “Charta” di Bologna del 1248 51Giovanni Greco

Ernesto Teodoro Moneta: centenario di un Premio Nobel dimenticato 57Gianmichele Galassi

I punti di riunione 67Giuseppe Cacopardi

Giuseppe Garibaldi nelle Americhe e i suoi legami massonici: appunti per una ricerca 71Pietro Rinaldo Fanesi

La via laica alla tolleranza 79Bent Parodi di Belsito

Massoneria e musica nel Settecento: arte, speculazione e organizzazione economico-sociale85

Daniele Tonini

• SEGNALAZIONI EDITORIALI 97• RECENSIONI 109

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HIRAM, 2/2008Direttore: Gustavo RaffiDirettore Scientifico: Antonio PanainoCondirettori: Antonio Panaino, Vinicio SerinoVicedirettore: Francesco LicchielloDirettore Responsabile: Giovanni LaniComitato Direttivo: Gustavo Raffi, Antonio Panaino, Morris Ghezzi, Giuseppe Schiavone, Vinicio Serino, Claudio Bon-vecchio, Gianfranco De Santis

Comitato Scientifico:Presidente: Orazio Catarsini (Univ. di Messina)Giuseppe Abramo (Saggista) - Corrado Balacco Gabrieli (Univ. di Roma “La Sapienza”) - Pietro Battaglini (Univ. di Napoli) - Euge-nio Boccardo (Univ. Pop. di Torino) - Eugenio Bonvicini (Saggista) - Giuseppe Cacopardi (Saggista) - Giovanni Carli Ballola (Univ.di Lecce) - Paolo Chiozzi (Univ. di Firenze) - Augusto Comba (Saggista) - Franco Cuomo (Giornalista) - Massimo Curini (Univ. diPerugia) - Domenico Devoti (Univ. di Torino) - Ernesto D’Ippolito (Giurista) - Santi Fedele (Univ. di Messina) - Bernardino Fioravanti (Bibliotecario del G.O.I.) - Paolo Gastaldi (Univ. di Pavia) - Santo Giammanco (Univ. di Palermo) - Vittorio Gnocchini (Archivio del G.O.I.) - Giovanni Greco (Univ. di Bologna) - Giovanni Guanti (Conservatorio Musicale di Alessandria) - Felice Israel (Univ. di Genova) - Giuseppe Lombardo (Univ. di Messina) - † Paolo Lucarelli (Saggista) - Pietro Mander (Univ. di NapoliL’Orientale) - Alessandro Meluzzi (Univ. di Siena) - Claudio Modiano (Univ. di Firenze) - Massimo Morigi (Univ. di Bologna) -Gianfranco Morrone (Univ. di Bologna) - Moreno Neri (Saggista) - Maurizio Nicosia (Accademia di Belle Arti, Urbino) - Marco Novarino (Univ. di Torino) - Mario Olivieri (Univ. per stranieri di Perugia) - Massimo Papi (Univ. di Firenze)- Carlo Paredi (Saggista) - Bent Parodi (Giornalista) - Claudio Pietroletti (Medico dello sport) - Italo Piva (Univ. di Siena) - GianniPuglisi (IULM) - Mauro Reginato (Univ. di Torino) - Giancarlo Rinaldi (Univ. di Napoli L’Orientale) - Carmelo Romeo (Univ. diMessina) - Claudio Saporetti (Univ. di Pisa) - Alfredo Scanzani (Giornalista) - Michele Schiavone (Univ. di Genova) - Giancarlo Seri(Saggista) - Nicola Sgrò (Musicologo) - Giuseppe Spinetti (Psichiatra) - Ferdinando Testa (Psicoanalista) - Gianni Tibal-di (Univ. di Padova f.r.) - Vittorio Vanni (Saggista)

Collaboratori esterni:Giuseppe Cognetti (Univ. di Siena) - Domenico A. Conci (Univ. di Siena) - Fulvio Conti (Univ. di Firenze) - Carlo Cresti (Univ. diFirenze) - Michele C. Del Re (Univ. di Camerino) - Rosario Esposito (Saggista) - Giorgio Galli (Univ. di Milano) - Umberto Gori(Univ. di Firenze) - Giorgio Israel (Giornalista) - Ida Li Vigni (Saggista) - Michele Marsonet (Univ. di Genova) - Aldo A. Mola (Univ.di Milano) - Sergio Moravia (Univ. di Firenze) - Paolo A. Rossi (Univ. di Genova) - Marina Maymone Siniscalchi (Univ. di Roma“La Sapienza”) - Enrica Tedeschi (Univ. di Roma “La Sapienza”)

Corrispondenti esteri:John Hamil (Inghilterra) - August C.’T. Hart (Olanda) - Claudiu Ionescu (Romania) - Marco Pasqualetti (Repubblica Ceca) - Rudolph Pohl(Austria) - Orazio Shaub (Svizzera) - Wilem Van Der Heen (Olanda) - Tamas’s Vida (Ungheria) - Friedrich von Botticher (Germania)

Comitato di Redazione: Guglielmo Adilardi, Cristiano Bartolena, Giovanni Bartolini, Giovanni Cecconi, †Guido D’Andrea, OttavioGallego, Gonario GuaitiniComitato dei Garanti: Giuseppe Capruzzi, † Massimo Della Campa, Angelo Scrimieri, Pier Luigi Tenti

Art director e impaginazione: Sara CircassiaStampa: E-Print s.r.l. - Via Empolitana, Km. 6.400 - Castel Madama (Roma)Direzione - Redazione: HIRAM - Grande Oriente d’Italia - Via San Pancrazio, 8 - 00152 Roma - Tel. 06-5899344 fax 06-5818096Direzione editoriale: HIRAM - Via San Gaetanino, 18 - 48100 RavennaRegistrazione Tribunale di Roma n. 283 del 27/6/94Editore: Soc. Erasmo s.r.l. - Presidente Rag. Mauro LastraioliVia San Pancrazio, 8 - 00152 Roma - C.P. 5096 - 00153 Roma OstienseP.Iva 01022371007 - C.C.I.A.A. 264667/17.09.62Servizio abbonamenti: Spedizione in Abbonamento Postale 50% - Tasse riscosse

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* Gli articoli riflettono il pensiero dei singoli Autori e non il punto di vista ufficiale del G.O.I.

HIRAM viene diffusa in Internet sul sito del G.O.I.:www.grandeoriente.it

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EDITORIALE

Tu sei mio Fratello*

di Gustavo RaffiGran Maestro del Grande Oriente d’Italia

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Autorità presenti, Signore e Signori,Carissimi Fratelli,

CCome da consolidata tradizione, ilGrande Oriente d’Italia raduna iLiberi Muratori italiani in una

Gran Loggia. Il suo format, straordinaria-mente ricco di eventi culturali e socialiaperti al pubblico, mostra quanto sia fortela volontà di trasparenza e di dialogo inter-culturale, maturati dalla più antica eimportante Obbedienza massonica pre-sente e operante in Italia. Con questochiaro presupposto il Gran Maestro svolgeuna funzione di carattere pubblico. Essa èquella di tenere una allocuzione rivolta siaai Fratelli, sia alla società civile di cui iMassoni del Grande Oriente sono parteintegrante e fattiva.

I manifesti e le locandine che annun-ciano il programma di questi tre giorniriminesi sottolineano il tema centrale cheintendiamo trattare: quello della Fratel-lanza.

Si tratta di un argomento fondamenta-le per la Libera Muratoria, un argomentoche però si presta ad ambiguità e frainten-dimenti. Pertanto, lo abbiamo scelto con laferma volontà di proseguire nell’opera concui, in questi anni, abbiamo ridato chiarez-za e importanza ai valori e ai princìpi checontraddistinguono la Libera Muratoriauniversale.

Non è stato facile. Ma è una scelta di stile e comporta-

mento che, per il Grande Oriente, è irre-versibile.

La Libera Muratoria è un Ordine Inizia-

* An English version of this talk is published at p. 9.

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• 4 •EDITORIALE

tico che propone un cammino spiritualedifficile e impegnativo. Non è una religio-ne. E non vuole esserlo. Infatti non si oppo-ne né si contrappone a nessu-na confessione, malgradoalcuni superficiali denigrato-ri ne asseriscano il contrario.E neppure pretende di rive-lare mirabolanti segreti.

Il nostro percorso, indivi-duale e collettivo allo stessotempo, ci insegna, mediantela ritualità e l’attenzione aisimboli su cui meditiamo, aporci in discussione.

Il Libero Muratore chesegue la via iniziatica è unuomo del dubbio.

È un uomo che ricerca laconoscenza. È un uomo che si pone conti-nui interrogativi.

Non nega la verità, ma la sottopone auna critica attenta e aperta, perché vuolecogliere quanto c’è di provvisorio, di par-ziale, di unilaterale, nella sua visione delmondo. E quando ha colto tutto ciò, èpronto a rimettere tutto, nuovamente, indiscussione. Convinto com’è che non cipuò essere nulla né di assoluto né di immu-tabile nella sua conoscenza, fuorché l’amo-re per il conoscere e l’anelito ad un mondomigliore e più giusto.

Non vuole sostituirsi al Grande Archi-tetto dell’Universo, ma vuole essere, sem-plicemente, un Uomo degno di questonome.

In questo senso, il percorso massonicorichiede ai singoli iniziati una sorta discomposizione alchemica. Li vuol mettere

davanti ad uno specchio. Li invita a guar-darsi dentro, così da ritrovare un dialogocon il proprio sé interiore, ricostruendo

un’armonia che la quoti-dianità, la profanità, i“metalli”, nel lessicomuratorio”, tendono a far-ci smarrire.

I Liberi Muratori hannofondato la loro Fratellanzaperché sapevano di essereimperfetti. Lo hanno fatto,agli inizi del XVIII secolo,sulla scia di diverse tradi-zioni operative e simboli-che, dopo la devastanteesperienza delle guerre direligione.

Lo hanno fatto dopoaver sperimentato l’assurdità di imporreagli altri scelte umane spacciate per volon-tà divine. E dopo aver maturato la convin-zione che il volere divino non è mai sorret-to da roghi e da baionette, ma dall’amore,dalla tolleranza e dall’equità.

Erano uomini straordinari, di fedi e diidee diverse, animati da una profondaumanità, unita al sospetto che ogni rigidoparadigma di pensiero fosse il frutto di unademoniaca volontà di potenza più che ilprodotto di una divina ispirazione. Perquesto, diedero vita ad una Fratellanzache, se si ispirava al retroterra delle loggedei costruttori ed al loro linguaggio archi-tettonico, fondava la modernità attraversoil libero esame, il confronto democratico,la libertà delle opinioni.

Era il sogno di una novella scuola filo-sofico-iniziatica, che, estranea all’azione

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politica e religiosa, si ponesse come suofine ultimo la conquista della conoscenzainteriore.

Senza amicizia e senso di Fratellanzatale sfida sarebbe statasubito perduta.

È il motivo per cuila Fratellanza costitui-sce il vero cementodella Libera Muratoria.Una Fratellanza fruttodi libera scelta, di ade-sione a princìpi comu-ni e della volontà dimettersi in discussio-ne, nonostante le diffe-renze di censo, cultura,religione, etnia.

Il particolare statusdi “Fratello”, propriodel Libero Muratore, con-ferisce così la possibilità di sviluppare unsentimento di consonanza con gli altri ini-ziati, pur lasciando al singolo massone lasua piena autonomia di giudizio e le sueidee.

È un’opportunità nuova e rivoluziona-ria che coloro i quali conoscono bene l’ar-te, sanno pienamente cogliere, in quantoscoprono di condividere con molti altriesseri umani una predisposizione critica elibera verso la ricerca del vero: all’insegnadella tolleranza, del rispetto e della pru-denza.

È la predisposizione critica che nascedal dubbio e non dalla certezza di possede-re una verità univoca e indiscutibile.

Con ciò la Fratellanza non vuole essereuna fratria nel senso deleterio di una con-

sorteria più o meno affaristica, (o) una sor-ta di club raffinato in grembiule, pocoaccessibile, ma atto a promuovere alcunifavoriti o a spianare illegittimamente car-

riere. Per quanto iltermine “Fratellan-za” possa purtrop-po essere utilizzatoin diversi e deletericontesti, per i Libe-ri Muratori essodovrebbe, invece,significare che, aldi là delle inevitabi-li differenze, i Fra-telli operano percostruire e cemen-tare non solo valorialtamente sociali,ma anche spirituali.

Sono quelli del dialo-go multiculturale, della pace sociale, dellaricerca critica della verità, nella difesa deidiritti umani e dei valori laici della convi-venza civile. Anche se vi è stato – e forse viè ancora – chi vorrebbe una Massoneriameno visibile, meno impegnata sul versan-te pubblico e delle idee, più introflessa, pri-vata e soprattutto riservatissima: al limitedella segretezza. E questo nel nome di unsupposto e improbabile esoterismo.

Su questi temi, la nostra Gran Mae-stranza è stata inflessibile e coerente econtinuerà ad esserlo.

La Fratellanza massonica è aperta, nonha una doppia contabilità con un lato pub-blico in cui si predica in un certo modo, eun coté riservato, dove invece si fanno gliaffari.

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• 6 •EDITORIALE

La nostra Fratellanza si muove a parti-re da idee-guida che reputano il messaggiointerculturale ed esoterico della ricercaspirituale proposto dallaMassoneria come unavincente formula educa-tiva, come uno strumentocostruttivo del viverecivile e della società con-temporanea, sempre piùtravagliata da problemi edrammi legati alla man-canza di contenuti, divalori e di forme di socia-bilità non conformiste.L’esoterismo non coinci-de con la segretezza, macon la profondità con cuisi affrontano i lavori di loggia e con lacapacità di trasferire i valori maturati, gra-zie al comune esame dei simboli e dei riti,in un contributo costruttivo e dialogantecon la società che ci circonda.

Le più grandi figure dell’esoterismo, daBuddha a Giordano Bruno, per menzionar-ne solo due diverse e lontane nello spazioe nel tempo, non si sono nascoste nell’om-bra, pur avendo raggiunto le sublimi vettedi conoscenza e di profondità spirituale. Illoro praticare un sapere spirituale, religio-so, filosofico, esoterico, non li ha isolati dalmondo come un corpo estraneo che sideve nascondere al contempo esaltandosio autocelebrandosi in un delirio di onnipo-tenza. Questi saggi hanno praticato formerigorosissime di disciplina interiore e allostesso tempo hanno aperto con la loroparola i cuori di milioni di persone, cam-biato idee, smosso montagne.

L’esoterismo che costituisce il legamedella nostra Fratellanza non è, né può esse-re, un alibi per celare pochezza di idee e di

contenuti: una lampadasmorzata per nasconderele macchie sui muri, unatenda o un tappeto funzio-nale a coprire lo sporco.

La nostra essenza èquella di essere LiberiMuratori e allo stesso tem-po Muratori liberi. Cioèliberi cittadini, animati dauna particolare missione,da un’identità spirituale eculturale, senza per que-sto essere additati come

soggetti pericolosi o antiso-ciali, o come un gruppo di intrallazzatori emalfattori. Questa nostra essenza nasce daun modo preciso di coniugare l’identitàmuratoria, un’identità vissuta a viso aper-to, con franchezza, con il proprio agire e leproprie idee senza nascondersi dietro adun cappuccio.

Essere Fratelli significa, anche, essereaperti al mondo, vivere la contemporanei-tà con il cuore in sofferta sintonia con idrammi del nostro secolo, con le ansie del-la nostra società, senza aristocratica estra-neità e superiorità.

Per quanto il nostro compito non siapolitico e non debba essere tale, sentiamol’obbligo di mantenere alta la sensibilitàfraterna al fine di offrire un contributocostruttivo alla società civile. Affinché essatrovi risposte positive dinanzi alle nuovepovertà, alla crisi della libertà della ricercascientifica nel nostro paese, quasi infibula-

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to da diktat di ordine teologico, all’indigen-za in cui versa la scuola pubblica e tutto ilsistema educativo.

Ciò non costituisce unintervento a gamba tesanella politica, poiché noinon siamo mai scesi nelmerito delle leggi e dellesoluzioni, ma abbiamoagitato problemi reali,che riguardano i nostrifigli, la nostra vita, anchequella spirituale. Anzi,ricordiamo che “quellapseudo-Massoneria” –perché tale non era dicerto - che non agitavamai questioni sociali enon toccava alcun temaconnesso ai grandi problemidella contemporaneità, era poi la stessache cercava e prometteva appoggi politici.

Era quella che millantava poteri e scim-miottava il ruolo di agenzie governativeper accreditarsi in ambiti affaristici o peg-gio ancora.

E se qualcuno, ciononostante, si fosseavvicinato al Grande Oriente d’Italia, nellasperanza di trovare quella pseudo-masso-neria, resterà certamente deluso.

Noi ci possiamo solo augurare o checambi o che se ne vada.

Dal nostro canto saremo vigili e intran-sigenti.

La nostra Fratellanza ha conseguitopiena cittadinanza nella società civile pro-prio per il suo stile e per il suo linguaggio.

Non è un caso che le nostre logge sistiano riempiendo di giovani e che l’età

media, in controtendenza rispetto allealtre Massonerie del mondo occidentale, si

stia abbassando sempredi più. Quando sidiventa punto di rife-rimento per i giovani,almeno per una partedi essi, ciò significache si sono trovati ilinguaggi e i contenu-ti che ci permettonodi sottolineare il ruoloeducativo delle logge.

Non smetteremomai di insistere suquesto punto.

La Libera Murato-ria, proprio in quantoFratellanza esoterica,

svolge un profondo ruoloeducativo, grazie agli strumenti rituali esimbolici che strutturano e armonizzano isuoi lavori. Ma rituali privi di contenuti,privi di idee, di valori, di spirito, rischianodi tramutarsi in vuota liturgia e di lasciarspazio a non-valori: al conformismo (opeggio).

Cosa questa che è la morte dell’esoteri-smo e della Fratellanza.

Voglio, per amore di chiarezza, ricorda-re a tutti che nella Libera Muratoria non èlecito scambiare il mutuo soccorso con ilfavoritismo e che nessun Fratello può edeve chiedere ad un altro Fratello ciò che èillecito chiedere: ciò che contrasta con leleggi, con l’etica, con il buon senso e con lacorrettezza.

Il vero Libero Muratore è trasparentecome l’acqua e questa trasparenza rende

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• 8 •EDITORIALE

grande la nostra Istituzione. Questo è ciòche ci ha insegnato l’esempio di tanti Fra-telli che hanno testimoniato tale traspa-renza nella vita professionale, in quellafamigliare e inquella politica.Ad essi va tuttala nostra since-ra, profondariconoscenza.Per il loro esem-pio, per il lororigore, per illoro coraggio, laLibera Murato-ria si è impostacome una vera epropria Scuola di vita, una delle poche inOccidente, in cui si formano uomini e cit-tadini liberi e tolleranti, devoti allo Stato ealla sua Carta Costituzionale.

Chiudo questa allocuzione, sottoponen-do un ultimo punto alla vostra riflessione.I Padri Fondatori della Libera Muratoria, inostri Padri, sapevano di avere alle spalleun secolo di orrori, ma erano saldamenteconvinti che servisse uno strumento spiri-tuale, esoterico, rituale e simbolico-filoso-fico per invertire il corso della storia. Era-no convinti che fosse necessaria una Gran-de Idea che unificasse, in una catena fra-terna, uomini diversi ma liberi nel cuore enell’animo: quindi né conformisti, né fatticon lo stampino.

Oggi non è tanto diverso da allora. Oggi, forse molto di più che nel XVIII

secolo, c’è bisogno di una Grande Idea, di

un’istituzione che educhi al dialogo, chefaccia parlare tra loro uomini di culture ereligioni diverse, che si opponga ai fonda-mentalismi senza diventare a sua volta

fondamentalista,che mantengaaperte le porte deldubbio e che nonsia mai pronta achiudersi nel dog-matismo. QuestaGrande Idea èancora la LiberaMuratoria.

La nostra Fra-tellanza, in questosecolo di angoscia,

di spaesamento, di incertezze, di dubbi, dicatastrofi identitarie, dove anche gliarchetipi fondamentali del maschile e delfemminile sono entrati in una crisi pro-fonda, si propone come il vero, unico, fon-damentale Tempio dell’uomo.

Si propone come un luogo di unione,come un crogiolo di nuove idee e una fuci-na di nuove, profonde, sentite amicizie, innome e in virtù della libertà e della tolle-ranza.

Ma soprattutto in nome e in virtù dellafiducia nel dono più grande che un essereumano può avere e può dare: quello dirivolgersi ad un altro uomo che mai havisto prima, dicendogli, allo stesso modo,con lo stesso spirito e con lo stesso senti-mento dei nostri rituali:

TU SEI MIO FRATELLO

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EDITORIAL

You are my Brother

by Gustavo RaffiGrand Master of the Grande Oriente d’Italia, Palazzo Giustiniani

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Authorities,Ladies and Gentlemen,Dear Brethren,

AAccording to a consolidated tradi-tion, the Grande Oriente d’Italiaassembles the Italian Freema-

sons in a Grand Lodge. Its format is extraor-dinarily filled with cultural and socialevents open to the public, and it shows astrong desire of transparency and inter-cultural dialogue, which have been deve-loped by the oldest and most importantMasonic Jurisdiction operating in Italy.Starting from this clear assumption, theGrand Master plays a public role in givingthis address to both Brethren and society,of which Freemasons of the Grande Ori-ente d’Italia are an integral and activepart.

The posters announcing the pro-gramme of these three days in Riminihighlight the main topic that we intend tobe talking about: the subject of brother-hood.

This is a crucial subject for Freemason-ry; however, it may generate ambiguityand misunderstandings. Therefore, wehave chosen this topic to keep followingthe same process that we have developedduring the last few years, in giving backclarity and importance to the values andprinciples of universal Freemasonry.

It was not easy. However, this choice of style and

behaviour is irreversible for the GrandeOriente d’Italia.

Freemasonry is an initiatory Order thatproposes a difficult and challenging spiri-tual progress. It is not a religion, and it

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• 10 •EDITORIAL

does not want to be a religion. In fact, it is not opposed or in contrast

with any religion, although some superfi-cial denigrators saythat the opposite istrue. And Freema-sonry does notintend to reveal anyamazing secrets.

Through ritualityand attention for thesymbols on which wemeditate, our bothindividual and jointprogress, at the same time, teaches us howwe can question ourselves.

A Freemason following the initiatoryway is a man of doubt.

He is a man searching for knowledge.He is a man who continuously questionshimself.

He does not deny truth, but he putstruth under careful and open criticism, forhe wants to understand the temporary,partial, and unilateral aspects of his visionof the world. And when he understands allthis, he is ready to bring it all up for dis-cussion again. He is convinced that noth-ing can be absolute or unchangeable in hisknowledge, except for his love for know-ing and longing for a better and fairerworld.

He does not want to take the place ofthe Great Architect of the Universe, but hesimply wants to be a Man who is worthy ofthis name.

In this sense, the Masonic progressrequires that every single initiate has asort of alchemic decomposition. It puts ini-

tiates in front of a mirror, and invites themto look at themselves inside and find a dia-logue with their inner themselves, by

reconstructing akind of harmonythat daily life, pro-fanity, and “metals”– in the Masonicterminology – tendto make us lose.

F r e e m a s o n shave founded theirb r o t h e r h o o d

because they knewthat they were imperfect.

They have done it since the beginningof the 18th century, based on several differ-ent operational and symbolic traditions,after the devastating experience of reli-gion wars.

They have done it after they experi-enced the absurdity of imposing humanchoices to other people, which werepassed as divine will, and after theyrealised that divine will is never supportedby stakes and bayonets, but by love, tole-rance, and equality.

They were extraordinary men with dif-ferent faiths, beliefs, and ideas, and ani-mated by profound humanity, combinedwith the suspicion that every rigid thoughtparadigm originated from a demoniac willof power, more than from divine inspira-tion. For this reason, they created a broth-erhood inspired by the background ofmasons’ lodges and their architectural lan-guage, but it laid the foundations of moder-nity through free examination, democraticdialogue, and freedom of opinions.

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It was the dream of a new philosophic-initiatory school, which was not influ-enced by political and religious action, andhad the conquestof inner know-ledge as its ulti-mate goal.

Without friend-ship and sense ofbrotherhood, thischallenge wouldhave been imme-diately lost.

This is the rea-son why brotherhood is the real cement ofFreemasonry. This brotherhood is theresult of free choice, support of commonprinciples, and the will to question them-selves, in spite of wealth, culture, religion,and ethnic differences.

The special status of “brother”, for allFreemasons, gives the opportunity todevelop a feeling of consonance with theother initiates, but every single Freemasonhas his own freedom of judgement andideas.

This is a new and revolutionary oppor-tunity that people who know our craft wellare able to fully seize, for they discoverthat they share a critical and free bent forthe search for truth with many otherhuman beings: based on tolerance, respect,and caution.

This critical bent originates fromdoubt, not from the certainty of having aunivocal and unquestionable truth.

This being said, brotherhood is notmeant to be a fratria in the negative senseof a more or less business-oriented organi-

sation, or a sort of sophisticated clubwhere members wear an apron, hardlyaccessible, but aimed at supporting some

favourites orcareers in illegiti-mate ways.

A l t h o u g h ,unfortunately, theword “brother-hood” can be usedin different andnegative contexts,for Freemasons itshould mean, on

the contrary, that Brethren work – inde-pendently from their unavoidable diffe-rences – to build up and consolidate notonly highly social values, but also spiritualvalues. They support multicultural dia-logue, social peace, critical search fortruth, by protecting human rights and se-cular values of living in a society. Althoughthere have been – and maybe there arestill – people who would rather prefer togive Freemasonry less visibility, less com-mitment in the public context and ideas,more introflexed, private, and mostly veryconfidential: at the limit of secrecy. Thiswould be on behalf of a supposed anddoubtful esotericism.

On these subjects, our Grand Masteractivity has been inflexible and consistent,and we will keep following this direction.

Masonic brotherhood is open, it doesnot have a double face with a public side– where we say certain things – and aconfidential side, where people do theirbusiness.

Our brotherhood starts from guiding

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ideas, which consider the intercultural andesoteric message of spiritual search pro-posed by Freemasonry as a successful edu-cational formula, as a tool tobuild up civil life and con-temporary society, which isincreasingly troubled byproblems and dramatic situa-tions connected with the lackof contents, values, and non-conformist forms of sociabi-lity. Esotericism does notcoincide with secrecy, butwith a profound way ofworking in the lodges andthe capability of transferringvalues developed through acommon examination ofsymbols and rituals, in a con-structive contribution anddialogue with their surrounding society.

The greatest representatives of esoteri-cism, from Buddha to Giordano Bruno, justto mention two different representativesfar in space and time, were not hidden inthe shade, although they had reached thesublime peaks of knowledge and spiritualprofoundness. Their practicing of a spiri-tual, religious, philosophical, and esotericknowledge did not isolate them from theworld as a foreign body that needs to hideand, at the same time, get carried away orself-celebrate with greed for omnipotence.

These wise men have practiced veryrigorous forms of inner discipline and, atthe same time, they have opened thehearts of millions of people with theirwords; they have changed people’s ideas,and shifted mountains.

Esotericism is the link of our brother-hood; it is not – and it cannot be – an alibifor hiding poor ideas and contents: a lamp

switched off to hidestains on the walls, or afunctional curtain orcarpet to cover dirt.

Our essence is beingFreemasons as well asfree Masons. Thismeans being free citi-zens animated by a spe-cial mission, a spiritualand cultural identity,without being pointedat as dangerous or anti-social individuals forthis reason, or as agroup of plotters and

criminals. Our essence originates from a precise

way of combining Freemasonry identity,an identity with an open attitude, withfrankness, with our own actions and ideaswithout hiding behind a hood.

Being Brethren also means being opento the world, living contemporary worldwith our heart in suffered tuning with thedramatic events of our century, with theanxieties of our society, with no aristo-cratic extraneousness and superiority.

Although we do not play a political roleand it should not be such, we feel the obli-gation of keeping a high brotherly sympa-thy, in order to provide a constructivecontribution to the civil society, and findpositive answers to new poverty, the crisisof freedom and scientific research in Italy– which is almost infibulated by a theolo-

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gical diktat, and indigence of public schooland the entire Italian education system.

This is not meant to be a strong inter-ference in politics, because wehave never gone deeply intolaws or solutions, but we haveagitated real problems con-cerning our children, our life,including our spiritual life. Onthe contrary, we would like toremind that the “pseudo-freemasonry” – for it was notcertainly real Freemasonry –that never agitated social mat-ters or dealt with any subjectconnected with the main pro-blems of contemporary society,was the same organisation thatasked for and promised politi-cal support.

That kind of freemasonry boastedabout and aped the role of governmentagencies to obtain credit in business con-texts, or even worse.

However, if someone approaches theGrande Oriente d’Italia, hoping that he canfind that pseudo-freemasonry, he will cer-tainly be upset.

We can just hope that they change orleave Freemasonry.

As far as we are concerned, we will bevigilant and intransigent.

Our brotherhood has obtained full citi-zenship within civil society for its styleand language.

It is not by accident that our lodges areattracting so many young men and thatthe average age of our Brethren is decreas-ing, in counter-trend as compared with

the other Freemasonries in the westernworld. When we become a reference pointfor young men, at least for part of them,

this means that we havefound the appropriatelanguages and contentsthat make it possible forus to highlight the educa-tional role played by ourlodges.

We will never stopinsisting on this point.

As an esoteric brother-hood, Freemasonry playsa profound educationalrole, thanks to the ritualand symbolic instrumentswhich structure and har-monise its work. However,rituals with no content, no

ideas, values, or spirit risk becoming anempty liturgy and leave space to non-va-lues: to conformism (or even worse).

This means the death of esotericismand brotherhood.

For the sake of clarity, I would like toremind everyone that in Freemasonry it isnot allowed to exchange mutual supportwith favouritism and that no Brother canor should ask another Brother somethingthat he is not allowed to ask: what is incontrast with laws, ethics, common sense,and honesty.

A real Freemason is as clear as water,and this transparency is the key for great-ness of our Craft. This has been taught tous by the example of many Brethren whohave showed this transparency in theirprofessional, family, and political life. We

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are sincerely and profoundly grateful tothem.

Through their example, their rigour,their courage, Freema-sonry has become areal School for life,one of the few in thewestern countries,where free and tole-rant men and citizens,who are faithful totheir State and Consti-tution, are educated.

I would like to fi-nish my address bypresenting one lastpoint to your think-ing. The FoundingFathers of Freemason-ry, our Fathers, knewthat one century of horrors had precededthem, but they were strongly convincedthat they needed a spiritual, esoteric, ritu-al, and symbolic-philosophical instrumentto reverse the course of history. They wereconvinced that a Great Idea was necessaryto unify them in a fraternal chain, diffe-rent but free men in the heart and soul:hence they were not conformists, or copiesof other men.

Now, it is not so different than in thepast.

Now, probably more than in the 18th

century, there is the need for a Great Idea,an institution that educates to dialogue,

that makes it possible for men from differ-ent cultures and religions to speak to eachother, that opposes fundamentalisms

without becoming fun-damentalist, that keepsthe doors open todoubt, and that it isnever ready to with-draw into dogmatism.This Great Idea is stillFreemasonry.

In this century ofanguish, disorientation,uncertainties, doubts,and identity catastro-phes, where even thefundamental arche-types of masculine andfeminine are in a pro-found crisis, our Broth-

erhood appears as the real, unique, funda-mental Temple of man.

It appears as a union context, as a cru-cible of new ideas and a source of new,profound, and sincere friendship, onbehalf and by virtue of freedom and tole-rance, but especially on behalf and byvirtue of trust in the greatest gift that ahuman being may have and give: speakingto another man he has never seen beforeand telling him, in the same way, with thesame spirit, and with the same feeling ofour rituals:

YOU ARE MY BROTHER

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Centralità dell’Uomo.Considerazioni sul “Bisogno di Socialità”.

di Pietro Bayeli Università di Siena

The endless subject of the central position of man has already been discussed in twoprevious article: the first was a general and historical treatment (Hiram 3/2003), thesecond was a literary comparison between two characters of the 1300 Italian literature:Dante Alighieri and Cecco Angiolieri (Hiram 3/2004). Through the study of these con-temporary and opposite Authors, many examples about the centrality of man could betraced.The present contribution suggests the same argument in its real aspects, and leads ina glimpse of contemporary Italian life.

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Considerazioni generali

CCentralità dell’uomo: l’uomo è ilcentro, è la fonte di mille pen-sieri: storici, filosofici, matemati-

ci, economici, politici, scientifici, religiosi,metafisici, mitologici, esoterici, perfinoonirici.

Con questi pensieri l’uomo si trova inun continuo ondeggiare tra realtà e utopia,tra verità e fantasia, tra laicità e religiosità,tra scienza e fede, tra bontà e cattiveria,tra altruismo ed egoismo, tra ammirazionee invidia, tra un radicalismo fanatico e unliberalismo ecumenico.

Dalla centralità dell’uomo il concetto siallarga e si pluralizza nella centralità degliuomini, dove realismo e pragmatismo, lai-cità ed etica dovrebbero essere comunquei princìpi informatori di una comunione diuomini, di una società civile, di una Res-Publica.

Le Istituzioni e i loro principali attoridovrebbero essere al servizio dell’uomoperché è con questo intendimento chel’uomo stesso le ha create e selezionate:per una buona convivenza, per un felicebenessere, per una buona qualità dellavita.

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Se una Istituzione vive invece preva-lentemente per se stessa, adifesa dei propri soggettiistituzionali, dei proprioperatori, delle proprieimprescindibili prerogati-ve, allora ha sicuramentefallito la propria funzione, eapporterà all’uomo, agliuomini, ai cittadini, difficol-tà e sofferenze che inevita-bilmente andranno adaggiungersi a quelle, comemalattia e accidente, chegià “natura” e “caso” posso-no liberamente e prepoten-temente propinarci. Evitia-mo, almeno, di farci delmale.

Scorcio di vita contemporanea

L’organizzazione di una società ingenerale, di quella italiana in particolare,dovrebbe rispondere ai desideri, alle ansie,alle aspettative di vita e di futuro dei citta-dini, delle famiglie, dei giovani, dei pensio-nati, in una parola di tutti. Quando questarispondenza non c’è, non esiste, vuol direche l’istituzione societaria non solo è inu-tile ma risulta addirittura dannosa.

Dannosa, per l’egoistica involuzione diuna casta politica dedita unicamente allaconquista e al mantenimento del poterequale apporto di stipendi e pensioni eleva-te, di benefici e di privilegi che non solo neaccrescono smodatamente la qualità dellavita ma ne esaltano il protagonismo, l’esi-

bizionismo, il predominio, l’imposizione, laprotervia, la prevaricazione,fino al tralignamento di fit-te ragnatele di convenien-ze, di voti di scambio, dirapporti interpersonali einterpartitici, miranti tuttial mantenimento di questostato di personale benesse-re, di vittoriosa e sfrenataautostima (questo critico ecattivo pensiero non è nénuovo né mio ma diMachiavelli).

Dannosa, per la fratturacon i concittadini, con glielettori, blanditi al momen-to del voto e delle elezioni,dimenticati o ricordati consufficienza ed irritato fasti-dio durante il cursus hono-

rum. Infatti i nostri Deputati eSenatori, così prolissi nel parlarsi addosso,così ricchi di sofismi politichesi, seppureconsci del distacco, del baratro che li sepa-ra dal corpo elettorale, non riescono a dis-taccarsi dai piaceri e dai favori della lorovita, dalla piena soddisfazione dei loro pia-ceri. Anzi qualcuno ha detto che a Roma,lontano da casa, spesso si sentono soli etristi, quasi abbandonati, giustificati quin-di nella ricerca di qualche piacevole distra-zione sensuale e sessuale. Ma spesso, anzi,si risentono, si ritengono oltraggiati, fannole più vive, ampie e sentite rimostranzeper l’interesse e le critiche dimostrate daimedia e dalla gente sia per le vicende pub-bliche ma soprattutto e più spesso perquelle private, frequentemente di conte-

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nuto etico scarso se non nullo, che da vici-no li coinvolgono. Dimenticano, poveretti,che fra tanti benefici, privilegi e diritti, laloro pubblica funzionecomporta almeno un uni-co dovere: l’etica, il benagire, il buon comporta-mento, la trasparenza del-le azioni. L’esposizione invetrina è la minima pub-blica pretesa che possaessere richiesta a chi rap-presenta una parte più omeno cospicua dellapopolazione.

Chi non vuole esporsiin pubblico non deveambire ai pubblici poteri,chi è strettamente legatoalla sua privacy non deveaspirare a cariche istituzionali: res pubblicae privacy sono incompatibili, anticostitu-zionali: se ambisci l’una non puoi preten-dere l’altra.

Se è vero che di fronte ai diritti e aidoveri dell’uomo tutti gli uomini sonouguali, i nostri politici non possono essereal di sopra dei cittadini, anzi, essendosiposti al comando e al servizio della comu-nità devono manifestare fulgidi esempi dichiara onestà, di professionalità politica diaperta, chiara espressione di profondaumiltà. Professionalità, onestà, umiltà,pragmatismo e risultati sono le vere armidi un buon politico: solo allora alte pre-bende, privilegi e benefici, possono anchegiustificarsi.

È comprensibile che non tutti i nostrirappresentanti possano ispirarsi, ad esem-

pio, a Giorgio La Pira (1904-1977), membrodella Costituente, sindaco di Firenze tra il1951-1957 e poi tra il 1961 ed il 1966.

Un personaggiopubblico di questotipo, disinteressatoai deteriori beneficidel potere, dedito albene della propriacittà e dei suoi abi-tanti, con un amoree una abnegazionedimostrati quotidia-namente, in ognioccasione, acquisìnaturalmente, spon-taneamente un cosìprofondo, ampio estimato potere qualenessuna protervia,

supponenza od arroganza gli avrebbe maipotuto dare.

Probabilmente i personaggi di così acu-ta intelligenza, dedizione e professionalitàpolitica sono rari come rari sono i santi, glieroi, i poeti, gli uomini che si distinguono.Ogni periodo storico produce i miti che simerita: insulse nullità nelle fasi di deca-denza, spiccate personalità nei periodi dieccellenza.

In questo odierno quadro di decadenzaecco nascere contro la casta dei Disonore-voli “l’Antipolitica”, espressa al suo acmepopulistico dal comico Beppe Grillo. Sitratta di un atteggiamento diffuso e popo-lare di opposizione alla politica come pra-tica di potere, di condanna ai partiti e agliesponenti politici per lo più dediti a inte-ressi personali che non al bene comune. È

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una richiesta di moralizzazione della vitapolitica, di eliminazione di privilegi tut-t’altro che meritati dagli uomini politici, didiminuzione dei lorostipendi così ingiustirispetto alla medianazionale, di riduzionedel loro numero cosìassurdamente elevatoper le funzioni prepo-ste e per gli scarsi espesso inqualificabilirisultati.

“L’Antipolitica” nonè una ottusa opposizio-ne, dettata dall’invidiae dal rancore contro lapolitica e la casta deipolitici, bensì è larichiesta di una politicadiversa, la domanda diuna attenzione all’interesse generale, albene comune, è una sollecitazione a unapolitica efficiente, trasparente, pragmati-ca. Il cittadino non può contare soltantonell’atto del voto, oltretutto oggi decurta-to della possibilità di una scelta del propriorappresentante; il cittadino, che non è unsuddito, deve poter intervenire nel corsodelle attività politiche, far pesare la pro-pria voce, attraverso i propri rappresen-tanti, sulle decisioni istituzionali, locali egenerali. I nostri “rappresentanti” dovreb-bero comprendere che la applicazione diquesta volontà di partecipazione, questodesiderio di continuo controllo sui poterinon solo ridurrebbe il divario tra le aspira-zioni dei cittadini e i comportamenti deiresponsabili politici, ma lo stretto rappor-

to elettore-eletto attenuerebbe le respon-sabilità politiche di quest’ultimo, umaniz-zato e democratizzato dal contatto diretto

e costante con i proprielettori con i quali haconcordato le direttivepolitiche in una posi-zione di equilibrio trale aspettative periferi-che e le possibili oppor-tunità del centro.

Per cambiare tuttoquesto, per avvicinaredi nuovo il mondo poli-tico ai cittadini, perdare un significatopragmatico alle istitu-zioni affinché realmen-te siano utili alla gentee non avulse mostruo-

sità di casta burocraticae politica, è necessaria una riforma costi-tuzionale, un cambiamento della leggeelettorale.

Ho recentemente presentato questoelaborato in forma di tavola presso la miaLoggia con la partecipazione di numerosiFratelli anche delle altre logge delle ValliSenesi. Desideravo cogliere commenti,consensi e critiche, per completare questolavoro. Questa decisione è stata ottima: hoscoperto che alcuni concetti non eranostati esposti con sufficiente chiarezza, masoprattutto ho raggiunto l’illuminazionecirca la funzione che la Massoneria puòavere in questo periodo di apertura e con-tatto col mondo esterno e profano, preci-pitato attualmente in una posizione cosìcritica e decadente.

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• 19 •Centralità dell’Uomo. Considerazioni sul “Bisogno di Socialità”, P. Bayeli

Col trascorrere del tempo, dei tempi,dei costumi, si rivela necessario ammoder-nare o addirittura cam-biare alcune istituzioni eleggi, ma per fare questodobbiamo stimolare lementi e, a volte, addirit-tura rinnovare le perso-ne. Quale istituzione aldi fuori della laica Mas-soneria, apportatrice diprincìpi fondamentali,di valori universali, didiritti bilanciati dadoveri, può, per un laicoStato, meglio forgiare,maturare nuove menta-lità capaci di quel cam-biamento di cui oggi sisente la necessità, l’ob-bligo, l’importanza? È quiche la forza del Pensiero Massonico, soste-nitore e apportatore da sempre di virtù,quali libertà, fratellanza, uguaglianza,amore, verità e umiltà, basi del nostro pen-siero filosofico, della nostra razionalitàilluminata, essenza e armatura della nostrafilosofia, può e deve contribuire ad unarinascita politica e sociale della nostra gen-te. Le nostre Officine devono essere delle

Scuole di Pensiero, delle Palestre di Pen-siero, devono forgiare le giovani, aperte

menti dei nostri Apprendi-sti, nutrirle di questi prin-cìpi antichi, fondamenta-li, universali, immutabili,ma devono anche plasma-re ed espandere nel mon-do profano, quelle matricidi futuri comportamentietici e morali, substratovitale per una società giu-sta e libera.

Come sempre interessipersonalistici, fedi ideolo-giche, mentalità ottuse edumana stupidità rallente-ranno e renderanno assaiaspro questo camminoche tuttavia pur nel suo

andamento ondulante,lento e imperfetto sarà inarrestabile comeinarrestabile è stata, è e sarà l’evoluzionedell’uomo, dei suoi valori e dei suoi diritti.

Una visione di speranza quindi a cui,come Massoni e Cittadini, dobbiamo parte-cipare anche se probabilmente, non negodremo, poiché i tempi degli avanzamen-ti umani sono molto più lunghi della vita diun uomo.

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Informazioni: +39 348 [email protected]

Anelli, orecchini, pendenti, gemelli,

spille e medaglie. Decorazioni simboliche

in oro 18 kt. con smalti a fuoco e brillanti.

Anelli, orecchini, pendenti, gemellispille e medaglie. Decorazioni simbolichein oro 18 kt. con smalti a fuoco e brillanti

Informazioni: +39 348 [email protected]

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Il Poimandres di Ermete Trismegistoovvero l’intelligenza suprema

di Giulio Cesare MaggiMedico e saggista

The present article proposes an historical and philosophical analysis of Hermes Tris-megistos’s Poimandres, as a part of the Corpus hermeticum, the Hellenistic Summasapientiae.

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MIIn un precedente saggio qui pubbli-

cato, dal titolo Dalla Magia allatradizione ermetica alla Scienza ho

cercato di percorrere, sia pure in breve, ilcammino sapienziale dell’Uomo; in quelcontesto ho menzionato, tra l’altro, quelcomplesso di scritti filosofico-scientificicomunemente conosciuti come Corpus her-meticum. Sappiamo oggi che essi furonoelaborati in periodo ellenistico e attribuitia Ermete Trismegisto, il “Tre volte Gran-dissimo”.

Si tratta in realtà di una interpretatiograeca, accettata successivamente anche in

ambito romano, di una saggezza egizia, lacui espressione veniva attribuita al dio egi-zio Thot, lo scriba e messaggero degli dèi,“colui che sa”, Ermes dei Greci e Mercuriodei Romani, i due popoli divenuti una koi-né bilingue, come li ha felicemente defini-ti Paul Veyne.

Ermete Trismegisto fu consideratodagli studiosi ellenistici alessandrini a par-tire da poco tempo dopo AlessandroMagno, nonché verosimilmente anche dalmondo giudaico, e più tardi cristiano resi-dente in Egitto, fonte di ogni sapienza e,sia pure indirettamente il Maestro di Pita-

Informazioni: +39 348 [email protected]

Anelli, orecchini, pendenti, gemelli,

spille e medaglie. Decorazioni simboliche

in oro 18 kt. con smalti a fuoco e brillanti.

Nulla sapevo,sono entrato

e ho veduto le cose segrete(Papiro di Nu, Canto 116. XV sec. a.C.)

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gora e di Platone, il pensiero filosofico delquale era stato influenzato significativa-mente dalla cultura egizia.

Il Corpus venne definito sor-gente di straordinaria saggezzae ispirazione dottrinale da Cice-rone nel De Natura deorum, daLattanzio nel Divinae institutio-nes, come pure da Agostino nelDe civitate dei.

Fin dai tempi antichi esso haquindi trasmesso all’uomo col-to parole di verità divina e disaggezza suprema. Del Corpushermeticum fanno parte ungruppo di scritti alchemici, for-mule magiche e occultistichemolto in uso in Europa dopo ilCinquecento e fino al XVIIIsecolo. Assieme a queste operealtre ve ne sono nel Corpus, adindirizzo soprattutto filosofico:esse sono riportate ab antiquo,ad esempio nelle Enneadi di Plo-tino (III secolo) e, con citazionidirette dei testi dallo studiosogreco-bizantino Giovanni Stobeo (V seco-lo) nel suo ricco Florilegium.

Il Corpus giunse in Italia verso la metàdel Quattrocento, portatovi con ogni vero-simiglianza da studiosi e religiosi greci chefrequentavano la Corte medicea. La lorotraduzione in latino, assieme a quella delleEnneadi plotiniane, fu opera di MarsilioFicino (1433-99). A partire dal 1470 a tuttoil Cinquecento se ne stamparono ben sedi-ci edizioni che fecero conoscere il Corpus intutta l’Europa. La sua conoscenza contribuìin modo determinante alla impetuosa

ripresa degli studi alchemici nonché diquelli astrologici. Ma soprattutto la dispo-

nibilità del testo in versione lati-na, assieme alle opere di Plato-ne, degli stoici ed epicurei, essepure volte in latino, fu inmaniera diretta il fòmite di unapeculiare evoluzione del pen-siero filosofico dell’Umanesimoeuropeo, mentre andava decli-nando la indottrinazione dellaScolastica medioevale.

In questo contesto il Corpusfu considerato la massima fon-te sapienziale della quale pote-va disporre lo studioso rinasci-mentale circa i problemi delmondo e del divino.

L’accettazione dello scrittocome opera di un solo Autoredurò fino all’inizio del Seicen-to, quando Jsaac Casaubon(1559-1614) dimostrò trattarsidi un “assemblaggio” di scrittiche egli definiva apocrifi: alme-

no per quanto attiene a quellifilosofici il giudizio va accettato con pru-denza. Si tratta comunque di un comples-so di opere ricche di dottrina, indicative diuna evoluzione del pensiero filosofico, diun chiaro orientamento verso il monotei-smo, ancor oggi non prive di interesse sto-rico-dottrinale.

Fa notare l’epistemologo Paolo Rossicome il Corpus fornì nel suo insieme ungrande contributo “a non considerare lanatura come materia continua che riempielo spazio, ma come un Tutto-vivente cheha in sé un’anima”.

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• 23 •Il Poimandres di Ermete Trismegisto, ovvero l’intelligenza suprema, G.C. Maggi

I libri o logoi del Corpus hermeticum diinteresse filosofico giunti fino a noi sonodiciassette oltre a un diciottesimo, dettoAsclepius o Discorsoperfetto, del qualeconosciamo solo latraduzione latina. Diquest’ultimo, erro-neamente attribuitoad Apuleio diMadaura perché tra-dotto assieme allesue opere, si parlaqui, in breve, perricordare come nel1945 fu scoperta inAlto Egitto a NagHammadi, una grande biblioteca in linguacopta, verosimilmente di una comunitàgnostica, nella quale furono rinvenutiscritti assai simili all’Asclepius: ciò dimostrala diffusione di questi testi sapienziali intutto il Paese.

La conoscenza di questi scritti, inizial-mente limitata ad una élite colta, dimostratuttavia l’interesse per i temi filosofici inessa contenuti, diretti alla conoscenza del-la natura divina e possibilmente a quelladel dio unico. Si trattava per certo di unriconoscimento ma anche di un supera-mento del pensiero platonico, stoico-epi-cureo anche con valenze giudaico-cristia-ne e probabilmente orientali (Zoroastro).

A parte l’Asclepius, che fa riferimentoalla religione degli Egizi, gli altri logoi testi-moniano per una sublimazione dell’animoumano che, liberato dal peso della materia,aspira al contatto con il divino. Dio, tra-scendenza assoluta, è pertanto inconosci-

bile dall’intelletto umano, anche se unadebole immagine di lui può riconoscersinella contemplazione del Creato. Egli può

essere conosciutosolo attraverso l’il-luminazione sovra-razionale ed estaticadel divino: in essal’anima ritorna adio. Questa filosofiaermetica riconoscenell’uomo l’originedivina, ma anche lasua imperfezione, ilsuo peccato origina-le. Uomo divino sarà

solo colui che assie-me a una vita “perfetta” vivrà in questavisione estatica dell’Ente supremo e nefarà l’oggetto di una venerazione perma-nente, una vera e propria ricerca della ima-go Patris.

La cultura greca ed ebraica favorironoin modo determinante quella ellenisticasoprattutto nel “secolo d’oro”, il II, diffon-dendola nell’Impero bilingue, come PaulVeyne chiama la koiné greco-latina, la piùvasta dominazione del mondo dopo quelladi Alessandro Magno scomparsa con luialcuni secoli prima.

Non sorprende quindi che in un conte-sto siffatto la cultura greco-ellenistica, siapure con gli influssi dianzi ricordati, abbiasaputo esprimere negli scritti ermetici filo-sofico-religiosi l’aspirazione a un monotei-smo a declinazione anche “salvifica” già inpassato presente nell’orfismo e in religioniorientali certo non ignote a questa éliteculturale.

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Era l’aspirazione della conoscenza deldivino non disgiunta eventualmente da unpremio, quello riservato ai “beati” che conla purezza della vita e dei costumi, poteva-no in certa misura“indiarsi”, esseresimili o vicini al diodel quale avevanoavuto lo svelamento,“l’epifania estatica”.

Dei diciassettelogoi filosofici delCorpus hermeticum ilprimo di essi, purnella sua brevità oforse proprio perquesto, appare comeuna linea guida e nel contempo una illumi-nante epitome del pensiero filosofico-reli-gioso del Corpus stesso. Si tratta come ènoto dell’Ermou Trismegistou Poimandres, initaliano Pimandro.

È su questo logos che porteremo lanostra attenzione, anche per la sua lineari-tà e per l’evidente superiorità non solo for-male rispetto ad altri logoi del Corpus, alme-no a mio giudizio.

Il Pimandro, sottolinea Detienne, rap-presenta il passaggio tra il Mito e il pensie-ro razionale, per il quale “la parola si lai-cizza”.

Breve quanto denso di pensiero esso èscritto sotto forma di dialogo, genere let-terario che bene si addice a disquisizioni dinatura filosofica, soprattutto per argo-menti per i quali il colloquio appare essen-ziale affinché le affermazioni non appaia-no solo apodittiche. Non per nulla il dialo-

go fu il genere preferito da Luciano a Sene-ca, da Lessing a Leopardi per affrontaretemi ricchi di dottrina e quindi diversa-mente valutabili dagli interlocutori.

Ho utilizzato la tradu-zione in italiano contesto a fronte di PaoloScarpi, che fa riferimen-to all’edizione Nock-Festugière, consideratala più fedele all’origina-le greco.

Il Pimandro è divisoin trentadue capitoletticolloquiali che, a dispet-to dell’apparente sem-plicità, richiedono

meditazione e ricorso alemmi della filosofia platonico-aristotelica,nonché a riferimenti biblici e talora cora-nici.

Il logos inizia con l’estasi di Ermete e losvelamento di Pimandro.

Recita il testo:

Un giorno il mio pensiero si era tuttoconcentrato sugli esseri e tutto il miointelletto era levato in alto, mentre i mieisensi erano intorpiditi, come accade achi piomba in un pesante sonno dopo uneccesso di cibo o di fatica. Mi parve allo-ra che un essere immenso, fuori di ognimisura, mi chiamasse per nome, dicen-domi: «Cosa vuoi udire e vedere e poiapprenderlo e conoscerlo grazie allacontemplazione?».

Questo fenomeno della perdita di cono-scenza è presente praticamente in tutte le

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opere del Corpus, come sottolinea Scarpi,che lo apparenta all’estasi, condizionemistica che caratterizza molte biografie diSanti cristiani, epresente anche inMaometto e poi nelSufismo, la correntepiù elitaria dell’isla-mismo, nonché nelprofetismo ebraicoe persino nella Kab-balah.

C o n o s c i a m oanche una forma“terapeutica” delfenomeno, presentenei templi dedicatiin particolare adAsclepio, il dio greco della medicina.

Né del resto mancano nella Bibbia cita-zioni nelle quali il “sonno mistico” prece-de la rivelazione, quale espressione di unosvelamento della volontà divina o di intui-zione mistica di eventi assolutamente al dilà della umana esperienza e comprensione.

In questa quasi separazione della men-te dal corpo si esplicitano le capacità intui-tive dell’animo umano. In ogni caso in que-sti complessi passaggi, che vanno dal“vedere” in sogno o in estasi per giungerealla gnosi, consiste la via sapienziale erme-tica alla conoscenza del divino.

Alla richiesta di Ermete chi egli sia,risponde Pimandro:

Io sono Poimandres, il Nous delDominio assoluto. Conosco quello chevuoi e ti sono accanto in ogni luogo.

È qui evidente, come sottolinea Festu-gière, che il Nous è l’intelletto divinizzato:qui esso è considerato superiore rispetto al

ragionamento induttivo,il Logos, concetto delresto condiviso dallognosticismo. Non dimen-tichiamo che Aristoteleconsidera in Nous causaprima o “pensiero dipensiero”.

E chiede Ermete alsuo Pimandro:

Voglio essere istruitoattorno agli esseri, com-prenderne la natura econoscere dio.

A questa domanda segue un fattostraordinario, una visione “senza limiti”.

Ebbi una visione senza limiti - diceErmete - tutto si era trasformato inluce, in una luce serena e gioiosa, e diquella visione mi innamorai.

È interessante ricordare, come osservaScarpi, che nei Manoscritti degli Esseni diQumran si parla di Dio come luce; così purenella Bibbia (Is 60, 19) si dice:

il sole non sarà piùla tua luce di giornoné ti illuminerà piùil chiarore della luna.Ma il Signore sarà per te luce eterna,il tuo Dio sarà il tuo splendore.

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Un “topos parallelo”, la felicità dei bea-ti, si legge nell’Apocalisse di Giovanni (22,5):

Non vi sarà più nottee non avranno più biso-

gno di luce di lampada,né di luce di sole perché il

Signore Dio li illumineràe regneranno nei secoli

dei secoli.

E ancora nel Corano (SuraXXIV, versetto 35 e segg.):

Dio è la luce dei cieli edella terra. Questa luce asso-miglia ad una fiaccola, aduna fiaccola posta in un cri-stallo, cristallo simile ad unastella brillante. […] È una luce su unaluce […] Dio conosce tutto.

E al versetto 54 e segg.:

Dio ha promesso a coloro che hannocreduto e che hanno ben operato dicostituirli propri eredi […].

E nel Salmo di Davíd (I, 27):

Il Signore è la mia luceE la mia salvezza: di chiAvrò paura?

Mentre Dante (Par XXXIII, 67-68):

O somma luce che tanto ti levida’ concetti mortali […]

Continua Pimandro:

Quella luce sono io, ilNous, il tuo Dio, io cheesistevo prima dellatenebra; il Logos lumi-noso scaturito da Nousè invece il figlio di Dio.

E di nuovo rivolgen-dosi a Ermete:

Intendi così: l’ele-mento che in te osservaed ode è il Logos delSignore, invece il Nous èDio Padre. E non sonoseparati l’uno dall’altro,ma la loro unione è la

vita.

Lo sguardo di Pimandro a lungo fisso suErmete induce in lui un tremore.

Si definisce qui l’oggetto della cono-scenza, la luce, cioè il divino: la visione del-la divinità può essere tollerata solo dacolui che ne ha ricevuto lo svelamento,come dice anche Dio a Mosè (Es 19, 21):Scendi, scongiura il popolo di non irrompereverso il Signore per vedere, altrimenti ne cadràuna moltitudine!

Alla fine, creato il mondo, Nous “padredi tutte le cose”, genera Anthropos similea lui e amato dal Nous, dal Logos luminosoe da tutta la Natura.

E per questo motivo l’uomo, a differen-za di tutti gli esseri che vivono sulla terra –spiega Pimandro a Ermete – è duplice:

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mortale in ragione del corpo, immortale inragione dell’uomo sostanziale.

È questo, si osser-vi bene, il punto cen-trale dell’ermetismofilosofico: l’identifi-cazione di luce, intel-ligenza perfetta edivinità, non solo diNous ma anche del-l’uomo sostanziale,quello “salvato” dallaepifania estatica delDio Padre.

Il Nous o Dio padregenera il Logos luminoso, cioè il figlio, e unsecondo Nous demiurgo, creatore dellesfere celesti.

Il Nous e il demiurgo, formati della stes-sa sostanza, si fondono tra di loro divenen-do una sola entità mentre la pura materia,priva di ragione, è abbandonata al suodestino.

Questa “autogenerazione” del Nous neevoca la natura “androgina”, certo un por-tato di teologie del mondo iranico, comeriporta nel suo acuto commento alla tra-duzione del Pimandro Paolo Scarpi, il qua-le fa riferimento ad un frammento delPapiro di Derveni che sembra togliere ognidubbio circa l’attribuzione di questo ples-so mitico anche all’orfismo: il Nous merita diessere in sé solo come se niente altro fosse, inquanto non è possibile che siano […] senza ilNous.

Questo criterio apparentemente scon-volgente, e applicabile solo al Nous, trovaanche oggi un suo significato nel recente

pensiero cattolico, di Dio “Padre e Madre”.Il discorso ci porterebbe lontano, superan-

do troppo la nostracapacità di com-prendere questa dif-ficile, ma non impro-ponibile, condizionedel divino.

Qui Ermete vor-rebbe inoltrarsi neldiscorso “conoscen-za di Anthropos” enatura, ma Piman-dro gli impone ilsilenzio, quello che

talora il fedele devealla divinità, osserva Scarpi.

A questo punto si ha la separazionedegli androgini e compaiono maschi e fem-mine in tutta la natura, mentre Nous lan-cia l’invito crescete e moltiplicatevi voi tuttiche siete opera della creazione come anchedice la Vulgata dei Settanta.

Tuttavia l’uomo si dimentica non dirado di essere composto, per virtù di Nous,di luce e di vita. Ma dice Nous a Pimandro:

Quale guardiano delle porte, chiude-rò gli accessi alle azioni malvagie e ver-gognose […] lontano da empi, assassini,malvagi, invidiosi e stolti, facendo postoal dèmone vendicatore.

L’uomo “sostanziale” cioè l’anima, libe-rato con la morte dalle sue spoglie mate-riali, accede ora alle sfere celesti, l’ottavadelle quali, quella delle stelle fisse di natu-ra ogdoadica, l’ottavo cielo, a questo pun-to “deificandosi” in modo definitivo.

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In questo “indiarsi” dell’uomo sembrapotersi individuare anche qualche aspira-zione teurgica, cioè di “con-trollo della divinità” con-cetto già caro ai Greci.

Adesso Ermete Trisme-gisto è investito da Piman-dro di una missione “salvi-fica” presso il genere uma-no: da “salvato” Ermetediventa “salvatore”.

Al paragrafo 27 diceErmete:

Cominciai allora lamia missione tra gli uomi-ni, annunciando loro labellezza della pietà e dellaconoscenza.

Nel suo messaggio all’uomo Ermete, oraMaestro nel nome di Nous, esorta il genereumano:

Uomini nati dalla terra, perché visiete consegnati alla morte, mentre ave-

te facoltà di partecipareall’immortalità?

È qui implicito il concettodi libero arbitrio dell’uomonella sua scelta o ripulsa del-la salvezza.

Il canto di lode che Erme-te Trismegisto pone alla finedel Poimandres, riconducibilesecondo Philonenko a for-mule liturgiche ebraiche epresente in più logoi del Cor-pus, così conclude:

Santo sei tu che superiogni lode. Accogli la pura offer-

ta sacrificale della parola che viene daun’anima e da un cuore protesi verso dite, tu, ineffabile, indicibile, tu, il cuinome è pronunciato solo dal silenzio.

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Galileo: una lettura originale del personaggio quale metafora della crisi dell’uomo

e del senso della sua difficilericerca della Verità

di Salvatore SansoneAvvocato

The present contribution is an original interpretation of the character of Galileo Galileias a metaphor of the crisis of man and of his difficult search for Truth. Galileo is pre-sented as scientist and great innovator, as a man who is always looking for the sense oflife, the sense of everything. A theatrical plot written in 1974, Il Galileo, helps our reflection. The Author, Bruno daPartanna, consecrates to Galileo a work of extraordinary depth, which underlines somenew aspects of the man and scientist.

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GALILEO : Se domani, poniamo, sulla via delle stelle, un tribunale mi imporrà ancora di rinnegare la mia

verità [...] perché altri dommi, altre scritture più o meno sacre, avranno riservato quei mondi apochi eletti e sbarreranno il passo alla grande maggioranza degli uomini. Che farò allora? Avrò ilcoraggio di smascherare la legge? 0 piegherò novamente il capo [...] e quanti mi avranno sino a quelmomento seguito [...] con la fiducia nel cuore [...] precipiteranno tutti negli spazi cosmici [...] nel-la più gelida mortale oppressione?

Ecco il mio rovello, ma una cosa posso almeno dirvi: non temete domani di calpestarmi se cadròin ginocchio, non vi fermate, ma correte avanti, spezzate le tavole della legge [...] finché non l’avre-te letta direttamente, la legge, con i vostri occhi, negli astri.

Da Partanna, 1974.*

* Da Partanna, Bruno (1974) Il Galileo, Ed. Pitrè, Palermo.

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AAcavallo tra il XVI e il XVII secolo,Galileo irrompe sulla scena scien-tifico–filosofica scardinan-

do l’integralismo della Chiesa nellasua concezione e nel suo rapportocon la natura.

Per Galileo fonte autentica diconoscenza scientifica è la solanatura, cosicché la maniera piùsicura per cercare la verità è fareesperienza e osservazione dei feno-meni e delle cose.

Tutto “principia” dall’esperien-za nelle indagini scientifiche. Tut-tavia l’esperienza non basta, perchéi sensi molte volte ci ingannano eper di più, l’inganno la maggiorparte delle volte è consensuale. PerGalileo (Saggiatore), colori, odori,sapori e altre qualità secondarienon risiedono negli oggetti, perchèsono qualità situate negli organi disenso dell’osservatore. Le qualitàche non possiamo scindere daglioggetti, sono le qualità primarie: for-ma geometrica, numero e spazio occupato.

Per questo Galileo parla di sensate espe-rienze o manifeste esperienze e di necessariedimostrazioni o chiare dimostrazioni. Conqueste espressioni Galileo intende che loscienziato “intuendo” (esperienza manife-sta) e “ragionando” (logica e matematica),può pervenire a delle ipotesi mediante cuideduce e verifica il comportamento proba-bile dei “fatti”. Ed è proprio nell’armoniadei due momenti (induttivo e deduttivo)che il metodo sperimentale di Galileo pre-senta le sue novità.

In buona sostanza il compito delloscienziato è di salvare i fenomeni, e non di

cogliere la verità assolutacon speculazioni mera-mente logiche. La scienzasi configura quindi comeun sapere ipotetico-deduttivo sempre in via di“sperimentazione”.

Non per questo lascienza rinuncia alla veri-tà, ma vede in questometodo l’unico modo perprocedere nella cono-scenza del mondo e dellesue “cose”. Si apre dun-que, un’era nel segno del-la “logica della scoperta”,dove ogni progetto devepassare sotto il vaglio delmetodo sperimentale edella tecnica. Grazie aquesta rivoluzione meto-dologica, la scienza pro-clama finalmente — anche

se con molte difficoltà — la propria auto-nomia da ogni intromissione esterna (poli-tica, religiosa e filosofica).

Ma fino a dove si può spingere la cono-scenza dell’uomo?

Galileo prova a rispondere a questointerrogativo epistemologico e teologico,sostenendo che esiste un conoscere inten-sive, che è la conoscenza graduale dell’uo-mo-matematico, e un conoscere extensive,che è il sommo sapere immediato di Dio.Tuttavia, lo scienziato quando afferra unaverità geometrica, si fa simile a Dio (l’uo-mo è creato a Sua immagine e somiglianza,

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quindi in relazione al Sommo); quindi l’a-bisso che separa Dio e l’uomo è di tipoquantitativo. Ed è per questo che Galileoinvita i filosofi a rivolgere laloro curiositas verso il libroinfinito della natura (unanatura che non si diletta dipoesia), invece di rinchiu-derla nelle biblioteche aricercare “cause” (aitia) ed“essenze” (ousia-substantia)nei mondi di carta.

Invero la grande origina-lità di Galileo non risiedetanto in questo metodo —che già veniva insegnato ediffuso, e che Galileo stessoapprese dal maestro Buona-mici, scrittore del De motu —ma si estrinseca nelle sco-perte scientifiche e filosofi-che alle quali egli giunse gra-zie a questo metodo.

In particolare, le scopertedel Sidereus nuncius sonomolto importanti, in quantocapovolgono e frantumano alcune creden-ze radicate nella scienza aristotelica.

Galileo supera le spiegazioni teleologi-che o finalistiche di Aristotele sostenendoche esistono le “leggi” della natura ma nonesiste una sua “intelligenza” (Nous). Le leg-gi di natura sono meccaniche, necessarie,universali, ma valide entro limiti ben piùstretti di quelli nei quali può muoversi l’in-telligenza umana libera e volitiva. La cono-scenza non è frutto del processo logico delsillogismo: è l’indagine, l’osservazione el’esperimento della natura.

L’impatto delle teorie Galileiane, sebbe-ne a lungo duramente contrastate, fu inar-restabile e coinvolse irreversibilmente

ogni campo della cultura e dellasocietà, minando il primato dichiunque ritenesse di avere o siaccreditasse come depositariodella “verità ufficiale”.

Ma tutto ciò non è nuovo ….,parliamo di Galileo come delgrande uomo di scienza, delgrande innovatore del “meto-do”. Il rigore della scienza e lalogica coerenza dello sviluppodel pensiero filosofico ce lo con-segnano in una dimensione distraordinaria grandezza: maproprio questa grandezza è limi-tativa; Galileo può essere di più.È certamente di più.

La novità del suo metodoconoscitivo, accompagnato dal-la singolarità dolorosa della suavicenda umana, fatta di carcereed abiura, trasfigurandolo, dan-

no modo di pensare a Galileo qua-le simbolo eroico dell’eterna lotta dell’uo-mo per la ricerca della verità.

Può esserci, in buona sostanza, una let-tura diversa. Senza voler comprometterela grandezza storica di Galileo, del suo pen-siero e delle sue scoperte, possiamo pren-dere in “prestito” il Pisano per valor dimetafora: Galileo è l’uomo che affannosa-mente cerca il senso della vita, il senso ditutto.

Un’opera teatrale del 1974 Il Galileo (ed.Centro Culturale Pitrè), invero poco cono-sciuta, intensa ma non pretenziosa, ci aiu-

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ta nella riflessione. L’autore è Bruno da Par-tanna al secolo Domenico Vittorio Bruno,medico, classe 1923, nato aPartanna di Trapani in Sicilia.

Egli dedica a Galileo unatto unico di straordinariaprofondità che consente disottolineare un aspetto origi-nalmente inedito del perso-naggio e della sua condizionedi uomo e di scienziato, unaspetto che incarna il trava-glio tutto umano di questaricerca.

Nella rappresentazione,dopo la sua morte avvenutanel 1642, Galileo, o meglio lasua “ombra”, ritorna sullaterra accompagnato dai fan-tasmi di alcuni familiari che siostinano a seguirlo e che loaffliggono con le loro miserieumane. La moglie MarinaGamba che gli rinfaccia lascarsezza delle finanze familia-ri e le spese sopportate per accasare la dilui sorella. Il fratello Michelangelo, musici-sta squattrinato e fannullone, che battesempre cassa e tutto un contesto di fasti-diose quotidianità. Nel suo viaggio sullaterra Galileo si imbatte in Tommaso Cam-panella, il frate filosofo autore della “Cittàdel Sole”, che insieme al pisano sostienecome la verità non vada ricercata nei sillo-gismi aristotelici ma nella natura.

Dai dialoghi dei diversi personaggiemerge una dimensione drammatica dellacondizione umana del grande scienziato.

In questo contesto l’uomo Galileo con le

sue debolezze, le sue passioni, le sue mise-rie dibatte con la sua coscienza, si contor-

ce nei suoi sensi di colpa pernon essere stato coerente conla missione che il destino gliaveva riservato: essere il rigo-roso scienziato che guida l’u-manità verso la luce, la verità.

Il grande scienziato desti-nato ad aprire una nuova eradella conoscenza e della cultu-ra universale è anche uomocon famiglia, con problemieconomici e di piccolo interes-se, esemplificativi di un “gio-go” quotidiano cui nessunopuò sottrarsi, nemmeno i “piùgrandi”.

Ecco allora Galileo qualemetafora della condizioneumana eternamente sospesa ecombattuta tra gli alti e nobiliprincìpi da onorare, promuo-vere, difendere a fronte degli

opportunismi, delle convenzioni, dei pote-ri forti e oscuri, delle miserie del quotidia-no con cui confrontarsi.

Galileo è cosciente di possedere unaverità ma le circostanze e la sua condizio-ne di uomo gli impediscono di testimo-niarla. Il dramma che lo consuma, il suoprocesso, il tormento della reclusione e l’a-biura assumono in questo modo un signifi-cato umano nuovo e se vogliamo più pro-fondo sotto questa luce.

Il tema non è più quello storico delloscienziato che conquista una nuova fron-

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tiera della conoscenza ma è vessato dal-l’Autorità costituita, piuttostoemerge il profilo fragilissimo del-l’uomo con i propri travagli quo-tidiani, le proprie convenienze.

Galileo siamo Noi umanità,non necessariamente eroi masemplicemente uomini.

Galileo uomo trascende loscienziato divenendo espressio-ne e modello delle nostre crisi. Lacrisi degli intellettuali asserviti alpotere; dei giornalisti non liberi;dei professionisti al soldo deipoteri forti. La crisi portata dalrelativismo morale e ognunoaggiunga ciò che di altro ritiene.

Ecco allora la domanda cheoffre il senso alla nostra rifles-sione :

siamo sicuri che Noi, pur consapevoli diuna qualunque verità, avremmo il

coraggio di sostenerla e propu-gnarla contro ogni convenzione,contro ogni opportunismo o con-tro ogni potere ufficiale? Ovvero,più comodamente, piegando latesta e sopraffatti dalle nostremiserie, saremmo pronti a rinne-gare la verità conquistata?

Nell’opera di Bruno da Partan-na, fa sperare l’invocazione finaledi Galileo che invita a fuggire daogni convenzione, da ogni oppor-tunismo per cercare nelle realtàdella natura, con il suo metododella sperimentazione e dell’osser-vazione, la verità.

È un’invocazione che esorta anon smettere mai di cercare!

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La solidarietà

di Bent Parodi di BelsitoGiornalista

The Author deals with compassion and solidarity in normal life and expecially whensome apocalyptic events take place in the world.

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LL’apocalittico maremoto del 26dicembre 2004 non ha solocausato una delle più disastrose

sciagure della storia portando morte e di-struzione nel Sud-Est asiatico (ad oggi sicontano circa 400mila vittime); avendocolpito poverissime ma dignitose popo-lazioni esso ha riproposto con forza nellecoscienze più sensibili l’antico problemadella teodicea. In altri termini, che giu-stizia divina è mai quella che consente allasventura di infierire sui più deboli, suglioppressi, sugli emarginati? L’interrogativo

è spontaneo, si dirà, ma pure imponequalche riflessione di merito. V’è almenoun aspetto consolatorio: la tragedia haindubbiamente risvegliato il senso dellasolidarietà più autentica in tutto il mondo,in una comunità internazionale per troppotempo resa apatica da violenze senza fine,rassegnata ai furori più biechi del terrori-smo contemporaneo.

Sembrerebbe quasi che la Provvidenzaabbia voluto offrire l’ennesima opportuni-tà al genere umano di riscoprire la sua ori-ginaria bontà ontologica.

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E dunque è saggio ricordare il sensofondativo dello spirito solidale, troppospesso fraintesooppure oggettodi erronee inter-pretazioni. Essoè per sua naturauniversale e,perciò, trans-confessionale; sirivolge allo zoc-colo duro del-l’essere uomini,si estende a tut-ta la realtà piutto-sto che a singole persone. È un approccioolistico e spontaneo alla vita che nondovrebbe mai prestarsi a superficiali inter-pretazioni riduttive e fuorvianti.

In un epoca, come quella nostra, segna-ta da profonde lacerazioni ed incompren-sioni su scala planetaria, è certamente fon-damentale capire la reale natura della soli-darietà, a partire da un’analisi storica ecomparativa. Dal punto di vista linguisticobasti qui ricordare che il termine italianosolidale è derivato dall’espressione latina insolidum, un’antica formula giuridica chesignificava “obbligato con gli altri per l’in-tero”.

All’approccio semantico, pur nella suadefinizione elementare, la nozione implicadi per sé la comprensione, da cum- e pre-hendere, dunque “prendere tutto insieme”,un “abbracciare (la collegialità dell’esi-stente)”. Di più, la solidarietà discende dauna profonda simpatia, nel senso grecodella sympátheia, da syn- e patheîn, “sentireinsieme”, dunque “vibrare all’unisono”.

La vera solidarietà è dunque quella checonsente di stabilire un rapporto intimisti-

co con l’altro, lacapacità di far-sene carico inogni frangente,il sentire tuttinel segno dellacomune ed uni-versale fratel-lanza. Si potreb-be obiettare chequesta è unainterpretazione

esoterica dello spi-rito solidale. Nulla di più inappropriato.Nella visione banale e corrente in voga nel-la cosiddetta società civile si accosta per lopiù il concetto di esoterismo a ciò che èmisterioso o, addirittura, losco. E, invece, ilsenso è trasparente, luminoso: si trattadell’aspetto profondo della realtà, di ognirealtà, totale o parziale, del cuore di tuttociò che vive.

A far difetto è solo l’incapacità preva-lente degli uomini che non sanno osserva-re e considerare le cose, ogni cosa, colnecessario atteggiamento di partecipazio-ne simpatetica al gioco cosmico del reale.E, infatti, già Aristotele in un celebre fram-mento conservatoci dall’erudito Stobeo (Vsecolo d.C.) ci ricorda che l’iniziazione nonè “una forma di apprendimento” (men chemai libresca), essa consiste piuttosto inuna “emozione”; meglio sarebbe oggi pre-cisare: non solo il pathos di un istante cru-ciale, la qualificazione naturale, la predi-sposizione comportano la “capacità di pro-vare emozioni sentite”, da quelle naturali-

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• 37 •La solidarietà, B. Parodi di Belsito

stiche (la visione di un’alba, ad esempio) aquelle umane (l’amore, il dolore, ecc.).Qualcuno potrebbe obiettare: è l’uovo diColombo. Ma non è così ed inrealtà nulla è più visibile di ciòche alla massa appare invisibi-le, l’aspetto interiore dellecose.

Così quando in Massoneriasi parla di solidarietà, questogrande plusvalore umano nullaha a che vedere col favoritismodi giornata o con l’interessecorporativo. Ed anche la glori-ficazione del lavoro che nellatradizione muratoria ha benaltro di un senso superficiale,legato all’attività pura e sem-plice di un dato momento, ogiorno.

Quel che conta, anzitutto, èla sensibilità senza la quale nonsiamo in grado di dare un senso alle cose.Si consideri la solidarietà com’essa è inte-sa dal Buddhismo; i seguaci del dharma lachiamano karun≥˝, “compassione” o, piut-tosto, mah˝karun≥˝, ovvero “grande com-passione”.

E qui le distinzioni linguistiche hannoestrema importanza giacché comportanooscillazioni evidenti nello spettro semanti-co: passione va nettamente distinta da com-passione, nozione esattamente corrispon-dente al sympatheîn dei Greci. Dunque esse-re compassionevole non significa “provarepietà, commiserazione”, piuttosto vuoldire “vibrare all’unisono con l’altro”.Mutuando il linguaggio dalla nuova fisica,si potrebbe dire “essere sulla stessa lun-

ghezza d’onda, sulla medesima frequenza”.E si tratta, a ben vedere, di nozioni che siprestano ad una indubbia cifra di com-

prension esoterica.E, mentre la Tradizione

occidentale ha una preoc-cupazione esclusivamenteantropocentrica (l’uomo alcentro del mondo), il dhar-ma buddhista va oltre ilsegno: il Bodhisattva (incar-nazione del Buddha, l’Illu-minato per antonomasia)tornerà sulla Terra finquando non sarà fatto sal-vo l’ultimo filo d’erba del-l’universo … Ma questa èvera solidarietà, in sensouniversale, l’unica a cuiragionevolmente in ognitempo dovrebbe legittima-mente tendere ogni inizia-

to che voglia realmente considerarsi Ini-ziato.

Il problema, come può vedersi, è tut-t’altro che semplice, eppure semplicissimoa condizione che ci si ponga da un punto divista essoterico oppure esoterico: il grandeequivoco del mondo profano.

La verità è che l’approccio iniziaticosegna una rottura di livello o, per dirla conlo storico delle religioni Mircea Eliade(1907-1986), una vera e propria “modifica-zione ontologica del regime esistenziale”.Come ricordava il grande studioso rume-no, il Sacro non è un momento nella storiadella coscienza bensì un suo elementostrutturale. Esso si radica naturalmentealle nozioni di Essere, significato e verità.

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La solidarietà massonica ha un sensoesoterico di primaria rilevanza.La karun≥a ovvero il concettodi “compassione” induista ebuddhista ha il valore radica-le del “fare” , della “magia delfare”, sottintendendo che l’i-dea della solidarietà discendadall’azione concreta (cosìcome nel karma yoga dellaBhagavad-G^t˝, il “Canto delbeato”). L’analisi comparati-stica e semantica conferma

che la Massoneria universale si lega ad unaantichissima Tradizioneche, perciò stesso, nonpuò non dirsi ancheattuale e moderna nell’a-nima. Anzi, per dirla conla psicanalisi junghiana equella archetipica diJames Hillman, essa “faanima”, è “magia delfare”, nel senso simbolicoe realissimo del ciclo artu-riano.

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za, pensando però esclusivamente al benemateriale del bisognoso: costui infatti, intal caso è considerato un essere privo dianima e di Spirito.

Un Artista Muratore, avendo sviluppa-to la capacità di scrutare in se stesso,coglie invece l’aspetto divino del vero io,dell’impalpabile sua entità, quindi si rico-nosce come un individuo dotato di anima edi Spirito. Grazie a questa visione spiritua-listica egli non considera gli altri esseri,suoi affini, come espressioni corporee,

SSe un Fratello realizza al solo scopomateriale un Tempio, una casa,una chiesa o una qualsiasi opera

architettonica, dal punto di vista iniziaticonon è certamente per questo un veroArtista Muratore: nella sua interiorità èsolo un Apprendista (qualunque sia il suoGrado gerarchico) che deve, necessaria-mente, ancora sottostare alle esigenze delcorpo. Quel Fratello è dunque un “Mas-sone”, un iscritto… Resta anzi tale pure senella quotidianità si dedica alla beneficen-

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Through the Ars Muratoria, the enlightened Brethren feel the eternal breath of life:they enter in the supernatural world, mixing their fate with that of the superior beings.Thanks to this fascinating and creative light, the Artist will join the Great Architect, inwhose spirit he will find freedom: the Artist aspires to freedom as the soul aims to reachthe spirit.Freedom is a spiritual state, which only Master Brethren can experience, both in Hea-ven and Earth.

L’Arte Muratoria: suo rapporto con la Luce; ascesa alla Libertà nello Spirito

di Vincenzo TartagliaSaggista

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ammassi di carne che si muovono nell’at-tesa della putrefazione: orribile spettacolo!terribile pensiero!

Quel Fratello Artista, gra-zie alla Luce che egli stessoproietta immaterialmenteall’interno degli individui,riesce a vederli appunto nel-la loro interiorità, quali essirealmente sono. Sicché i suoisimili gli si manifestanoormai come entità, intelli-genze; esseri illuminati dal-l’anima e dallo Spirito, con iquali dunque, tramite la for-za dell’affinità (attrazione),sente di poter e dover dialo-gare: è così che il suo Lavoro,prima manuale quando eraun Apprendista, ora prende le caratteristi-che spirituali e invisibili dell’Arte; cosìparimenti, nei momenti d’ispirazione, lasua esistenza si trasferisce dalla Terra allesfere ultraterrene.

L’Artista Muratore vive e crea dunque,sulla Terra, come passando dalla vita allamorte e viceversa, continuamente, in ognipassaggio avvicinandosi sempre più allaLuce della Libertà, sua massima aspirazio-ne: infatti l’Arte senza Libertà non è crea-zione, ma piuttosto una specie di aborto; èuna maschera; un fantasma che si aggiraogni tanto, casualmente, senza lasciaretraccia del suo passaggio. Neppure dobbia-mo tuttavia pensare che l’Artista Murato-re, a causa dei suoi voli ultraterreni, siafuori dalla realtà quotidiana. Se così fosse,a poco servirebbero le sue “costruzioni”, leopere che portano la sua impronta.

Un vero Artista, avendo il dono dell’es-senzialità (presenza di Luce), della sempli-

cità, è anche molto prati-co. Lo è però a modo suo:lo è essenzialmente einvisibilmente, sicché i“praticoni”, esterioristilegati alle cose palpabili,non riescono a percepirela sua particolare pratici-tà e irridono, poco fra-ternamente peraltro econ molta superficialità,i suoi atteggiamenti!

Grazie allo Spiritodell’Arte, l’Artista Mura-tore sviluppa invecesempre più la sensibilità

per afferrare e rispettare iveri valori della vita, quelle “scintille”durature legate all’anima e allo Spirito, allaLuce: l’Arte viene dalla Luce; alla Luce pureritorna, dopo aver costruito l’Eternità.

L’Apprendista è elevato a Compagnod’Arte proprio quando sviluppa la capacitàdi vedere, nascosti nella Creazione, l’animae lo Spirito; allorché riesce dunque acogliere nella Luce massonica qualcosa divivente, vivibile, non già una vuota astra-zione indecifrabile: del resto l’Arte è cosaviva, destinata al miglioramento interioredegli individui ricettivi. È infatti vero chelo Spirito dell’Arte aleggia su piani ultra-terreni; nondimeno la sua attività si lasciapercepire, almeno dagli spiritualisti piùilluminati, pure sulla Terra, grazie alle pro-duzioni artistiche e alla vita stessa dei veriArtisti, spesso imitati per quanto possibile.

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Un Compagno d’Arte è tale soltanto senella quotidianità mostra coraggio, quan-do altri individui (Fratelli com-presi) sono in preda allo sgo-mento e alla paura; se mostraumiltà quando la massa si esal-ta nell’arroganza; se manifestafede e fiducia nelle situazioniambigue che vedono i comunimortali ritirarsi e rifugiarsi nel-lo scetticismo antipatico, gros-solano e distruttivo; se esercitala tolleranza spontanea quandoalla maggioranza sembranovantaggiosi l’egoismo e la sepa-ratività, l’individualismo e l’in-tolleranza.

Se dunque, Fratello, sei soloun Massone privo d’immagina-zione e di creatività, devi sape-re che questa condizione non tibasta affatto per essere comedovresti essere: tollerante e fraterno. Seidunque entrato nella Massoneria, è vero,ma le porte dell’Arte Muratoria sono anco-ra chiuse per te. Ciò che tu quindi costrui-sci, non è ancora la Costruzione secondo laLuce che hai chiesto: il primo “mattone”,utile per questa Costruzione, è infatti pro-prio la tolleranza. Questa è accesa dall’ab-bondanza della Luce interiore, non già daqualche debole “scintilla” che rischia diperdersi, lasciandosi inghiottire dalle for-ze opposte alla Luce.

Se d’altra parte sei un vero ArtistaMuratore, non puoi restare come imbalsa-mato in te stesso, cementato all’internodell’io, nel rifiuto dei simili. Ciò può succe-dere in un comune artista, ma non in un

Artista Muratore, in un “Costruttore” cheedifica per il bene e la gioia dei viventi: nel

tuo Spirito respira infatti loSpirito onniforme, il Fuocod’Amore che accende nell’in-dividuo la divina disposizionead avvicinarsi agli altri. Poi-ché dunque, Artista Muratoreormai, ascolti con umiltà ediscernimento la Voce delloSpirito, certamente non saraisordo ai richiami dei tuoi Fra-telli secondo l’Origine; nongirerai le spalle alle aspirazio-ni più profonde dell’animaumana.

In questo, Fratello, sei delresto un Artista Muratore:nella capacità di percepire laVoce dell’Eternità in ogni sof-fio di vento, che per i mortali

è solo un soffio di vento.Nella tua elevata spiritualità riesci a

rispettare la personalità di ogni altro indi-viduo, perché proprio tu sai (anzi avvertinel cuore) che, non rispettandola, soffo-cheresti già sul nascere il suo Fuoco crea-tore, uccidendo qualcosa di te stesso. Ognicosa si rivela ormai al tuo Spirito comeun’opera artistica, dal momento che all’o-rigine di tutto vedi il Grande Architetto,nostro Modello nell’Arte; stimi dunque iltuo simile un potenziale Artista; riconoscila Bellezza ovunque, e tramite questarespiri lo Spirito dell’Arte nella sua onni-presenza vivificante.

Un Artista Muratore scopre il Bellodove le persone superficiali vedono soltan-to laidezza, disordine e caos; dall’armonia

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delle forme trova continuamente stimoli,intima gioia per la vita; prova sentimentidi gratitudine verso il Donatore della Vita;non risparmia le sue forzeaffinché tutti gli individui,nell’anima dei quali già albeg-gia il Sole dell’Arte, possanoesprimersi liberamente, nellapienezza della loro creatività,per il giubilo dello Spirito chetrova nel vero Artista un mes-saggero degno e fedele.

Quanto più un Artista èispirato, tanto più sembra lon-tano, inafferrabile, comesospeso; è vero. Tuttavia eglinon vive affatto tra le nuvole,anche se così credono coloroche a causa della loro superfi-cialità vivono proprio tra lenuvole. Al contrario, esatta-mente quando sembra assorto, un Artista ènella migliore compagnia e sperimenta lavita più reale: allora infatti egli è intento adialogare con le entità superiori, potendo,grazie ai loro insegnamenti, afferrare isacri misteri della Luce. Non è questo ilvero vivere: entrare negli aspetti armonio-si, eterni, essenziali e nascosti della Sag-gezza? O forse i Fratelli credono di potervivere e onorare la vita, conducendola nel-la confusione, secondo valori superflui etemporanei, nella dispersione che hasmarrito il centro?

È ciò che appunto credono i profani, epurtroppo tanti Fratelli con essi! Sennon-ché l’Artista Muratore è ben altra cosa: delMassone comune egli ha solamente la cor-

poreità, e neppure è certo. Poiché infattil’Artista padroneggia gli strumenti dell’Ar-te, non si capisce perché non dovrebbe, a

maggior ragione, padroneggiareil proprio corpo, che è suo,potendolo plasmare secondo leintime esigenze dell’anima econformemente ai suggerimen-ti della Luce!

Un Artista Muratore nonsubisce passivamente la vita,ma la trasforma; non si adeguapiù, come fosse un corpo mor-to, alle ondulazioni del diveni-re, ma le determina avendoormai, al suo fianco, l’onnipo-tente Libertà. Cosa è questa? Èla Luce della trascendenza(“sopra di noi”) che, dopo aver-ci lungamente avvolto (Com-passo: Luce “intorno a noi”),

entra in noi (Squadra con lapunta verso il basso: Luce “entro di noi”)per strapparci alla tirannia del corpo,attraverso il quale la morte fa sentire i suoipassi; per liberarci altresì da ogni paura;rischiarare i dubbi; rafforzare la nostraanima contro l’aggressività incontrollatadella materia.

Allorché, parlando della Libertà, tra-scuriamo con leggerezza l’anima e lo Spiri-to, alludiamo forse ai nostri corpi, inco-scienti nella vita e nella morte? La Libertànon è una necessità del corpo, bensì dell’a-nima che aspira ardentemente a riconci-liarsi con lo Spirito, sorriso di Dio. NellaLibertà, Fratello, riluce la Bellezza cheavvicina all’Eterno Padre: questo è il moti-vo per cui l’anima illuminata cerca di

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tenersi lontana da ciò che le appare diffor-me e orribile, almeno fino a quan-do non riconoscerà, persino nel-la disarmonia, l’amabile impron-ta di Dio.

Solamente quando percepiraila Luce “intorno a noi”, che irrag-gia le sue invisibili e magnificheforme risplendenti, potrai davve-ro capire quanto il Lavoro inizia-tico sia lontano dal dover tumaneggiare questo o quell’uten-sile: da quella Luce apprenderaiche la tua Arte consiste nelricrearti interiormente e conti-nuamente, affinché, una voltarinato, purificato, ricostruito, tupossa contribuire concretamenteed efficacemente al bene e al pro-gresso dell’umanità. Puoi lavora-re insomma, materialmente, alla costru-zione architettonica magari più illuminata,ideata dal più elevato iniziato. Finché peròil tuo lavoro resterà legato alla freddamanualità, che lascia l’anima indifferentee assonnata, in che modo perfezionerai ilvero te stesso? Fino a quando la tua opera-tività, ancora approssimativa, non passeràper così dire dall’esterno all’interno, dallasensorialità istintiva allo Spirito, come sve-glierai, senza scossoni violenti e pericolo-si, l’Artista Muratore che dorme in te?

L’Arte è assopita nella tua anima; è anzisenza respiro, temporaneamente morta.Chi l’ha uccisa? È stata mortalmente (masolo nell’apparenza) colpita dalla cieca for-za del tuo corpo, le cui necessità gridanopiù forte dell’Arte: questa vorrebbe usciredal tuo io, come l’uccellino dalla gabbia,

ma ancora non trova la giusta spinta, ladivina Forza che abbatte l’indivi-

dualismo e riconsegna l’animaallo Spirito, nostra Luce enostra Libertà. Solo voltando lespalle a te stesso, Fratello,irraggiando la Luce del tuo per-fezionamento, potrai vivere edagire per il bene dell’umanità:se però, occorre pur precisare,questo è il tuo sincero deside-rio. E deve pur esserlo, poichéla Luce che illumina non per-mette di mentire: di fronte allatua menzogna essa si ritirereb-be in un solo istante, lasciando-ti precipitare nel buio, ora piùbuio, che conoscevi prima d’i-niziare l’apprendistato e ilcammino!

Se l’utensile materiale ancora esercitaun’attrazione e un potere sulla tua perso-nalità, significa che la tua disposizionealtruistica, verso il prossimo, è piuttostoincerta, poco infuocata e poco illuminata:non puoi dunque ancora considerarti, oessere considerato un autentico ArtistaMuratore. Se insomma la tua opera porta isegni dell’Apprendista, sto per dire dell’o-scurità, dell’incoscienza, della confusione,dell’approssimazione, di quelle imperfe-zioni legate all’elemento terra, non seialtro che un Massone, fra i tanti! Dov’èallora la tua Arte? Dove, la tua Libertà?

Potrai, nella nostra Istituzione, rag-giungere l’apice della scala gerarchica: macosa avrai costruito, e chi sei realmente?Se i tuoi interessi sono costantementerivolti agli aspetti materiali della vita,

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significa che nel Lavoro stai purtroppoancora usando gli utensili e che la tua ani-ma non si è liberata della benda: dunqueneppure meriti quegli onori cheti vengono tributati e ti rovina-no interiormente, a tua insapu-ta, mentre, intanto, mostranoall’esterno la falsa immagine dite! Dunque, Fratello, pur ascen-dendo gerarchicamente seiinvero restato uno scalpellino,senza però l’umiltà che fa bril-lare il suo prezioso lavoro:devo supporre che sei il mede-simo Massone del primo gior-no; sei il Fratello che confondeignorantemente la Massoneriacon l’Arte Muratoria, ciò che è“umano” con il “divino”; un’I-stituzione terrena, intendo,con la Luce che riempie l’uni-verso!

Nell’analoga confusionecadono coloro che ci accusano!Quale differenza sussiste dunque tra te,accusato, e gli accusatori?

Se, Maestro esteriormente, sei ancoraApprendista nel cuore e nella mente, nonti sarà inutile pensare che in qualche altraparte, fuori del Tempio, tra i profani da cuivorresti distinguerti, qualcun altro, maiaccolto tra le Colonne, è invece l’ArtistaMuratore che tu dovresti essere ma nonsei, da quando t’inorgoglisci per le meda-glie che oramai appesantiscono i tuoi“passi”!

È persino esaltante pensare che, men-tre un Fratello resta interiormente oscura-to (Apprendista) per tutta questa vita ter-

rena, nell’impossibilità dunque di offrirequalcosa di essenziale e duraturo allacomunità, qualcun altro, che Massone non

è, si rivela degnamente unautentico Artista Muratore:

Artista in quanto, ispirato eilluminato, è un creatore di sim-boli e immagini; Muratore, poi-ché lavora al perfezionamentodell’anima e dello spirito, per laLibertà degli individui.

È impensabile che l’ideatoredi un’opera architettonica ini-ziatica (piramide), non sia ispi-rato dall’Arte; che non rivolga ilpensiero e i migliori sentimenti,nell’atto ideativo stesso, alloSpirito che lo illumina e lo assi-ste! Intendo dire che un iniziatoha costantemente, come ultimofine, il Creatore Padre: eglimostra visibilmente ma soprat-tutto invisibilmente, questa sua

vocazione. Compagno e Maestrosono a loro volta Artisti e iniziati: accolgo-no quindi le sacre ispirazioni dallo Spirito,comunicano tramite lo Spirito, volgono illoro cuore e la mente allo Spirito invisibi-le. Questa è la Costruzione, secondo l’Artee la Luce.

L’Arte di un musicista non è certamen-te percettibile, sulla nostra sfera sensoria-le, quanto il suo strumento musicale; essalo è invece su livelli superiori di vita e dicoscienza, nei quali sono attivi l’anima e loSpirito. Pur mentre dunque un Fratelloopera fisicamente, in carne e ossa, sullaTerra (Camera di Apprendista), la sua ani-ma è invece immaterialmente attiva su un

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piano più elevato (Camera di Compagno); ilsuo Spirito, restituito a se stesso, al suomondo di Aria e di Fuoco,costruisce liberamente su livel-li ancora superiori (Camera diMaestro).

La vita e l’attività su questipiani superiori coincidono esat-tamente con il cammino inizia-tico; il quale infatti inizia con ilLavoro del Compagno d’Arte esi perfeziona attraverso quellodel Maestro, tramite quindi laLibera Muratoria che, sappia-mo, domanda un Lavoro “con lemani libere”. In verità questacondizione di libertà arride giàal Candidato che compie il 5° e ultimo“viaggio”, nell’elevazione a Compagnod’Arte. Come mai? In che senso il 5 acco-muna dunque il Compagno e il Maestro?Nel senso che il 5° viaggio, essendo l’ulti-mo del Compagno, è come una porta attra-verso cui ogni iniziando deve passare perentrare nel regno sovrasensibile del Mae-stro.

Insomma nel 5° viaggio, che è pure inrelazione con il 5° anno muratorio, il Com-pagno entra in reciprocità con il Maestro econ il suo spirituale mondo, aperto versol’Infinito; infatti l’età muratoria del Mae-stro è indeterminata: 7 anni e +. Un Com-pagno Artista Muratore è tanto più creati-vo e libero, quanto più si avvicina alle con-dizioni che sono proprie del Maestro. Ècome dire che la Squadra, incrociata colCompasso in Camera di Compagno, è desti-nata a lasciarsi via via dominare, in Came-ra di Maestro, dal Compasso, simbolo del-

l’Aria, dell’immaginazione, dell’intuizionesuperiore: come infatti l’anima, per miglio-

rare la Costruzione, deve affidarsiallo Spirito, così il Compagno, perperfezionarsi nell’Arte, deveumilmente sottostare al Maestro.

Il fatto che in Camera di Mae-stro la Squadra è “sottoposta” alCompasso, sta del resto a signifi-care che l’anima entra nelleregioni più vicine alla Luce sol-tanto se assume i caratteri delloSpirito: è in questo modo che l’a-nima conquista la Libertà, e che asua volta l’Arte Muratoria si elevaa Libera Muratoria.

Avendo la capacità di purifica-re e liberare l’anima, l’Arte contribuisce albene e all’evoluzione sia dell’Artista chedegli individui spirituali che, direttamenteo indirettamente, vivono le sue creazioni.Dunque tramite lo Spirito dell’Arte, l’elet-to Fratello entra nella sacra essenza dellavita percependone il soffio misterioso e labellezza, altrettanto misteriosa. Poiché loSpirito è onnipresente, e poiché l’Arte fadello Spirito il suo perno, l’Arte Muratoriasi presenta con un carattere universale.Sicché è possibile cogliere, nel vivere per-sino più istintivo e grezzo di un individuo,qualcosa di artistico, una magica forzacreativa: dico che in ogni attività, in ognipensiero e sentimento, noi lasciamo l’im-pronta dello Spirito creativo, privati delquale siamo soltanto “moribondi” avviatiincoscientemente verso la medesima meta.

Dunque un Artista ha, molto più deicomuni individui, la capacità d’imprimereil segno della personalità sugli eventi della

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vita. In verità egli molto riceve dall’ester-no; molto pure riversa verso l’esterno: sia-mo vasi comunicanti; animearmate, contro la morte; siamomani congiunte, per afferrare isentimenti del cuore; bracciaincrociate dalla forza dell’A-more, della reciprocità, dell’u-miltà accesa dalla coscienzadella nostra imperfezione.

La Luce dell’Arte si incorpo-ra nell’uomo passando dall’e-sterno (Luce “intorno a noi”)all’interno (Luce “entro dinoi”), dall’Aria donatrice diVita all’io, per la Gloria delGrande Architetto. Ma poi, ciòche l’Arte riceve dall’esterno, èdall’Artista stesso per così direfiltrato per essere successiva-mente rinviato verso l’esterno,per il beneficio della comunitàanzitutto nello Spirito, creatore e protet-tore della Bellezza, essenza e vera realtàdell’Arte Muratoria. Poiché è nascostaall’interno delle cose, la Bellezza rimaneinaccessibile alle capacità dell’Apprendi-sta: interiormente oscurato, costui tutt’alpiù percepisce la bellezza che si manifestaai sensi fisici. Questi sono, sulla Terra, labase della Verità; lo sappiamo. Essi però,come la Luce massonica insegna, hanno inse stessi molta illusorietà. È necessarioquindi che un Fratello (in questo caso ilCompagno) lavori allo sgrezzamento inte-riore, perché impari a separare la Veritàdall’illusione: quanto cioè nella sensazioneè reale ed eterno, da ciò che è superfluo etransitorio.

Allorché un Fratello acquista tale rarae preziosa capacità, legata alla Luce, il suo

Lavoro è nobilitato e sgrezzato,altresì assume espressioni vor-rei dire “deiformi”, per diventa-re Arte: riferimento per le ani-me elette, che cercano Luce eLibertà.

Indubbiamente gli strumentimateriali di cui si serve un Arti-sta vivono in una sfera inferiorerispetto allo Spirito dell’Arte. Trale due sfere, vi è l’analogo rap-porto sussistente tra la Cameradel Compagno e quella dell’Ap-prendista: in quest’ultima sonoattivi principalmente i sensi fisi-ci; in quell’altra operano i sensi“animici”, ossia i sentimenti, iricordi, le emozioni. Sennonché

la sensibilità dell’Artista è tale daconferire sacralità, ordine e bellezza anchealla sua vita quotidiana, in modo che ven-ga via via affossato tutto ciò che sembraripetitivo, automatico, scontato e vuoto, eche ostacola l’attività dell’anima protesaverso la conquista della Libertà.

La vita di un Artista è per tanti aspettiin relazione con la Camera di Compagno,pur evolvendo sulla Terra, ossia in Cameradi Apprendista. Persino il lavarsi il visopuò illuminarsi di significati profondi, diquella sacralità che tanto è necessariaall’Arte. Intendo dire che questo gesto, cosìcomune e passeggero, non è dall’ArtistaMuratore finalizzato alla pulizia del viso,ma alla gloria del Grande Architetto, Spiri-to dell’universo e nostro Dio!

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Ogni pur piccola azione, ogni barlumedi pensiero diventa, nella vita di un veroArtista, una Costruzione iniziatica,qualcosa di simile al Tempio cheSalomone fece innalzare all’Eter-no! Un Artista, per così direcomune, avverte magari solodebolmente la necessità di“costruire” per le Intelligenzeche governano l’universo; invecel’Artista “Muratore”, “Costrutto-re” secondo la Luce e l’Amore, èben consapevole di non dovernulla fare per caso, nulla per sestesso. L’illuminato Compagnointuisce chiaramente l’aspettoluminoso dei suoi gesti, dunquealla Luce debbono essi pure esse-re consacrati, affinché nulla ven-ga sprecato e svilito durante que-sta vita!

L’Artista Muratore innalza l’i-deale “Casa dell’Eternità”, dallaTerra al Cielo. Questa è dunque l’utopiamassonica: costruire l’Eternità, iniziandodal nostro mondo mortale! Noi siamo pari-menti figli e Costruttori dell’Eterno, al ser-vizio dell’Eterno; siamo i vincitori dellamorte, i costruttori della vera Vita; i salva-tori di coloro che credono nell’oltretomba,nell’esistenza animica e spirituale. Se neltuo cuore, Fratello Compagno, respira l’Ar-te, certamente non ignori che sei un crea-tore di Vita: hai dunque nella mano la Spa-da che uccide la falsa vita, affinché quellavera ne prenda il posto facendo, della bara,una nuova culla!

I “Salvatori” dell’umanità hannoappunto mostrato che ciò è possibile:

Hiram l’ha mostrato ai prediletti Figli del-la Vedova, alle anime, nate dalla Notte, che

aspirano alla Luce del Sole.Qualcuno obietterà che

“Hiram” è una leggenda. Unvero Massone, un Artista Libe-ro Muratore risponderà cheHiram è una realtà: è l’essenzastessa in ognuno di noi; è loSpirito immortale, dormentenei profani, sveglio negli eletti.Ciò che è leggenda per un pro-fano; ciò che è oscuro per unApprendista, “senza testa”, sirivela verosimile al Compagnoed ancor più al Maestro, in gra-zia della loro immaginazione edell’intuizione proiettate versomondi ultraterreni.

Finché non avverte intima-mente la necessità di mettere lasua forza creativa al servizio di

realtà superiori, un Fratello nonpuò essere considerato un Artista Murato-re, un vero Compagno, ancor meno unLibero Muratore, vero Maestro. Lavarsi ilviso, pensando al corpo, è una schiavitù; ilmedesimo gesto invece, coscientemente evolutamente ripetuto a gloria del GrandeArchitetto, eleva l’anima al regno sovra-sensibile dell’Aria e del Fuoco, dove la Bel-lezza sfolgora tutta la luminosità e la forzaliberatrice.

Ogni individuo deve creare Bellezza,così come ogni anima deve sognare. L’ArteMuratoria è il sogno cosciente dell’anima,votata alla costruzione: senza l’Arte essacreerebbe invano, soltanto nel sogno,quando è temporaneamente libera dai sen-

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si! Ma tale creazione non appaga piena-mente l’anima eletta, la quale amerebbecreare coscientemente, concretamente,durante cioè le ore di veglia, tutte le volteche lo desidera, per l’altruibene ed evoluzione. Un Fra-tello illuminato avverte inmodo particolare e piacevole,la necessità di creare: egli siaggrappa all’Arte, per sfuggi-re ai vincoli terreni e conqui-stare la Libertà. Ogni indivi-duo, più o meno cosciente-mente, avrebbe desiderio delresto di volare in particolarimomenti.

Per quanto un uomo pos-sa apparire miserabile, spre-gevole, ispirato dal male, nel-la sua anima e nelle sue azio-ni è pur sempre guidato,anche se da lontano, almenoda una sacra scintilla di Luce:d’altra parte l’esistenza, inogni sua manifestazione, è testimonianza epresenza di Luce. Quando perciò la Mezza-notte sembra risucchiarci negli abissi, pro-prio allora l’eletto Fratello sa che deve cer-care la Luce nascosta: tutto è luminoso,allo sguardo dell’uomo interiormente illu-minato.

La capacità di vedere la Luce nelle tene-bre è la capacità di “costruire”, realizzarel’utopia: ogni utopia è suscettibile di esse-re realizzata, prima o poi. Ciò è nell’intui-zione dei sognatori, i quali infatti non altrodesiderano che sognare. I veri CostruttoriArtisti, creativi, innovativi, sono appuntocoloro che tanto confidano nei sogni. La

loro anima vola; volando entra nell’alonedello Spirito, dove può contemplare davicino la Saggezza nascosta nel simbolicoLibro Sigillato: dunque lo apre e lo sfoglia,

mentre i mortali sono anco-ra indaffarati nel maneggia-re gli utensili materiali,avendo la capacità di vede-re la Costruzione soltantodal basso, dalla Terra!

In quanto è un’Istituzio-ne che opera concretamen-te tra gli uomini, nellasocietà, la Massoneria è percosì dire percettibile neltempo e nello spazio. Tutti,volendo, persino i più scet-tici tra i profani possonoquindi constatare la suapresenza terrena, la suaesteriorità: questa è simileal corpo fisico di una perso-na vivente. Ma come,

secondo la visione iniziatica,ogni corpo è il ricettacolo dell’anima e del-lo spirito, così la Massoneria è il ricettaco-lo dell’Arte Muratoria e della Libera Mura-toria: è proprio il caso di dire che la Masso-neria storica è un corpo, la cui anima èl’Arte Muratoria e il cui spirito è la LiberaMuratoria.

Dunque l’Istituzione massonica, al paridel corpo umano, si manifesta material-mente. L’Arte Muratoria è invece una Luceche si rivela ai soli eletti, essendo espres-sione dell’anima umana; è quindi una real-tà invisibile, che però profuma di eterno eprepara l’immortalità: è pertanto più vici-na alla Libera Muratoria, che non alla Mas-

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soneria storica. L’Arte Muratoria è, almenoinizialmente, “incrociata” con la LiberaMuratoria, come la Squadra èincrociata con il Compassoin Camera di Compagno.

Ma l’Arte, che vola sulleali dello Spirito infinito, siestende e deve estendersi aldi là dei limiti terreni, versosfere inesistenti per lacoscienza di un comuneindividuo razionale. Perchél’Arte raggiunga la Libertà, ènecessario che l’anima del-l’Artista si lasci guidare dalloSpirito: questa condizione èespressa mirabilmente dallaMassoneria iniziatica attra-verso il simbolismo dellaSquadra “sottoposta” alCompasso, così com’è richie-sto nei Lavori in Camera diMaestro.

Per la percezione dell’Arte Muratoria,occorre quindi una coscienza molto piùvicina al sogno che alla realtà intorno anoi; più vicina alla morte, che alla vita.Infatti il mondo dei sogni ha similitudinecon l’oltretomba.

L’espressione “Arte Muratoria” evocal’espressione “Libera Muratoria”: analoga-mente l’anima richiama lo Spirito e il Com-pagno richiama il Maestro. Quando lo Spi-rito dell’Arte e della Libertà si oscura neiFratelli, allora ciò che resta e purtroppoemerge è la Massoneria storica con le sueombre e qualche scintilla di Luce, poiché,come sappiamo, alla Luce è propria l’onni-presenza. Come insomma il sole tramonta,

così l’Artista Muratore è passibile d’invol-vere e oscurarsi nel Massone comune; a

sua volta costui, al pari delsole risorto, è suscettibile dielevarsi al rango dell’ArtistaMuratore.

Ne consegue che a volteun Fratello, appena da noibiasimato per un suo com-portamento poco illumina-to e poco “massonico”, cismentisce con un atteggia-mento dei più fraterni, dis-interessati e lodevoli!Appunto quando tra i Fra-telli si respira il vero Spiritodell’Amore, allora la Masso-neria è amabile e mostra ilvolto che più si addice allaLuce: ciò può realizzarsianche per un solo istante!

In questo istante la nostra Isti-tuzione manifesta la disposizione ad ono-rare e amare la Luce, la bellezza, la lineari-tà e la semplicità; altresì riversa all’esternoil suo Fuoco d’Amore; acquista vero splen-dore e si riveste di Arte Muratoria e diLibera Muratoria: allora pure sovrapponemattoni giusti, per edificare la Libertà delgenere umano.

Gli Artisti Muratori e i Maestri LiberiMuratori rappresentano le espressioni piùfedeli della vera Massoneria; i Massoni pergiuramento, i quali non sono interiormen-te né liberi né artisti, rappresentano la fal-sa Massoneria oscurata e “bendata”.

È necessario che i Fratelli, “racchiusi”nell’Istituzione come in un contenitore, sipurifichino affinché anche la Massoneria,

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da essi purificata, prenda via via il voltodell’Arte Muratoria e della Libera Murato-ria. La purificazione deiFratelli è attualmentequanto mai necessaria,poiché la Massoneria èandata sempre più oscu-randosi, volgarizzandosi,materializzandosi nellamisura in cui si è allonta-nata dallo Spirito dell’an-tico mondo muratorio:quanto più la “Costruzio-ne” si lascia influenzaredal materialismo divam-pante, tanto più prende ilvolto della Massoneria eperde i caratteri dell’ArteMuratoria e della LiberaMuratoria.

L’Arte Muratoria è la Luce che si accen-de nelle profondità dell’anima umana: è lacreativa spiritualità grazie alla quale il Fra-tello s’invola (Aria; Compasso aperto e

girante) verso lo Spirito del Grande Archi-tetto, Modello per tutti gli esseri e le enti-

tà che vivono e costrui-scono all’interno dell’u-niverso solare. Ma poi-ché la VITA e laCOSTRUZIONE sono illi-mitate, i Modelli nonpossono che essere aloro volta infiniti, sugliinfiniti piani. Dunqueogni Modello è, nel con-tempo, una Entità cheimita ed è imitata. All’A-pice è DIO, MODELLOAssoluto: sempre imita-bile in parte, mai total-mente. Sicché il Model-lo a Cui si ispira ilnostro Grande Architet-

to non è Quello Assoluto, ma, soltanto, unaEntità più perfezionata di Lui:

se l’Assoluta PERFEZIONE fosse imitabi-le e raggiungibile, non avremmo ragione diparlare di Illimitata COSTRUZIONE!

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Muratoria e “Charta” di Bologna del 1248

di Giovanni GrecoUniversità di Bologna

Bologna has an important masonic tradition. An example is the oldest prescriptive do-cument of the Medieval Proto-FreeMasonry, which is the so called “Charta of Bologna”dated 1248, edited eight years before the liberation of the serf in the Bologna district in1256. The present short article about the “Charta of Bologna”, derived from the book Bolognamassonica. Le radici, il consolidamento, la trasformazione (Clueb, Bologna 2008),is dedicated to the dearest Br. Eugenio Bonvicini, who analyzed the story of masonicBologna before passing away to the Eternal East.

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LLa Massoneria ha consentito aciviltà morte di rimanere in vita,ma non è uno statico museo di

tradizioni morte, in virtù di un’opera ditesaurizzazione di conoscenze e di valoriantichi e secolari, di una reintegrazionedelle conoscenze smarrite, in un’opposizionealla degradazione della cultura moderna (U.Eco). Frammenti di vita che altrimentipotrebbero andar perduti, come lacrimenella pioggia; non casualmente, il progres-so è in gran parte recuperare ciò che abbiamodimenticato (Leopardi). In particolare,anche attraverso il filtro della Massoneriabolognese, si può ritenere che la morale,che pure si fonda su valori individuali, siriverbera in valori sociali, tant’è che lostesso tempio massonico è un luogo disocialità di valori che forse altrimenti nonsi sarebbero incontrati. Quasi sempre il

massone bolognese li ha coltivati, nonimponendo a nessuno la sua fede, tentan-do di far cultura al più alto livello, interve-nendo negli sviluppi dell’arte dellaconoscenza e, a volte, tentando di con-dizionarne gli esiti. Del resto l’unico mododi valorizzare il passato è proprio quello disaper essere innovatori, cercando d’im-mettere il ricordo e le immagini dell’anti-co entro un circuito rinnovato di stimoli edi pensieri. Ricordando che da centinaiad’anni la cultura del nostro paese e dell’in-tero Occidente, ha tratto spunti e rifles-sioni dalla Massoneria, lo snodo proble-matico consiste nel fatto che non si deveconservare e trasmettere il passato soltan-to, ma è soprattutto necessario coltivarnee rinnovarne le speranze di cui si è nutrital’istituzione massonica. Ha scritto acuta-mente Ruggero Campagnoli:

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Dico Massoneria al singolare, nonperché ignori la molteplicità delle mas-sonerie: lo dico consapevolmente per dis-togliere l’attenzione dalla fenomenologiacontroversa delle varie obbedienze mas-soniche, e per ripor-tarla appuntonel loro comu-ne denomina-tore ideale.

E se le paroledi Pascoli i mas-soni sono pacieri enon guerriglierifossero aderentialla realtà, allora ifigli della vedova dovrebbero cominciareall’interno del proprio mondo a smussare,a coagulare, ad unire, tentando di supera-re antiche e recenti polemiche e divisioni,in nome di una Massoneria, ampia, com-plessa, diversificata ma pur sempre inscin-dibile corpo unico.

Certo la Massoneria raccoglie uomini difedi e di culture diverse e di ruoli socialidifferenti, ma forse proprio in questomodo è riuscita a creare una costellazionedelle società da essa fiorite, che non a casosono state uno dei fattori genetici piùfecondi del Risorgimento, contribuendodecisamente al processo di modernizzazio-ne del nostro paese e della politica italiana.

In questo quadro si è tentato di esami-nare in Bologna massonica, da me curata peri tipi della Clueb di Bologna, quel maremagnum per molti versi ancora insondatoche è la storia della Massoneria nella città

felsinea, ribadendo la sua centralità nelpanorama massonico del nostro paese,dove non si è mai rivelata inessenziale emarginale.

Lo scopo è stato pure quello di lavoraread una storia costruita

da una multiformi-tà di “storie”, i cuiconfini, talvolta,sfociano gli uninegli altri aprendonuove opportunitàdi ricerca e d’inter-pretazione, percontribuire a fargettare via alla

Massoneria il suo bur-qa. Non si tarderà a notare come questericerche nei proteiformi e delicati univer-si massonici si avvalgano anche di spuntied elementi propri della storia delle idee,della mentalità, del costume, della lettera-tura attraverso le corde culturali più sva-riate. Un particolare sguardo è stato indi-rizzato alle logge, autentico cuore pulsan-te della massoneria bolognese. È nella log-gia che si dà il bando al quotidiano, all’at-tualità, ai commenti da post-telegiornale,alle frasi fatte, alle chiacchiere da dopola-voro. La profanità è de facto priva di idee, èuna sirena ammaliante che si offre nellasua profanità, un usa e getta del pensiero,materia per consumatori di massa. Se lapolitica, in quanto arte del quotidiano, insenso aristotelico, nella quale ognunopotrebbe contrapporsi all’altro, è preclusa,non lo è – come sapientemente dimostraAntonio Panaino – la dianoetica, cioè lascienza del pensare anche attraverso la

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realtà contingente, nel tentativo di spazia-re col pensiero per cogliere l’universale. Etutto ciò è ancora più significativo oggiallorquando si assiste ad una politica spes-so senza dignità, sen-za intelligenza, sen-za radici culturali:una politica, a volte,da portineria, fattadi battute teatrali, dipolemiche di giorna-ta, capace di presi-diare il nulla. La log-gia non è un gioco disocietà, non è una specie di club, non è untalk show esoterico, ma una comunitàpneumatica, un’officina filosofica, un eser-cizio dello spirito, un progresso interiore.È nella loggia che si viene iniziati e il segre-to dell’iniziato risiede sostanzialmente nelsaper morire e poi nel saper rinascere.

Ma fin dai tempi di Hiram, ogni dirittonasce dall’espletamento di un dovere e illavoro in officina è come la rotella di unvasaio, che una volta messa in moto giraancora a lungo e lentamente il suo moto siaffievolisce e si spegne, se la ruota del pen-siero non continua a vibrare, se la pigriziamentale, l’abitudine, l’improvvisazione, lasuperficialità non addormentano l’animo ela mente.

Di gran rilievo è perciò la partecipazio-ne sistematica ai lavori di loggia, perchénon si tratta di una funzione burocratica,ma – come si rileva dalla Charta di Bologna– dell’insostituibile dimensione collettivadel lavoro iniziatico.

In tal senso la storia della Massoneriapuò essere utilizzata sinanco ai fini didat-

tici, come da anni mi sforzo di fare, comemagistralmente hanno già dimostrato icolleghi Anna Maria Isastia dell’UniversitàLa Sapienza di Roma e Antonio Panaino

dell’Università diBologna.

Bologna ha unatradizione massoni-ca di alto profilo.Basti pensare al fat-to che è bolognese ildocumento norma-tivo più antico al

mondo della proto-massoneria medievale,cioè la cosiddetta “Charta di Bologna” del1248 (Bonvicini 1989), che venne redattaotto anni prima dell’atto di affrancazionedei servi della gleba del Comune di Bolo-gna, detto “Liber Paradisus”, che restituìdignità piena a circa seimila persone, e cherisale al 1256.

Sin dal mille era viva e vegeta a Bolognala “Società dei maestri del muro e dellegno”, la separazione dei maestri delmuro e quelli del legno avveniva nel 1257,mentre di alcune logge si ha notizia certagià intorno al 1192-1196, attraverso pro-prio gli “Statuta et ordinamenta societatismagistrorum muri et lignamiis”, comune-mente ormai indicata come “Charta diBologna”. Risaliva al 1114 la nascita di unnucleo di maestranze di costruttori bolo-gnesi, come si evince da un bolla di papaPasquale II, accolte nella chiesa di S. Vita-le. Non casualmente una formella bologne-se del 1100 ritraeva un maestro muratore eun apprendista con grembiuli e strumentidi lavoro.

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La Società dei muratori era situata aBologna, nella seconda metà del milledue-cento, nel quartiere di Porta Stiera, attua-le via S. Felice e la Chartavenne redatta in latino l’8agosto 1248, presso unnotaio bolognese pervolontà del Podestà DeCario ed è attualmenteconservata presso l’Archi-vio di Stato di Bologna.L’importanza di questaCharta è fuori discussione,perché ancorché poco fre-quentata, è di quasi sessan-t’anni precedente lo statu-to della Casa Matha del 1304dei pescatori ravennati del1304 (un celebre massaro dell’Ordine diCasa Matha fu Giordano Gamberini, GranMaestro della Massoneria di Palazzo Giu-stiniani), il Preambolo Veneziano relativoalle Mariegole dei Taiapiera, dei tagliatori dipietra (1307), lo statuto anch’esso venezia-no Marangoni di case, edificatori di case del1335, un secolo e mezzo precedente il Poe-ma Regius di stampo anglosassone del 1390,di quasi due secoli il Manoscritto di Cooke del1430-1440, di quasi duecentoventi anni loStatuto di Strasburgo del 1459; della Carta diColonia del 1535 e di circa cinque secoli leCostituzioni di Anderson del 1723 e il Mano-scritto di Carmick del 1756. Ad ogni buonconto lo scenario generale è complesso edifficile da decifrare con chiarezza, se con-sideriamo anche gli ordinamenti dei Mae-stri comacini, i Sistemata degli edili bizanti-ni, le Gilde germaniche, le Compagnie degliscalpellini e dei muratori, i Doveri muratori di

Compagnonnage, le Craft anglosassoni, leConfraternite, le Schole, le Fratrie, le Fraglie divarie arti e mestieri.

La Charta, dopo la suaredazione, subì costanti esignificativi aggiustamentied integrazioni, in specienegli anni cinquanta delduecento e nel 1336 cherimarrà sostanzialmenteinvariato sino alla soppres-sione napoleonica del 1797.D’altronde ad ulteriorebeneficio storiografico èdel 1272 un piè di lista, unaMatricola conservata sem-pre presso l’Archivio diStato felsineo, di 371 nomi-

nativi di maestri muratori, di pregevoleinteresse. La cifra peraltro di 371 è rilevan-tissima a testimonianza dello straordinariofervore edilizio del periodo, a fronte di cir-ca 8000 focolari dell’epoca, e di una popola-zione di 30000 abitanti, fra cui vi eranoalcune migliaia di studenti e di monaci.Indubbiamente la Società dei maestri delmuro era anche politicamente, cultural-mente ed economicamente molto potente,a maggior ragione che ogni maestro eratenuto a redigere un quaderno personale,che testimoniava della capacità di ognimembro di conoscere la lettura, la scrittu-ra, la matematica e la geometria. Si tengaaltresì presente che già dalla metà deldodicesimo secolo si data l’esistenza di unaloggia libero muratoria bolognese con acapo mastro Alberto (Vianelli 1985), che sipotrebbe definire di tipo comacino, colle-gata com’era con i Comacini dell’Appenni-

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no bolognese attorno al santuario di Mon-tovolo (Palmieri 1912).

In effetti la corporazionefiglia della Charta di Bolognaera una struttura assoluta-mente elitaria, pur non aven-do il carattere itinerante tipi-co del modello comacino,homo vagans per eccellenza,rivolta esclusivamente ai mae-stri, che si sceglievano percooptazione, singolarmenteindipendenti ma fortementecoesi all’interno della schola. Sitenga presente che però que-sta corporazione, pur indiscu-tibilmente figlia della Societàdei maestri muratori, sin dallamatricola del 1272, mostra di non esserecomposta solo da muratori, ma anche dagiuristi, frati, insegnanti, speziali, farmaci-sti, nobili, artigiani mercanti, pittori,architetti e non pochi erano maestri pro-venienti da Como e zone limitrofe. Di spic-co era la figura dell’architetto costruttore,che già in sé incarnava pienamente il com-pleto uomo di cultura che poi sarà tipicodell’umanesimo rinascimentale, giacchéera nello stesso tempo anche scultore,decoratore, cesellatore, letterato e filosofo,scienziato naturalista a tutto tondo. Ilfenomeno dell’accettazione di un maestroespressione di un altro mestiere, era assaicomune pure in Francia, in Germania, inInghilterra come clamorosamente dimo-stra il caso di Dante, accettato a Firenze,nella corporazione degli speziali.

Le logge dell’epoca si identificavano, avolte, anche con la costruzione di un

palazzo o di una cattedrale, qualificandosicome un gruppo d’opera capace però di

darsi non solo regole di lavoro edi disciplina, ma di giustizia edi doveri. Loggia quindi intesacome luogo d’incontro riserva-to governato da precisi ritualiintrisi di simboli e di allegorie,con metodo iniziatico ed esote-rico, per un reciproco scambioculturale e spirituale.

Nella Charta di Bologna ilmaestro giura di rispettare gliordini di obbedire, difendere,osservare tutti i precetti ed ordinidel Massarius, dopo la “tegolatu-ra”, l’iniziazione, spesso la tra-

smissione iniziatica di padre infiglio, di guidare la Società:

se sarò chiamato al governo dellaSocietà io non rifiuterò, ma accetteròl’incarico e governerò e proteggerò conlealtà la Società e i suoi membri.

All’articolo III vi era poi l’obbligo dipresenziare ai lavori di loggia, con riunio-ni mensili “come minimo due”, doverefondamentale perché era indispensabile

presentarsi nel luogo dove la societàsi riunisce e sia tenuto a presentarsi ognivolta e per quante volte gli sarà coman-dato od ordinato sotto pena di un’am-menda di sei denari.

Solo se impedito o malato o in serviziopoteva correttamente giustificarsi altri-menti se si sarà giustificato falsamente, abbia

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la pena di dodici danari. Vi era poi l’obbligodi portare presso la salma di un maestromorto un cero di sedici libre, di far visitaagli ammalati e prestarloro assistenza, l’obbligo dinon alzarsi per parlare e peresprimere il suo parere in unariunione se non su ciò chesarà proposto, di non distur-bare né litigare nelle adunan-ze, un apprendista nonpoteva essere assuntomeno di quattro anni. Nelcaso di dissapori il massa-ro poteva far ricorso ad unagiornata dell’amore, per ripristinare lo spiritodi fratellanza. Le case dei maestri muratorierano fabbricati di cantiere, laboratorieretti per l’edificazione di chiese, come adesempio le case erette nei pressi delle chie-se di S. Procolo o di S. Pietro o nel trecentoun laboratorium in via Peschiera, fra le duetorri e piazza Maggiore.

È da queste premesse che comincia ilviaggio attraverso la massoneria bologne-se, un viaggio per scoprire se stessi, unviaggio per raccontare la vita a chi non saintenderla, un viaggio per definire i nuovicontorni della realtà politico-culturale ita-liana, un viaggio per andare alla scopertadella propria anima, un viaggio per recu-perare frammenti di vita altrimenti perdu-ti, un viaggio per risvegliare il dubbio, unviaggio come gestazione introspettiva,

come gravidanza spirituale, un viaggio perdiventare grandi cercando di accrescere ilbambino che si porta con sè, un viaggio

per tentare di rompere ciòche divide gli uomini, unviaggio per scoprire il benein ogni fede, un viaggio chemira al futuro con un cuoreantico e, mentre i viaggiato-ri finiscono, il viaggio conti-nua come un volo di farfallae non finisce mai. E questoviaggio potrebbe librare lamassoneria del terzo millen-

nio negli organi più profondidella società civile:

La massoneria non può essere ripie-gata su se stessa e nelle sue dinamicheinterne, come un corpo estraneo allasocietà civile, altrimenti rischia diritrovarsi marginalizzata come un con-tenitore incomprensibile o sterile,oppure, e questo sarebbe peggio, invi-schiato in interessi molto profani, seb-bene ammantati di sacertà esoterica(G. Raffi).

Da quel tempo fino ad oggi, la vitasostanziale della città di Bologna appareintrecciata col divenire dell’attività masso-nica la quale, di fatto, ha saputo spessofondersi e confondersi virtuosamente coni suoi migliori gangli professionali e istitu-zionali.

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Ernesto Teodoro Moneta: centenario di un Premio Nobel dimenticato

di Gianmichele GalassiUniversità di Siena

Ernesto Teodoro Moneta is the only Italian citizen who received the Nobel Prize forPeace (1907). He should be recalled also for having changed the methodology of jour-nalism: he invented the role of the news correspondent and built a network which couldbe at the source of the news. Even if he is not enrolled among the greatest men in ourcountry, his work had a very important role for the advance of civilization.

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MForse non è lontano il giorno in cui tutti i popoli, dimenticando gli antichi rancori, si

riuniranno sotto la bandiera della fraternità universale e, cessando ogni disputa, coltive-ranno tra loro relazioni assolutamente pacifiche, quali il commercio e le attività indu-striali, stringendo solidi legami. Noi aspettiamo quel giorno…1

1 Tratto da: Peace and Law in the Italian Tradition, Nobel lecture, 25 Agosto, 1909 (conferenzatenuta da Ernesto Teodoro Moneta all’Istituto Nobel di Oslo il 25 Agosto 1909). Manifesto pubbli-cato da I rivoluzionari Milanesi il 23 Marzo 1848. La traduzione è tratta da The Peace Prize di AugustSchou in Nobel: The Man and His Prizes, ed. by the Nobel Foundation (Amsterdam: Elsevier, 1962), p.539.

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2008L’idea di pace

OOggi si parla frequentemente di“pace univer-sale”, tanto

da essere divenuto ilmotto distintivo dimolte manifestazioniinternazionali a partiredai numerosi concorsidi bellezza, ma sino alXX° sec. l’idea di pacenon era poi così chiaraed universalmente dif-fusa.

In Europa la primasocietà pacifista fu fon-data nel 1830 dal nobi-luomo ginevrino ConteGian Giacomo De Sel-lon2, zio materno diCavour. Nel decenniosuccessivo si tennero i primi congressi: ilpiù conosciuto a Parigi nel 1849, presiedu-to da Victor Hugo. Nello stesso periodo,Lev Nikolaevic Tolstoj (1828-1910) fu uno

dei principali interpreti del pacifismo non-violento che si opponeva alla guerra attra-verso una moderna concezione dell’educa-

zione, strumento utile ad unariorganizzazione egualitariadella vita sociale3. Le diretteesperienze di guerra,descritte nei minimi e crudiparticolari nel suo I raccontidi Sebastopoli, lo avevanocondotto al rifiuto assolutodell’idea di guerra. Con luiintratteneva stretti rapportiepistolari Ernesto TeodoroMoneta, il solo italiano adaver ricevuto il Nobel per lapace. Proprio quest’annoricorre il centenario dellasua premiazione. Quindi,vista la levatura del perso-naggio, ho pensato di appro-fondirne la conoscenza e

incredibilmente ho notato chenessuno4 si è interessato per ricordarlo inquest’anno. La cosa più grave è la presso-ché totale assenza di biografie e commen-

2 Ne La giovinezza del conte di Cavour (di Francesco Ruffini) si legge: Il Conte de Sellon era unpacifista a qualunque costo. Propagandista instancabile e a volte perfino un poco intemperante dell’idea del-la pace universale e perpetua, escogitatore inesauribile e a volte alquanto ingenuo di sempre nuovi disegniatti a conseguirla nel mondo e ad assicurarvela, il Conte de Sellon si impone però al nostro rispetto per esse-re stato, come gli storici del movimento pacifista nel secolo XIX attestano, il primo istitutore nel Continenteeuropeo di una società per la pace, che fu quella da lui fondata in Ginevra nel 1830.3 Ne Sull’importanza dell’istruzione popolare (1862) Tolstoj affermò la necessità di abolire laservitù della gleba, preoccupandosi poi di approfondire e applicare metodi pedagogici non vio-lenti.4 O quasi: v. Avvenire, domenica 13 Maggio 2007. Pace, Ernesto Moneta l’unico nobel italiano diGoffredo Fofi.

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ti sulla sua storia5. Di conseguenza è cre-sciuto l’impulso a scrivere questo brevearticolo per ricordare l’uo-mo e le sue meraviglioseidee, che tanto furonoapprezzate internazional-mente. Solo per dare unassaggio potremmo defi-nirlo come uno dei maggio-ri precursori e diffusori diquei princìpi che condusse-ro alla creazione dellaSocietà delle Nazioni, pri-ma, e delle Nazioni Unitepoi. Infatti, Moneta cammi-nò di pari passo al pacifi-smo di impronta massonicache, nel tardo ottocento, assunse un ruolosempre maggiore: dal 1888, Albert Pike6 edAdriano Lemmi si fecero promotori di unaforte campagna per la diffusione degliideali fondanti il pacifismo universale nel-le Logge massoniche europee. Nel 1917 ilGrande Oriente d’Italia, insieme alla Gran-de Loggia d’Italia, promosse a Parigi l’orga-nizzazione di un Congresso delle Obbe-dienze massoniche dei paesi alleati e neu-trali: al di là della discussione sulle condi-zioni per una pace equa, venne incoraggia-

ta l’istituzione di un organismo soprana-zionale per la definizione pacifica delle

controversie tra i popoli, qualevenne effettivamente fondatanel 1919 dalle potenze dell’In-tesa con l’appellativo di Socie-tà delle Nazioni.

Biografia

Ernesto Teodoro Moneta(20 settembre 1833 – 10 Feb-braio 1918) discendeva da unanobile famiglia milanesecaduta economicamente indisgrazia, ma capace di tra-

smettergli quei valori che lo resero uomorispettato e stimato.

Si ritrovò esule a Torino dopo aver par-tecipato, appena quindicenne, alle CinqueGiornate di Milano dove, data la giovaneetà, non riuscì ad arruolarsi; decise quindidi frequentare la scuola militare di Ivrea.Dieci anni più tardi, insieme ai quattro fra-telli, si arruolò nei Cacciatori delle Alpi, uncorpo di spedizione comandato dall’amicoGaribaldi7. Combatté al Volturno (ottobre1860), tanto valorosamente da ottenere i

5 Ho consultato molti testi universitari di storia, alcune enciclopedie storiche e collane sul-la storia d’Italia: incredibilmente nessuna menziona la figura di Moneta.6 Albert Pike (Boston 1809 - Washington DC 1891). Sovrano Gran Commendatore del RSAAGiurisdizione Sud degli USA.7 Ebbe con Garibaldi un lungo rapporto di amicizia, tanto da chiedergli aiuto a raccogliereadesioni proprio per i “Cacciatori delle Alpi”, che si apprestavano a dirigersi su Bergamo e Brescia(1859). Successivamente, infatti, lo accompagnò anche nella spedizione dei mille, dove ottenne altrionori per i successi contro il primo brigantaggio.

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galloni da ufficiale; successivamente,ormai sottotenente dell’esercito italiano,rimase così deluso dell’esitodella battaglia di Custoza(1866) da abbandonare lapromettente carriera mili-tare. Dall’anno seguente sidedicò con successo al gior-nalismo, giungendo a rico-prire la carica di direttoredel “Secolo” di Sonzognomantenendola sino al 1896.

La scottante esperienzamilitare lo condusse adintraprendere, dalle paginedel Secolo, posizioni forti sutemi inediti quali l’abolizio-ne della leva militare obbligatoria a favoredel progetto di “nazione armata”: non dove-va più esistere un esercito, bensì i cittadinidovevano essere addestrati periodicamen-te alla difesa militare nei propri comuni diresidenza. Questa campagna portò a risul-tati eclatanti: la tiratura del giornale tripli-cò! da trentamila passò ad oltre centomila8

copie.Comunque Moneta ottenne le soddisfa-

zioni maggiori successivamente, quando sidedicò ai temi della pace, sino all’apoteosi

del premio Nobel assegnatogli nel 1907.Nel 1887, insieme ad Angelo Mazzoleni

e Francesco Viganò9, fondòl’Unione Lombarda per la pacee l’arbitrato, le cui finalitàsono ben riassunte neiquattro articoli fondamen-tali dello statuto:

Diffondere idee ed edu-care sentimenti umanitariper la cessazione delleguerre;

Favorire l’affratellamen-to dei popoli;

Propugnare le soluzioniarbitramentali nelle ver-tenze internazionali;

Promuovere la trasformazione globaledegli eserciti permanenti, sostituendo adessi le nazioni armate.

Tale associazione si avvalse più voltedel sostegno economico diretto di ErnestoMoneta che la mantenne in attività primacon la buonuscita ottenuta dal Il Secolo, poidevolvendole l’intero ammontare del Pre-mio Nobel, ottenuto appunto per il suoimpegno e la fondazione dell’Unione Lombardaper la pace e l’arbitrato.

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8 Il primo numero del Secolo uscì il 5 Maggio 1866 arrivando poi a 130.000 copie nel 1891.9 Angelo Mazzoleni, garibaldino anch’egli, combatté con Moneta a Milazzo, San Fermo edal Volturno, mentre Francesco Viganò era un vecchio mazziniano che aveva preso parte nel 1833alla spedizione di Savoia. Quando Hodgson Pratt giunse a Milano per fondare una branca della suaSocietà Internazionale per la pace e l’arbitrato, Moneta incoraggiò i due amici che, al momento dellafondazione dell’Unione Lombarda per la pace e l’arbitrato, ricoprirono rispettivamente l’incarico dipresidente e segretario. Infatti la sua qualità di capo redattore di un importante quotidiano gliimpedì inizialmente di partecipare in modo ufficiale a tale istituzione.

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Nel frattempo, partecipò e promossemolti convegni internazionali sulla pace,in particolare nel 1906, organizzò e presie-dette il XV° Con-gresso Internazio-nale sulla Pace,facendo edificareun Padiglione perla Pace - tutto ita-liano - alla Fiera diMilano.

Ernesto Moneta“militante pacifista”

Così come avvenne per l’amico10 Tol-stoj, le convinzioni più profonde di Mone-ta scaturirono da un episodio che ne segnòl’esistenza sin dalla pubertà. Egli stesso -nel discorso ufficiale per il premio Nobel11

- riferì le circostanze per cui, appena quin-dicenne, rimase traumatizzato:

One day when my father and brothers wereabsent, I watched, from the windows of myhome, three Austrian soldiers fall amid a hail ofbullets. Apparently dead, they were carriedaway to a neighboring square. I saw them againtwo hours later: one of them was still in the

throes of dying. This sight froze the blood in myveins and I was overcome by a great compas-sion. In these three soldiers I no longer saw ene-

mies but men like myself,and with remorse askeenly suffered as if Ihad killed them with myown hands, I thought oftheir families who wereperhaps at that verymoment preparing fortheir return.

In that instant I feltall the cruelty and inhu-

manity of war which setspeoples against one another to their mutualdetriment, peoples who should have every inte-rest in understanding and being friends witheach other. I was to feel this way many times asI looked at the dead and the wounded in all thewars for our independence in which I took part.

Che tradotto suona più o meno così:

Un giorno, quando mio padre ed i miei fra-telli erano assenti, dalle finestre di casa, vidi tresoldati austriaci cadere in mezzo ad una piog-gia di proiettili. Apparentemente morti, furonotrasportati in uno spiazzo contiguo. Li vidiancora due ore più tardi: uno di loro era ancora

10 Numerosa la documentazione che attesta il rapporto epistolare fra i due.11 Tratto da: Peace and Law in the Italian Tradition, Nobel lecture, 25 Agosto, 1909. Traduzioneufficiale inglese basata sull’originale testo in francese, la lingua scelta da Moneta per il proprio dis-corso al Norwegian Nobel Institute. Infatti, sebbene avesse vinto il premio Nobel nel 1907, Monetachiese, per motivi di salute, di tenere il proprio discorso durante l’estate del 1909 vista la sua par-tecipazione ad un congresso di pace che si teneva a Stoccolma in quel periodo.

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afflitto dagli spasimi di un morente. Questavista mi fece gelare il sangue nelle vene e fuisopraffatto da una grande compassione. Nonvidi più i tre soldaticome nemici macome semplici uomi-ni, e con rimorso perl’intensità delle lorosofferenze come liavessi uccisi con lemie stesse mani, pen-sai ai loro familiariche probabilmentestavano attendendoil loro ritorno.

In quell’istantecompresi tutta la cru-deltà e disumanità della guerra che pone le per-sone le une contro le altre con danno perentrambe, persone che dovrebbero avere ogniinteresse nell’amicizia e comprensione recipro-che. Questo sentimento tornò a farsi sentire tut-te le volte che mi ritrovai ad osservare la mortee le ferite durante la mia partecipazione a tuttele guerre per la nostra indipendenza.

L’esperienza della guerra combinatacon l’ideale patriottico generarono inMoneta una linea di condotta e di pensieroche frequente lo condussero a scelte rite-nute incoerenti, almeno in apparenza. Perquesto – e non solo - venne definito unmilitante pacifista. Ernesto Moneta visse aldi là delle etichette: da uomo libero intra-prese quella che al momento riteneva la

strada più giusta; passioni, sentimenti,esperienze e razionalità lo condussero allaformazione di idee che potessero concilia-

re le sue diverse ani-me. Divenne perquesto un nazionali-sta internazionali-sta, un uomo cheviveva la sua profon-da religiosità dedi-candosi alla propa-ganda anticlericale;a volte, forse ancheun po’ eccentrico:sebbene fosse un cro-ciato della forma fisica

si racconta12 che quo-tidianamente prendesse il tram che attra-versava la piazza per arrivare al ristorantedi fronte al suo ufficio. Certamente la sin-golarità dei comportamenti e delle prese diposizione lo facevano apparire quantome-no incoerente. Comunque, leggendo atten-tamente alcuni passi dei suoi scritti, sicomprende come tali contraddizioni sianodi frequente solo apparenti: la vasta cultu-ra e l’esperienza di vita lo avevano portatoa saper distinguere e discernere i fatti sinnelle più celate sfumature. Malgrado ciò,molti altri, privi vuoi delle capacità vuoidelle informazioni, considerarono Monetaun uomo incoerente se non addiritturaopportunista.

La critica maggiore mossa dai suoidetrattori riguarda la sua presa di posizio-

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12 Tratto da: Moneta, Ernesto Teodoro. Biography. Nel sito web ufficiale del Norwegian NobelInstitute. http://nobelprize.org/nobel_prizes/peace/laureates/1907/moneta-bio.html

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ne a favore dell’intervento italiano nellaGrande Guerra, infatti come riportò piùtardi il Times, Monetaasserì:

Io, come italiano, nonposso pormi sull’orlo. Devopartecipare alla vita delmio Paese, gioire per le suegioie e piangere le sue dis-grazie.13

È necessario leggeretra le righe e conoscerepiù a fondo l’uomo: spiri-to ed ideali – vicini aquelli massonici - sotten-devano alle sue scelte,rendendo contempora-neamente l’agire di Mone-ta incomprensibile ai più. Lo stesso Pike,difensore degli oppressi ed avverso allaguerra per natura14 – tutta la sua dedizioneal tema del più debole e del sofferente sca-turisce con forza dalle numerose operedivulgative e dai molteplici esempi di vita- si ritrova a combattere prima nella guer-ra con il Messico poi in quella di Secessio-ne. Si distinse in combattimento per ilcoraggio e le capacità di comando, tanto da

ricevere la commenda prima e il grado digenerale poi. Il carattere e gli ideali di Pike

divengono evidenti citandol’episodio del maggio del1861, quando come Agen-te Generale Confederatoper i territori indiani delWest Arkansas e Sud Kan-sas decise di stipulare coni nativi americani un trat-tato di tipo difensivo,contravvenendo delibera-tamente agli ordini rice-vuti dal governo che pre-tendeva, invece, l’attivapartecipazione dei pelle-rossa all’offensiva milita-re15. Questo per dimostra-re, che alcuni uomini, se

intelligenti, sanno discerne-re tra realtà ed ideali; decidono in base alleinformazioni che possiedono e le possibili-tà offerte dal momento storico, sfruttanole opportunità senza contravvenire ai pro-pri valori, anzi tenendoli sempre in altaconsiderazione: capita che sia necessariocombattere per affermare i princìpi, e pur-troppo quelli di pace e giustizia non fannoeccezione.L’idea di pace, come quasi tutto il resto,

13 Tradotto da: I, as an Italian, cannot put myself au dessus de la mêlée. I must participate in the lifeof my country, rejoice in her joys, and weep in her sorrows. The (London) Times (February 11, 1918).14 Pubblicamente più volte prese posizione contro la guerra, considerata solamente fontedi lutto e contrasto fra gli uomini, fu contrario anche al carattere espansionistico degli Stati delNord e favorevole, come gran parte della popolazione, all’annessione del Messico agli Stati Unitid’America.15 Tale trattato fu poi esteso a tutte le tribù indigene.

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non è assoluta; in molti vorrebbero chefosse così, ma guardando alla storia dell’u-manità è impossibile nonnotarne il carattere utopisti-co: la guerra ed il suo orroresono assolutamente sbagliatiquando condotti per il pote-re, la ricchezza, la gloria etc.,ma è altrettanto inevitabile,dopo aver tentato tutte lepossibili alternative, quandosiano in pericolo i diritti ele-mentari dell’uomo e soprat-tutto del debole. I soprusi, letorture e la soppressione diquesti diritti rendono la vitaancor peggiore e meno degnadi essere vissuta rispetto alla morte causa-ta dalla guerra. Alla luce di ciò, le scelte diErnesto Teodoro Moneta, seppur non con-divisibili, risultano quantomeno compren-sibili e non così contraddittorie come pote-va apparire a prima vista. Infatti, sulnumero di Ottobre 1906 della rivista “LaVita Internazionale”16, Moneta espressechiaramente la sua idea:

Avviene fra i popoli, come fra gli individui, chei più pacifici diventano pugnaci quando sivedono ingiustamente assaliti [...] Per questonoi pacifisti abbiamo sempre sostenuto che nel-la organizzazione della pace è compresa, ed èveramente valida, l’organizzazione della difesa.

Conclusioni

A fronte dell’approfonditae vasta ricerca effettuata,sono giunto ad una tristeconvinzione: tutta la storia èartatamente riscritta ad usodel momento, come qualcosadi soggettivo e strumentalead uno scopo preciso. A con-ferma di ciò, voglio riportarele parole pronunciate qual-che anno addietro dal Fratel-lo Morris Ghezzi, per moltianni vicepresidente dellaFondazione Moneta:

Ernesto Teodoro Moneta considerò la suaprofessione di giornalista e di scrittore ed il suocompito di pacifista una missione di educazio-ne morale e sociale e per le generazioni del suotempo, egli fu veramente un educatore, con-dannando apertamente il malcostume e le stor-ture della società, incoraggiando il bene, l’one-stà, lo spirito di solidarietà, esaltando le affer-mazioni dello spirito e dell’ingegno. Fu un apo-stolo dell’universalismo e umanesimo libero-muratorio che gettò le fondamenta dellamodernità e che come nella Rivoluzione france-se e in quella americana anche in Italia diressele fila delle guerre e dei movimenti che portaro-no all’Unità d’Italia ed alla nascita della demo-crazia nel nostro paese. Moneta fu una figura digrandissimo rilievo mondiale, purtroppo quasi

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16 Rivista fondata da Moneta come occasione d’incontro degli intellettuali radicali, repub-blicani e socialisti, rappresentati dall’amico Filippo Turati.

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censurata nella memoria del nostro paese, e unconvintissimo assertore dei principi della Mas-soneria Universale alla quale sirifacevano anche Garibaldi eCavour, che gettò le basi peruna nuova visione del dirittointernazionale autonomo dallenazioni. Appartenne a quellacomposita schiera di intellet-tuali che con la penna e la scia-bola fondarono l’Italia moder-na, democratica, socialista,attraverso una rivoluzionecompiuta che fu l’Unità delpaese. Una figura dalla religio-sità laica e teosofica vincente,che da guerriero si convertì aiprincipi kantiani sulla pace universale e nedivenne un apostolo fino al Premio Nobel17.

Riguardo la sua appartenenza allanostra istituzione permangono molti dub-bi: Moneta non risulta essere mai statoufficialmente iscritto al GOI, mentre

durante la sua vita ha costantemente fre-quentato e scambiato idee con personaggi

appartenenti a molteplici Obbe-dienze europee.

Moneta deve essere ricor-dato non solo per l’impegnoprofuso nella diffusione dell’i-dea di pace e per il Nobel rice-vuto, ma anche per aversostanzialmente rivoluzionatola metodologia dell’informa-zione giornalistica, tuttoraapplicata dai maggiori quoti-diani. Per primo decise diinstaurare la figura dell’inviatodi cronaca, creando una vera epropria rete presso ospedali,

caserme etc. che potesse avere immediatoaccesso alle fonti della notizia, ottenendocosì un’informazione completa ed esausti-va, nonché rapida.

L’unico monumento eretto in suo ricor-do, si trova nei giardini di via Palestro aMilano.

17 Tratto dall’articolo di Fabrizio De Marinis comparso (n. 7/8 del 2003) sul mensile Tabloid,organo dell’Ordine dei Giornalisti della Lombardia.

Bibliografia

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Secolo di Milano” al Premio Nobel per la pace (1867-1907). Tesi di laurea, rel. Prof. F. Abruzzo.Pike, A. (2004) Morals and Dogma. Bastogi Editrice Italiana. Vol. I-II-III.Ragaini, C. (1999) Giù le armi! Ernesto Teodoro Moneta e il progetto di pace internazionale, Mila-

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Multimedialehttp://nobelprize.org/nobel_prizes/peace/laureates/1907/index.htmlMoneta, E.T. (1909) Peace and Law in the Italian Tradition, Nobel lecture, 25 Agosto. Tratto

da http://nobelprize.org/nobel_prizes/peace/laureates/1907/moneta-lecture.htmlMoneta, Ernesto Teodoro. Biography. Tratto da http://nobelprize.org/nobel_prizes/peace/lau-

reates/1907/moneta-bio.htmlFabrizio De Marinis. Nobel per la Pace (1907). In punta di sciabola. Tabloid n.6/7 del 2003. Trat-

to da http://www.francoabruzzo.it/document.asp?DID=522

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I punti di riunione

di Giuseppe CacopardiSaggista

The Author considers the Italian ways to say that the masonic works take placein a “geographic”, “geometric” and “geodetic” point. He also supposes both anesoteric and an operative meaning for the Master’s degree.

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MNNon so quali domande abbia evo-

cato, e quali riflessioni indotto,sapere che la loggia si è riunita

nel punto X, Y, Z. Col tempo, ciascuno hacapito che il significante “punto” ha più diun significato, sotteso all’aggettivo; qual-cuno ha anche intuito quasi la rarefazionedella materialità se non la trasmutazionedal fisico al metafisico.

Se il punto geografico è connesso allatopografia di un luogo abitato, le cose cam-biano col punto geometrico: esso non è più“ciò che non ha parti” di Euclide, ma èdivenuto un “oggetto” come la retta e il

piano, definizione nata dalle speculazionimatematiche seguite alla crisi dell’eviden-za geometrica. Questa è valida per la geo-metria euclidea, limitata alla misurazionedi modeste zone di territorio e al calcolodelle loro superfici; quando si passò a vastearee di territorio non pianeggiante maaccidentato da monti e valli, da mari e pro-fondità marine e poi all’intero globo ter-racqueo furono necessarie altre geome-trie, non euclidee. Le cui particolaritàesemplifico dicendo che se la somma degliangoli di un triangolo euclideo è 180, èminore per la geometria iperbolica, e mag-

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giore per l’ellittica: la comprensione diquesta e altre particolarità richiede appli-cazione di cono-scenze teoriche efilosofiche nonfacili per tutti; chedivengono esclu-denti con la geode-sia, oggi implicataanche nei calcoliper il lancio e leorbite dei satellitiartificiali e per iviaggi delle sondespaziali.

A noi però del punto geodetico puòbastare ciò che è limitato alla Terra, rileva-bile col riferimento al piano orizzontale diuna livella a bolla e alla direzione dellaStella Polare; le geodetiche-linee di mini-ma resistenza rappresentanti la distanzapiù breve fra due punti di una superficiecurva sono necessarie anche per compren-dere la (teoria della) relatività.

Credo però che fra di noi, in senso eso-terico, coi diversi aggettivi si voglianointrodurre concetti metaforico-allegoriciindicanti differenze operative: nel puntogeografico si compiono lavori preparatorie di servizio al cantiere, nel punto geome-trico si realizzano i piani particolari, nelpunto geodetico si studiano e preparano iprogetti e le operazioni esecutive per ubi-care la costruzione “universale” da erigereper il bene e il progresso dell’Umanità.

Nel punto geografico non occorronogeometrie, negli altri si opera con geome-trie diverse, l’euclidea per i particolari, lenon euclidee per le vaste superfici; qui è

insostituibile il calcolo delle geodeticheper la stabilità dello spazio e nel tempo

delle grandi opereprogettate dai terri-coli riferendoci allaStella Polare dellospazio extraterre-stre. Se esso è dettofinito o infinito, ladiversità può esseredovuta al punto divista dell’osservato-re, se interno oesterno a ciò cheviene osservato.

Comunque, le due geometrie sono fun-zionali alle necessità diverse del nostro“territorio” di ricerca e conoscenza, valu-tando anche – con e per la relatività che ciavvolge e coinvolge – che ciò che nonvediamo neppure con gli occhi della men-te può esistere o esiste ugualmente, celatodalla capacità visiva su cui interferisconola rifrazione atmosferica e la curvaturadello spazio-tempo. Forse sul nostro cerca-re e operare influiscono energie ancheumane ancora ignote o non rilevabili coimezzi che oggi possediamo, con noi e sunoi operanti. Parrebbe che più ci limita lanostra finitezza, più siamo spinti, “gettati”(Heidegger) verso una dimensione noneuclidea che non comprendiamo ma a cuinon possiamo resistere o sottrarci: abbia-mo bisogno di qualcosa fuori di noi percapire chi siamo?

Mi piace credere che per il punto geo-detico dove ci riuniamo passino le lineegeodetiche emananti dal contatto binariodi ciascuno dei cinque punti della Mae-

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stria, che hanno reso possibile – nonostan-te le resistenze della nostra non euclideacorporeità e persona-lità – l’instaurarsidella Fraternità.

L’ascesa da for-mule mute a parlantisussidi esoterici puòaversi con l’amplia-mento operativo del-la “geodeticità”; alloscopo propongo dimettere insieme ilpunto geodetico coicinque punti dellaMaestria, in un grafi-co psicagogico. Essosarebbe disegnato con la stella pitagoricaiscritta nel pentagono; da ciascun doppiovertice sorgono linee che armonicamenteintersecate riproducono al centro un pic-colo pentagono inverso con un cerchiopuntato (eco del punto geodetico esternoalla figura). Il modello è il mandala bud-dhista: le sue implicazioni religiose oarchetipali secondo Jung ciascuno può

condividere e seguire o no. In questo dise-gno, tecnicamente Yantra, le figure del fio-

re di loto e delledivinità (il tuttocolorato con viva-ci colori) sonosostituite da lineerette, angolate,curve, intersecateo no; esterno aldisegno un puntoraggiante qualeStella Polare: que-sto insieme puòessere usato perpause di concen-trazione e medita-

zione con cui introiettare la spiritualitàdell’elevazione a Maestro.

Il complesso, costellazione-simbolooperativo dei Maestri, denominabile Aqui-lone, adoperato a fine psicagogico, tende aindurre un comportamento quasi automa-tico, involontario, di vero Maestro: se loscopo trasmutasse in fine conseguito, saràA.G.D.G.A.D.U.

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Since his arrival in Rio de Janeiro in 1835, after the failure of the insurrectionary move-ment in Genoa during the previous year, Garibaldi makes contacts with refugees whointroduce him to the environments of the Freemasonry in Rio de Janeiro, so much thatit turns out to be his first probable connection to an irregular Lodge, but this initiationdoes not result to be documented. While it is well known, that his initiation path as aFreemason begins with the connection with the Lodge “Les Amis de la Patrie” of Mon-tevideo. This research aims at highlighting the objective of Garibaldi’s Masonry con-nections with the politically variegated world of the exiles in the Americas and with thewelcoming societies’ institutional representatives. In fact he is seen alongside BentoGonçalves, head of the self-governing Republican Revolution of the Rio Grande do Sulagainst the Brazilian empire and a Freemason himself. He is an intimate friend of Liv-io Zambeccari in exile in Rio Grande and a leading protagonist of the Farroupilha revo-lution, too.

After moving to Uruguay he creates tight bonds with the Masonry of Montevideo con-nected to the Grand Orient de France, and also with the Argentinian environments,where he ties a deep bond with one of the fathers of the Argentinian nation, BartoloméMitre, Freemason and future president of the Republic in concomitance with the Italianunitary process. Thereafter it is then documented the network of Masonry links betweenGaribaldi and the environments of New York, when the hero lands in the United Statesin 1850 after the failure of the Roman Republic.

In New York Garibaldi finds a favourable Masonic environment and the presence of Ital-ian Risorgimento refugees and Freemasons such as Federico Confalonieri and GiuseppeAvezzana. But above all the bond with Antonio Meucci and the permanence in his homeon Staten Island, which was then transformed into the Memorial Meucci-Garibaldi and“pantheon” of the Italo-American Freemasonry, grant him the connection with theFreemasonry of New York and of the United States in a more general way. It is certain that this thick net of Masonic relationships have contributed to exalt thehero’s figure and to the building up of that myth, a view, this latter, which is often neg-lected by the historiography.

Traduzione di Lazzarella Dall’Ara

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Giuseppe Garibaldi nelle Americhe e i suoi legami massonici: appunti per una ricerca

di Pietro Rinaldo FanesiUniversità di Camerino

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LLa sterminata bibliografia garibald-ina ha affrontato il tema dell’affil-iazione massoni-

ca di Garibaldi e del suolegame con i “fratelli”d’oltreoceano – che duròper tutta la vita - soventein maniera superficiale,se non addirittura in ter-mini scettici, quasi arimarcare una ininfluen-za dell’appartenenza allaLiberomuratoria da partedel nizzardo in relazionealla sua biografia politi-co-militare. La stessa con-vegnistica, nonché la produzione stori-ografica seguita alle celebrazioni del 2007in occasione del bicentenario della nascitadi Garibaldi, hanno dato poco risalto aquesto aspetto biografico, così, risultaimportante il breve ma significativo pam-phlet del Gran Maestro Gustavo Raffi editonell’occasione delle celebrazioni garibal-dine1.

L’affiliazione massonica di Garibaldipresenta un incipit ufficialmente non docu-mentato. Infatti, come noto, quando egligiunge a Rio de Janeiro, sul finire del 1835in seguito al fallimento dei moti insurre-zionali di Genova e della sua condanna,tenta subito di collegarsi con il mondodegli esuli risorgimentali; in modo partico-

lare il suo primo contatto “politico” saràcon Giuseppe Stefano Grondona2, ligure,

giunto a Rio già nel 1815,estimatore del pensieromazziniano ed in qual-che modo collegato congli ambienti di Marsiglia,porto dal quale si imbar-ca Garibaldi per il Brasi-le, ed aveva fatto arriva-re qui il desiderio di rice-vere le pubblicazioni piùrecenti. Il nizzardo gliporta le “Istruzionigenerali” della Giovine

Europa e l’ultimo fascico-lo della “Giovine Italia”. Sembra che Gron-dona accolga bene Garibaldi a Rio e che sialui il tramite per l’iniziazione massonicadell’eroe dei due mondi in una loggia loca-le, “Asil de la Vertud”, una loggia in verità“irregolare” e non riconosciuta dagliOrienti europei. Questo momento iniziati-co di Garibaldi viene riportato in diversebiografie3, ma non esiste una documenta-zione che attesti l’affiliazione e forse sitratta di un equivoco, poiché la stessadenominazione della loggia (né in porto-ghese né in spagnolo) sottintende unaricostruzione bibliografica e non docu-mentaria e probabilmente non si tratte-rebbe di una loggia di Rio, ma di una loggiauruguaiana che esistevano già da tempo,

1 Raffi 2007. 2 Su di lui si veda la scheda biografica in Dizionario storico biografico dei Liguri in America Lati-na da Colombo a tutto il Novecento, ad nomen.3 Ad esempio in Scirocco, 2005: 29.

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“Asilo de la Virtud”, e nella quale risultanoaffiliati sin dal 1831 degli italiani4. È invecedocumentata (e ufficialmente riconosciu-ta) la sua regola-rizzazione nel-la loggia “LesAmis de laPatrie” diM o n t e v i d e oall’obbedienzadel GrandeOriente diFrancia, il 18agosto del 1844,in occasione della sua presenza nel territo-rio uruguaiano durante il movimento indi-pendentista nei confronti della dittaturaargentina di Juan Manuel de Rosas. Danotare che l’anno successivo verrà iniziatonella stessa loggia di Garibaldi, BartolomeoOdicini, il medico della leggendaria Legio-ne italiana di Montevideo5.

Come si può vedere da questi primiaccenni, il legame massonico inizia a rap-presentare una trama rilevante nelle rela-zioni dell’esule con il mondo locale doveegli approda dopo le vicende genovesi. Maciò che risulta di un certo interesse è ilrapporto che Garibaldi tenne a costruirecon i principali esponenti delle “rivoluzio-ni” alle quali partecipò, ossia quella dei“farroupilhas” nel Rio Grande do sul e la

liberazione di Montevideo e dell’Uruguay.Le vicende dei due movimenti insurrezio-nali sono note e hanno contribuito in

modo sostanziale eduraturo alla costru-zione del mito gari-baldino6, ma menonota è forse la suacapacità di relazio-narsi con i “fratelli”,sia locali che italianiin esilio, durante laprima epopea ameri-

cana.In Brasile Garibaldi trova sin dal suo

arrivo esuli come Livio Zambeccari, LuigiRossetti, Francesco Anzani e Giovan Batti-sta Cuneo; il ruolo di Zambeccari nellarivoluzione riograndense fu di primo pia-no e altrettanto nota è l’importanza suc-cessiva di questi per la Massoneria italiana,dove giunse a reggere l’interim della GranMaestranza del Grande Oriente Italianosedente a Torino verso la fine del 1860.Meno noto e studiato è il legame di Gari-baldi con Bento Gonçalves, il capo della“rivoluzione farroupilhas” riograndese cherese indipendente, su base repubblicana, ilRio Grande do Sul dall’impero brasiliano, emassone anche lui. Come si vede, si comin-cia a delineare un interessante intrecciomassonico-cospirativo che univa esuli ita-

4 L’affermazione è ricavabile dal lavoro di Cabrelli, 1989: 94, dove viene ben documentatal’influenza dei massoni italiani nelle vicende storiche e politiche dell’Uruguay. Lo stesso VittorioGnocchini nel suo lavoro del 2005: 139, mette in dubbio l’esatta dislocazione geografica della log-gia.5 Su di lui si veda Goretti, 1996: 61-71. 6 In proposito si rimanda al mio lavoro del 2007.

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liani come Garibaldi, Grondona e Zambec-cari allo stesso Bento Gonçalves e che for-niva un sicuro anello di congiunzione conla classe dirigente di Rio deJaneiro e del Rio Grande doSul. Poco si sa di questa atti-vità massonica mossa daidealità umanitarie di carat-tere internazionalista edecisamente repubblicane,ma essa potrebbe spiegarebene la persistenza e lavalorizzazione, ad esempio,del mito garibaldino neidecenni successivi, al di là,dunque della retorica sullapartecipazione del nizzardo alla rivoluzio-ne riograndese. È stato ben osservato che“L’inserimento [di Garibaldi] in Massone-ria, in altre parole, preservò il patriottismogaribaldino dall’irrigidimento strettamen-te nazionale (a differenza di quanto accad-de per la maggior parte degli altri protago-nisti del Risorgimento, Mazzini in testa, iltermine stesso di ‘nazione’ rimase infattipressoché estraneo alla sua prosa, oveinvece ricorre quello di ‘popolo’) e gli offrìl’immediata percezione, anche sul pianopratico, operativo, dell’universalità degliobiettivi ch’egli s’era prescelti e andavaperseguendo”7.

È poi interessante notare come i legamimassonici di Garibaldi con i “fratelli” lati-noamericani non si consolidarono solo neipaesi in cui egli visse e lottò, come il Brasi-le e l’Uruguay, ma si svilupparono anche in

paesi del continente americano dove eglinon fu presente come, ad esempio, inArgentina. Qui e a Buenos Aires in partico-

lare, si segnalano consistentipresenze di esuli risorgimentali,a partire dai moti del 1820-21.Molti marinai e mercanti si sta-biliscono nel porto del Plata e,sicuramente, contribuiscono adalimentare le idealità risorgi-mentali tra i primi nuclei diimmigrati italiani e la stessasocietà bonaerense. Tra l’altro,questi personaggi, la cui culturapolitica è intrisa di “carboneria”

e insurrezionalismo, giungevanonon a caso nei porti latinoamericani consi-derando che proprio in quei primi decennidell’Ottocento prendevano vita e forma leprime esperienze repubblicane rivoluzio-narie e, sovente, non si limitavano ad ope-rare nei ristretti ambiti di un trapiantopassivo, ma interagivano con la già nume-rosa colonia italiana emigrata per motividi lavoro e la società locale, gettando così iprimi semi di un fervente attivismo politi-co che si svilupperà più tardi, a cavallo difine secolo, su filoni fortemente ideologiz-zati e caratterizzati da un militante repub-blicanesimo, socialismo ed anche anarchi-smo, con la partecipazione attiva di diver-si massoni. Certo, la realtà argentina non èquella dell’Uruguay o del Rio Grande doSul, poiché non può contare sulla presenzadi Garibaldi, ma ciononostante l’influenzadel pensiero mazziniano è forte ed essen-

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7 Cfr. Mola, 1984: 148.

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zialmente dovuta a Giovan Battista Cuneo,probabilmente colui che, più di ogni altro,contribuirà ad esaltare la figuradi Garibaldi e a costruire il suomito, tanto da far notare che:“Notevole fu la sua influenzasugli stessi liberali latinoameri-cani della cosiddetta Generazio-ne dei proscritti e della JovenGeneracion Argentina (altri-menti nota come la Asocacionde Mayo e punto di raccolta, dal1837, di un gruppo di cui eranomembri Esteban Echeverria,Juan Batista Alberdi, Miguel Iri-goyen e Bartolomé Mitre, vale adire il fior fiore della futuraclasse dirigente pratense neglianni della grande alluvisione immigrato-ria)”8. Si riporta quanto sopra, poiché risul-ta determinante per l’affermazione delmito garibaldino, lo stretto legame frater-no, ovviamente massonico, tra GiuseppeGaribaldi e Bartolomé Mitre; quest’ultimodiverrà in seguito Presidente della repub-blica argentina in concomitanza con il pro-cesso unitario italiano (1862-1868) e nonperderà mai l’occasione di ricordare illegame con l’eroe della “Difesa di Montevi-deo”, essendo tra l’altro, anche lui un acer-rimo nemico di Juan Manuel de Rosas.Sarebbe di un certo interesse avviare unostudio sulla consistenza massonica italianain Argentina sin dalla prima metà dell’Ot-tocento, per vedere gli incunaboli di una

presenza dei massoni italiani e italoargen-tini già visibile, ad esempio in occasione

della commemorazione dellamorte dell’eroe a Buenos Airesdove i massoni italiani parteci-pano ai funerali massonici diGaribaldi il 25 giugno del 1882assieme ad oltre 80 rappresen-tanze di loggia e società mutuali-stiche in qualche modo legatealla Massoneria locale9. Ora, dopo aver descritto breve-mente i links che uniscono Gari-baldi alle presenze massonichein America latina si vuole qui darconto di alcuni rapporti di carat-tere massonico intessuti dal niz-zardo negli Stati Uniti nel perio-

do della sua permanenza in terra nord-americana e in particolare a New York,ossia nella città-simbolo dell’immigrazio-ne non solo italiana. Come noto, Garibaldigiunge per la prima volta a New York nel1850 come rifugiato politico dopo la cadu-ta della Repubblica Romana alla quale ave-va partecipato lasciando dopo 14 anni ilSudamerica assieme alla “brasiliana” Ani-ta. Garibaldi non arriva per caso a NewYork, difatti la stessa diplomazia america-na a Roma gli aveva offerto (come del restoallo stesso Mazzini) assistenza per la fugagià nell’estate del 1849. L’esule giunge aNew York il 30 luglio del 1850 dopo esseresalpato da Liverpool a bordo di una naveamericana un mese prima. Appena sbarca-

8 Devoto, 2007: 121. 9 Per il rapporto tra Garibaldi e la Massoneria locale, si veda Tonelli 1951. La manifestazio-ne indicata nel testo è descritta alle pp. 49-54.

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10 Per un breve profilo biografico di Pastacaldi si veda Durante, 2001: 767, n. 63.11 Su questo aspetto si veda Bugiardini, 2006: 118-124.12 In proposito si veda il lavoro inedito di J. Pellegrino, An Effective School of Patriottism, con-servato presso l’Immigration History Research Center dell’Università del Minnesota, Minenapolis.13 Per l’esperienza massonica di Meucci si veda Gnocchini, 2005: 186.14 Sulla vicenda della trasformazione della casa di Meucci in museo si veda Fanesi, 2007:106-7.

to si sistema in casa di Michele Pastacaldi,uno dei più importanti membri della colo-nia italiana a New York,sostenitore della causaitaliana e probabilmentemassone anche lui10. Gari-baldi approda negli StatiUniti in un ambientefavorevole agli esuli delRisorgimento italiano11,tanto che negli anni pre-cedenti diverse decine diprotagonisti dei moti del’20-’21, nonché degli anni’30 e ’40, sbarcano sulle rive dell’Hudsonper trovare asilo, all’interno di una primacorrente migratoria italiana di carattereeconomico. Per quanto riguarda l’emigra-zione politica propriamente detta è utile,ai fini del presente lavoro, segnalare l’arri-vo negli Stati Uniti di personaggi di rilievodel Risorgimento e affiliati alla Massoneriacome nel caso di Piero Maroncelli chegiunge già nel 1833 (che non incontreràperò Garibaldi in America spegnendosi aNew York nel 1846), di Federico Confalo-nieri, arrivato nel 1837 e di Giuseppe Avez-zana che sbarca a New York all’indomanidella caduta della Repubblica Romana,come Garibaldi. Questi patrioti giungonoin terra nordamericana assieme (in varie

date naturalmente) a circa 50 esuli di unacerta importanza, tanto da essere studiati

e biografati, seppur perlinee generali12, ma,oltre ai tre personaggicitati poc’anzi, non sisa quanti di questi esuliappartenessero allaMassoneria. Non è uncaso, quindi, che quan-do Garibaldi arriva aNew York nell’estatedel 1850 venga accoltocon grande entusiasmo

e anche con una certa solennità. Dopo ilsuo arrivo è ospite in alcune residenze diamici per due mesi, poi si trasferisce a Sta-ten Island in casa di Antonio Meucci, ami-co di vecchia data e, tra l’altro, massonecome lui13, lavorando nella piccola fabbricadi candele che questi aveva in BleekerStreet a New York City. Con Meucci l’eroestringerà un forte rapporto fraterno e nona caso la comunità degli italoamericani e lastessa Massoneria newyorkese renderàomaggio a questa fratellanza e ai due illu-stri italiani trasformando la casa in unmuseo, il “Memorial Garibaldi-Meucci”14. Ilperiodo che Garibaldi trascorse a casa diMeucci e di sua moglie Ester fu di grandetranquillità e gli consentì di stringere

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numerosi rapporti con gli italiani di NewYork e con i “fratelli”15, che si ricorderan-no poi di Garibaldi in varieoccasioni quando lui rientreràin Italia e che contribuirannoa radicare negli Stati Uniti ilmito garibaldino con la suaincredibile eco che si produr-rà – nei decenni a venire – inoccasione degli anniversaridella sua nascita, il 4 luglio,data di eccezionale importan-za per la comunità italoameri-cana, la quale non perdevanaturalmente l’occasione dicogliere l’opportunità “politi-ca” della contestuale ricorren-za dell’Indipendenza degliStati Uniti. Significativa, perlo studio dei legami con i mas-soni newyorkesi, è la frequen-za di Garibaldi ai lavori della Loggia“Tompkins n. 471” di Stapleton nel 1851.Interessante si presenta, tra l’altro, l’episo-dio che vede Garibaldi lasciare una sorta dieredità massonica allorquando salpa daNew York per l’Inghilterra e dona “al mas-sone e amico Francesco Lavarello le sueinsegne massoniche, usate nella Loggianewyorchese, che furono da questi succes-sivamente donate a Livorno nel 1864 a Gio-van Battista Fauchè [procuratore di Rubat-tino, consegnò a Garibaldi i due vapori Pie-

monte e Lombardo con i quali i Mille parti-rono da Quarto il 5 maggio e da Garibaldi si

vide poi assegnare ladirezione della marinada guerra in Sicilia]che, a sua volta, ledonò alla Massonerialigure il 24 gennaio1883 in seduta solen-ne”16. Garibaldi lascerànegli Stati Uniti un’in-delebile impronta del-la sua presenza e diecianni dopo la sua par-tenza due episoditestimonieranno la sti-ma degli americaniper l’eroe dei duemondi; essi sono notima vale la pena ricor-

darli: il primo riguardal’offerta di Abramo Lincoln di affidare aGaribaldi il comando di un corpo d’armatadell’esercito unionista (anche se si sa che igaribaldini combatterono anche nelle filaconfederate), il secondo è la generosa par-tecipazione di americani alla spedizionedei Mille, sia in termini di presenza divolontari che di giornalisti al seguito, maanche con un notevole contributo finan-ziario tanto che solo a New York venneroraccolti in due anni (1859-60) oltre 100.000dollari17.

15 Per i contatti frequenti con gli italoamericani del posto si rimanda alla descrizione inRidley, 1974: 360-365.16 Gnocchini, 2005: 139.17 Per gli episodi che coinvolsero i garibaldini nella guerra civile americana, sia per la par-te unionista che confederata, cfr. Durante, 2001: 226-7, nonché Nuraghi, 1984: 225-230.

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Probabilmente si potrebberocitare tanti episodi e ricostru-zioni biografiche che possanomeglio mettere in luce i legamimassonici di Garibaldi nelleAmeriche, in particolare nellafase preunitaria italiana, maquesto breve lavoro non ha lapretesa di essere una ricercaesaustiva sul tema trattato,

quanto piuttosto rappresentareuno stimolo ad avviare unostudio organico e comparatosulla questione che, comeaccennato in precedenza, sem-bra risentire di una sorta disottovalutazione del fenome-no tanto da assumere quasi icontorni di una “distrazione”storiografica.

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Riferimenti bibliografici

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La via laica alla tolleranza

di Bent Parodi di BelsitoGiornalista

Freemasonry is a great idea that raises history. It is an innovation for man and his des-tiny and it refers to the Greek concept of “paideia”, that is an ideal of culture and civi-lization, which tends to form the complete citizen. In the same way, Freemasonry has itsown “paideia”: turning crude stone into a cube-shaped stone perfectly polished, that istransforming man from his inner body.This process is a real palingenesis based on the sacred trinomial of freedom, equalityand brotherhood, expressed in the everydaylife through the practice of tolerance andconfrontation. It is a long and not easy way.

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IIl mondo brucia sull’orlo di un abissosenza fondo, roso da un’entropiafatale. Inquinamento progressivo,

sia fisico che morale, globalizzazione, fon-damentalismi riemergenti, sono la minac-cia più evidente per il futuro della civiltà.Sembra proprio che l’uomo non vogliacomprendere la lezione della storia; al dia-logo si preferisce il vieto costume dellecontrapposizioni ideologiche. Il demonedell’intolleranza si aggira spettrale in ogniparte del pianeta.

Sembrano smarrite le chiavi dellaragione e del buon senso. Eppure l’uomod’oggi, frantumato e depotenziato, non haalternative: perire o sopravvivere, ridursiad una larva o trasformarsi in superuomocapace di gettare le basi per un nuovoumanesimo, per una rinascenza dei valoriperenni.

Urge un surplus di saggezza, uno scattod’orgoglio che non può che originarsi dal-le nostre radici europee. Oggi si parla tan-to dell’Unione come possibile ago della

bilancia nel complesso scacchiere interna-zionale; nella generale “confusione dellelingue” le nazioni del vecchio continentesono in grado di svolgere un ruolo di equi-librio e moderazione perché hanno alme-no una base comune di reciproca com-prensione. E questa capacità di intendersiha cause ben evidenti, fondate su comuniesperienze di percorso spirituale.

Più volte in tempi recenti il Papa halamentato il mancato riferimento nellaCostituzione europea al cristianesimocome collante delle genti di Eurolandia.Giusta esternazione, ma al di là di ogni giu-dizio retrospettivo occorre precisare chemolteplici fattori hanno concorso alla for-mazione di una comune coscienza euro-pea. Come non ricordare, ad esempio, l’Il-luminismo e le grandi rivolte sociali chehanno dato vita agli impulsi riformistici edemocratici con la nascita degli Stati laici?

Ma si tratta pur sempre di spiegazioniparziali. Chiediamoci: che cos’è che fa sìche popoli così diversi per storia naziona-

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le possano capirsi, cos’è che unisce finlande-si, svedesi, polacchi a francesi, italiani, spa-gnoli. La risposta è una sola: la comu-ne forma pensiero che ci viene dalpensiero ellenico.

Non ce ne rendiamo conto nellavita e nella prassi quotidiane, manoi siamo ancor oggi Greci; da essiabbiamo ereditato, una volta e persempre, le categorie aristoteliche, ilLogos platonico: in una parola, lefondamenta del pensiero scientifico.

Si badi bene, la ragione discorsi-va e analitica ha certo i suoi meriti,ma anche dei limiti. Nel rigettare ladimensione mitica, essa ha rimossola conoscenza simbolica senza laquale non sarebbero comprensibilile più antiche civiltà, la stessacoscienza olistica della realtà. Ciò per-ché il nostro comune modo di ragionare èfortemente selettivo e non sintetico, parcel-lizza i saperi moltiplicandoli in modo espo-nenziale e ponendo le premesse per la dia-spora delle discipline.

E tuttavia il cosiddetto pensiero raziona-le, pur rappresentando solo una modalitàdella conoscenza, ha prodotto ciò che va sot-to il nome di civiltà moderna. Pur con tutti isuoi limiti dobbiamo ad essa l’affermazionedei valori laici che in Grecia hanno avuto laloro prima culla nelle agorà delle poleis chevidero l’alba della democrazia. Ed è esatta-mente a queste coordinate spirituali chedobbiamo rapportarci nel tentativo di supe-rare la grande crisi del nostro tempo.

A questo punto sarà utile in linea preli-minare una messa a punto degli àmbitisemantici sottesi alla nozione di “laico”. Il

greco laikòs è aggettivo dipendente dal ter-mine laòs, “popolo”: dunque, “che appar-

tiene al popolo”. Il vocabolorisale probabilmente all’acca-dico le’u, parola equivalente a“valoroso”, “capace”, “bravo”,che in Mesopotamia classifica-va una parte qualificata delpopolo.

Il significato originario dilaikòs in Grecia era quello diprivato cittadino senza carichepubbliche, poi si contrappose aklerikòs assumendo il sensomoderno di “non ecclesiasti-co”. In Francia e in Italiadurante l’Ottocento, con unosviluppo semantico l’aggettivoha assunto nuovi significati,

legati alle vicende storiche esociali dell’epoca. Da allora laico si con-trappone a confessionale, è propriamentechi vuole la separazione fra Chiesa e Stato,la libertà di culto e di critica alle confessio-ni religiose.

Nel senso originario lo ritroviamo ingiudice laico della Corte di Assise, cioèmagistrato non togato il cui nome è statoestratto a sorte fra il popolo (laòs). Cosìanche i membri laici del Consiglio superio-re della Magistratura, perché eletti dal Par-lamento, rappresentante del popolo.

Acclarati i risvolti filologici, esaminia-mo nel merito il significato odierno e con-sacrato di laicismo che ci risulta evidenteper la nostra formazione di uomini liberi escevri da pregiudizi ideologici. E dunquenon abbisogna di particolari commenti.

Essere laici equivale ad avere una visio-

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ne aperta e flessibile della vita e dei rap-porti sociali, in contrapposizione a qual-siasi atteggiamento dogmaticoe di cieco fideismo. Ognicostruzione laica è di per sègarantista, rifiuta le certezzedefinitive come pericolose edassicura a ciascuno il pienodiritto ad ogni equilibratodissenso. In breve, nell’acce-zione comune laicità e demo-crazia fanno tutt’uno.

All’opposto è la considera-zione fondamentalista delmondo; tutti ricordiamo ilfamigerato motto nulla salusextra ecclesiam, ovvero “nonc’è salvezza al di fuori dellaChiesa”. Senza voler entrarenel merito dell’altissimo messaggio delVangelo cristiano è giusto riconoscere ilrischio integralista insito in ogni monotei-smo storico. La fede attiene alla dimensio-ne intimistica del credente, il sacerdozioorganizzato tende inesorabilmente a disci-plinarla in griglie rigide. Si potrebbe citareal riguardo un antico detto delle Upanis≥adindù: “Laddove nasce una chiesa lì muorela religione” (e meglio sarebbe parlare direligiosità). L’affermazione è forte ma èinnegabile che essa ha un fondamento diindiscutibile verità.

Il laicismo è per sua natura intriso dipluralismo e quindi rispettoso delle diver-sità, la sua peculiare dimensione è politei-stica, in senso ovviamente simbolico, nelsegno della psicologia archetipica e fun-zionale, esemplarmente teorizzata daJames Hillman. Gli dèi, infatti, non sono

che aspetti particolari dell’anima e nonrealtà oggettive, benché pienamente rap-

presentabili nei processi dina-mici della Natura. Essi noncontraddicono, bensì integra-no l’idea dell’unico Assoluto dilà da ogni forma sensibile.Hanno un eminente caratteresimbolico.

Tutto ciò sfuggì ad una cor-retta interpretazione allorchéla religione greco-romana fusopravanzata dall’emergentecristianesimo. Perdute le coor-dinate simboliche, intesecome forma infantile e men-dace della creatività dello spi-rito, i Padri della Chiesa per

imporre il culto dell’unico Diocristiano decisero di fare tabula rasa. Giac-ché gli antichi avevano divinizzato in ognisuo aspetto la natura, decisero di demoniz-zarla, perché responsabile dei processi dinascita e rinascita del mondo dei fenome-ni umani e vegetali. I primi cristiani aspi-ravano alla nascita celeste, non a quellaterrena, sicché ancor oggi chi festeggia ilproprio onomastico non sa che il giorno diriferimento è quello della morte, e non del-la nascita, del proprio santo. E della stessadonna, colpevole di far figli, si disse chenon aveva anima come si afferma nel Van-gelo, poi dichiarato apocrifo, di San Tom-maso. La sessualità divenne peccato pres-soché imperdonabile nella logica correntedel cristianesimo medioevale. Eppure Tale-te, il padre della filosofia greca, aveva sem-plicemente affermato che “tutto è pieno dispirito” (panta plére theòn).

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Per superare questa demonizzazionedella natura, questa caccia alle streghe,abbiamo dovuto attendere1200 anni. Soltanto la predi-cazione di San Francesco hacolmato la cesura fatale. Edire che solo per un soffioegli non fu dichiarato ereti-co, al pari del contempora-neo Pietro Valdo, fondatoredella Chiesa valdese…

E, per la verità, di un cri-stianesimo autentico e com-piuto si può parlare nelmondo moderno solo a par-tire dalla perdita del poteretemporale e, ancor più, conl’avvento dello spirito con-ciliare promosso da papaGiovanni XXIII.

E ciò vale per l’aspetto storico, oggetti-vo, delle nostre considerazioni. Ma sul pia-no più propriamente teoretico qual è ilparadosso, la contraddizione intima diogni monoteismo? L’aver confuso l’Esserecon l’Ente, facendo dell’unico Dio l’Enssupremum. Ora solo l’Essere può essere Unomentre gli enti (anche quello supremo)non possono che procedere per molteplici-tà: l’unità dell’Essere si esprime analogica-mente nella moltiplicazione 1x1x1x1x1x1,ecc., che dà sempre uno, mentre l’unitàmolteplice degli enti è cosa ben diversa ecorrisponde in matematica a 1+1+1+1+1,ecc., somma che dà valori progressivamen-te ben diversi dall’unità.

Si è trattato, storicamente, di una vera“catastrofe metafisica”, ciò che ha fatto sìche l’Essere che porta-ad-essere ogni esi-

stente, dunque di là da ogni ente, sia dive-nuto tutt’uno con l’Esistente, quale valore

assoluto. L’esistenza, inve-ce, discende dal latino ex-sistere, “emergere, uscirefuori da”, e – rispettoall’Essere - è paragonabilead un’onda (o a una seriedi onde) che increspa ilmare per lasciarlo alfine instato di quiete, quello pro-prio dell’Essere. L’ex-sìste-re, oltretutto, presupponeuna successione logica (enon cronologica) che fadell’Essere, in quanto tale,solo un precedente dell’e-sistere. “Ciò che è” nonequivale necessariamente

a “ciò che esiste”, le due affermazioni pos-sono coincidere, ma anche non coincidere.

Già la definizione ontologica è di per sèmonca. In verità si va ben oltre, il mono-teismo religioso sembra aver dimenticato igrandi mistici, l’insegnamento di Platone edi Plotino secondo i quali l’Assoluto è “al dilà dell’Essere” (epékeina tés ousìas). La divi-nità, infatti, è tale solo se supera le frontie-re dell’Essere, se essa – insomma - è ancheNon-Essere, cioè la “virtualità”, o - comeaffermava René Guénon - la “Possibilitàuniversale” (nozione, questa, familiare allametafisica orientale, ma quasi sconosciutaall’Occidente che ha saputo elaborare solouna metafisica dell’Essere, relegando ilnon-Essere a sinonimo di “nulla”, un’aber-razione del pensiero europeo).

A partire dal primo monoteismo stori-co, quello ebraico, Dio è stato fatto coinci-

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dere esclusivamente con l’Essere: Jahvé,manifestandosi a Mosé sul Sinai, avrebbedetto “Io sono colui che è”, o– piuttosto -rispettando iltesto israelitico “l’Essere èl’Essere” (‘Ehieh ‘Aser ‘Ehjeh).

A far data dall’ontologiadel roveto ardente, si èandata stabilendo l’equazio-ne Dio-Essere, che successi-vamente ha influenzato inmodo determinante anchel’intero pensiero filosoficooccidentale.

Ben diversamente il poli-teismo classico e preclassico: nelle sue for-me più pure la presenza di vari dèi nonescludeva affatto il principio della divinitàunica; una cosa era in Grecia la theòtes(divinità), altra cosa erano i theòi (gli dèi).

Nell’antico Egitto era familiare la nozio-ne di nether Ua, il “Dio uno”, l’“Unico che siè fatto milioni” (come affermano i testisapienziali). Al di là delle tante figure divi-ne, nel mondo mediterraneo antico si par-lava di un theòs àghnostos, un “Dio scono-sciuto”, “senza nome”, prefigurazione sim-bolica della theòtes universale: gli è che peri Greci tutta la natura - la physis, ovvero il“processo generativo dell’Essere” - eradivinità, vita, spirito.

Per reazione il Cristianesimo, erede delGiudaismo riformato, demonizzò il mondonaturale: sicché i démoni divennero demò-ni. Ma il paradosso del Dio-Essere fattosiEnte supremo non ha potuto eliminare difatto l’esigenza esistenziale delle varie teo-fanie e ciò perché l’unità della theòtesimplica, necessariamente, la pluralità dei

theòi, così come l’unità dell’Essere presup-pone la pluralità degli Enti. Questo proces-

so, a livello interiore eindividuale, si svolge -per dirla con l’iranistaHenry Corbin, nel-l’ambito del mundusimaginalis, il “luogo”privilegiato della psi-che ove nascono e siformano le rappresen-tazioni ideoplasticheche fondano la vitadell’anima.

L’insopprimibilitàdelle epifanie funzionali divine ha coinvol-to anche il Cristianesimo con l’istituzionedei numerosissimi santi della Chiesa catto-lica, ciascuno dei quali patrono ideale diun’attività peculiare. E con tutto il rispettodovuto alla nozione della santità è difficilenon stabilire un rapporto analogico con gli“dei funzionali” descritti dalla storia com-parata delle religioni. Così a stretto rigoreil Cristianesimo, che è piuttosto una “tri-unità modalista” (Padre, Figlio, SpiritoSanto) ha ereditato, suo malgrado, la con-cezione del cosiddetto “paganesimo”.

In realtà, da un punto di vista stretta-mente morfologico, l’unico autenticomonoteismo rigido appare essere l’islami-smo, che vieta le immagini divine ed è tut-to compreso dall’affermazione del tawhid,ovvero l’unità assoluta di Allah.

Che poi questa religione sia oggi al cen-tro di una tragedia planetaria è tutt’altrodiscorso e attiene al degrado delle relazio-ni umane fomentato dalle spinte del neo-fondamentalismo postmoderno.

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In realtà, il mondo sta mutando con rit-mi frenetici. A partire dall’annuncio nietz-scheano della “morte diDio” si sta manifestando losgretolarsi di un interouniverso culturale e, nel-l’individuo, di un unicomodello ideale. L’atteggia-mento monoteistico vaperdendo il suo fondamen-to; “sembra che soprag-giunga il caos, il dominiodel nulla. Per tutti invecesi dischiudono i luoghidegli dei e delle dee che ritor-nano in una varietà di cosmi policromi epolicentrici” (si veda Il nuovo politeismo-Miller-Hillman, Edizioni di Comunità,Milano, 1983).

Siamo dunque al collasso della nostraciviltà? Non mancano molteplici e tragicisegni premonitori come ci attestano lecronache quotidiane. Tutto è offuscato dauna violenza continua. Occorre ripristina-re d’urgenza la forza della ragione perritrovare la solidarietà delle ragioni. Vive-re in pace con gli altri non dovrebbe esse-re impresa impossibile, a condizioneovviamente di correggere e invertire ilflusso delle polarità contrarie.

Come abbiamo potuto ridurci ad unsimile stato di inselvatichimento? Il pro-cesso patologico parte, ormai, da lontanocon la progressiva massificazione dellasocietà planetaria. Valgano le parole d’ungrande interprete della sapienza greca,Giorgio Colli (Dopo Nietzsche):

[…] L’individuo e la collettività si sono

allontanati con il trascorrere dei secoli, lun-go cammini divergenti, e continuano perciò

ad allontanarsi. Ciò che lacollettività si attende dal-l’individuo, presupponein lui, è sempre diversoda quello che egli scoprein se stesso come autenti-co, sorgivo. E chi è qual-cosa di più che una formi-ca, chi vuol lasciare die-tro di sé una traccia dure-vole tra le apparenze, ilsuo strascico di cometa odi lumaca, viene frantu-

mato dal mondo umano,non dalla sua ostilità, ma semplicementedalla sua estraneità, dalle sue regole, daisuoi comportamenti, dalle sue consuetudini.Nella collettività l’espressione dell’individuonon riecheggia, non rifulge più, è perdutal’armonia del mondo antico […]

Un filosofo ha detto che “soltanto labellezza potrà salvare il mondo”. Ma civuole anche verità, come dire la ricerca delsenso. Bisogna rinserrare le fila, costituireuno stuolo di eletti cavalieri disponibili amettere in gioco se stessi per riaffermare ivalori del pluralismo e della tolleranzacontro ogni forma di fanatismo e di violen-za. Sono qui fra noi e ad essi non va chericordato il supremo invito, che Leonardoda Vinci consegnò nelle sue Memorie:

Fa tale opera, o mortale, che tu da mortoabbia somiglianza di perfetto vivo. Non ren-derti col sonno in vita simile ai tristi morti.

E solo così il mondo potrà trasformarsiin un Tempio di giustizia.

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Massoneria e musica nel Settecento :arte, speculazione e organizzazione economico-sociale

di Daniele ToniniMusicologo

Music and Arts combine the didactic, spiritual and social tasks of Freemasonry. Theattraction of many musicians for the latomistic thought is due to the contiguity betweenartistic and Masonic research. Side by side to the speculative work, at the beginning ofthe history of the modern Freemasonry, the attention to the organization of an internaland/or public concert activity became consolidated.The analysis of some examples of artistic production and of musical organization inFrance and England during the XVIII century under the auspices of Freemasonry giveshints of speculative and organizational interrelation among the Institution, music andsociety.

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MMMolte delle consuetudini arti-

stiche e musicali promosse eincoraggiate dalla Massoneria

nel Settecento – di cui tratteremo inquesto breve excursus –, possono ancoraoggi essere considerate un modello corag-gioso ed efficace dell’intervento del pen-siero massonico nella società e nella cul-tura attraverso un utilizzo mirato e “politi-camente” illuminato del sistema delle arti.Promuovendo il senso comunitario egioioso del canto didattico e conviviale inparallelo alle più ermetiche speculazionimusicali sulle strutture simboliche,matematiche e cosmologiche, la musica

settecentesca nelle sue declinazioni “mas-soniche” ha avuto una importante fun-zione di comunicazione interclassistapotendo diffondere le idee di uguaglianzae tolleranza anche grazie alla mobilitàsociale delle stesse figure professionali deimusicisti, uomini che, muovendosi tra icentri musicali europei, potevano dif-fondere e veicolare con efficacia laconoscenza libero-muratoria. A montedell’innegabile fortuna promozionale esociale della musica in Massoneria, restaperò imprescindibile il richiamo all’espe-rienza artistica come esperienza massoni-ca che sorge da subito nell’ambito della

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1 Per un approfondimento della materia trattata da questo articolo, che tocca solo alcuniaspetti legati al mondo musicale inglese e francese settecentesco, rimandiamo il lettore ai seguen-ti volumi: Basso 1994; dello stesso autore, per una trattazione più concisa, all’articolo «Massonica,Musica» (1988); Tocchini 1998; Cazzaniga, Tocchini, Turchi 2001.2 Le Constitutions raffigurate nella stampa possono essere o quei non precisati «estratti daantichi documenti», come quelli che lesse George Payne insediando il duca di Montagu il 24 giu-gno 1721, oppure, con maggiore probabilità, il testo manoscritto dell’Anderson. Cfr. Vibert 1991.3 Lo spazio è chiuso da un arco che lascia intravvedere il mondo esterno: una natura deser-ta, priva di architetture come di segni di vita. La matrice classica della scena fa pensare ad un tem-pio ipetro, ossia privo di copertura, come priva di copertura è una Loggia. Un doppio ordine di log-ge (probabilmente un richiamo simbolico alla Gran Loggia) si affaccia sullo spazio comune, pavi-mentato con delle lastre quadrate, dove tra due gruppi di dignitari è disegnata la dimostrazionedel teorema di Pitagora, simbolo della segreta conoscenza muratoria.

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Massoneria moderna, un patrimonio cul-turale, intellettuale e spirituale che nonpuò essere sottovalutato oconsiderato elementodecorativo o laterale del-l’essenza della fratellanzadell’Ordine1.

Il sistema di pensierodella libera muratoria, chebasa il suo specifico lin-guaggio simbolico sull’ar-te del costruire e sull’ar-chitettura, si pone conevidenza in stretta analo-gia con il processo dellaprogettazione e “costru-zione” artistica. Significa-tivamente è Apollo, dio del sole e dell’illu-minazione della conoscenza, ma anche pereccellenza dio della musica, a “sovrinten-dere” alla nascita della Massoneria moder-na. Le Constitutions of the Free-Masons del1723, il principale testo della rinascitamassonica, vengono introdotte da una

stampa con la rappresentazione del pas-saggio dei poteri dal Duca di Montagu – il

Grand Master che ne avevacommissionato la redazio-ne al reverendo JamesAnderson –, a Philip ducadi Wharton, il suo succes-sore (un passaggio suggel-lato simbolicamente conla trasmissione da unGrand Master all’altro dellestesse Constitutions2).L’evento viene collocatoall’interno di una scenaarchitettonica prospetti-ca, con una doppia fuga diloggiati di quattro ordini(i tre vitruviani – dorico,

ionico e corinzio – più il composito)3. Lascena è dominata da Apollo che guida ilcarro solare (il carro con l’astro si trova alcentro della volta celeste, e indica quindiche la scena si svolge a mezzogiorno inpunto) e che, con la sua presenza simboli-ca, informa la vera conoscenza massonica

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4 Apollo punisce gli empi con le sue frecce con le quali propaga la pestilenza, allontanandoperò il male dall’uomo sia per la sua volontà sia tramite l’intervento del figlio Asclepio, dio dell’ar-te medica. È il dio della profezia, protegge gli armenti, presiede alla fondazione delle città. 5 Lo strumento – la phorminx – era stato costruito da Ermes, ed era stato a lui richiesto daApollo come risarcimento per il furto dei suoi buoi sacri ed era prezioso perchè permetteva diaccedere alla conoscenza mantica. 6 Cfr., oltre ad Alberto Basso, op. cit., Daniele Tonini 2005/06.

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che ispira le leggi della convivenza tra gliuomini4. Apollo con l’attributo della lira,fatta col guscio e i tendini di una tartaruga,rappresenta laforza del cantoe della musica e,chiamato quin-di il Musageta,guida, istruiscee protegge leMuse5.

La storia delfare musica inloggia registrauna costante compresenza di una tradizio-ne musicale di ispirazione ermetica “alta”e di un utilizzo molto più popolare, didat-tico e/o giocoso di più semplici melodieper intonare canti rituali o di tema convi-viale6.

Le raccolte di canzoni massoniche,anche quelle che hanno goduto nella lorocompilazione dell’intervento di noti edesperti musicisti come è il caso delle Chan-sons Notées De la trés vénérable Confrérie DesMaços Libres del flautista Jacques-Chris-tophe Naudot (1690 ca.-1762), conservanosempre un tono “democratico”, non com-prendendo brani con modelli musicali

complessi, ma solo melodie afferenti o ispi-rate alla tradizione popolare, songs, lieder,chansons ben conosciuti ed elaborati tal-

volta secondo lapratica protestan-te di intonare innianche a più vocicon una struttura(melodica, ritmi-ca e armonica)elementare. I bra-ni dovevano esse-re facili da canta-re per chi nonavesse ricevuto

una educazione musicale e dovevano esse-re soprattutto propedeutici alla migliorcomprensione dei testi. I canti venivanoquindi essenzialmente utilizzati comemezzo per saldare in armonia l’unione fra-terna – trovando una perfetta collocazionenelle riunioni conviviali che seguivano imomenti rituali – fermo restando il finedidattico che li rendeva vere “tavole” diistruzione attraverso cui si spiegavano gliinsegnamenti “segreti” dell’istituzione, inprimis quello della Tolleranza, figlia dellaLibertà, della Uguaglianza e della Fratel-lanza. L’utilizzo di basi musicali ben cono-sciute assolveva egregiamente alla funzio-

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7 Andrew Michel Ramsay (1686-1743) venne iniziato alla Massoneria regolare nel 1730 nel-la Horn Tavern Lodge di Londra, ma è probabile una sua precedente appartenenza alla Massoneriagiacobita. 8 Les Voyages de Cyrus apparvero in Francia e in Inghilterra tra il 1727 e il 1730.

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ne pratica di fissare mnemonicamente itesti nella memoria dei Fratelli.

Le stesse Constitutionsdel 1723, poste sotto la“protezione” iconograficadi Apollo, si chiudono conquattro canzoni “didat-tiche”: The Master’s Song eThe Warden’s Song su testidello stesso Anderson, TheFellow-Craft’s Song su testodi Charles Delafaye e TheEnter’d Prentice’s Song diMatthew Birkhead. Questequattro semplici composi-zioni (il numero dei branimusicali sarà portato aundici nella seconda e piùampia versione delle Constitu-tions del 1738) sono rivolte ad un uso inter-no lasciato alla discrezione delle officine enon sottoposto ad alcun specifico ritualecon testi di tono storico, morale, apologeti-co e didascalico. Lo scambio costante tramusica popolare, teatro musicale e di prosae mondo massonico si esemplifica splendi-damente proprio nella figura di MatthewBirkhead, autore del quarto song delleConstitution del 1723, maestro venerabile diuna loggia londinese e cantante-attore mol-to attivo al Drury Lane Theatre.

Il pensiero libero muratorio emanazio-ne della Grand Lodge era passato molto

presto sul continente, innanzitutto inOlanda e quindi in Francia, dove risultava-

no già operative da alcunidecenni alcune logge giaco-bite e dove si collegò all’atti-vità di preesistenti confra-ternite e organizzazioni dimestiere. In Francia trovòaccoglienza l’inquieto pensa-tore massone scozzeseAndrew Michel Ramsay, giàautore del famoso Discours7,scritto, nella sua prima ver-sione, nel 1736 mentre rico-priva la carica di Oratorenella Grande-Loge Anglaise deFrance e destinato ad essereletto ai nuovi entrati nell’Or-dine. Secondo Ramsay le

qualità richieste per l’ingressonell’istituzione erano quattro: la filantro-pia o amore per l’umanità in generale, ladirittura morale, la capacità di mantenereil segreto e infine la sensibilità e il gustoper le scienze e per le arti. Già nel suofamoso romanzo iniziatico I viaggi di Ciro8

erano presenti numerose riflessioni arti-stico-musicali: nel secondo capitolo, il cir-colo di Zoroastro e dei suoi seguaci vienedescritto e didatticamente idealizzatocome un luogo permeato di musica e dispeculazioni mistico-filosofiche che ricor-dano le pratiche musicali nello stile della“musica reservata” della corte di Luigi XV.

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La pratica delle discipline artistiche,oltre ad essere strumento di progresso e dip e r f e z i o n a m e n t odell’uomo, si ponevasubito come un inter-faccia ideale tra il mon-do massonico e il mon-do profano, un potentemezzo espressivo esocializzante capace dioperare con efficaciaall’interno dell’istitu-zione come di propa-gandare le idee masso-niche all’esterno. Lamusica in Massoneria –assieme alle altre arti –era quindi un piacere,ma anche un doverespeculativo e civile colfine di partecipareall’umanità la “grazia”del pensiero massonico. Tutto questo ebbeil potere di richiamare molti musicisti trale file dell’Ordine.

Un originale contributo culturale eartistico per l’Istituzione venne quindi dal-la massiccia appartenenza alla Massoneriadi compositori e di virtuosi di strumento edi canto, spesso vere e proprie proprie stardi un sistema artistico e sociale molto arti-colato e complesso. Questa importantepresenza di artisti e musicisti sia in perio-do illuminista come nelle epoche successi-ve può certo essere giustificata dal ruoloprivilegiato giocato dalle arti in moltiambienti massonici, un trend utile quindi afavorire l’ottenimento di commissioni pro-

fessionali e di promozione sociale. Lecaratteristiche del lavoro artistico, al di là

di mode estetiche e di carat-teristiche individuali, sisaldavano però con forzaed eleganza alla pratica dellavoro del perfezionamen-to massonico nella suaessenza di ricerca di“armonia architettonica”.Questo osservabile, ogget-tivo e “pratico” apparenta-mento della creazione edella performance artistichead un lavoro iniziatico cirende palese quanto ilmusicista settecentescopotesse “sentirsi a casa”nella disciplina speculativalatomistica. L’infaticabileattività di promozione e diorganizzazione musicale in

ambito massonico ci avrebbe dato contoinoltre di quanto lo stesso musicista fossecoinvolto nella missione di diffondereall’umanità la conoscenza della musicacome reale veicolo di fratellanza e tolle-ranza nello spirito massonico. Nell’utopiasettecentesca mozartiana del Flauto magico,la musica poteva contribuire, non solo inloggia, a fare del libero muratore sempli-cemente un uomo, qualcosa di più di unprincipe o un musicista.

Se da un lato la ricerca dell’uguaglianzafavoriva quindi l’utilizzo di musiche acces-sibili esecutivamente al maggior numerodi fratelli, dall’altro (e per lo stesso fine)veniva incoraggiata e spesso commissiona-

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ta la composizione di musica di più sofisti-cata speculazione simbolica e musicale. Ilmusicista settecentesco che si muovevacreativamente tra illavoro di loggia e lapratica musicale“profana” avevaquindi il compito di“tradurre” artistica-mente l’esperienzamassonica nel lin-guaggio musicaledell’epoca, un lin-guaggio che, a metàSettecento, si rap-portava nella sua ricerca più speculativa ealta alla compiuta esplorazione della poli-fonia offerta da Johann Sebastian Bach,musicista non massone, e al progressivoutilizzo espressivo dell’armonia sperimen-tato da Jean-Philippe Rameau nella suaproduzione. L’attenzione verso l’utilizzosimbolico dei toni maggiori e minori cosìcome del linguaggio delle consonanze edelle dissonanze e dei cromatismi, il gustointellettuale del contrappunto, la specula-zione sul ritmo, in particolare quello ter-nario, la cura per il significato simbolicodei vari strumenti musicali – fiati, legni,ottoni, archi, percussioni, ecc. – trovanoparticolare risalto nelle opere che possia-mo definire massoniche, una produzioneche si richiama e attinge alla lunga tradi-zione del simbolismo musicale.

La fede in un più spigoloso, ma intellet-tualmente affascinante, linguaggio specu-lativo armonico (contrapposto in Francia

alla montante fortu-na del più semplice emimetico linguaggiomusicale dell’operabuffa italiana) e nellaricerca potremmodire mistica delleproprietà dei suoni èalla base del lavorodi Jean-PhilippeRameau (1683-1764),uno dei musicisti e

dei teorici più importanti del Settecento.Attivo nell’ambiente musicale parigino ric-chissimo di presenze massoniche, Rameaupuò essere considerato a tutti gli effetticome il primo grande compositore dellaMassoneria9: massiccio è infatti l’utilizzo ditematiche latomistiche all’interno dellasua produzione teatrale, nata con la stret-ta collaborazione di letterati massoni,come Louis de Cahusac, segretario di Louisde Bourbon-Condé Conte di Clermont,Grand Maître della Grande Loge de France dal1743 al 1771.

Quasi tutta la produzione operistica diRameau affronta temi di carattere decisa-mente esoterico, con una pertinente riela-borazione di miti e di simboliche erme-tiche, alchemiche, rosacrociane, solari,massoniche. La sua tragédie lyriqueZoroastre – il più fastoso e costoso allesti-

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9 Pur senza testimonianze documentarie dell’appartenenza all’Ordine.

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10 Si tratta in realtà di un’opera realizzata in due differenti versioni nel 1749 e nel 1756. 11 Jean-Philippe Rameau, Zoroastre, atto V, scena V.12 Cfr. Christensen 1998.13 Rameau 1750.14 Sul dibattito sul cartesianesimo di Rameau, cfr. Thomas Christensen, op. cit. e Kintzler1983.15 Possiamo intendere il principio primo generatore di suono. 16 Rameau 1737.

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mento teatrale parigino di tutto il XVIIIsecolo e una delle più importanti opere diispirazione massonica,vero precedente dellaZauberflöte mozartiana10

– si chiude esemplar-mente, alla fine di uncomplesso percorsodrammaturgico simboli-co, con l’erezione deltempio della luce11.

L’opera teorica diRameau, pietra miliaredel pensiero musicalemoderno, è altresì permeata da una ricer-ca mistica, oltre che scientifica, che lamusicologia anglosassone ha cominciatoad investigare solo in tempi recenti12.Rameau, che si autodefiniva di formazionecartesiana13, affidava scientificamente alladialettica ragione/esperienza e al metododeduttivo il suo approccio allo studiodell’acustica e al riesame critico della teo-ria musicale14. Partendo dall’analisi delfenomeno di generazione di suoni armoni-ci da un corps sonore15, Rameau era riuscitoa individuare la presenza di suoni simulta-nei in un corpo sonoro vibrante e, comeNewton aveva indagato sulla composizio-ne dello spettro della luce, aveva scompo-

sto sperimentalmente, attraverso l’ascoltopersonale, l’unità del suono percepito,

dando quindi ai datisperimentali unaveste matematica.Il compositore ave-va potuto così giu-stificare scientifi-camente tutta lamoderna teoriaarmonica: gliaccordi che sosten-gono “architettoni-

camente” la struttu-ra della musica si ritrovavano quindi nellastruttura acustico-matematica del suonoche, scomposto, forniva di seguito le note(i suoni armonici) che formano un accordomaggiore e che vengono da noi percepitiin simultaneità. La teoria dei corps sonores16,che fin dall’apparizione trovò tenaci oppo-sitori e tra questi gli influenti matematiciEulero e Bernoulli, aveva forti sfumaturemistiche che solo alla fine della sua vitaRameau, che era stato chiamato il Newtondella musica, espresse con chiarezza arri-vando ad affermare che la sua ricerca teo-rica e musicale si era riferita alla certezzache una cerchia di sacerdoti egiziani aves-se posseduto originariamente la conoscen-

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za della struttura fisica (e mistica) del corpssonore, conoscenza che lui solo aveva sapu-to recuperare. Da questaprisca sapientia i sacer-doti egiziani avevanoderivato lo sviluppodella geometria edell’algebra scoprendoper primi il teorema diPitagora, intuizionefrutto di una superioreconoscenza potenziatadell’unione mistica divista e udito. Questa de-scrizione di sapienza sinestetica potrebberiportarci idealmente alla stampa delleConstitutions (oltre che alle moderne teoriescientifiche sulla luce) leggendo come duepolarità complementari, secondo la visio-ne newtoniana di Rameau, la geometria delteorema di Pitagora disegnato a terra nel-la sua dimostrazione e la “musica celeste”dalla luce di Apollo.

Il lavoro che aveva ispirato Rameau sul-la percezione interiore della musica, sullepotenzialità espressive insite nella com-prensione della struttura fisica e misticadel mondo dei suoni e sulle corrisponden-ze tra l’architettura del suono e della paro-la e l’architettura del linguaggio musicalecontinuerà, attraversando il romanticismoper giungere alla contemporaneità, nellaricerca di altri musicisti, con esiti artisticiche li porteranno a ripercorrere le traccedell’antica musica – greca, egiziana, ebrai-ca, orientale –, simbolicamente perdutacome la parola del Libero Muratore.

Il mondo musicale della Massoneriafrancese settecentesca fu animato in paral-

lelo alla figura imponente, e professional-mente onnipresente, di Rameau, da molti

altri significativi musi-cisti. La Massoneria gia-cobita, già operativaalmeno dal 1688nell’ambito del circolodella corte stuardianain esilio di Saint-Ger-main-en-Laye, avevaavuto fin dall’inizio isuoi musicisti, tra i qua-li si stagliava un perso-

naggio del calibro diFrançois Couperin le Grand, autore, tral’altro, di brani per il clavicembalo – pub-blicati nelle sue famose raccolte di Pièces deClavecin – dal titolo curiosamente cripticoe riferito sicuramente all’organizzazionemassonica.

In seguito un grande ruolo musicalevenne svolto dalla loggia “irregolare”, dalforte impianto iniziatico, che il principe diCarignano ospitava all’interno della suaresidenza parigina, l’Hôtel di Soissons (inconcorrenza al notevole successo dellaMassoneria regolare istituita a Parigi versoil 1725 erano sorte numerose altre iniziati-ve che fondevano sincretisticamente letradizioni ermetico-esoterico-iniziatichepiù disparate). In questo ambiente venne-ro concepite numerose composizionimusicali tra le quali il balletto Les Élémensdi Jean-Fery Rebel, che si apre con lamemorabile descrizione musicale del caosiniziale (un modello stilistico d’avanguar-dia ineludibile anche per il massonico ora-torio della Creazione di Franz-JosephHaydn).

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Una grande quantità di musicisti legatialla Massoneria operava quindi in svariatelogge o circoli parigini componendo, esi-bendosi come virtuosi, organiz-zando orchestre e concerti. Nel-la cerchia del ricchissimo esat-tore generale Alexandre Josephle Riche de la Pouplinière deCheveigné si sosteneva una ric-ca attività musicale (della qualeRameau era stato direttore,avendo come successore il mas-sone boemo Georges Benda)che aveva sede soprattutto nel-la residenza di Passy, la cosid-detta «citadelle de ramisme17».Ugualmente importante eral’animazione musicale nel circo-lo del Conte di Clermont, il cui più strettocollaboratore musicale sarà il flautista,fagottista e compositore Michel Blavet,precedentemente attivo nella cerchia delPrincipe di Carignano.

A differenza di quanto avvenne inInghilterra, in Francia l’esperienza musi-cale massonica rimase sempre molto vici-na al mondo aristocratico, preferendo,nell’ambito pubblico (pur con delle impor-tanti eccezioni) entrare nelle istituzionipreesistenti piuttosto che farsi promotricedi nuove. All’interno dell’Académie Royalede Musique (l’Opéra), posta sotto direttaprotezione della monarchia, operava unnumero assai rilevante di musicisti ade-renti alla Massoneria, tra cui un numerocospicuo di importanti cantanti come il

famoso tenore Pierre Jelyotte, primo inter-prete di Zoroastre di Rameau. Semprenell’ambiente dell’Opera erano attivi

librettisti massoni e aderentiall’Ordine erano gli stessicensori reali cui era deman-data l’approvazione dei testida rappresentarsi.

Nel 1781 a Parigi ebbeinizio l’attività musicale del-la Société du Concert de la LogeOlympique, una organizzazio-ne concertistica e un gruppostrumentale che per la primavolta si presentavano comediretta e pubblica emanazio-

ne di una loggia massonica.All’attività orchestrale condotta nel suoambito si collega l’elaborazione di uno spe-cifico stile sinfonico paragonabile per rile-vanza sperimentativa a quello della famo-sa orchestra di Mannheim. Su commissio-ne e per l’esecuzione della compagineorchestrale della Loge “Olympique” Franz-Joseph Haydn compose le sei Sinfoniecosiddette “parigine”.

L’elenco dei nomi di musicisti massoniche operarono in questa istituzione èimpressionante. I più famosi virtuosi usci-ti da questa compagine sarebbero stati poideterminanti durante la Rivoluzionecontribuendo, dopo essere passati nellefile della Garde Nationale, alla nascita delConservatoire Nationale de Musique, pietramiliare nella storia dell’istruzione musica-

17 Cocuel 1913.

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le pubblica. I metodi per l’apprendimentomusicale e strumentale che saranno speci-ficamente approntatiper il Conservatoire,come quelli di Fran-çois Devienne, Antoi-ne Hugot, Étienne Ozi,avranno una imposta-zione assolutamentemoderna e presenta-no la curiosità di uti-lizzare tra il reperto-rio didattico alcunedelle melodie cheritroviamo anche neicanzonieri massonici.

La Massoneria inglese, diversamentedalla francese, interpretò fin da subitol’utilizzo della musica nell’Ordine comeuno stimolo per favorire un più incisivoradicamento dell’attività musicale nellasocietà borghese – nello spirito dell’idealemassonico della filantropia – con la crea-zione di nuove istituzioni dedicate, pro-mosse apertamente dalle logge ma a que-ste non sovrapponibili.

Ponendosi come dinamica leadershipdella borghesia, la Massoneria in Inghilter-ra seppe giocare in questo campo un ulte-riore ruolo di modernizzazione sociale.Intervenendo in prima persona nell’orga-nizzazione musicale, favorendo l’emanci-pazione anche economica della cultura etrasportando la musica dal mondo dellecorti e delle chiese alla sfera laica delle saleda concerto, l’istituzione supportava unsignificativo processo di rimescolamentosociale e politico.

Gli esempi di intelligente utilizzo mas-sonico di tale potenziale culturale si ritro-

vano numerosi duran-te il Settecento.

A Londra già nel1710 la «Academy ofAncient Musick»,struttura nata dalprecoce interessedella cultura antiqua-ria inglese verso lamusica, tenevaconcerti nella stessatavern dove si riunivala loggia «at theCrown» (più tardi, tra

il 1776 e il 1792, la stessa Academy avrebbeorganizzato le sue stagioni presso la «Free-mason’s Hall» di Queen’s Street). Nel 1725viene fondata la «Philo Musicae et Archi-tecturae Societas Apollinis», istituzionemusicale promossa dalla loggia «At theQueen’s Head», dove operò come direttoreil violinista e compositore italiano Fran-cesco Geminiani, allievo di ArcangeloCorelli, una delle maggiori stelle musicalinella Londra di Handel. Una società diconcerti intitolata alla settecentesca «Phi-larmonic Society», – operativa sempre «atthe Crown» e similmente legata alla liberamuratoria – venne ricostituita nel 1813,promuovendo importanti commissionimusicali a compositori massoni come Che-rubini, Mendelssohn, Hummel e Spohr. Adessa va il merito della commissione a Bee-thoven della Nona Sinfonia.

Tornando nella Londra di metà sette-cento troviamo ulteriori importanti ras-segne concertistiche come i Bach-Abel’s

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Concerts, ideati da Johann Christian Bach (ilcosiddetto Bach di Londra, figlio di JohannSebastian) e dal violista da gambaCarl Friederich Abel. I due com-positori tedeschi, entrambi mas-soni, diedero vita a questa signi-ficativa serie di concerti a sotto-scrizione, dando forma a unamoderna impresa culturalesecondo tipiche modalità di ispi-razione massonica anglosassonee liberal. La stessa Freemason’s Halldi Queen’s Street, aperta pereventi culturali al pubblico pro-fano com’è consuetudine ancheodierna, fu al centro di iniziativemusicali di grande rilevanza,come nel caso dell’esecuzionedell’oratorio-cantata su testo delCarmen Saeculare di Orazio,un’opera commissionata al notocompositore e scacchista france-se François-Andrè-Danican Phili-dor, figura significativa del mon-do culturale e massonico londinesee parigino della seconda metà del XVIIIsecolo. L’operazione venne promossadall’intellettuale massone torinese Giusep-pe Baretti che riorganizzò il testo orazianodel Carmen Saeculare, opera poetica com-posta per le celebrazioni augustee dei Ludisaeculares del 17 a.C. che celebrarono l’in-staurazione della nuova epoca di pacedopo il sanguinoso secolo delle lotte civili.L’importanza di Orazio per la Massoneria ètestimoniata in maniera evidente in unpasso del Discours ramsayano, dove il poe-ta latino viene ricordato come Oratore del-la Gran Loggia istituita a Roma da Augusto

dove Mecenate e Agrippa fungevano dasorveglianti. L’oratorio in lingua latina per

quattro solisti, coro e grandeorchestra venne eseguitocon grande successo il 26febbraio 1779.

Abbiamo cercato di sot-tolineare in questi brevicenni sul mondo musicalemassonico settecentescocome la presenza dellamusica nella Massonerianon fosse certo casuale odecorativa ma si ponessequasi con caratteristica sta-tutaria.

La musica doveva essereun elemento fondantedell’educazione alla civiltà,alla tolleranza e alla spiri-tualità dei fratelli, anche sepraticata nelle forme piùsemplici e popolari. Un

superiore livello di compren-sione delle “gioie” dell’esperienza musica-le – un apprendistato che necessitavanaturalmente la guida di un maestro e lapazienza di un processo di acquisizione diconoscenza, – veniva promosso dallenumerose attività concertistiche che,soprattutto nella “borghese” Inghilterra,venivano a configurarsi come nuove formedi fruizione sociale della musica, ordinatae regolata da consuetudini che presenta-vano alcuni particolari aspetti rituali: unnuovo pubblico borghese (e pagante) siriuniva in uno spazio dedicato all’ascoltodella musica (non solo in un teatro d’ope-

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ra) dove poteva condividere una comuneesperienza intellettuale esensoriale ed anche una piùo meno sincera atmosfera diuguaglianza e scambio cul-turale. Forse anche con ilsenso profetico e utopisticoche ci riporta alle inquadra-ture iniziali del Flauto magicodiretto per il cinema da Ing-mar Bergman, dove l’uma-

nità/pubblico nella sua diversità di razze,lingue e religioni trova pienaespressione simbolica nelviso di una bambina chedurante la Sinfonia iniziale,muta come un apprendista,si prepara quasi come in ungabinetto di riflessione adaffrontare una esperienzainiziatica.

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Riferimenti bibliografici

Basso, A. (1988) «Massonica, Musica», in Dizionario Enciclopedico Universale della Musica e deiMusicisti, Utet, Torino.Basso, A. (1994) L’invenzione della gioia, Garzanti, Milano.Cazzaniga, G.M. - Tocchini, G. - Turchi, R. (2001) Le Muse in Loggia. Massoneria e letteraturanel Settecento, Unicopli, Parma.Christensen, T. (1998) Rameau and the Musical Thought in the Enlightenment, Cambridge Uni-versity Press, Cambridge.Cocuel, G. (1913) La Pouplinière et la musique de chambre au XVIIIIe siècle, Paris.Kintzler, C. (1983) Jean-Philippe Rameau: splendeur et naufrage de l’esthétique du plaisir à l’âgeclassique, Paris.Rameau, J.P. (1737) Génération harmonique. Paris.Rameau, J.P. (1750) Démonstration du Principe de l’Harmonie. Paris.Tocchini, G. (1998) I fratelli d’Orfeo: Gluck e il teatro musicale massonico tra Vienna e Parigi,Olschki, Firenze.Tonini, D. (2005/06) «La Lire maçonne. Alcune considerazioni su Musica e Massoneria nelXVIII secolo», Hiram 4/2005, 2/2006.Vibert, L. (1991) «Introduzione» alle Costituzioni dei Liberi Muratori, Bastogi, Foggia.

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Sulla data di nascita della prima Gran Loggia non esistono dub-bi: è il 24 giugno 1717, quando quattro logge londinesi decido-no di “federarsi”. Ma sulla storia più antica della Massoneria,sulla sua “natura” e sulle sue stesse finalità il dibattito è aper-to e non esiste in pratica massone che condivida esattamentele idee di un suo “confratello”.In particolare, nella Massoneria moderna o “speculativa” èpossibile riconoscere un tessuto illuministico, sempre percorso da un “filo rosso” eso-terico. Queste due anime coesistono, anche se spesso non trovano reciproca legitti-mazione. L’anima illuministica è quella che ha promosso l’impegno della Massoneriaper la modernizzazione della società e la laicizzazione delle sue strutture. Ma per laMassoneria “esoterica” costituisce una degenerazione che ha comportato il taglio diradici risalenti ad antiche religioni misteriche.La problematica convivenza di queste due anime apparentemente opposte è in real-tà un ulteriore motivo di fascino dell’istituzione massonica, e questo volume vuolespiegarla nel modo più semplice, a uso del massone “apprendista” e del non-masso-ne che si propone di bussare alla porta del “Tempio”.Vuole ugualmente spiegare la necessità di quell’ampio bagaglio simbolico e ritualeche sembra in contrasto con lo spirito dei tempi moderni. Una trattazione piuttostoestesa è infatti dedicata al rito, analizzato in dettaglio e con una speciale attenzione.

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SSeeggnnaallaazziioonnii eeddiittoorriiaallii

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LINO SACCHIMassoneria per principiantiEdizioni L’Età dell’Acquario, Torino, 2008, Û 18,00, pp. 185

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SEGNALAZIONI EDITORIALI• 98 •

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Dall’alchimia cinese all’ultimo alchimista, il misterioso Fulca-nelli, l’arte della trasmutazione dei metalli ha attraversatoalterne vicende che l’hanno vista a volte celebrata fra le scien-ze sacre tradizionali, a volte esclusivamente riservata alle con-venticole segrete. Eppure l’alchimia, grazie alla sua ricca sim-bologia e al suo linguaggio segreto, ha trasmesso di secolo insecolo un insegnamento immutato che va ben al di là della

pura sperimentazione fisica: la lettura del libro occulto della Natura, la sublimazionedelle facoltà conoscitive dell’uomo, l’accordo del microcosmo umano con il macro-cosmo stellare, per esprimerci con Paracelso.Scienze, Arti e Alchimia vuole sottolineare questa continuità secolare della via alche-mica e questo suo essere soprattutto sapienza ermetica, ascesi iniziatica: pone insecondo piano la consueta “storia dell’alchimia”, perché assumano l’importanza quel-le testimonianze del pensiero e quelle forme di arte e musica che hanno attinto, piùo meno esplicitamente, dalla simbologia ermetica.Questa edizione, rinnovata e arricchita in ogni sua parte, rappresenta una pietramiliare per i ricercatori di questo profondo tema.

ALBERTO CESARE AMBESIScienze, Arti e AlchimiaHermatena Edizioni, Bologna, 2007, pp. 189, Û 19,00

Tra i padri fondatori della letteratura americana, Ralph WaldoEmerson (1803-1882) è senz’altro una delle figure più intense,ricche e geniali, sebbene ancora poco nota al pubblico italiano.Poeta, filosofo, conferenziere, oratore antischiavista, pastoredella Chiesa Unitariana, critico e agente letterario, traduttoredi Dante, di Michelangelo e di poeti persiani, è stato la punta di

diamante del movimento trascendentalista e del “Rinascimento americano”. La sua

RALPH WALDO EMERSONA CURA DI BENIAMINO SORESSIEssere poetaMoretti & Vitali, Bergamo, 2007, Û 16,00, pp. 107

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Il libro esamina la base conflittuale della struttura economicadel tempo presente, che si regge sulla competizione in cui il piùforte (il “migliore”) scaccia il più debole (il “peggiore”). Inquesto contesto sociale competitivo i desideri e i bisogni umaniacquistano loro stessi caratteri sempre più competitivi e il con-sumo diviene la palestra in cui essi esprimono la loro arrogan-za, il proprio essere “più” degli altri. Che quindi si tratti di giu-dicare, o che si tratti di consumare, sarà all’opera sempre un punto di vista, unaposizione espressa dall’Io di ciascuno, che avrà allora necessariamente un carattereindividuale e parziale. Un’importante ipotesi che il libro avanza è che sia proprioquesto eccesso di individualismo e confronto, quasi ossessivo, con l’altro, tipico del-la nostra epoca, a far prendere coscienza dei pericoli che la parzialità delle prospet-tive comporta, e a cercare quindi altre strade nel relazionarsi tra gli uomini. Sembra

GIORGIO GIRARDEtica del giudizio e etica della contemplazioneMoretti & Vitali, Bergamo, 2007, Û 11,00, pp. 108

poesia ha ricevuto alte espressioni di stima dai lettori quali Borges e Robert Frost, e il suolavoro critico ha contato in modo decisivo per l’opera di Nietzsche. Harold Bloom lo hadefinito “la figura centrale della cultura americana”.Il presente volume raccoglie tre suoi scritti, due dei quali finora inediti in italiano. Questisaggi sono un cammino verso le fondamenta della poesia. La poesia vi è vista come atti-vità costitutiva della natura e dell’esistenza, dal sorgere del sole fino alle ali che spunta-no da una crisalide, dai primi vagiti del bambino alle parole di uso quotidiano. Nel perpe-tuo divenire e crearsi del mondo sta il seme, la sostanza prima della poesia.In un tempo come quello moderno, disperatamente disincantato, la filosofia della poesiadi Emerson recupera il valore-chiave dello stupore e della magia. “Solitaria protesta nelputiferio dell’ateismo”, la poesia nega l’aridità del pensiero utilitarista e astratto risco-prendo il carattere epifanico, sacro e miracoloso dell’universo. Essa è la punta della frec-cia dell’esperienza umana diretta al trascendente; senza poesia la filosofia, la scienza, l’ar-te e la civiltà stessa s’impaludano, soffocano e muoiono.Per questo le responsabilità del poeta sono immense: esploratore di mondi come un nuo-vo Colombo, e insieme custode supremo del senso della libertà e della verità, egli richia-ma gli uomini, senza tregua, all’origine della loro esistenza, a quella metamorfosi infini-ta del tutto che è la fonte di ogni bellezza.

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L’autrice accosta l’anoressia muovendo dal valore simbolicodella malattia e del linguaggio enigmatico dei simboli, rilettiattraverso il mito di Kore rapita da Ade e trascinata nel mondoinfero, lontano e oscuro. Questo approccio - che si distanziadalla visione riduttiva delle discipline medico-cliniche (e psi-coanalitiche) - riconnette attraverso il simbolo, la vicenda del-la storia personale a quella della cultura; allora è possibile

“vedere” nelle ragazze in anoressia che vivono tutte intente a calcolare le calorie e asottoporre i loro corpi a estenuanti esercizi fisici, un dramma ben rappresentato dalmito: quello dell’anima fanciulla che viene rapita da una oscura forza sovrapersonalee gettata in un mondo altro e sconosciuto. Il corpo della ragazza così svuotato dellasua anima, tenderà a scomparire, forse nell’inconscio tentativo di seguirla e di farsisimile ad essa.Quando nella vita di una ragazza irrompe l’anoressia, anche la madre, così comeDemetra, è coinvolta in un dolore e in uno smarrimento al limite del sostenibile. Sevuole riavere la figlia, sarà costretta a scendere a patti con l’oscuro dio che gliel’hastrappata e dovrà rinunciare al desiderio di riavere la fanciulla ingenua che ha per-duto: entrambe, madre e figlia, si trasformeranno proprio in virtù del confronto conle profondità a cui la malattia le ha obbligate. Non sarà Kore a tornare in superficie,ma Persefone, la conoscitrice dei Misteri. Mari Ela Panzeca scegliendo una chiave di lettura mitica dell’anoressia offre al lettorela possibilità di vedere gli scenari profondi e inconsueti dell’anima fanciulla“corteggiata” dalla morte. Condizione drammatica della giovinezza che tuttavia nel suo nucleo mitologico -quello che Jung riteneva essere il centro dei complessi della psiche - allude al viaggio

MARI ELA PANZECAKore sprofonda negli Inferi. L’anoressia alla luce del mito.Moretti & Vitali, Bergamo, 2008, Û 11,00, pp. 102

allora affacciarsi la consapevolezza che sia urgente, anzi quasi vitale - se si considerano iriflessi sull’ambiente di questa psicologia individuale così particolarmente aggressiva -allargare la prospettiva dello sguardo oltre il soggetto e le sue pretese per far emergerela valenza e il senso anche delle opinioni non condivise, o dei bisogni e dei desideri chenon sono propri ma altrui: si fa così strada la contemplazione della panoramica delleopinioni che tende a contrastare e ridimensionare lo strapotere dell’Io.

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Esiste un logos di Psiche? Sì, risponde l’autrice di questo libro:è appunto ciò di cui si deve occupare la psicologia. È un logosche prende forma attraverso la mediazione di un “pensierod’anima” intriso di passione e di immaginazione. Ama l’espre-sione allusiva e metaforica, si dispiega nelle elaborazioni sim-boliche, oniriche, poetiche.Scaturisce dal fondo mitico della mente, dà vita alle immaginidei sogni, muove le figure del “gran teatro” dell’anima. È il filoche permette di inoltrarsi nel labirinto di un percorso terapeutico, in cui, a partire dal“romanza famigliare”, ci si avvia a oltrepassarlo, sino a cogliere l’intreccio che lega lavita personale a quella più profonda dell’anima, radicata nei suoi fondamenti arche-tipici.L’anima, infatti, non è semplicemente la parte controsessuale dell’uomo, né solo l’om-bra della donna. La fenomenologia dell’anima è presente in uomini e donne: “anchele donne incontrano bambine nei loro sogni, e prostitute, anch’esse sono sedotte dadonne misteriose e sconosciute”.La via individuativa femminile, quindi, non passa solo attraverso lo sviluppo dell’ani-mus (indipendenza di giudizio, pensiero razionale, status economico e sociale …), masegue la guida delle figure dell’eros che ancorano la donna nella memoria inscrittanel corpo emozionale e la conducono nel labirinto di vie e di significati di cui Afroditesi fa immagine e tramite metaforico. Il suo multiforme confronto con altri dèi, Ares,Ermes, Dioniso, può spingere la psiche femminile sino ai confini dell’“Io Saffico”: unasoggettività che media la conoscenza attraverso le alchimie del cuore, elabora leemozioni e la memoria attraverso la parola poetica e giunge così all’acquisizione diun sapere che si fa “intelletto d’amore”.

CARLA STROPPALa luce oltre la porta. Dei e muse del teatro dell’animaMoretti & Vitali, Bergamo, 2008, Û 17,00, pp. 230

trasformativo del femminile in bilico tra il terrore e l’incoercibile attrazione verso le pro-fondità archetipiche della psiche. Precisamente da questa tensione di opposti può sca-turire la “terza via” che Jung ha sempre indicato come “soluzione”, vale a dire come con-tatto fra il mondo interiore e quello esteriore, nonché gradiente di creatività psicologicaed esistenziale. Precisamente in questa doppia e contraddittoria tensione dell’anima con-siste la sfida inconscia delle ragazze in anoressia.

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Il Louvre. Attraverso una prosa narrativa articolata in breviannotazioni e minuti spostamenti psicologici, Yves Bonnefoyci fa cogliere l’essenza di uno spazio che via via andrà configu-randosi sotto i nostri occhi come un luogo dell’anima.In questo lavoro, Bonnefoy ci parla di alcune opere esposte nelmuseo del Louvre e dei loro autori - tra i quali, Delacroix,Poussin, Georges de la Tour, Vermeer -, affidandosi all’e-

mozione poetica e alla sorpresa del sogno.Lungo un cammino che non ha percorso né traccia - mediante cenni minimi, leg-gerissime note, appena percettibili, ma determinanti per la meditazione e la memo-ria - la riflessione si precisa in un’esperienza interpretativa che nulla concede alle ca-tegorie conosciute.In queste annotazioni - nate, come indica lo stesso Bonnefoy, “sotto il segno dell’in-compiuto, dell’abbozzo, dell’impossibile” - nulla fa pensare al superfluo e all’esorna-tivo.Tale purezza ha il dono di farci vedere le opere in tutta la luminosità del loro senso,in tutta la loro bellezza, che balza su con la forza della verità.

YVES BONNEFOYIl grande spazioMoretti & Vitali, Bergamo, 2008, Û 15,00, pp. 128

E per ciascuno il percorso coincide con la scoperta degli dèi e le dee di cui è figlio. Cias-cuno cerca di individuare le proprie possibilità archetipiche, la mappa del proprio per-corso esistenziale e conoscitivo. È così che si giunge ad una “conoscenza altra”, che aprealla “visione della luce che sta oltre la porta chiusa dell’Io meramente razionale”.Carla Stroppa chiama con sé il lettore per aggirarsi dietro le quinte del teatro della psiche,attraverso una scrittura appassionata e avvincente, scegliendo “per istinto e affinità” leimmagini archetipiche emerse dai sogni di uomini e donne con cui ha condiviso il per-corso terapeutico, dalla sua esperienza individuale e dal bagaglio senza tempo della poe-sia e dell’arte. Così il lettore incontra le ninfe e le maghe dei poemi omerici, l’enigmaticae conturbante figura di Mignon, i saltimbanchi di Rouault; ascolta le illuminazioni folgo-ranti delle poesie di Rilke, di Pessoa o di Yeats, le intuizioni sapienziali di Cristina Campo,le osservazioni sottili e spirituali di Etty Hillesum.Il lettore percepisce che la scrittura del libro ha coinciso con un’avventura vitale che loaccompagna sino al punto in cui sente di doversi, e potersi, chiedere qual è il suo “al di làdella porta”.

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VOCE DELLA LUCE

Avvicinati con prudenza e devozioneal mio splendore;accogli umilmente e con profittoi benigni misteri della Colonna Jakin: potenza alata, maestro incorruttibile,giudice della tua impurità…

Avvertirai, Compagno Muratore,la magica forza di una mano informe,impalpabile,roteante nell’infinito spazio…fino a te,per sollevarti,liberarti dalla pietra scura,tua nemica,tuo satana,spada invisibile contro il tuo petto.

Ascolterai una consolante voce:“Sono il tuo spirito immortale,che si trasforma con tesenza maicambiare!”

VINCENZO TARTAGLIAI figli della vedova. Versi massonici.Bastogi Editrice Italiana, Foggia, 2004, Û 10, pp. 112

Nel Louvre siamo in quella terra di nessuno che ha alle spalle una visione unitaria delreale e davanti una pluralità impensata di frammenti.Con Bonnefoy ci caliamo in un’atmosfera di ripetuta scoperta, nel flusso di un raccontoche si dirama quasi da solo. Guardare equivale ad accelerare il corso delle riflessioni,ritrovare qualcosa che la polvere dei giorni non ha offeso, ma soltanto velato.Il “grande spazio” rappresenta un mondo che noi abbiamo perduto e insieme lo sboccoverso un mondo diverso. Contiene dati appartenenti al labirinto dell’immaginazione e aicanoni di una libertà che mai potrebbe accettare leggi troppo vincolanti.

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Mosè: Prima di morire, secondo quanto il Signore nostro Diomi ha annunciato, devo comunicare a te, mio successore e nuo-vo condottiero del popolo, i misteri della divina Sapienza,affinché le generazioni future non restino senza la Luce dellasalvezza. Ti trasmetterò dunque la Rivelazione, per quanto misarà concesso.Giosuè: Sarò in grado di ricevere, e tramandare a mia volta

quella Sapienza abbagliante e mortale che ti è stata rivelata sul monte?M.: Accoglierai la Rivelazione secondo le tue capacità. La Sapienza è sorella del-l’Amore, collaborando raggiungono felicemente e con puntualità il bersaglio deside-rato.G.: Trovo conforto nelle tue parole, mia guida e maestro![…]

VINCENZO TARTAGLIAIl maestro e il discepolo. Dialoghi immaginari sulla sapienza.Bastogi Editrice Italiana, Foggia, 2006, Û 10,00, pp. 113

La “luce massonica” è un’espressione che si riferisce al Tutto:spirito, anima e materia. L’aspetto più elevato, spirituale e mis-terioso di questa Luce, è la sua capacità di restare infinita-mente oscura: l’oscurità è la sua protezione, e nel contempo,per tutti i viventi terreni ma specialmente per gli eletti, rap-

presenta la sfera da cui è attratta l’anima assetata di conoscenza.Secondo il simbolismo dell’Arte Muratoria, la Luce “sopra di noi” è la più risplendentein quanto è a diretto contatto con l’Essere Supremo; a causa proprio dell’eccessivosplendore, essa è pertanto parimenti la più abbagliante ed invisibile. È quindi oscurae non, come la parola (“Luce”) indurrebbe a credere, luminosa: è anzi da ritenere laNotte assoluta, lo Spirito onnipresente, onnipotente, onnipervadente ed onniscienteda cui procede tutto ciò che esiste nell’infinità delle sfere concentriche.Tale Luce Oscura, avente similitudine sia col sole nascosto che con la notte, precede

VINCENZO TARTAGLIAI misteri della luce. L’essenza spirituale e la luce “oscura”. I mondiocculti e la conoscenza iniziatica. L’illuminazione assoluta.Bastogi Editrice Italiana, Foggia, 2007, Û 10,00, pp. 118

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La rilevanza della Descrittione di tutta Italia, vastissimatrattazione storico-geografica dedicata al territoriocompreso “tra le Alpi e il mare”, non risiede soltanto nella rapidità di diffusione di untesto propostosi fin dalla sua apparizione, nel 1550, come punto di riferimento obbli-gato per viaggiatori ed eruditi di tutta Europa.Il suo autore, il domenicano (e inquisitore) bolognese Leandro Alberti, è infatti testi-mone autorevole della crisi italiana del Cinquecento in tutti i suoi aspetti, dalle guerreche sconvolsero il paese nei primi decenni del secolo all’inquietudine morale e reli-giosa che accompagnò il propagarsi delle idee riformate: crisi profonda di un’interasocietà e dei suoi valori identificabile, in termini storico-culturali, nel passaggio dalRinascimento alla Controriforma.Fra Leandro conosce questa Italia tormentata e complessa sia per averla attraversatanel corso di lunghi viaggi, sia in virtù dei suoi percorsi di infaticabile lettore, erededella grande cultura umanistica. Cammino e lettura sono appunto gli strumenti gra-zie ai quali il domenicano approda alla consapevolezza di un patrimonio comune ditutti i suoi abitanti: rintracciabile nel glorioso e profondissimo passato italico,romano e pre-romano, ma anche tra le pieghe di un presente in cui la Chiesa cattoli-ca, superati i difficili decenni del primo Cinquecento, si appresta a giocare un rinno-vato ruolo di guida etico-politica rivolto all’intero paese.Il presente volume raccoglie i contributi presentati al Convegno Internazionale diStudi tenutosi a Bologna nel 2004, nel corso del quale studiosi provenienti da ambitidisciplinari diversi hanno misurato le proprie ideologie di lavoro e le proprie speci-fiche curiosità tanto sull’Alberti e la sua opera quanto, più in generale, sullatradizione degli studi storico-geografici che ne costituisce il necessario antefatto.

A CURA DI MASSIMO DONATTINIL’Italia dell’Inquisitore. Storia e geografia dell’Italia del Cinque-cento nella Descrittione di Leandro Alberti.Atti del Convegno Internazionale di Studi (Bologna, 27-29maggio 2004)Bononia University Press, Bologna, 2007, Û 24,00, pp. 611.

la Luce manifesta, a qualsiasi livello. Dunque l’Oscurità è da considerare il più antico tragli esseri e gli Esseri. È la più pura e la più perfetta condizione immaginabile, poichéassorbe ogni macchia d’impurità: è la Madre perfetta; il Padre perfetto; la perfetta Beati-tudine; è l’Unico, a cui ogni cosa o essere deve riferirsi e sottostare sempre. […]

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- Premessa- XX Settembre: contrapposizioni laiche, confessionali- XX Settembre, festa nazionale- Appendice 1: discorsi di: Mussolini, E. Garibaldi, On. Bagnascoe Sen. Fedele- Proposta di legge n. 328 del 3/5/2006, On. Cento- XX Settembre, la festa massonica- Appendice 2: manifesti massonici e patriottici

- XX Settembre: cause del suo decadimento- Appendice 3: discorsi dei Sindaci di Roma, delle autorità, interventi di Associazionie della Stampa- Appendice 4: scambio di telegrammi con la Casa Reale e con Autorità- XX Settembre: monumenti ed inaugurazioni- Appendice 5: circolari massoniche e discorsi alle Logge in occasione del XX Settembre- Indice dei nomi

ANTONIO GUALANOXX Settembre 1870. Solennità civile, massonica.Collana Cenni di storia massonica, Trapani, 2008, pp. 375

M. Raffo, Editoriale

Studi massonici e storiciG.M. Vatri, L’adozione della divisa muratoria “LIBERTÀUGUAGLIANZA FRATELLANZA”M.R., Giosuè Carducci - Poeta e critico letterario

G. Marconi, Il “Perfectum” dei Catari - Breve analisi storica sul fenomeno dei Catari od Albi-gesi (XII-XIII-XIV secolo). (Seconda parte)

L’IPOTENUSARivista di studi tradizionali fondata nel 1959n. 11 Dicembre - Solstizio d’Inverno 2007 - rivista quadrimestrale

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Editoriali e commentiUna patria che vale un terzo Risorgimento, P. CarusoIl Cardinale della Controriforma e Karl Popper, R. BalzaniL’Università e il Papato: due realtà diverse che debbono rimanereseparate, D. MirriSmarrimento e speranza, G. Zannelli

Saggi e interventiPrimo RisorgimentoLa nascita della fotografia nel Risorgimento, G.F. FontanaMazzini fra interessi e principi, C.A.R. PorcellaL’europeismo di Cristina Trivulzio, M. RossiIl pensiero politico di Ralph Waldo Emerson ed i pensieri sulla Democrazia in Europa diGiuseppe Mazzini, M. Barducci

Secondo RisorgimentoLettere alle sorelle, A. SpinelliIl sodalizio fra Carlo Rosselli e Bauer, A. Colombo

IL PENSIERO MAZZINIANO. DEMOCRAZIA IN AZIONE.Anno LXII - numero 3 - Settembre-Dicembre 2007

ApprofondimentiR. Bobba, Hieronymus Bosh - Il figliol prodigo (1480)C. Coriasco, L’Humanitas dantesca tra Verità e DubbioR. Corsi, Esiste il Grande Vecchio?M. Verginelli, Il “Laicismo” - Una proposta antica equivocata. (Terza parte)E. Chiale, Fondamentalismo - Integrismo - Integrazione

Vita nell’OrdineA.T. Cronaca di una giornata conviviale culturale all’insegna della gioia e della fraternità

La storia delle LoggeG. Griva, La R.L. Giordano Bruno n. 944 all’Or. di MoncalieriG. Griva, I Grandi Maestri del Grande Oriente d’Italia

L’angolo della poesiaAnonimo, Salve Fratello mio!

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Terzo RisorgimentoDiritti Umani e Nuovi Fanatismi, R. BrunettiAncora una minaccia islamica, A. Chiti-BatelliSette considerazioni sull’indipendenza del Kosovo, A. SabatinoLa Ceca nelle valutazioni di Europa Federata, periodico del Movimento Federalista Europeo, G.VanniInnalzare muri tra gli scolari, C.K. Farkas

Studi RepubblicaniMessa in latino ed altro, G. VolpatoMa la Costituzione italiana è davvero acciaccata?, M. TuveriFederalismo e Solidarietà, G. MuraroGiuseppe Mazzini - Dai “Pensieri sulla democrazia” all’“Azione per la democrazia euro-pea”/1846-1855, a cura di S. Mastellone

Libri, Cultura, SocietàScelta ragionata, P. CarusoL’opzione, F. GrassiSegnalazioni, a cura di A. Sfienti

RilettureCaro Altiero, caro Norberto

In memoriaDieci anni fa si spegneva Mario Sipala, R. Balzani

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Il testo teologico esce per fare chiarezza in ordine alle tante pubblicazioni d’antropologi, stori-ci, sociologi che si sono succedute negli ultimi decenni. Inoltre, sconfessa tutte quelle pseudo-storie, frutto di fantasie da romanzo come Il Codice da Vinci, per citare soltanto l’ultimo e piùfamoso romanzo di Dan Brown, il quale nelle pieghe del giallo ipotizza, buon ultimo, il matri-monio del Cristo con Maria di Magdala, prendendo anch’egli spunto dai vangeli apocrifi. Nella premessa Ratzinger, fine docente di teologia, invita a contestare le sue proposizioni, maazzarderei sia un tratto della propria ironia, in quanto non vi è proprio nulla da contestare.Invece il saggio ci appare teologicamente innovativo in quanto ripercorre la storia del Cristodalla morte sulla croce. Questa è la vera novità. Interpretare ogni passo dei vangeli canonici(s’intende) e delle profezie dell’Antico Testamento, partendo dalla Croce. Un percorso aritroso per ritrovare il vero senso del messaggio del Cristo.Ne viene fuori soprattutto un Cristo più vero, più documentato, più comprensibile, più com-pleto. È questa la vera modernità teologica del testo.Dobbiamo sempre tenere presente, nella lettura, che l’autore non vuole fare l’antropologo, ilsociologo o lo storico laico, fa il teologo e per la teologia cattolica Gesù è il Figlio di Dio. Ma inpiù aggiungerei che è anche una ricerca personale, molto umana, vissuta intimamente, delCristo e la offre ai lettori con semplicità e limpidità che gli va riconosciuta.Un testo indirizzato dunque ai cattolici, ma a me sembra anche rivolto agli ebrei. Vi è in tut-to il testo un filo rosso che sembra voler convincere i “Fratelli maggiori” che il Cristo è vera-mente quello che essi attendevano e attendono erroneamente ancora. Ricordiamo, per inciso,che Gesù per gli ebrei è un illuminato, un gradino sotto ad un profeta. Vi è, inoltre, una chiara notazione, fra le righe del testo, di popolo eletto allargato compren-dente non soltanto gli ebrei ma anche i cattolici. Il che avvicina molto le due religioni.Un libro esoterico nella più stretta ideologia cattolica. Esoterico in quanto il Salvatore parla-va un linguaggio segreto riservato agli Apostoli e a quanti lo ricercarono e lo ricercano tutto-ra quale loro Maestro di Luce.

RReecceennssiioonnii

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JOSEPH RATZINGER BENEDETTO XVIGesù di NazaretRizzoli. Milano, 2007, pp. 447, Û 19,50

di Guglielmo Adilardi

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Dopo la corposa Storia della massoneria pratese, prefazione del Gran Maestro Arman-do Corona, per opera di Franco Riccomini, che percorreva le origini della stessa ed ilsuo profondo inserimento nel tessuto connettivo della Città, adesso la prima Loggiapratese viene pubblicando, sempre con la sovrintendenza del noto giornalistapratese, il continuum della stessa nel narrare tempi più recenti e assai vicino a noi. Icuratori del libretto traggono lo spunto della rinascita della Loggia a trentasei annidal ripristino delle colonne, poiché bisogna sapere che la Loggia “Intelligenza eLavoro” fu la prima che sorse in Prato, la quale tramutò il suo nome distintivo in“Giuseppe Mazzoni” dopo la morte del Gran Maestro pratese (1880) per onorare l’uo-mo, il politico, il massone, artefice, fra l’altro, dell’unificazione della Massonerianazionale nel 1874. Successivamente la Loggia “Mazzoni” aggiunse dopo la perse-cuzione fascista, nel dopoguerra, il nome di “G. Meoni” (1879-1934), altro grandepersonaggio pratese, antifascista inviato al confino. Soltanto nel 1970 ad opera dialcuni Fratelli della Loggia “Meoni e Mazzoni” gemmò la Loggia “Intelligenza eLavoro”. Quindi, a differenza del saggio precedente, siamo di fronte ad una cronacapiù che della storia della Loggia, considerato l’arco del tempo descritto dagli autori.E quindi se da un lato è intrigante e agevole leggere le paginette del libro, dall’altrail testo soffre delle ovvie e obbligatorie omissioni per tutelare la privacy di person-aggi che furono il collante politico ed amministrativo di tanti gangli della politicapratese. Inoltre come ogni cronaca è sempre un po’ parziale, ma questo, ripeto è unanecessità più che un difetto. Emergerà in un futuro non troppo lontano la storiadelle Logge pratesi, augurandoci che sia lo stesso Franco Riccomini, fra qualcheanno, libero dalle pastoie della cronaca, a regalarci ancora momenti piacevoli di let-tura sull’argomento.

A CURA DI FRANCO, PIERO E MARCO RICCOMINIR.L. Intelligenza e Lavoro all’Oriente di Prato (1876-1914; 1970-2006)Progetto grafico Studio 451, Prato, 2007.

di Guglielmo Adilardi

Non inganni il titolo, leggermente autoironico, di questo libro che non è solo “perprincipianti”. Facilità di linguaggio e chiarezza di esposizione lo rendono fruibile per

LINO SACCHIMassoneria per principiantiEdizioni L’Età dell’acquario, Torino, pp. 188, Û 18

di Bernardino Fioravanti

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chi della Massoneria non sa pressochè nulla, ma ciò non toglie che anche l’esperto viincontri tematiche vive e controverse, e approfondimenti, come quello sul rituale diapprendista. Una trattazione piuttosto estesa è dedicata al rito, che viene analizzatoin dettaglio focalizzando la sua evoluzione nel corso dei secoli. Il filo conduttore è laconvivenza di due anime, l’illuministica e l’esoterica, in Massoneria: una convivenzavista dall’autore come “un motivo di fascino” dell’istituzione. L’approccio è decisa-mente “laico”, ma l’autore, che è di estrazione scientifica, è convinto di avere evita-to quella “deriva scientista” alla quale la sua estrazione poteva esporlo, e non si puònon dargli atto di esserci riuscito.

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