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181 Un símil estructural del Paradiso: el símil-resumen del pájaro que espera (Par. XXIII, 1-12) JUAN VARELA-PORTAS DE ORDUÑA Universidad Complutense de Madrid Asociación Complutense de Dantología RIASSUNTO: In questo lavoro si propone un'analisi esegetica della similitudine, "ampia e bella" (Bosco), contenuta ai versi 1-12 del XXIII canto del Paradiso, condotta in base ai principi metodologici sviluppati nel Seminario della Asociación Complutense de Dantología. Tale prospettiva ermeneutica apre nuovi livelli di significado relativamente all'interpretazione sia della struttura della similitudine in questione che del senso allegorico in essa contenuto. L'analisi qui proposta mette in luce l'esistenza di un significativo parallelismo tra la figura dell'uccello contenuta nei versi citati, quella di Beatrice presente in tutta la cantica ed il processo della conoscenza contemplativa descritto da Riccardo di San Vittore. Parole chiave: similitudine, Paradiso, conoscenza contemplativa, mens ad Deum, Riccardo di San Vittore. ABSTRACT: In this work, an exegethical analysis is made following the method developed in the Seminar of the Asociación Complutense de Dantología. This analysis of the “wide and beautiful” simile (Bosco) from Paradiso XXIII 1-12 is useful to understand key questions of this canticle, both in structural and in allegorical aspects. We will discover a meaningful parallelism between the bird of the simile, Beatrice throughout the canticle and the process of contemplative knowledge as it has been described by Ricardus victoriensis.

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181

Un símil estructural del Paradiso:

el símil-resumen del pájaro que espera

(Par. XXIII , 1-12)

JUAN VARELA-PORTAS DE ORDUÑA

Universidad Complutense de Madrid Asociación Complutense de Dantología

RIASSUNTO:

In questo lavoro si propone un'analisi esegetica della similitudine, "ampia e bella" (Bosco), contenuta ai versi 1-12 del XXIII canto del Paradiso, condotta in base ai principi metodologici sviluppati nel Seminario della Asociación Complutense de Dantología. Tale prospettiva ermeneutica apre nuovi livelli di significado relativamente all'interpretazione sia della struttura della similitudine in questione che del senso allegorico in essa contenuto. L'analisi qui proposta mette in luce l'esistenza di un significativo parallelismo tra la figura dell'uccello contenuta nei versi citati, quella di Beatrice presente in tutta la cantica ed il processo della conoscenza contemplativa descritto da Riccardo di San Vittore.

Parole chiave: similitudine, Paradiso, conoscenza contemplativa, mens ad Deum, Riccardo di San Vittore.

ABSTRACT:

In this work, an exegethical analysis is made following the method developed in the Seminar of the Asociación Complutense de Dantología. This analysis of the “wide and beautiful” simile (Bosco) from Paradiso XXIII 1-12 is useful to understand key questions of this canticle, both in structural and in allegorical aspects. We will discover a meaningful parallelism between the bird of the simile, Beatrice throughout the canticle and the process of contemplative knowledge as it has been described by Ricardus victoriensis.

181

Un símil estructural del Paradiso:

el símil-resumen del pájaro que espera

(Par. XXIII , 1-12)

JUAN VARELA-PORTAS DE ORDUÑA

Universidad Complutense de Madrid Asociación Complutense de Dantología

RIASSUNTO:

In questo lavoro si propone un'analisi esegetica della similitudine, "ampia e bella" (Bosco), contenuta ai versi 1-12 del XXIII canto del Paradiso, condotta in base ai principi metodologici sviluppati nel Seminario della Asociación Complutense de Dantología. Tale prospettiva ermeneutica apre nuovi livelli di significado relativamente all'interpretazione sia della struttura della similitudine in questione che del senso allegorico in essa contenuto. L'analisi qui proposta mette in luce l'esistenza di un significativo parallelismo tra la figura dell'uccello contenuta nei versi citati, quella di Beatrice presente in tutta la cantica ed il processo della conoscenza contemplativa descritto da Riccardo di San Vittore.

Parole chiave: similitudine, Paradiso, conoscenza contemplativa, mens ad Deum, Riccardo di San Vittore.

ABSTRACT:

In this work, an exegethical analysis is made following the method developed in the Seminar of the Asociación Complutense de Dantología. This analysis of the “wide and beautiful” simile (Bosco) from Paradiso XXIII 1-12 is useful to understand key questions of this canticle, both in structural and in allegorical aspects. We will discover a meaningful parallelism between the bird of the simile, Beatrice throughout the canticle and the process of contemplative knowledge as it has been described by Ricardus victoriensis.

181

Un símil estructural del Paradiso:

el símil-resumen del pájaro que espera

(Par. XXIII , 1-12)

JUAN VARELA-PORTAS DE ORDUÑA

Universidad Complutense de Madrid Asociación Complutense de Dantología

RIASSUNTO:

In questo lavoro si propone un'analisi esegetica della similitudine, "ampia e bella" (Bosco), contenuta ai versi 1-12 del XXIII canto del Paradiso, condotta in base ai principi metodologici sviluppati nel Seminario della Asociación Complutense de Dantología. Tale prospettiva ermeneutica apre nuovi livelli di significado relativamente all'interpretazione sia della struttura della similitudine in questione che del senso allegorico in essa contenuto. L'analisi qui proposta mette in luce l'esistenza di un significativo parallelismo tra la figura dell'uccello contenuta nei versi citati, quella di Beatrice presente in tutta la cantica ed il processo della conoscenza contemplativa descritto da Riccardo di San Vittore.

Parole chiave: similitudine, Paradiso, conoscenza contemplativa, mens ad Deum, Riccardo di San Vittore.

ABSTRACT:

In this work, an exegethical analysis is made following the method developed in the Seminar of the Asociación Complutense de Dantología. This analysis of the “wide and beautiful” simile (Bosco) from Paradiso XXIII 1-12 is useful to understand key questions of this canticle, both in structural and in allegorical aspects. We will discover a meaningful parallelism between the bird of the simile, Beatrice throughout the canticle and the process of contemplative knowledge as it has been described by Ricardus victoriensis.

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Un símil estructural del Paradiso:

el símil-resumen del pájaro que espera

(Par. XXIII , 1-12)

JUAN VARELA-PORTAS DE ORDUÑA

Universidad Complutense de Madrid Asociación Complutense de Dantología

RIASSUNTO:

In questo lavoro si propone un'analisi esegetica della similitudine, "ampia e bella" (Bosco), contenuta ai versi 1-12 del XXIII canto del Paradiso, condotta in base ai principi metodologici sviluppati nel Seminario della Asociación Complutense de Dantología. Tale prospettiva ermeneutica apre nuovi livelli di significado relativamente all'interpretazione sia della struttura della similitudine in questione che del senso allegorico in essa contenuto. L'analisi qui proposta mette in luce l'esistenza di un significativo parallelismo tra la figura dell'uccello contenuta nei versi citati, quella di Beatrice presente in tutta la cantica ed il processo della conoscenza contemplativa descritto da Riccardo di San Vittore.

Parole chiave: similitudine, Paradiso, conoscenza contemplativa, mens ad Deum, Riccardo di San Vittore.

ABSTRACT:

In this work, an exegethical analysis is made following the method developed in the Seminar of the Asociación Complutense de Dantología. This analysis of the “wide and beautiful” simile (Bosco) from Paradiso XXIII 1-12 is useful to understand key questions of this canticle, both in structural and in allegorical aspects. We will discover a meaningful parallelism between the bird of the simile, Beatrice throughout the canticle and the process of contemplative knowledge as it has been described by Ricardus victoriensis.

Tenzone nº 8 2007

182

Key words: simile, Paradiso, contemplative knowledge, Grace, mens ad Deum, Ricardo de San Victor.

Tras la ascensión desde el cielo de Saturno a la constelación de Géminis, Beatriz insta a Dante a mirar hacia abajo y ver quanto mondo sotto li piedi già esser ti fei (Par., XXII, 128-129). La razón que la guía aduce para animar a Dante a la visión es que, dado que él está muy cerca de l’ultima salute, debe tener su vista clara y aguda:

Tu se’ sì presso a l’ultima salute, cominciò Bëatrice, «che tu dei aver le luci chiare e acute;

(Par., XXII, 124-126)

De este modo, Dante podrá recibir con corazón alegre el triunfo de Cristo que se le avecina:

sì che ‘l tuo cor, quantunque può, giocondo s’appresenti a la turba trïunfante che lieta vien per questo etera tondo»,

(Par., XXII, 130-132)

Por esto, Dante tiene la visión del espacio que ha dejado abajo (Par., XXII, 133-153), tras lo cual dirige sus ojos a los de Beatriz: poscia rivolsi li occhi a li occhi belli (Par., XXII, 154).

La ve entonces estar eretta e attenta, sospesa e vaga, con la mirada dirigida inver’ la plaga sotto la quale il sol mostra men fretta, es decir, el cénit. Nótese cómo la actitud y la postura de Beatriz vienen ya descritas en lo que será el comparado del símil, por lo que no podemos considerar que el comparante

Tenzone nº 8 2007

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Key words: simile, Paradiso, contemplative knowledge, Grace, mens ad Deum, Ricardo de San Victor.

Tras la ascensión desde el cielo de Saturno a la constelación de Géminis, Beatriz insta a Dante a mirar hacia abajo y ver quanto mondo sotto li piedi già esser ti fei (Par., XXII, 128-129). La razón que la guía aduce para animar a Dante a la visión es que, dado que él está muy cerca de l’ultima salute, debe tener su vista clara y aguda:

Tu se’ sì presso a l’ultima salute, cominciò Bëatrice, «che tu dei aver le luci chiare e acute;

(Par., XXII, 124-126)

De este modo, Dante podrá recibir con corazón alegre el triunfo de Cristo que se le avecina:

sì che ‘l tuo cor, quantunque può, giocondo s’appresenti a la turba trïunfante che lieta vien per questo etera tondo»,

(Par., XXII, 130-132)

Por esto, Dante tiene la visión del espacio que ha dejado abajo (Par., XXII, 133-153), tras lo cual dirige sus ojos a los de Beatriz: poscia rivolsi li occhi a li occhi belli (Par., XXII, 154).

La ve entonces estar eretta e attenta, sospesa e vaga, con la mirada dirigida inver’ la plaga sotto la quale il sol mostra men fretta, es decir, el cénit. Nótese cómo la actitud y la postura de Beatriz vienen ya descritas en lo que será el comparado del símil, por lo que no podemos considerar que el comparante

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Key words: simile, Paradiso, contemplative knowledge, Grace, mens ad Deum, Ricardo de San Victor.

Tras la ascensión desde el cielo de Saturno a la constelación de Géminis, Beatriz insta a Dante a mirar hacia abajo y ver quanto mondo sotto li piedi già esser ti fei (Par., XXII, 128-129). La razón que la guía aduce para animar a Dante a la visión es que, dado que él está muy cerca de l’ultima salute, debe tener su vista clara y aguda:

Tu se’ sì presso a l’ultima salute, cominciò Bëatrice, «che tu dei aver le luci chiare e acute;

(Par., XXII, 124-126)

De este modo, Dante podrá recibir con corazón alegre el triunfo de Cristo que se le avecina:

sì che ‘l tuo cor, quantunque può, giocondo s’appresenti a la turba trïunfante che lieta vien per questo etera tondo»,

(Par., XXII, 130-132)

Por esto, Dante tiene la visión del espacio que ha dejado abajo (Par., XXII, 133-153), tras lo cual dirige sus ojos a los de Beatriz: poscia rivolsi li occhi a li occhi belli (Par., XXII, 154).

La ve entonces estar eretta e attenta, sospesa e vaga, con la mirada dirigida inver’ la plaga sotto la quale il sol mostra men fretta, es decir, el cénit. Nótese cómo la actitud y la postura de Beatriz vienen ya descritas en lo que será el comparado del símil, por lo que no podemos considerar que el comparante

Tenzone nº 8 2007

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Key words: simile, Paradiso, contemplative knowledge, Grace, mens ad Deum, Ricardo de San Victor.

Tras la ascensión desde el cielo de Saturno a la constelación de Géminis, Beatriz insta a Dante a mirar hacia abajo y ver quanto mondo sotto li piedi già esser ti fei (Par., XXII, 128-129). La razón que la guía aduce para animar a Dante a la visión es que, dado que él está muy cerca de l’ultima salute, debe tener su vista clara y aguda:

Tu se’ sì presso a l’ultima salute, cominciò Bëatrice, «che tu dei aver le luci chiare e acute;

(Par., XXII, 124-126)

De este modo, Dante podrá recibir con corazón alegre el triunfo de Cristo que se le avecina:

sì che ‘l tuo cor, quantunque può, giocondo s’appresenti a la turba trïunfante che lieta vien per questo etera tondo»,

(Par., XXII, 130-132)

Por esto, Dante tiene la visión del espacio que ha dejado abajo (Par., XXII, 133-153), tras lo cual dirige sus ojos a los de Beatriz: poscia rivolsi li occhi a li occhi belli (Par., XXII, 154).

La ve entonces estar eretta e attenta, sospesa e vaga, con la mirada dirigida inver’ la plaga sotto la quale il sol mostra men fretta, es decir, el cénit. Nótese cómo la actitud y la postura de Beatriz vienen ya descritas en lo que será el comparado del símil, por lo que no podemos considerar que el comparante

Juan VARELA-PORTAS Un símil estructural del Paradiso...

183

tenga la función de ilustrar esa actitud y esa postura, pues entonces uno de los dos sería redundante. Por ello, esta «ampia e bella similitudine» (Bosco, ad locum) debe aportarnos importante información sobre la materia del texto, como ahora se verá:

Come l’augello, intra l’amate fronde posato al nido de’ suoi dolci nati la notte che le cose ci nasconde, che, per veder li aspetti disïati e per trovar lo cibo onde li pasca, in che gravi labor li sono aggrati, previene il tempo in su aperta frasca, e con ardente affetto il sole aspetta, fiso guardando pur che l’alba nasca; così la donna mïa stava eretta e attenta, rivolta inver’ la plaga sotto la quale il sol mostra men fretta

(Par., XXIII 1-12)

En realidad, si nos fijamos con atención, veremos que el símil no versa sobre la actitud de Beatriz-pájaro esperando la visión de Cristo-sol, momento al que solamente se refieren los versos 8-9 (e con ardente affetto il sole aspetta, / fiso guardando pur che l’alba nasca), sino sobre el proceso que la ha llevado (y con ella a Dante) a ese momento. Ahora bien, un pequeño, pero importante, problema de letra ha hecho que este proceso, en su sentido literal, haya sido entendido de dos maneras distintas por los comentaristas. El punto de divergencia está en la expresión li aspetti disïati del verso 4, pero, como ahora veremos, afecta por extensión a todo el conjunto del pasaje.

Bosco y Reggio (ad locum) enuncian lacónicamente a qué pueda referirse este sintagma según los diversos autores: «dei figli, secondo alcuni; del sole che stà per sorgere, secondo

Juan VARELA-PORTAS Un símil estructural del Paradiso...

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tenga la función de ilustrar esa actitud y esa postura, pues entonces uno de los dos sería redundante. Por ello, esta «ampia e bella similitudine» (Bosco, ad locum) debe aportarnos importante información sobre la materia del texto, como ahora se verá:

Come l’augello, intra l’amate fronde posato al nido de’ suoi dolci nati la notte che le cose ci nasconde, che, per veder li aspetti disïati e per trovar lo cibo onde li pasca, in che gravi labor li sono aggrati, previene il tempo in su aperta frasca, e con ardente affetto il sole aspetta, fiso guardando pur che l’alba nasca; così la donna mïa stava eretta e attenta, rivolta inver’ la plaga sotto la quale il sol mostra men fretta

(Par., XXIII 1-12)

En realidad, si nos fijamos con atención, veremos que el símil no versa sobre la actitud de Beatriz-pájaro esperando la visión de Cristo-sol, momento al que solamente se refieren los versos 8-9 (e con ardente affetto il sole aspetta, / fiso guardando pur che l’alba nasca), sino sobre el proceso que la ha llevado (y con ella a Dante) a ese momento. Ahora bien, un pequeño, pero importante, problema de letra ha hecho que este proceso, en su sentido literal, haya sido entendido de dos maneras distintas por los comentaristas. El punto de divergencia está en la expresión li aspetti disïati del verso 4, pero, como ahora veremos, afecta por extensión a todo el conjunto del pasaje.

Bosco y Reggio (ad locum) enuncian lacónicamente a qué pueda referirse este sintagma según los diversos autores: «dei figli, secondo alcuni; del sole che stà per sorgere, secondo

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tenga la función de ilustrar esa actitud y esa postura, pues entonces uno de los dos sería redundante. Por ello, esta «ampia e bella similitudine» (Bosco, ad locum) debe aportarnos importante información sobre la materia del texto, como ahora se verá:

Come l’augello, intra l’amate fronde posato al nido de’ suoi dolci nati la notte che le cose ci nasconde, che, per veder li aspetti disïati e per trovar lo cibo onde li pasca, in che gravi labor li sono aggrati, previene il tempo in su aperta frasca, e con ardente affetto il sole aspetta, fiso guardando pur che l’alba nasca; così la donna mïa stava eretta e attenta, rivolta inver’ la plaga sotto la quale il sol mostra men fretta

(Par., XXIII 1-12)

En realidad, si nos fijamos con atención, veremos que el símil no versa sobre la actitud de Beatriz-pájaro esperando la visión de Cristo-sol, momento al que solamente se refieren los versos 8-9 (e con ardente affetto il sole aspetta, / fiso guardando pur che l’alba nasca), sino sobre el proceso que la ha llevado (y con ella a Dante) a ese momento. Ahora bien, un pequeño, pero importante, problema de letra ha hecho que este proceso, en su sentido literal, haya sido entendido de dos maneras distintas por los comentaristas. El punto de divergencia está en la expresión li aspetti disïati del verso 4, pero, como ahora veremos, afecta por extensión a todo el conjunto del pasaje.

Bosco y Reggio (ad locum) enuncian lacónicamente a qué pueda referirse este sintagma según los diversos autores: «dei figli, secondo alcuni; del sole che stà per sorgere, secondo

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tenga la función de ilustrar esa actitud y esa postura, pues entonces uno de los dos sería redundante. Por ello, esta «ampia e bella similitudine» (Bosco, ad locum) debe aportarnos importante información sobre la materia del texto, como ahora se verá:

Come l’augello, intra l’amate fronde posato al nido de’ suoi dolci nati la notte che le cose ci nasconde, che, per veder li aspetti disïati e per trovar lo cibo onde li pasca, in che gravi labor li sono aggrati, previene il tempo in su aperta frasca, e con ardente affetto il sole aspetta, fiso guardando pur che l’alba nasca; così la donna mïa stava eretta e attenta, rivolta inver’ la plaga sotto la quale il sol mostra men fretta

(Par., XXIII 1-12)

En realidad, si nos fijamos con atención, veremos que el símil no versa sobre la actitud de Beatriz-pájaro esperando la visión de Cristo-sol, momento al que solamente se refieren los versos 8-9 (e con ardente affetto il sole aspetta, / fiso guardando pur che l’alba nasca), sino sobre el proceso que la ha llevado (y con ella a Dante) a ese momento. Ahora bien, un pequeño, pero importante, problema de letra ha hecho que este proceso, en su sentido literal, haya sido entendido de dos maneras distintas por los comentaristas. El punto de divergencia está en la expresión li aspetti disïati del verso 4, pero, como ahora veremos, afecta por extensión a todo el conjunto del pasaje.

Bosco y Reggio (ad locum) enuncian lacónicamente a qué pueda referirse este sintagma según los diversos autores: «dei figli, secondo alcuni; del sole che stà per sorgere, secondo

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altri». La primera de las soluciones viene apoyada por la mayoría de las ediciones: Torraca, Casini-Barbi, Bosco, Sapegno, Chiavacci; la segunda, sólo por Chimenz. Según Sapegno, la primera es la preferida, también, por “la maggior parte dei commentatori antichi”, y cita a Vellutello como apoyo. Aduce, sin embargo, el parecer de Buti, de quien surge la segunda interpretación: “«le cose che desidera di vedere, cioè unde possa prendere l’esca per arrecare ai suoi figliuoli» (Buti)”. Desde un punto de vista estrictamente gramatical resulta más ajustada la primera lectura, dado que la segunda obligaría a suponer que el pronombre anafórico li del v. 5 (e per trovar lo cibo onde li pasca) es correferencial con el sintagma i suoi dolci nati del v. 2, saltando por encima, por decirlo así, del sintagma que estamos estudiando, el cual está más cercano a él y es también masculino plural, lo que lo hace candidato mejor a ser su antecedente. Ahora, si, por el sentido del v. 5, es evidente que li se refiere a los polluelos, a lo mismo debe referirse li aspetti disïati.

Sin embargo, el problema de lectura que provoca esta interpretación lo pone de manifiesto, con abrumadora lógica, Chimenz (ad locum):

Senonché, per veder i suoi nati, non occorreva che lasciasse il nido, ché anzi, uscito in su aperta frasca (sui rami scoperti), bisogna dire che difficilmente potrà vederli, essendo il nido intra le fronde; sicché sarà da intendere piuttosto “le cose che desidera vedere -specie il sol e la campagna- per trovare il cibo per i suoi nati.

Así, pues, resulta, en efecto, de todo punto absurdo suponer que el pájaro para ver a sus hijos se aleja del nido hasta la rama más abierta. Lo que, por tanto, invalida completamente la primera interpretación es el haber entendido el primer per, el del verso 4, como final: “para ver los ‘aspectos’ deseados”.

Es, de este modo, Mattalia quien, finalmente, da, a nuestro

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altri». La primera de las soluciones viene apoyada por la mayoría de las ediciones: Torraca, Casini-Barbi, Bosco, Sapegno, Chiavacci; la segunda, sólo por Chimenz. Según Sapegno, la primera es la preferida, también, por “la maggior parte dei commentatori antichi”, y cita a Vellutello como apoyo. Aduce, sin embargo, el parecer de Buti, de quien surge la segunda interpretación: “«le cose che desidera di vedere, cioè unde possa prendere l’esca per arrecare ai suoi figliuoli» (Buti)”. Desde un punto de vista estrictamente gramatical resulta más ajustada la primera lectura, dado que la segunda obligaría a suponer que el pronombre anafórico li del v. 5 (e per trovar lo cibo onde li pasca) es correferencial con el sintagma i suoi dolci nati del v. 2, saltando por encima, por decirlo así, del sintagma que estamos estudiando, el cual está más cercano a él y es también masculino plural, lo que lo hace candidato mejor a ser su antecedente. Ahora, si, por el sentido del v. 5, es evidente que li se refiere a los polluelos, a lo mismo debe referirse li aspetti disïati.

Sin embargo, el problema de lectura que provoca esta interpretación lo pone de manifiesto, con abrumadora lógica, Chimenz (ad locum):

Senonché, per veder i suoi nati, non occorreva che lasciasse il nido, ché anzi, uscito in su aperta frasca (sui rami scoperti), bisogna dire che difficilmente potrà vederli, essendo il nido intra le fronde; sicché sarà da intendere piuttosto “le cose che desidera vedere -specie il sol e la campagna- per trovare il cibo per i suoi nati.

Así, pues, resulta, en efecto, de todo punto absurdo suponer que el pájaro para ver a sus hijos se aleja del nido hasta la rama más abierta. Lo que, por tanto, invalida completamente la primera interpretación es el haber entendido el primer per, el del verso 4, como final: “para ver los ‘aspectos’ deseados”.

Es, de este modo, Mattalia quien, finalmente, da, a nuestro

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altri». La primera de las soluciones viene apoyada por la mayoría de las ediciones: Torraca, Casini-Barbi, Bosco, Sapegno, Chiavacci; la segunda, sólo por Chimenz. Según Sapegno, la primera es la preferida, también, por “la maggior parte dei commentatori antichi”, y cita a Vellutello como apoyo. Aduce, sin embargo, el parecer de Buti, de quien surge la segunda interpretación: “«le cose che desidera di vedere, cioè unde possa prendere l’esca per arrecare ai suoi figliuoli» (Buti)”. Desde un punto de vista estrictamente gramatical resulta más ajustada la primera lectura, dado que la segunda obligaría a suponer que el pronombre anafórico li del v. 5 (e per trovar lo cibo onde li pasca) es correferencial con el sintagma i suoi dolci nati del v. 2, saltando por encima, por decirlo así, del sintagma que estamos estudiando, el cual está más cercano a él y es también masculino plural, lo que lo hace candidato mejor a ser su antecedente. Ahora, si, por el sentido del v. 5, es evidente que li se refiere a los polluelos, a lo mismo debe referirse li aspetti disïati.

Sin embargo, el problema de lectura que provoca esta interpretación lo pone de manifiesto, con abrumadora lógica, Chimenz (ad locum):

Senonché, per veder i suoi nati, non occorreva che lasciasse il nido, ché anzi, uscito in su aperta frasca (sui rami scoperti), bisogna dire che difficilmente potrà vederli, essendo il nido intra le fronde; sicché sarà da intendere piuttosto “le cose che desidera vedere -specie il sol e la campagna- per trovare il cibo per i suoi nati.

Así, pues, resulta, en efecto, de todo punto absurdo suponer que el pájaro para ver a sus hijos se aleja del nido hasta la rama más abierta. Lo que, por tanto, invalida completamente la primera interpretación es el haber entendido el primer per, el del verso 4, como final: “para ver los ‘aspectos’ deseados”.

Es, de este modo, Mattalia quien, finalmente, da, a nuestro

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altri». La primera de las soluciones viene apoyada por la mayoría de las ediciones: Torraca, Casini-Barbi, Bosco, Sapegno, Chiavacci; la segunda, sólo por Chimenz. Según Sapegno, la primera es la preferida, también, por “la maggior parte dei commentatori antichi”, y cita a Vellutello como apoyo. Aduce, sin embargo, el parecer de Buti, de quien surge la segunda interpretación: “«le cose che desidera di vedere, cioè unde possa prendere l’esca per arrecare ai suoi figliuoli» (Buti)”. Desde un punto de vista estrictamente gramatical resulta más ajustada la primera lectura, dado que la segunda obligaría a suponer que el pronombre anafórico li del v. 5 (e per trovar lo cibo onde li pasca) es correferencial con el sintagma i suoi dolci nati del v. 2, saltando por encima, por decirlo así, del sintagma que estamos estudiando, el cual está más cercano a él y es también masculino plural, lo que lo hace candidato mejor a ser su antecedente. Ahora, si, por el sentido del v. 5, es evidente que li se refiere a los polluelos, a lo mismo debe referirse li aspetti disïati.

Sin embargo, el problema de lectura que provoca esta interpretación lo pone de manifiesto, con abrumadora lógica, Chimenz (ad locum):

Senonché, per veder i suoi nati, non occorreva che lasciasse il nido, ché anzi, uscito in su aperta frasca (sui rami scoperti), bisogna dire che difficilmente potrà vederli, essendo il nido intra le fronde; sicché sarà da intendere piuttosto “le cose che desidera vedere -specie il sol e la campagna- per trovare il cibo per i suoi nati.

Así, pues, resulta, en efecto, de todo punto absurdo suponer que el pájaro para ver a sus hijos se aleja del nido hasta la rama más abierta. Lo que, por tanto, invalida completamente la primera interpretación es el haber entendido el primer per, el del verso 4, como final: “para ver los ‘aspectos’ deseados”.

Es, de este modo, Mattalia quien, finalmente, da, a nuestro

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entender, con la solución adecuada, pues no sólo tiene la suya una estricta lógica gramatical, sino, como veremos, también, digamos, argumental. Él se suma a los que apoyan la primera solución, pero con una variación fundamental:

aspetti disiati: “disio” vale amore: le amate sembianze. E questo primo per sarà causale, indicando il momento in cui l’augello si stacca dal nido: quando le prime luci dell’alba gli permettono di tornare a veder, ecc. (ad locum)

Se resuelven así los inconvenientes antes expuestos: por un lado, el pronombre li sigue correfiriendo con li aspetti disiati, como es de lógica sintáctica; por otro, se evita el sinsentido apuntado por Chimenz, ya que el pájaro sale del nido no “para ver a sus hijos”, sino por “haberlos visto”, y, por ello, haberse percatado de que está llegando el amanecer.

La sucesión de acontecimientos es, así, completamente lógica, porque establece cuatro momentos en el proceso, en vez de los tres que suponían las explicaciones más extendidas. Éstas entendían:

1 - el pájaro está intra l’amate fronde, posato al nido y sin ver a sus polluelos, pues se encuentra en la notte che le cose ci nasconde (obsérvese que tampoco ve el cielo, pues está en el interior de la copa frondosa del árbol);

2 - de repente, y sin causa aparente, se aleja del nido moviéndose hacia la rama más externa con dos finalidades, ver el sol y la campiña (li aspetti disïati) y encontrar el alimento que dar a sus polluelos;

3 - allí, espera con ardiente afecto mirando fijamente al lugar donde debe salir el sol. Nótese que otro problema de esta versión es que el v. 4 sería redundante con respecto a los vv. 8-9: ¿por qué ha de decírsenos que sale del nido para ver el sol si luego se nos indica expresamente que está mirando fijamente (fiso) hacia él?

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entender, con la solución adecuada, pues no sólo tiene la suya una estricta lógica gramatical, sino, como veremos, también, digamos, argumental. Él se suma a los que apoyan la primera solución, pero con una variación fundamental:

aspetti disiati: “disio” vale amore: le amate sembianze. E questo primo per sarà causale, indicando il momento in cui l’augello si stacca dal nido: quando le prime luci dell’alba gli permettono di tornare a veder, ecc. (ad locum)

Se resuelven así los inconvenientes antes expuestos: por un lado, el pronombre li sigue correfiriendo con li aspetti disiati, como es de lógica sintáctica; por otro, se evita el sinsentido apuntado por Chimenz, ya que el pájaro sale del nido no “para ver a sus hijos”, sino por “haberlos visto”, y, por ello, haberse percatado de que está llegando el amanecer.

La sucesión de acontecimientos es, así, completamente lógica, porque establece cuatro momentos en el proceso, en vez de los tres que suponían las explicaciones más extendidas. Éstas entendían:

1 - el pájaro está intra l’amate fronde, posato al nido y sin ver a sus polluelos, pues se encuentra en la notte che le cose ci nasconde (obsérvese que tampoco ve el cielo, pues está en el interior de la copa frondosa del árbol);

2 - de repente, y sin causa aparente, se aleja del nido moviéndose hacia la rama más externa con dos finalidades, ver el sol y la campiña (li aspetti disïati) y encontrar el alimento que dar a sus polluelos;

3 - allí, espera con ardiente afecto mirando fijamente al lugar donde debe salir el sol. Nótese que otro problema de esta versión es que el v. 4 sería redundante con respecto a los vv. 8-9: ¿por qué ha de decírsenos que sale del nido para ver el sol si luego se nos indica expresamente que está mirando fijamente (fiso) hacia él?

Juan VARELA-PORTAS Un símil estructural del Paradiso...

185

entender, con la solución adecuada, pues no sólo tiene la suya una estricta lógica gramatical, sino, como veremos, también, digamos, argumental. Él se suma a los que apoyan la primera solución, pero con una variación fundamental:

aspetti disiati: “disio” vale amore: le amate sembianze. E questo primo per sarà causale, indicando il momento in cui l’augello si stacca dal nido: quando le prime luci dell’alba gli permettono di tornare a veder, ecc. (ad locum)

Se resuelven así los inconvenientes antes expuestos: por un lado, el pronombre li sigue correfiriendo con li aspetti disiati, como es de lógica sintáctica; por otro, se evita el sinsentido apuntado por Chimenz, ya que el pájaro sale del nido no “para ver a sus hijos”, sino por “haberlos visto”, y, por ello, haberse percatado de que está llegando el amanecer.

La sucesión de acontecimientos es, así, completamente lógica, porque establece cuatro momentos en el proceso, en vez de los tres que suponían las explicaciones más extendidas. Éstas entendían:

1 - el pájaro está intra l’amate fronde, posato al nido y sin ver a sus polluelos, pues se encuentra en la notte che le cose ci nasconde (obsérvese que tampoco ve el cielo, pues está en el interior de la copa frondosa del árbol);

2 - de repente, y sin causa aparente, se aleja del nido moviéndose hacia la rama más externa con dos finalidades, ver el sol y la campiña (li aspetti disïati) y encontrar el alimento que dar a sus polluelos;

3 - allí, espera con ardiente afecto mirando fijamente al lugar donde debe salir el sol. Nótese que otro problema de esta versión es que el v. 4 sería redundante con respecto a los vv. 8-9: ¿por qué ha de decírsenos que sale del nido para ver el sol si luego se nos indica expresamente que está mirando fijamente (fiso) hacia él?

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entender, con la solución adecuada, pues no sólo tiene la suya una estricta lógica gramatical, sino, como veremos, también, digamos, argumental. Él se suma a los que apoyan la primera solución, pero con una variación fundamental:

aspetti disiati: “disio” vale amore: le amate sembianze. E questo primo per sarà causale, indicando il momento in cui l’augello si stacca dal nido: quando le prime luci dell’alba gli permettono di tornare a veder, ecc. (ad locum)

Se resuelven así los inconvenientes antes expuestos: por un lado, el pronombre li sigue correfiriendo con li aspetti disiati, como es de lógica sintáctica; por otro, se evita el sinsentido apuntado por Chimenz, ya que el pájaro sale del nido no “para ver a sus hijos”, sino por “haberlos visto”, y, por ello, haberse percatado de que está llegando el amanecer.

La sucesión de acontecimientos es, así, completamente lógica, porque establece cuatro momentos en el proceso, en vez de los tres que suponían las explicaciones más extendidas. Éstas entendían:

1 - el pájaro está intra l’amate fronde, posato al nido y sin ver a sus polluelos, pues se encuentra en la notte che le cose ci nasconde (obsérvese que tampoco ve el cielo, pues está en el interior de la copa frondosa del árbol);

2 - de repente, y sin causa aparente, se aleja del nido moviéndose hacia la rama más externa con dos finalidades, ver el sol y la campiña (li aspetti disïati) y encontrar el alimento que dar a sus polluelos;

3 - allí, espera con ardiente afecto mirando fijamente al lugar donde debe salir el sol. Nótese que otro problema de esta versión es que el v. 4 sería redundante con respecto a los vv. 8-9: ¿por qué ha de decírsenos que sale del nido para ver el sol si luego se nos indica expresamente que está mirando fijamente (fiso) hacia él?

Tenzone nº 8 2007

186

Por el contrario, la interpretación de Mattalia supone:

1 - el pájaro está de noche, en el nido, dentro de la copa del árbol, y, por tanto, sin ver ni a sus polluelos ni al cielo;

2 - poco a poco, empieza a distinguir los perfiles de sus hijos, lo que le indica que pronto va a amanecer. Éste momento tiene el apoyo de dos argumentos filológicos de peso: el primero, el uso precisamente del término aspetti, que significa ‘apariencia’, ‘imagen’, ‘modo en que se presenta algo a la vista’ (ver voz en ED), y que aquí debemos identificar con la figura de los polluelos que el pájaro entrevé en la primerísima luz vaga del amanecer, como en Paradiso, III, 58, donde aspetti indica la figura de los primeros beatos del Paradiso, apenas distinguible dentro de su halo de luz; el segundo argumento es que, efectivamente, en lo comparado, la luz va llegando a Beatriz paulatinamente, lo que le indica que va a aparecer el triunfo de Cristo (del vedere / lo ciel venir più e più rischiarando, vv. 17-18), de modo que la correspondencia entre los dos elementos del símil es completa;

3 - el pájaro, avisado por la primera luz de que está a punto de salir el sol, se aleja del nido y se dirige a la rama más externa;

4 - allí espera, con ardiente afecto, mirando fijo a que el alba nazca.

Ésta es, pues, la explicación que creemos más coherente y razonable desde el punto de vista literal, y, como ahora veremos, la que sostendrá más firmemente los valores alegóricos del símil. Extraigamos, para comprobarlo, los rasgos distintivos de la imagen:

Tenzone nº 8 2007

186

Por el contrario, la interpretación de Mattalia supone:

1 - el pájaro está de noche, en el nido, dentro de la copa del árbol, y, por tanto, sin ver ni a sus polluelos ni al cielo;

2 - poco a poco, empieza a distinguir los perfiles de sus hijos, lo que le indica que pronto va a amanecer. Éste momento tiene el apoyo de dos argumentos filológicos de peso: el primero, el uso precisamente del término aspetti, que significa ‘apariencia’, ‘imagen’, ‘modo en que se presenta algo a la vista’ (ver voz en ED), y que aquí debemos identificar con la figura de los polluelos que el pájaro entrevé en la primerísima luz vaga del amanecer, como en Paradiso, III, 58, donde aspetti indica la figura de los primeros beatos del Paradiso, apenas distinguible dentro de su halo de luz; el segundo argumento es que, efectivamente, en lo comparado, la luz va llegando a Beatriz paulatinamente, lo que le indica que va a aparecer el triunfo de Cristo (del vedere / lo ciel venir più e più rischiarando, vv. 17-18), de modo que la correspondencia entre los dos elementos del símil es completa;

3 - el pájaro, avisado por la primera luz de que está a punto de salir el sol, se aleja del nido y se dirige a la rama más externa;

4 - allí espera, con ardiente afecto, mirando fijo a que el alba nazca.

Ésta es, pues, la explicación que creemos más coherente y razonable desde el punto de vista literal, y, como ahora veremos, la que sostendrá más firmemente los valores alegóricos del símil. Extraigamos, para comprobarlo, los rasgos distintivos de la imagen:

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Por el contrario, la interpretación de Mattalia supone:

1 - el pájaro está de noche, en el nido, dentro de la copa del árbol, y, por tanto, sin ver ni a sus polluelos ni al cielo;

2 - poco a poco, empieza a distinguir los perfiles de sus hijos, lo que le indica que pronto va a amanecer. Éste momento tiene el apoyo de dos argumentos filológicos de peso: el primero, el uso precisamente del término aspetti, que significa ‘apariencia’, ‘imagen’, ‘modo en que se presenta algo a la vista’ (ver voz en ED), y que aquí debemos identificar con la figura de los polluelos que el pájaro entrevé en la primerísima luz vaga del amanecer, como en Paradiso, III, 58, donde aspetti indica la figura de los primeros beatos del Paradiso, apenas distinguible dentro de su halo de luz; el segundo argumento es que, efectivamente, en lo comparado, la luz va llegando a Beatriz paulatinamente, lo que le indica que va a aparecer el triunfo de Cristo (del vedere / lo ciel venir più e più rischiarando, vv. 17-18), de modo que la correspondencia entre los dos elementos del símil es completa;

3 - el pájaro, avisado por la primera luz de que está a punto de salir el sol, se aleja del nido y se dirige a la rama más externa;

4 - allí espera, con ardiente afecto, mirando fijo a que el alba nazca.

Ésta es, pues, la explicación que creemos más coherente y razonable desde el punto de vista literal, y, como ahora veremos, la que sostendrá más firmemente los valores alegóricos del símil. Extraigamos, para comprobarlo, los rasgos distintivos de la imagen:

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Por el contrario, la interpretación de Mattalia supone:

1 - el pájaro está de noche, en el nido, dentro de la copa del árbol, y, por tanto, sin ver ni a sus polluelos ni al cielo;

2 - poco a poco, empieza a distinguir los perfiles de sus hijos, lo que le indica que pronto va a amanecer. Éste momento tiene el apoyo de dos argumentos filológicos de peso: el primero, el uso precisamente del término aspetti, que significa ‘apariencia’, ‘imagen’, ‘modo en que se presenta algo a la vista’ (ver voz en ED), y que aquí debemos identificar con la figura de los polluelos que el pájaro entrevé en la primerísima luz vaga del amanecer, como en Paradiso, III, 58, donde aspetti indica la figura de los primeros beatos del Paradiso, apenas distinguible dentro de su halo de luz; el segundo argumento es que, efectivamente, en lo comparado, la luz va llegando a Beatriz paulatinamente, lo que le indica que va a aparecer el triunfo de Cristo (del vedere / lo ciel venir più e più rischiarando, vv. 17-18), de modo que la correspondencia entre los dos elementos del símil es completa;

3 - el pájaro, avisado por la primera luz de que está a punto de salir el sol, se aleja del nido y se dirige a la rama más externa;

4 - allí espera, con ardiente afecto, mirando fijo a que el alba nazca.

Ésta es, pues, la explicación que creemos más coherente y razonable desde el punto de vista literal, y, como ahora veremos, la que sostendrá más firmemente los valores alegóricos del símil. Extraigamos, para comprobarlo, los rasgos distintivos de la imagen:

Juan VARELA-PORTAS Un símil estructural del Paradiso...

187

1 - Beatriz-pájaro está en la noche:

a- posato al nido;

b- intra l’amate fronde;

c- sin ver (che le cose ci nasconde).

2 - Beatriz-pájaro percibe la claridad del alba antes de que nazca el sol-Cristo:

a- ve li aspetti disïati;

b- siente, por la luz, que va a salir el sol.

3 - Se aleja del nido:

a- hasta la rama más abierta;

b- para encontrar alimento a sus hijos;

c- previene el momento del surgir del sol.

4 - Espera el sol:

a- con ardiente afecto;

b- mirando fijamente.

Liguemos ahora estos trazos distintivos con sus significados.

Es evidente que esta noche en la que se encuentra el pájaro no es la noche tenebrosa de, por ejemplo, Inferno, I, 21, sino una noche de la que se nos precisa que le cose ci nasconde, es decir, noche en la que no se ve, en la que el alma reposa alejada de los sentidos. No es la noche que sucede al día, como interpreta Fernando Salsano en la Enciclopedia Dantesca (voz «notte»), sino la que lo precede: la noche de los sentidos, el apagamiento que prepara la iluminación.

En esta noche, el pájaro está posato al nido. Este posato es interpretado por algunos como “dopo aver riposato” (Sapegno), “riposatosi” (Chimenz, Bosco), y por otros (por ejemplo Mattalia, Chiavacci), como, simplemente “stando”. El

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187

1 - Beatriz-pájaro está en la noche:

a- posato al nido;

b- intra l’amate fronde;

c- sin ver (che le cose ci nasconde).

2 - Beatriz-pájaro percibe la claridad del alba antes de que nazca el sol-Cristo:

a- ve li aspetti disïati;

b- siente, por la luz, que va a salir el sol.

3 - Se aleja del nido:

a- hasta la rama más abierta;

b- para encontrar alimento a sus hijos;

c- previene el momento del surgir del sol.

4 - Espera el sol:

a- con ardiente afecto;

b- mirando fijamente.

Liguemos ahora estos trazos distintivos con sus significados.

Es evidente que esta noche en la que se encuentra el pájaro no es la noche tenebrosa de, por ejemplo, Inferno, I, 21, sino una noche de la que se nos precisa que le cose ci nasconde, es decir, noche en la que no se ve, en la que el alma reposa alejada de los sentidos. No es la noche que sucede al día, como interpreta Fernando Salsano en la Enciclopedia Dantesca (voz «notte»), sino la que lo precede: la noche de los sentidos, el apagamiento que prepara la iluminación.

En esta noche, el pájaro está posato al nido. Este posato es interpretado por algunos como “dopo aver riposato” (Sapegno), “riposatosi” (Chimenz, Bosco), y por otros (por ejemplo Mattalia, Chiavacci), como, simplemente “stando”. El

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1 - Beatriz-pájaro está en la noche:

a- posato al nido;

b- intra l’amate fronde;

c- sin ver (che le cose ci nasconde).

2 - Beatriz-pájaro percibe la claridad del alba antes de que nazca el sol-Cristo:

a- ve li aspetti disïati;

b- siente, por la luz, que va a salir el sol.

3 - Se aleja del nido:

a- hasta la rama más abierta;

b- para encontrar alimento a sus hijos;

c- previene el momento del surgir del sol.

4 - Espera el sol:

a- con ardiente afecto;

b- mirando fijamente.

Liguemos ahora estos trazos distintivos con sus significados.

Es evidente que esta noche en la que se encuentra el pájaro no es la noche tenebrosa de, por ejemplo, Inferno, I, 21, sino una noche de la que se nos precisa que le cose ci nasconde, es decir, noche en la que no se ve, en la que el alma reposa alejada de los sentidos. No es la noche que sucede al día, como interpreta Fernando Salsano en la Enciclopedia Dantesca (voz «notte»), sino la que lo precede: la noche de los sentidos, el apagamiento que prepara la iluminación.

En esta noche, el pájaro está posato al nido. Este posato es interpretado por algunos como “dopo aver riposato” (Sapegno), “riposatosi” (Chimenz, Bosco), y por otros (por ejemplo Mattalia, Chiavacci), como, simplemente “stando”. El

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1 - Beatriz-pájaro está en la noche:

a- posato al nido;

b- intra l’amate fronde;

c- sin ver (che le cose ci nasconde).

2 - Beatriz-pájaro percibe la claridad del alba antes de que nazca el sol-Cristo:

a- ve li aspetti disïati;

b- siente, por la luz, que va a salir el sol.

3 - Se aleja del nido:

a- hasta la rama más abierta;

b- para encontrar alimento a sus hijos;

c- previene el momento del surgir del sol.

4 - Espera el sol:

a- con ardiente afecto;

b- mirando fijamente.

Liguemos ahora estos trazos distintivos con sus significados.

Es evidente que esta noche en la que se encuentra el pájaro no es la noche tenebrosa de, por ejemplo, Inferno, I, 21, sino una noche de la que se nos precisa que le cose ci nasconde, es decir, noche en la que no se ve, en la que el alma reposa alejada de los sentidos. No es la noche que sucede al día, como interpreta Fernando Salsano en la Enciclopedia Dantesca (voz «notte»), sino la que lo precede: la noche de los sentidos, el apagamiento que prepara la iluminación.

En esta noche, el pájaro está posato al nido. Este posato es interpretado por algunos como “dopo aver riposato” (Sapegno), “riposatosi” (Chimenz, Bosco), y por otros (por ejemplo Mattalia, Chiavacci), como, simplemente “stando”. El

Tenzone nº 8 2007

188

argumento de Anna Maria Chiavacci nos parece considerable: «il complemento che segue ci fa preferire per questo verbo il censo di “stare”, “star presso” (come a XXXII, 130)». Y, sin embargo, aun entendiendo el participio en este sentido, nos parece evidente que, en la noche, el pájaro, posato al nido, reposa1. Es decir, que la interpretación que han hecho los otros comentaristas es una transposición de significado completamente lógica, o, dicho en nuestros términos, el riposo es, si no elemento explícito, sí elemento implícito de relevancia grande. Y más si consideramos el significado místico de riposo como apagamiento del apetito humano, la paz interior aneja al apagamiento de los sentidos. Así lo usa Dante, por ejemplo, en Convivio IV, VI, 8, pasaje del que se dice en la voz «riposare» de la Enciclopedia Dantesca: «ogni umano appetito si ripossasse stà per ‘venire appagato’, ‘essere soddisfatto’». El reposo es en Convivio IV, XXVIII, la característica principal del senio, la última edad del hombre, en la que éste, antes de unirse a Dios en la muerte positiva, la que espera la luz de la resurrección, se abstrae de las cosas mundanas y sus cogitaciones. En ese momento de reposo, de superación de lo mundano, el hombre ve cómo salen a recibirlo los ciudadanos del cielo, como ahora sucederá a Beatriz y Dante:

E sì come a colui che viene di lungo cammino, anzi ch’entri ne la porta de la sua cittade, li si fanno incontro li cittadini di quella, così a la nobile anima si fanno incontro, e deono fare, quelli cittadini de la etterna vita; e così fanno per le sue buone operazioni e contemplazioni: chè, già essendo a Dio renduta e astrattasi le mondane cose e cogitazioni, vedere le pare coloro che appresso di Dio crede che siano (Cv. IV, XXVIII , 4).

Así, el paralelismo con la situación que examinamos es muy grande: para recibir a los ciudadanos del cielo, el hombre debe alcanzar el reposo y la noche, esto es, el apagamiento de los sentidos y apetitos humanos.

Tenzone nº 8 2007

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argumento de Anna Maria Chiavacci nos parece considerable: «il complemento che segue ci fa preferire per questo verbo il censo di “stare”, “star presso” (come a XXXII, 130)». Y, sin embargo, aun entendiendo el participio en este sentido, nos parece evidente que, en la noche, el pájaro, posato al nido, reposa1. Es decir, que la interpretación que han hecho los otros comentaristas es una transposición de significado completamente lógica, o, dicho en nuestros términos, el riposo es, si no elemento explícito, sí elemento implícito de relevancia grande. Y más si consideramos el significado místico de riposo como apagamiento del apetito humano, la paz interior aneja al apagamiento de los sentidos. Así lo usa Dante, por ejemplo, en Convivio IV, VI, 8, pasaje del que se dice en la voz «riposare» de la Enciclopedia Dantesca: «ogni umano appetito si ripossasse stà per ‘venire appagato’, ‘essere soddisfatto’». El reposo es en Convivio IV, XXVIII, la característica principal del senio, la última edad del hombre, en la que éste, antes de unirse a Dios en la muerte positiva, la que espera la luz de la resurrección, se abstrae de las cosas mundanas y sus cogitaciones. En ese momento de reposo, de superación de lo mundano, el hombre ve cómo salen a recibirlo los ciudadanos del cielo, como ahora sucederá a Beatriz y Dante:

E sì come a colui che viene di lungo cammino, anzi ch’entri ne la porta de la sua cittade, li si fanno incontro li cittadini di quella, così a la nobile anima si fanno incontro, e deono fare, quelli cittadini de la etterna vita; e così fanno per le sue buone operazioni e contemplazioni: chè, già essendo a Dio renduta e astrattasi le mondane cose e cogitazioni, vedere le pare coloro che appresso di Dio crede che siano (Cv. IV, XXVIII , 4).

Así, el paralelismo con la situación que examinamos es muy grande: para recibir a los ciudadanos del cielo, el hombre debe alcanzar el reposo y la noche, esto es, el apagamiento de los sentidos y apetitos humanos.

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argumento de Anna Maria Chiavacci nos parece considerable: «il complemento che segue ci fa preferire per questo verbo il censo di “stare”, “star presso” (come a XXXII, 130)». Y, sin embargo, aun entendiendo el participio en este sentido, nos parece evidente que, en la noche, el pájaro, posato al nido, reposa1. Es decir, que la interpretación que han hecho los otros comentaristas es una transposición de significado completamente lógica, o, dicho en nuestros términos, el riposo es, si no elemento explícito, sí elemento implícito de relevancia grande. Y más si consideramos el significado místico de riposo como apagamiento del apetito humano, la paz interior aneja al apagamiento de los sentidos. Así lo usa Dante, por ejemplo, en Convivio IV, VI, 8, pasaje del que se dice en la voz «riposare» de la Enciclopedia Dantesca: «ogni umano appetito si ripossasse stà per ‘venire appagato’, ‘essere soddisfatto’». El reposo es en Convivio IV, XXVIII, la característica principal del senio, la última edad del hombre, en la que éste, antes de unirse a Dios en la muerte positiva, la que espera la luz de la resurrección, se abstrae de las cosas mundanas y sus cogitaciones. En ese momento de reposo, de superación de lo mundano, el hombre ve cómo salen a recibirlo los ciudadanos del cielo, como ahora sucederá a Beatriz y Dante:

E sì come a colui che viene di lungo cammino, anzi ch’entri ne la porta de la sua cittade, li si fanno incontro li cittadini di quella, così a la nobile anima si fanno incontro, e deono fare, quelli cittadini de la etterna vita; e così fanno per le sue buone operazioni e contemplazioni: chè, già essendo a Dio renduta e astrattasi le mondane cose e cogitazioni, vedere le pare coloro che appresso di Dio crede che siano (Cv. IV, XXVIII , 4).

Así, el paralelismo con la situación que examinamos es muy grande: para recibir a los ciudadanos del cielo, el hombre debe alcanzar el reposo y la noche, esto es, el apagamiento de los sentidos y apetitos humanos.

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argumento de Anna Maria Chiavacci nos parece considerable: «il complemento che segue ci fa preferire per questo verbo il censo di “stare”, “star presso” (come a XXXII, 130)». Y, sin embargo, aun entendiendo el participio en este sentido, nos parece evidente que, en la noche, el pájaro, posato al nido, reposa1. Es decir, que la interpretación que han hecho los otros comentaristas es una transposición de significado completamente lógica, o, dicho en nuestros términos, el riposo es, si no elemento explícito, sí elemento implícito de relevancia grande. Y más si consideramos el significado místico de riposo como apagamiento del apetito humano, la paz interior aneja al apagamiento de los sentidos. Así lo usa Dante, por ejemplo, en Convivio IV, VI, 8, pasaje del que se dice en la voz «riposare» de la Enciclopedia Dantesca: «ogni umano appetito si ripossasse stà per ‘venire appagato’, ‘essere soddisfatto’». El reposo es en Convivio IV, XXVIII, la característica principal del senio, la última edad del hombre, en la que éste, antes de unirse a Dios en la muerte positiva, la que espera la luz de la resurrección, se abstrae de las cosas mundanas y sus cogitaciones. En ese momento de reposo, de superación de lo mundano, el hombre ve cómo salen a recibirlo los ciudadanos del cielo, como ahora sucederá a Beatriz y Dante:

E sì come a colui che viene di lungo cammino, anzi ch’entri ne la porta de la sua cittade, li si fanno incontro li cittadini di quella, così a la nobile anima si fanno incontro, e deono fare, quelli cittadini de la etterna vita; e così fanno per le sue buone operazioni e contemplazioni: chè, già essendo a Dio renduta e astrattasi le mondane cose e cogitazioni, vedere le pare coloro che appresso di Dio crede che siano (Cv. IV, XXVIII , 4).

Así, el paralelismo con la situación que examinamos es muy grande: para recibir a los ciudadanos del cielo, el hombre debe alcanzar el reposo y la noche, esto es, el apagamiento de los sentidos y apetitos humanos.

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189

Y, sin embargo, a pesar de esa superación de lo mundano, Dante-imaginación-mens (nivel literal-nivel alegórico-nivel anagógico) y su guía, Beatriz-intelecto-inteligencia2, antes de la transhumanación, siguen sujetos a lo temporal y transitorio. Por ello, el polluelo-Dante está en el nido, y el pájaro-Beatriz junto a él. Porque el nido, por ser hecho de lodo y heno, puede representar lo perecedero:

Nidus (...) Dicitur temporalia, quia ex feno et luto solet fieri nidus; per nidum significantur temporalia quae sunt fenalia, id est transitoria et quasi lutea; unde David: illic passerer nidificabunt, id est in divitibus pauperes temporalia invenient (Alanus de Insula 1844-1891: voz «nidus»).

Por eso, el pájaro-Beatriz, una vez en la noche y el reposo, debe alejarse del nido, huir de lo temporal.

Pero, para comenzar el alejamiento, el pájaro debe haber visto li aspetti disïati. Como hemos dicho, la palabra aspetto es aquí clave, porque significa ‘apariencia’, ‘imagen’, ‘semejanza’. En este sentido, es sinónimo también de parvenza, y hace referencia al término técnico species, «in quanto manifestazione visibile di un’essenza» (voz «parvenza», Enciclopedia Dantesca). ¿Qué son, pues, esas “especies” deseadas que causan el alejamiento del nido y la ascensión, rama a rama, hasta la más abierta? La respuesta la podemos encontrar en Paradiso, IV, 46 y Paradiso III, 58:

Per questo la Scrittura condescende a vostra facultate, e piedi e mano attribuisce a Dio e altro intende; e Santa Chiesa con aspetto umano Gabrïel e Michel vi rappresenta e l’altro che Tobia rifece sano

(Par. IV, 43-48).

En este pasaje, aspetto significa la imagen-apariencia-semejanza con que se representa lo divino infundido a los

Juan VARELA-PORTAS Un símil estructural del Paradiso...

189

Y, sin embargo, a pesar de esa superación de lo mundano, Dante-imaginación-mens (nivel literal-nivel alegórico-nivel anagógico) y su guía, Beatriz-intelecto-inteligencia2, antes de la transhumanación, siguen sujetos a lo temporal y transitorio. Por ello, el polluelo-Dante está en el nido, y el pájaro-Beatriz junto a él. Porque el nido, por ser hecho de lodo y heno, puede representar lo perecedero:

Nidus (...) Dicitur temporalia, quia ex feno et luto solet fieri nidus; per nidum significantur temporalia quae sunt fenalia, id est transitoria et quasi lutea; unde David: illic passerer nidificabunt, id est in divitibus pauperes temporalia invenient (Alanus de Insula 1844-1891: voz «nidus»).

Por eso, el pájaro-Beatriz, una vez en la noche y el reposo, debe alejarse del nido, huir de lo temporal.

Pero, para comenzar el alejamiento, el pájaro debe haber visto li aspetti disïati. Como hemos dicho, la palabra aspetto es aquí clave, porque significa ‘apariencia’, ‘imagen’, ‘semejanza’. En este sentido, es sinónimo también de parvenza, y hace referencia al término técnico species, «in quanto manifestazione visibile di un’essenza» (voz «parvenza», Enciclopedia Dantesca). ¿Qué son, pues, esas “especies” deseadas que causan el alejamiento del nido y la ascensión, rama a rama, hasta la más abierta? La respuesta la podemos encontrar en Paradiso, IV, 46 y Paradiso III, 58:

Per questo la Scrittura condescende a vostra facultate, e piedi e mano attribuisce a Dio e altro intende; e Santa Chiesa con aspetto umano Gabrïel e Michel vi rappresenta e l’altro che Tobia rifece sano

(Par. IV, 43-48).

En este pasaje, aspetto significa la imagen-apariencia-semejanza con que se representa lo divino infundido a los

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Y, sin embargo, a pesar de esa superación de lo mundano, Dante-imaginación-mens (nivel literal-nivel alegórico-nivel anagógico) y su guía, Beatriz-intelecto-inteligencia2, antes de la transhumanación, siguen sujetos a lo temporal y transitorio. Por ello, el polluelo-Dante está en el nido, y el pájaro-Beatriz junto a él. Porque el nido, por ser hecho de lodo y heno, puede representar lo perecedero:

Nidus (...) Dicitur temporalia, quia ex feno et luto solet fieri nidus; per nidum significantur temporalia quae sunt fenalia, id est transitoria et quasi lutea; unde David: illic passerer nidificabunt, id est in divitibus pauperes temporalia invenient (Alanus de Insula 1844-1891: voz «nidus»).

Por eso, el pájaro-Beatriz, una vez en la noche y el reposo, debe alejarse del nido, huir de lo temporal.

Pero, para comenzar el alejamiento, el pájaro debe haber visto li aspetti disïati. Como hemos dicho, la palabra aspetto es aquí clave, porque significa ‘apariencia’, ‘imagen’, ‘semejanza’. En este sentido, es sinónimo también de parvenza, y hace referencia al término técnico species, «in quanto manifestazione visibile di un’essenza» (voz «parvenza», Enciclopedia Dantesca). ¿Qué son, pues, esas “especies” deseadas que causan el alejamiento del nido y la ascensión, rama a rama, hasta la más abierta? La respuesta la podemos encontrar en Paradiso, IV, 46 y Paradiso III, 58:

Per questo la Scrittura condescende a vostra facultate, e piedi e mano attribuisce a Dio e altro intende; e Santa Chiesa con aspetto umano Gabrïel e Michel vi rappresenta e l’altro che Tobia rifece sano

(Par. IV, 43-48).

En este pasaje, aspetto significa la imagen-apariencia-semejanza con que se representa lo divino infundido a los

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Y, sin embargo, a pesar de esa superación de lo mundano, Dante-imaginación-mens (nivel literal-nivel alegórico-nivel anagógico) y su guía, Beatriz-intelecto-inteligencia2, antes de la transhumanación, siguen sujetos a lo temporal y transitorio. Por ello, el polluelo-Dante está en el nido, y el pájaro-Beatriz junto a él. Porque el nido, por ser hecho de lodo y heno, puede representar lo perecedero:

Nidus (...) Dicitur temporalia, quia ex feno et luto solet fieri nidus; per nidum significantur temporalia quae sunt fenalia, id est transitoria et quasi lutea; unde David: illic passerer nidificabunt, id est in divitibus pauperes temporalia invenient (Alanus de Insula 1844-1891: voz «nidus»).

Por eso, el pájaro-Beatriz, una vez en la noche y el reposo, debe alejarse del nido, huir de lo temporal.

Pero, para comenzar el alejamiento, el pájaro debe haber visto li aspetti disïati. Como hemos dicho, la palabra aspetto es aquí clave, porque significa ‘apariencia’, ‘imagen’, ‘semejanza’. En este sentido, es sinónimo también de parvenza, y hace referencia al término técnico species, «in quanto manifestazione visibile di un’essenza» (voz «parvenza», Enciclopedia Dantesca). ¿Qué son, pues, esas “especies” deseadas que causan el alejamiento del nido y la ascensión, rama a rama, hasta la más abierta? La respuesta la podemos encontrar en Paradiso, IV, 46 y Paradiso III, 58:

Per questo la Scrittura condescende a vostra facultate, e piedi e mano attribuisce a Dio e altro intende; e Santa Chiesa con aspetto umano Gabrïel e Michel vi rappresenta e l’altro che Tobia rifece sano

(Par. IV, 43-48).

En este pasaje, aspetto significa la imagen-apariencia-semejanza con que se representa lo divino infundido a los

Tenzone nº 8 2007

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hombres. No deben, pues, confundirse estos aspetti con los de las cosas mundanas, porque estos son aspetti, imágenes, infundidas, inspiradas, directamente emitidas (permítasenos el término) por la divinidad. Y por ello mismo son, precisamente, disïati, pues desde el momento en que se le presenta alguna cosa buena (como ‘intención’) al intelecto, éste, necesariamente, inver di lei si piega en virtud de un movimiento amoroso3. Además, se trata de explicar el aspetto con que se presentan a Dante y Beatriz las imágenes que pre-figuran el Paraíso (per far segno de la celestïal [vida] c’ha men salita, Par., IV, 38-39), que son (como hemos explicado en Varela-Portas 1999) imágenes infundidas directamente, por visión espiritual, en la imaginación, es decir, aspetti disiati. En este sentido se usa también en Paradiso, III, 58:

Ond’ io a lei: «Ne’ mirabili aspetti vostri risplende non so chè divino che vi trasmuta da’ primi concetti.

Así, pues, podemos ir viendo cómo la “peripecia” de nuestra ave se corresponde con la de Beatriz, y por ello esta preiluminación que permite ya ver en figura, en imágenes infundidas, provoca la ascensión rama a rama. El pájaro está intra l’amate fronde, y se desplaza hasta l’aperta frasca, por lo que debemos suponer que asciende rama a rama. Como es sabido, una de las imágenes con las que Dante representa el Paraíso es la de l’albero che vive de la cima / e frutta sempre e mai non perde foglia (XVIII, 29-30), imagen comunísima en la teología del tiempo. De ello, nos informa Anna Maria Chiavacci (ad locum):

L’immagine è scritturale, tolta dalla visione di Ezechiele dei rigogliosi alberi nutriti dalle divine acque che sgorgano dal tempio: «non defluet folium ex eo et non deficiet fructus eius» (Ez. 47, 12). Ma la figura dell’albero come scala verso Dio con i suoi rami è propria anche del linguaggio dei mistici;

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hombres. No deben, pues, confundirse estos aspetti con los de las cosas mundanas, porque estos son aspetti, imágenes, infundidas, inspiradas, directamente emitidas (permítasenos el término) por la divinidad. Y por ello mismo son, precisamente, disïati, pues desde el momento en que se le presenta alguna cosa buena (como ‘intención’) al intelecto, éste, necesariamente, inver di lei si piega en virtud de un movimiento amoroso3. Además, se trata de explicar el aspetto con que se presentan a Dante y Beatriz las imágenes que pre-figuran el Paraíso (per far segno de la celestïal [vida] c’ha men salita, Par., IV, 38-39), que son (como hemos explicado en Varela-Portas 1999) imágenes infundidas directamente, por visión espiritual, en la imaginación, es decir, aspetti disiati. En este sentido se usa también en Paradiso, III, 58:

Ond’ io a lei: «Ne’ mirabili aspetti vostri risplende non so chè divino che vi trasmuta da’ primi concetti.

Así, pues, podemos ir viendo cómo la “peripecia” de nuestra ave se corresponde con la de Beatriz, y por ello esta preiluminación que permite ya ver en figura, en imágenes infundidas, provoca la ascensión rama a rama. El pájaro está intra l’amate fronde, y se desplaza hasta l’aperta frasca, por lo que debemos suponer que asciende rama a rama. Como es sabido, una de las imágenes con las que Dante representa el Paraíso es la de l’albero che vive de la cima / e frutta sempre e mai non perde foglia (XVIII, 29-30), imagen comunísima en la teología del tiempo. De ello, nos informa Anna Maria Chiavacci (ad locum):

L’immagine è scritturale, tolta dalla visione di Ezechiele dei rigogliosi alberi nutriti dalle divine acque che sgorgano dal tempio: «non defluet folium ex eo et non deficiet fructus eius» (Ez. 47, 12). Ma la figura dell’albero come scala verso Dio con i suoi rami è propria anche del linguaggio dei mistici;

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hombres. No deben, pues, confundirse estos aspetti con los de las cosas mundanas, porque estos son aspetti, imágenes, infundidas, inspiradas, directamente emitidas (permítasenos el término) por la divinidad. Y por ello mismo son, precisamente, disïati, pues desde el momento en que se le presenta alguna cosa buena (como ‘intención’) al intelecto, éste, necesariamente, inver di lei si piega en virtud de un movimiento amoroso3. Además, se trata de explicar el aspetto con que se presentan a Dante y Beatriz las imágenes que pre-figuran el Paraíso (per far segno de la celestïal [vida] c’ha men salita, Par., IV, 38-39), que son (como hemos explicado en Varela-Portas 1999) imágenes infundidas directamente, por visión espiritual, en la imaginación, es decir, aspetti disiati. En este sentido se usa también en Paradiso, III, 58:

Ond’ io a lei: «Ne’ mirabili aspetti vostri risplende non so chè divino che vi trasmuta da’ primi concetti.

Así, pues, podemos ir viendo cómo la “peripecia” de nuestra ave se corresponde con la de Beatriz, y por ello esta preiluminación que permite ya ver en figura, en imágenes infundidas, provoca la ascensión rama a rama. El pájaro está intra l’amate fronde, y se desplaza hasta l’aperta frasca, por lo que debemos suponer que asciende rama a rama. Como es sabido, una de las imágenes con las que Dante representa el Paraíso es la de l’albero che vive de la cima / e frutta sempre e mai non perde foglia (XVIII, 29-30), imagen comunísima en la teología del tiempo. De ello, nos informa Anna Maria Chiavacci (ad locum):

L’immagine è scritturale, tolta dalla visione di Ezechiele dei rigogliosi alberi nutriti dalle divine acque che sgorgano dal tempio: «non defluet folium ex eo et non deficiet fructus eius» (Ez. 47, 12). Ma la figura dell’albero come scala verso Dio con i suoi rami è propria anche del linguaggio dei mistici;

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hombres. No deben, pues, confundirse estos aspetti con los de las cosas mundanas, porque estos son aspetti, imágenes, infundidas, inspiradas, directamente emitidas (permítasenos el término) por la divinidad. Y por ello mismo son, precisamente, disïati, pues desde el momento en que se le presenta alguna cosa buena (como ‘intención’) al intelecto, éste, necesariamente, inver di lei si piega en virtud de un movimiento amoroso3. Además, se trata de explicar el aspetto con que se presentan a Dante y Beatriz las imágenes que pre-figuran el Paraíso (per far segno de la celestïal [vida] c’ha men salita, Par., IV, 38-39), que son (como hemos explicado en Varela-Portas 1999) imágenes infundidas directamente, por visión espiritual, en la imaginación, es decir, aspetti disiati. En este sentido se usa también en Paradiso, III, 58:

Ond’ io a lei: «Ne’ mirabili aspetti vostri risplende non so chè divino che vi trasmuta da’ primi concetti.

Así, pues, podemos ir viendo cómo la “peripecia” de nuestra ave se corresponde con la de Beatriz, y por ello esta preiluminación que permite ya ver en figura, en imágenes infundidas, provoca la ascensión rama a rama. El pájaro está intra l’amate fronde, y se desplaza hasta l’aperta frasca, por lo que debemos suponer que asciende rama a rama. Como es sabido, una de las imágenes con las que Dante representa el Paraíso es la de l’albero che vive de la cima / e frutta sempre e mai non perde foglia (XVIII, 29-30), imagen comunísima en la teología del tiempo. De ello, nos informa Anna Maria Chiavacci (ad locum):

L’immagine è scritturale, tolta dalla visione di Ezechiele dei rigogliosi alberi nutriti dalle divine acque che sgorgano dal tempio: «non defluet folium ex eo et non deficiet fructus eius» (Ez. 47, 12). Ma la figura dell’albero come scala verso Dio con i suoi rami è propria anche del linguaggio dei mistici;

Juan VARELA-PORTAS Un símil estructural del Paradiso...

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Así, el pájaro asciende de rama en rama por el árbol como Beatriz cielo a cielo por el cielo. El rasgo distintivo de la rama en la teología simbólica medieval era el de que cada una desciende de la otra y lleva a la siguiente (de ahí los árboles genealógicos):

Ramus (...) Aliquis ad aliquo descendens, qui metaphorice dicitur ramus; quia, sicuti rami procedunt ab arboribus sic posteri et praecedessoribus, unde Apostolus: Si radix sancta, et rami, id est, posteri. (Alanus de Insula 1844-1891: Voz «Ramus»).

Este rasgo semántico es el que, poco después de este símil, usará Dante-narrador para metaforizar como ramas los pasos dados por San Pedro examinando a Dante-personaje:

E quel baron che sì di ramo in ramo, essaminando, già tratto m’avea, che a l’ultime fronde appressavamo

(Par., XXIV, 115-117).

Glosa Sapegno (ad locum): “di domanda in domanda, ordinatamente (come chi sale di ramo in ramo verso la cima di un albero), m’avea condotto all’ultime fronde, al momento conclusivo dell’esame”. Así, pues, la ascensión por el árbol del Paraíso se desarrolla, del mismo modo, de verdad en verdad, de conocimiento en conocimiento, progresivamente y racionalmente4 hasta el momento en que, llegados a la última rama, sólo queda esperar la contemplación final, guardare fiso en espera de la iluminación completa.

Pero podría haber, además, una progresión moral en esta ascensión por el árbol-paraíso. Porque el nido

Dicitur fides Christi, quia ex incarnatione Christi, quae per fenum figuratur, ampliata est fides Christi, unde Job: in nido meo moriar; et David dicit: Etenim passer invenit sibi domum et turtur nidum, etc., id est sensualitas invenit fidem in qua

Juan VARELA-PORTAS Un símil estructural del Paradiso...

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Así, el pájaro asciende de rama en rama por el árbol como Beatriz cielo a cielo por el cielo. El rasgo distintivo de la rama en la teología simbólica medieval era el de que cada una desciende de la otra y lleva a la siguiente (de ahí los árboles genealógicos):

Ramus (...) Aliquis ad aliquo descendens, qui metaphorice dicitur ramus; quia, sicuti rami procedunt ab arboribus sic posteri et praecedessoribus, unde Apostolus: Si radix sancta, et rami, id est, posteri. (Alanus de Insula 1844-1891: Voz «Ramus»).

Este rasgo semántico es el que, poco después de este símil, usará Dante-narrador para metaforizar como ramas los pasos dados por San Pedro examinando a Dante-personaje:

E quel baron che sì di ramo in ramo, essaminando, già tratto m’avea, che a l’ultime fronde appressavamo

(Par., XXIV, 115-117).

Glosa Sapegno (ad locum): “di domanda in domanda, ordinatamente (come chi sale di ramo in ramo verso la cima di un albero), m’avea condotto all’ultime fronde, al momento conclusivo dell’esame”. Así, pues, la ascensión por el árbol del Paraíso se desarrolla, del mismo modo, de verdad en verdad, de conocimiento en conocimiento, progresivamente y racionalmente4 hasta el momento en que, llegados a la última rama, sólo queda esperar la contemplación final, guardare fiso en espera de la iluminación completa.

Pero podría haber, además, una progresión moral en esta ascensión por el árbol-paraíso. Porque el nido

Dicitur fides Christi, quia ex incarnatione Christi, quae per fenum figuratur, ampliata est fides Christi, unde Job: in nido meo moriar; et David dicit: Etenim passer invenit sibi domum et turtur nidum, etc., id est sensualitas invenit fidem in qua

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Así, el pájaro asciende de rama en rama por el árbol como Beatriz cielo a cielo por el cielo. El rasgo distintivo de la rama en la teología simbólica medieval era el de que cada una desciende de la otra y lleva a la siguiente (de ahí los árboles genealógicos):

Ramus (...) Aliquis ad aliquo descendens, qui metaphorice dicitur ramus; quia, sicuti rami procedunt ab arboribus sic posteri et praecedessoribus, unde Apostolus: Si radix sancta, et rami, id est, posteri. (Alanus de Insula 1844-1891: Voz «Ramus»).

Este rasgo semántico es el que, poco después de este símil, usará Dante-narrador para metaforizar como ramas los pasos dados por San Pedro examinando a Dante-personaje:

E quel baron che sì di ramo in ramo, essaminando, già tratto m’avea, che a l’ultime fronde appressavamo

(Par., XXIV, 115-117).

Glosa Sapegno (ad locum): “di domanda in domanda, ordinatamente (come chi sale di ramo in ramo verso la cima di un albero), m’avea condotto all’ultime fronde, al momento conclusivo dell’esame”. Así, pues, la ascensión por el árbol del Paraíso se desarrolla, del mismo modo, de verdad en verdad, de conocimiento en conocimiento, progresivamente y racionalmente4 hasta el momento en que, llegados a la última rama, sólo queda esperar la contemplación final, guardare fiso en espera de la iluminación completa.

Pero podría haber, además, una progresión moral en esta ascensión por el árbol-paraíso. Porque el nido

Dicitur fides Christi, quia ex incarnatione Christi, quae per fenum figuratur, ampliata est fides Christi, unde Job: in nido meo moriar; et David dicit: Etenim passer invenit sibi domum et turtur nidum, etc., id est sensualitas invenit fidem in qua

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Así, el pájaro asciende de rama en rama por el árbol como Beatriz cielo a cielo por el cielo. El rasgo distintivo de la rama en la teología simbólica medieval era el de que cada una desciende de la otra y lleva a la siguiente (de ahí los árboles genealógicos):

Ramus (...) Aliquis ad aliquo descendens, qui metaphorice dicitur ramus; quia, sicuti rami procedunt ab arboribus sic posteri et praecedessoribus, unde Apostolus: Si radix sancta, et rami, id est, posteri. (Alanus de Insula 1844-1891: Voz «Ramus»).

Este rasgo semántico es el que, poco después de este símil, usará Dante-narrador para metaforizar como ramas los pasos dados por San Pedro examinando a Dante-personaje:

E quel baron che sì di ramo in ramo, essaminando, già tratto m’avea, che a l’ultime fronde appressavamo

(Par., XXIV, 115-117).

Glosa Sapegno (ad locum): “di domanda in domanda, ordinatamente (come chi sale di ramo in ramo verso la cima di un albero), m’avea condotto all’ultime fronde, al momento conclusivo dell’esame”. Así, pues, la ascensión por el árbol del Paraíso se desarrolla, del mismo modo, de verdad en verdad, de conocimiento en conocimiento, progresivamente y racionalmente4 hasta el momento en que, llegados a la última rama, sólo queda esperar la contemplación final, guardare fiso en espera de la iluminación completa.

Pero podría haber, además, una progresión moral en esta ascensión por el árbol-paraíso. Porque el nido

Dicitur fides Christi, quia ex incarnatione Christi, quae per fenum figuratur, ampliata est fides Christi, unde Job: in nido meo moriar; et David dicit: Etenim passer invenit sibi domum et turtur nidum, etc., id est sensualitas invenit fidem in qua

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reponit bona opera, quia opera sine fide mortua sunt (Alanus de Insula 1844-1891: Voz «Nidus»).

Así, se asciende de la fe en Cristo (nido) a la ardiente espera: de la fe a la esperanza y la ardiente caridad.

Hemos visto, así, cómo el símil resume el camino seguido en todo el cántico por la imaginación-mens (Dante), guiado por el intelecto-inteligencia (Beatriz) hasta ese momento en que la ascensión (sublevatio) va a empezar a convertirse en enajenación (alienatio), en el que empezamos a pasar del quinto al sexto grado de la contemplación (anagogía), y de la visión espiritual a la visión intelectual (alegoría), como hemos explicado en Varela-Portas 2002. Y llegamos, de este modo, al momento en que Beatriz mira fijamente, esperando al sol5. Y los cuatro adjetivos que se le aplican confirman que estamos llegando al momento de la visión sin imágenes y de la contemplación pura, sin sombra de meditación y de uso racional6. Beatriz está eretta, es decir, «slanciata verso l’alto» (voz «ergere», Enciclopedia Dantesca) y attenta, esto es con «la mente o i sensi [espirituales, añadimos] rivolti intensamente verso qualcuno o qualche cosa» (voz «attento», Enciclopedia Dantesca; ver también voz «attendere»). Ello es lógico porque la contemplación es, ante todo, una perspicacia, una mirada penetrante: «contemplatio est perspicax et liber animi cointuitus in res perspiciendas usquequaque diffusus» (Ricardo de San Víctor 1844-1891: 67D). Una perspicacia acompañada de suspensión: “Contemplatio est libera mentis perspicatia in sapientiae spectacula cum admiratione suspensa” (Ibidem). En cuanto al adjetivo vaga, debemos recordar, como escribe Alessandro Nicoli en la voz correspondiente de la Enciclopedia Dantesca, que

ricorre tanto per esprimere desiderio intenso, e al tempo stesso indeterminato, non circoscritto in un oggetto preciso, quanto

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reponit bona opera, quia opera sine fide mortua sunt (Alanus de Insula 1844-1891: Voz «Nidus»).

Así, se asciende de la fe en Cristo (nido) a la ardiente espera: de la fe a la esperanza y la ardiente caridad.

Hemos visto, así, cómo el símil resume el camino seguido en todo el cántico por la imaginación-mens (Dante), guiado por el intelecto-inteligencia (Beatriz) hasta ese momento en que la ascensión (sublevatio) va a empezar a convertirse en enajenación (alienatio), en el que empezamos a pasar del quinto al sexto grado de la contemplación (anagogía), y de la visión espiritual a la visión intelectual (alegoría), como hemos explicado en Varela-Portas 2002. Y llegamos, de este modo, al momento en que Beatriz mira fijamente, esperando al sol5. Y los cuatro adjetivos que se le aplican confirman que estamos llegando al momento de la visión sin imágenes y de la contemplación pura, sin sombra de meditación y de uso racional6. Beatriz está eretta, es decir, «slanciata verso l’alto» (voz «ergere», Enciclopedia Dantesca) y attenta, esto es con «la mente o i sensi [espirituales, añadimos] rivolti intensamente verso qualcuno o qualche cosa» (voz «attento», Enciclopedia Dantesca; ver también voz «attendere»). Ello es lógico porque la contemplación es, ante todo, una perspicacia, una mirada penetrante: «contemplatio est perspicax et liber animi cointuitus in res perspiciendas usquequaque diffusus» (Ricardo de San Víctor 1844-1891: 67D). Una perspicacia acompañada de suspensión: “Contemplatio est libera mentis perspicatia in sapientiae spectacula cum admiratione suspensa” (Ibidem). En cuanto al adjetivo vaga, debemos recordar, como escribe Alessandro Nicoli en la voz correspondiente de la Enciclopedia Dantesca, que

ricorre tanto per esprimere desiderio intenso, e al tempo stesso indeterminato, non circoscritto in un oggetto preciso, quanto

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reponit bona opera, quia opera sine fide mortua sunt (Alanus de Insula 1844-1891: Voz «Nidus»).

Así, se asciende de la fe en Cristo (nido) a la ardiente espera: de la fe a la esperanza y la ardiente caridad.

Hemos visto, así, cómo el símil resume el camino seguido en todo el cántico por la imaginación-mens (Dante), guiado por el intelecto-inteligencia (Beatriz) hasta ese momento en que la ascensión (sublevatio) va a empezar a convertirse en enajenación (alienatio), en el que empezamos a pasar del quinto al sexto grado de la contemplación (anagogía), y de la visión espiritual a la visión intelectual (alegoría), como hemos explicado en Varela-Portas 2002. Y llegamos, de este modo, al momento en que Beatriz mira fijamente, esperando al sol5. Y los cuatro adjetivos que se le aplican confirman que estamos llegando al momento de la visión sin imágenes y de la contemplación pura, sin sombra de meditación y de uso racional6. Beatriz está eretta, es decir, «slanciata verso l’alto» (voz «ergere», Enciclopedia Dantesca) y attenta, esto es con «la mente o i sensi [espirituales, añadimos] rivolti intensamente verso qualcuno o qualche cosa» (voz «attento», Enciclopedia Dantesca; ver también voz «attendere»). Ello es lógico porque la contemplación es, ante todo, una perspicacia, una mirada penetrante: «contemplatio est perspicax et liber animi cointuitus in res perspiciendas usquequaque diffusus» (Ricardo de San Víctor 1844-1891: 67D). Una perspicacia acompañada de suspensión: “Contemplatio est libera mentis perspicatia in sapientiae spectacula cum admiratione suspensa” (Ibidem). En cuanto al adjetivo vaga, debemos recordar, como escribe Alessandro Nicoli en la voz correspondiente de la Enciclopedia Dantesca, que

ricorre tanto per esprimere desiderio intenso, e al tempo stesso indeterminato, non circoscritto in un oggetto preciso, quanto

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reponit bona opera, quia opera sine fide mortua sunt (Alanus de Insula 1844-1891: Voz «Nidus»).

Así, se asciende de la fe en Cristo (nido) a la ardiente espera: de la fe a la esperanza y la ardiente caridad.

Hemos visto, así, cómo el símil resume el camino seguido en todo el cántico por la imaginación-mens (Dante), guiado por el intelecto-inteligencia (Beatriz) hasta ese momento en que la ascensión (sublevatio) va a empezar a convertirse en enajenación (alienatio), en el que empezamos a pasar del quinto al sexto grado de la contemplación (anagogía), y de la visión espiritual a la visión intelectual (alegoría), como hemos explicado en Varela-Portas 2002. Y llegamos, de este modo, al momento en que Beatriz mira fijamente, esperando al sol5. Y los cuatro adjetivos que se le aplican confirman que estamos llegando al momento de la visión sin imágenes y de la contemplación pura, sin sombra de meditación y de uso racional6. Beatriz está eretta, es decir, «slanciata verso l’alto» (voz «ergere», Enciclopedia Dantesca) y attenta, esto es con «la mente o i sensi [espirituales, añadimos] rivolti intensamente verso qualcuno o qualche cosa» (voz «attento», Enciclopedia Dantesca; ver también voz «attendere»). Ello es lógico porque la contemplación es, ante todo, una perspicacia, una mirada penetrante: «contemplatio est perspicax et liber animi cointuitus in res perspiciendas usquequaque diffusus» (Ricardo de San Víctor 1844-1891: 67D). Una perspicacia acompañada de suspensión: “Contemplatio est libera mentis perspicatia in sapientiae spectacula cum admiratione suspensa” (Ibidem). En cuanto al adjetivo vaga, debemos recordar, como escribe Alessandro Nicoli en la voz correspondiente de la Enciclopedia Dantesca, que

ricorre tanto per esprimere desiderio intenso, e al tempo stesso indeterminato, non circoscritto in un oggetto preciso, quanto

Juan VARELA-PORTAS Un símil estructural del Paradiso...

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per richiamare alla mente l’idea di un movimento suggerito da un impulso interiore e non meditato.

Porque, en efecto, la contemplación es un movimiento indeterminado, vago. Frente a la meditación, que es «studiosa mentis intentio circa aliquid investigandum diligenter insistens» –o «providus animi obtutus in veritatis inquisitione vehementer occupatus»– (Ricardo de San Víctor 1844-1891: 67, lib. I, cap. IV), la contemplación es «libero quodam motu et secundum spontaneum nutum huc illucque circumferri» (Ricardo de San Víctor 1844-1891: 68; lib. I, cap. IV). De ahí que en la cita supra se diga que es una cointuición del animo libre y perspicaz «usquequaque diffusus»7.

Así, pues, los cuatro adjetivos nos indican que la postura del pájaro-Beatriz esperando al sol-Cristo representa el estado de la inteligencia ante la pura contemplación irracional (ya no sólo supra rationem, sino praeter rationem, más allá de la razón, más allá de la última rama). No se olvide, además, que Beatriz espera el amanecer, imagen tradicional de Cristo, desde el inicio del evangelio de San Juan. Pero debemos aclarar: el amanecer ya ha empezado porque la luz llega antes de que aparezca el sol, lo que podría indicar, como en Allain de Lille, el inicio de la gracia que la Aurora representa: «Aurora animi, initium gratiae, unde in Psalmo: Tu fabricatus es auroram et solem, id est, initium et perfectionem». (Alanus de Insula 1844-1891: Voz «Aurora»). Obsérvese cómo el símbolo de la aurora no sólo es aplicable a Cristo, sino a lo que su venida provoca en el ánimo humano. Y esta distinción entre la luz del alba antes de la aparición del sol y la de éste propiamente es fundamental. La luz presolar es el inicio de la gracia que, como hemos visto, se produce en todo el recorrido astral como una preiluminación que permite ver li aspetti disïati, las imágenes infundidas. Ahora estamos llegando a la perfección de la gracia (el sexto grado, la alienación mental, la visión intelectual), a la aparición directa del sol.

Juan VARELA-PORTAS Un símil estructural del Paradiso...

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per richiamare alla mente l’idea di un movimento suggerito da un impulso interiore e non meditato.

Porque, en efecto, la contemplación es un movimiento indeterminado, vago. Frente a la meditación, que es «studiosa mentis intentio circa aliquid investigandum diligenter insistens» –o «providus animi obtutus in veritatis inquisitione vehementer occupatus»– (Ricardo de San Víctor 1844-1891: 67, lib. I, cap. IV), la contemplación es «libero quodam motu et secundum spontaneum nutum huc illucque circumferri» (Ricardo de San Víctor 1844-1891: 68; lib. I, cap. IV). De ahí que en la cita supra se diga que es una cointuición del animo libre y perspicaz «usquequaque diffusus»7.

Así, pues, los cuatro adjetivos nos indican que la postura del pájaro-Beatriz esperando al sol-Cristo representa el estado de la inteligencia ante la pura contemplación irracional (ya no sólo supra rationem, sino praeter rationem, más allá de la razón, más allá de la última rama). No se olvide, además, que Beatriz espera el amanecer, imagen tradicional de Cristo, desde el inicio del evangelio de San Juan. Pero debemos aclarar: el amanecer ya ha empezado porque la luz llega antes de que aparezca el sol, lo que podría indicar, como en Allain de Lille, el inicio de la gracia que la Aurora representa: «Aurora animi, initium gratiae, unde in Psalmo: Tu fabricatus es auroram et solem, id est, initium et perfectionem». (Alanus de Insula 1844-1891: Voz «Aurora»). Obsérvese cómo el símbolo de la aurora no sólo es aplicable a Cristo, sino a lo que su venida provoca en el ánimo humano. Y esta distinción entre la luz del alba antes de la aparición del sol y la de éste propiamente es fundamental. La luz presolar es el inicio de la gracia que, como hemos visto, se produce en todo el recorrido astral como una preiluminación que permite ver li aspetti disïati, las imágenes infundidas. Ahora estamos llegando a la perfección de la gracia (el sexto grado, la alienación mental, la visión intelectual), a la aparición directa del sol.

Juan VARELA-PORTAS Un símil estructural del Paradiso...

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per richiamare alla mente l’idea di un movimento suggerito da un impulso interiore e non meditato.

Porque, en efecto, la contemplación es un movimiento indeterminado, vago. Frente a la meditación, que es «studiosa mentis intentio circa aliquid investigandum diligenter insistens» –o «providus animi obtutus in veritatis inquisitione vehementer occupatus»– (Ricardo de San Víctor 1844-1891: 67, lib. I, cap. IV), la contemplación es «libero quodam motu et secundum spontaneum nutum huc illucque circumferri» (Ricardo de San Víctor 1844-1891: 68; lib. I, cap. IV). De ahí que en la cita supra se diga que es una cointuición del animo libre y perspicaz «usquequaque diffusus»7.

Así, pues, los cuatro adjetivos nos indican que la postura del pájaro-Beatriz esperando al sol-Cristo representa el estado de la inteligencia ante la pura contemplación irracional (ya no sólo supra rationem, sino praeter rationem, más allá de la razón, más allá de la última rama). No se olvide, además, que Beatriz espera el amanecer, imagen tradicional de Cristo, desde el inicio del evangelio de San Juan. Pero debemos aclarar: el amanecer ya ha empezado porque la luz llega antes de que aparezca el sol, lo que podría indicar, como en Allain de Lille, el inicio de la gracia que la Aurora representa: «Aurora animi, initium gratiae, unde in Psalmo: Tu fabricatus es auroram et solem, id est, initium et perfectionem». (Alanus de Insula 1844-1891: Voz «Aurora»). Obsérvese cómo el símbolo de la aurora no sólo es aplicable a Cristo, sino a lo que su venida provoca en el ánimo humano. Y esta distinción entre la luz del alba antes de la aparición del sol y la de éste propiamente es fundamental. La luz presolar es el inicio de la gracia que, como hemos visto, se produce en todo el recorrido astral como una preiluminación que permite ver li aspetti disïati, las imágenes infundidas. Ahora estamos llegando a la perfección de la gracia (el sexto grado, la alienación mental, la visión intelectual), a la aparición directa del sol.

Juan VARELA-PORTAS Un símil estructural del Paradiso...

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per richiamare alla mente l’idea di un movimento suggerito da un impulso interiore e non meditato.

Porque, en efecto, la contemplación es un movimiento indeterminado, vago. Frente a la meditación, que es «studiosa mentis intentio circa aliquid investigandum diligenter insistens» –o «providus animi obtutus in veritatis inquisitione vehementer occupatus»– (Ricardo de San Víctor 1844-1891: 67, lib. I, cap. IV), la contemplación es «libero quodam motu et secundum spontaneum nutum huc illucque circumferri» (Ricardo de San Víctor 1844-1891: 68; lib. I, cap. IV). De ahí que en la cita supra se diga que es una cointuición del animo libre y perspicaz «usquequaque diffusus»7.

Así, pues, los cuatro adjetivos nos indican que la postura del pájaro-Beatriz esperando al sol-Cristo representa el estado de la inteligencia ante la pura contemplación irracional (ya no sólo supra rationem, sino praeter rationem, más allá de la razón, más allá de la última rama). No se olvide, además, que Beatriz espera el amanecer, imagen tradicional de Cristo, desde el inicio del evangelio de San Juan. Pero debemos aclarar: el amanecer ya ha empezado porque la luz llega antes de que aparezca el sol, lo que podría indicar, como en Allain de Lille, el inicio de la gracia que la Aurora representa: «Aurora animi, initium gratiae, unde in Psalmo: Tu fabricatus es auroram et solem, id est, initium et perfectionem». (Alanus de Insula 1844-1891: Voz «Aurora»). Obsérvese cómo el símbolo de la aurora no sólo es aplicable a Cristo, sino a lo que su venida provoca en el ánimo humano. Y esta distinción entre la luz del alba antes de la aparición del sol y la de éste propiamente es fundamental. La luz presolar es el inicio de la gracia que, como hemos visto, se produce en todo el recorrido astral como una preiluminación que permite ver li aspetti disïati, las imágenes infundidas. Ahora estamos llegando a la perfección de la gracia (el sexto grado, la alienación mental, la visión intelectual), a la aparición directa del sol.

Tenzone nº 8 2007

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Como hemos explicado en Varela-Portas 2000, en Paradiso XXIII, 25-84, cuando Dante (mens ad Deum en el nivel anagógico) consigue por fin mirar al Triunfo de Cristo, la admiración es la causa de la alienación mental que sufre ante la lucente sustanza (hipóstasis del Verbo, según su anagogía) “transpareciendo” a través de la viva luce reflejada en los ojos de Beatriz (anagógicamente, la naturaleza humana de Cristo). Pues bien, esta admiración (que también atañe a Beatriz-inteligencia, como veíamos implícito en el término sospesa: cum admiratione suspensa) es también comparada por Ricardo de San Víctor con el amanecer, y por la misma razón (o rasgo distintivo): la progresión de la luz. A las tres causas de la alienación (devoción, admiración y exultación) les corresponden «tres anagogicos excessionis modos (...) mystice (...) descriptos in Canticis canticorum» (Ricardo de San Víctor 1844-1891: 174D). El correspondiente a la admiración es: Quae est illa quae progreditur quasi aurora consurgens? La admiración, la que avanza como la aurora que surge. Así lo explica el místico:

Empieza diciendo «Quis autem nesciat inde fieri admirationem, cum aliquid cernimus praeter spem et supra aestimationem?» Recuérdese que tanto Beatriz (v. 8) como Dante están en estado de esperanza:

sì che, veggendola io sospesa e vaga, fecimi qual è quel che disïando altro vorria, e sperando s’appaga8.

(Par. XXIII, 13-15)

Y lo que verán va a ir, efectivamente, praeter spem, más allá de lo esperable. Y continúa Ricardo de San Víctor (nuestros comentarios entre corchetes):

Novitas itaque visionis [la novedad de la visión: lo que Dante va a ver es un género de visión completamente nuevo, tanto a

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Como hemos explicado en Varela-Portas 2000, en Paradiso XXIII, 25-84, cuando Dante (mens ad Deum en el nivel anagógico) consigue por fin mirar al Triunfo de Cristo, la admiración es la causa de la alienación mental que sufre ante la lucente sustanza (hipóstasis del Verbo, según su anagogía) “transpareciendo” a través de la viva luce reflejada en los ojos de Beatriz (anagógicamente, la naturaleza humana de Cristo). Pues bien, esta admiración (que también atañe a Beatriz-inteligencia, como veíamos implícito en el término sospesa: cum admiratione suspensa) es también comparada por Ricardo de San Víctor con el amanecer, y por la misma razón (o rasgo distintivo): la progresión de la luz. A las tres causas de la alienación (devoción, admiración y exultación) les corresponden «tres anagogicos excessionis modos (...) mystice (...) descriptos in Canticis canticorum» (Ricardo de San Víctor 1844-1891: 174D). El correspondiente a la admiración es: Quae est illa quae progreditur quasi aurora consurgens? La admiración, la que avanza como la aurora que surge. Así lo explica el místico:

Empieza diciendo «Quis autem nesciat inde fieri admirationem, cum aliquid cernimus praeter spem et supra aestimationem?» Recuérdese que tanto Beatriz (v. 8) como Dante están en estado de esperanza:

sì che, veggendola io sospesa e vaga, fecimi qual è quel che disïando altro vorria, e sperando s’appaga8.

(Par. XXIII, 13-15)

Y lo que verán va a ir, efectivamente, praeter spem, más allá de lo esperable. Y continúa Ricardo de San Víctor (nuestros comentarios entre corchetes):

Novitas itaque visionis [la novedad de la visión: lo que Dante va a ver es un género de visión completamente nuevo, tanto a

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Como hemos explicado en Varela-Portas 2000, en Paradiso XXIII, 25-84, cuando Dante (mens ad Deum en el nivel anagógico) consigue por fin mirar al Triunfo de Cristo, la admiración es la causa de la alienación mental que sufre ante la lucente sustanza (hipóstasis del Verbo, según su anagogía) “transpareciendo” a través de la viva luce reflejada en los ojos de Beatriz (anagógicamente, la naturaleza humana de Cristo). Pues bien, esta admiración (que también atañe a Beatriz-inteligencia, como veíamos implícito en el término sospesa: cum admiratione suspensa) es también comparada por Ricardo de San Víctor con el amanecer, y por la misma razón (o rasgo distintivo): la progresión de la luz. A las tres causas de la alienación (devoción, admiración y exultación) les corresponden «tres anagogicos excessionis modos (...) mystice (...) descriptos in Canticis canticorum» (Ricardo de San Víctor 1844-1891: 174D). El correspondiente a la admiración es: Quae est illa quae progreditur quasi aurora consurgens? La admiración, la que avanza como la aurora que surge. Así lo explica el místico:

Empieza diciendo «Quis autem nesciat inde fieri admirationem, cum aliquid cernimus praeter spem et supra aestimationem?» Recuérdese que tanto Beatriz (v. 8) como Dante están en estado de esperanza:

sì che, veggendola io sospesa e vaga, fecimi qual è quel che disïando altro vorria, e sperando s’appaga8.

(Par. XXIII, 13-15)

Y lo que verán va a ir, efectivamente, praeter spem, más allá de lo esperable. Y continúa Ricardo de San Víctor (nuestros comentarios entre corchetes):

Novitas itaque visionis [la novedad de la visión: lo que Dante va a ver es un género de visión completamente nuevo, tanto a

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Como hemos explicado en Varela-Portas 2000, en Paradiso XXIII, 25-84, cuando Dante (mens ad Deum en el nivel anagógico) consigue por fin mirar al Triunfo de Cristo, la admiración es la causa de la alienación mental que sufre ante la lucente sustanza (hipóstasis del Verbo, según su anagogía) “transpareciendo” a través de la viva luce reflejada en los ojos de Beatriz (anagógicamente, la naturaleza humana de Cristo). Pues bien, esta admiración (que también atañe a Beatriz-inteligencia, como veíamos implícito en el término sospesa: cum admiratione suspensa) es también comparada por Ricardo de San Víctor con el amanecer, y por la misma razón (o rasgo distintivo): la progresión de la luz. A las tres causas de la alienación (devoción, admiración y exultación) les corresponden «tres anagogicos excessionis modos (...) mystice (...) descriptos in Canticis canticorum» (Ricardo de San Víctor 1844-1891: 174D). El correspondiente a la admiración es: Quae est illa quae progreditur quasi aurora consurgens? La admiración, la que avanza como la aurora que surge. Así lo explica el místico:

Empieza diciendo «Quis autem nesciat inde fieri admirationem, cum aliquid cernimus praeter spem et supra aestimationem?» Recuérdese que tanto Beatriz (v. 8) como Dante están en estado de esperanza:

sì che, veggendola io sospesa e vaga, fecimi qual è quel che disïando altro vorria, e sperando s’appaga8.

(Par. XXIII, 13-15)

Y lo que verán va a ir, efectivamente, praeter spem, más allá de lo esperable. Y continúa Ricardo de San Víctor (nuestros comentarios entre corchetes):

Novitas itaque visionis [la novedad de la visión: lo que Dante va a ver es un género de visión completamente nuevo, tanto a

Juan VARELA-PORTAS Un símil estructural del Paradiso...

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nivel literal –ya no hay beatos, sino puras luces geométricas– como alegórico, visión intelectual] et rei vix credibilis adducere solet admirationem mentis, quando aliquid incipit videri [empieza la progresión: cuando se empieza a ver algo] quod vix possit credi. Ille igitur mentis excessus, qui ex admiratione oritur [préstese atención al verbo, dicho habitualmente del amanecer] attende quam convenienter describatur in eo, quod dicitur: Quae est ista, quae progreditur quasi aurora consurgens? (Cant. VI) Quid est aurora nisi lux nova tenebrisque permista? [se trata, por supuesto, como en nuestro símil de la luz anterior a la aparición del sol, luz mezclada con tinieblas, verdad en imágenes, en sombras] Habet itaque ipsa admiratio lucem subitam tenebrisque permistam, lucem visionis [luz de la aurora = luz de la visión, como en nuestro símil] cum quibusdam reliquiis incredulitatis, ambiguitatisque tenebris, ita ut modo mirabili mens absque dubio videat, quod credere vix valeat. Sed rei novitatem quanto magis miramur, tanto diligentius attendimus, et quanto attentius perspicimus, tanto plenius cognoscimus. Crescit itaque ex admiratione attentio, et ex attentione cognitio. Mens itaque velut aurora consurgit, quae ex visionis admiratione paulatim ad incrementa cognitionis proficit. Aurora siquidem paulatim elevatur, elevando dilatatur, dilatando clarificatur, sed miro modo dum tandem in diem desinit, per promotionis suae incrementa, ad defectum venit et nude accipit ut major sit, unde ei accedit, tandemque accedit ut omnino non sit [obsérvese cómo la alienación se identifica con la aparición del día, del sol, que supone la desaparición de la aurora]. Sic utique humana intelligentia, divino lumine irradiata, dum in intellectibilium contemplatione suspenditur [de nuevo, la suspensión], dum in eorum admiratione distenditur [nótese el proceso, idéntico al de nuestro pasaje: suspensión = contemplación (guardare fiso) > distensión = admiración > aparición del sol = alienación], quanto semper ad altiora vel mirabiliora ducitur, tanto amplius, tanto copiosius dilatatur, et unde ab infimis remotior [como nuestro pájaro, que se aleja de lo ínfimo, lo más bajo, lo pegado al nido, y se eleva], inde in semetipsa purior et ad sublimia sublimior invenitur. Sed in

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nivel literal –ya no hay beatos, sino puras luces geométricas– como alegórico, visión intelectual] et rei vix credibilis adducere solet admirationem mentis, quando aliquid incipit videri [empieza la progresión: cuando se empieza a ver algo] quod vix possit credi. Ille igitur mentis excessus, qui ex admiratione oritur [préstese atención al verbo, dicho habitualmente del amanecer] attende quam convenienter describatur in eo, quod dicitur: Quae est ista, quae progreditur quasi aurora consurgens? (Cant. VI) Quid est aurora nisi lux nova tenebrisque permista? [se trata, por supuesto, como en nuestro símil de la luz anterior a la aparición del sol, luz mezclada con tinieblas, verdad en imágenes, en sombras] Habet itaque ipsa admiratio lucem subitam tenebrisque permistam, lucem visionis [luz de la aurora = luz de la visión, como en nuestro símil] cum quibusdam reliquiis incredulitatis, ambiguitatisque tenebris, ita ut modo mirabili mens absque dubio videat, quod credere vix valeat. Sed rei novitatem quanto magis miramur, tanto diligentius attendimus, et quanto attentius perspicimus, tanto plenius cognoscimus. Crescit itaque ex admiratione attentio, et ex attentione cognitio. Mens itaque velut aurora consurgit, quae ex visionis admiratione paulatim ad incrementa cognitionis proficit. Aurora siquidem paulatim elevatur, elevando dilatatur, dilatando clarificatur, sed miro modo dum tandem in diem desinit, per promotionis suae incrementa, ad defectum venit et nude accipit ut major sit, unde ei accedit, tandemque accedit ut omnino non sit [obsérvese cómo la alienación se identifica con la aparición del día, del sol, que supone la desaparición de la aurora]. Sic utique humana intelligentia, divino lumine irradiata, dum in intellectibilium contemplatione suspenditur [de nuevo, la suspensión], dum in eorum admiratione distenditur [nótese el proceso, idéntico al de nuestro pasaje: suspensión = contemplación (guardare fiso) > distensión = admiración > aparición del sol = alienación], quanto semper ad altiora vel mirabiliora ducitur, tanto amplius, tanto copiosius dilatatur, et unde ab infimis remotior [como nuestro pájaro, que se aleja de lo ínfimo, lo más bajo, lo pegado al nido, y se eleva], inde in semetipsa purior et ad sublimia sublimior invenitur. Sed in

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nivel literal –ya no hay beatos, sino puras luces geométricas– como alegórico, visión intelectual] et rei vix credibilis adducere solet admirationem mentis, quando aliquid incipit videri [empieza la progresión: cuando se empieza a ver algo] quod vix possit credi. Ille igitur mentis excessus, qui ex admiratione oritur [préstese atención al verbo, dicho habitualmente del amanecer] attende quam convenienter describatur in eo, quod dicitur: Quae est ista, quae progreditur quasi aurora consurgens? (Cant. VI) Quid est aurora nisi lux nova tenebrisque permista? [se trata, por supuesto, como en nuestro símil de la luz anterior a la aparición del sol, luz mezclada con tinieblas, verdad en imágenes, en sombras] Habet itaque ipsa admiratio lucem subitam tenebrisque permistam, lucem visionis [luz de la aurora = luz de la visión, como en nuestro símil] cum quibusdam reliquiis incredulitatis, ambiguitatisque tenebris, ita ut modo mirabili mens absque dubio videat, quod credere vix valeat. Sed rei novitatem quanto magis miramur, tanto diligentius attendimus, et quanto attentius perspicimus, tanto plenius cognoscimus. Crescit itaque ex admiratione attentio, et ex attentione cognitio. Mens itaque velut aurora consurgit, quae ex visionis admiratione paulatim ad incrementa cognitionis proficit. Aurora siquidem paulatim elevatur, elevando dilatatur, dilatando clarificatur, sed miro modo dum tandem in diem desinit, per promotionis suae incrementa, ad defectum venit et nude accipit ut major sit, unde ei accedit, tandemque accedit ut omnino non sit [obsérvese cómo la alienación se identifica con la aparición del día, del sol, que supone la desaparición de la aurora]. Sic utique humana intelligentia, divino lumine irradiata, dum in intellectibilium contemplatione suspenditur [de nuevo, la suspensión], dum in eorum admiratione distenditur [nótese el proceso, idéntico al de nuestro pasaje: suspensión = contemplación (guardare fiso) > distensión = admiración > aparición del sol = alienación], quanto semper ad altiora vel mirabiliora ducitur, tanto amplius, tanto copiosius dilatatur, et unde ab infimis remotior [como nuestro pájaro, que se aleja de lo ínfimo, lo más bajo, lo pegado al nido, y se eleva], inde in semetipsa purior et ad sublimia sublimior invenitur. Sed in

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ejiusmodi sublevatione [el alba presolar, la luz mezclada de tinieblas es la elevación mental, mientras que la aparición del sol, como ahora veremos, es la alienación; lo cual confirma la identificación alegorizada por nuestro símil entre alba presolar, el recorrido por los primeros ocho cielos y la sublevatio mentis], dum mens humana semper ad altiora crescit, dum diu crescendo tandem aliquando humanae capacitatis metas trascendit, fit demum ut a semetipsa penitus deficiat, et in supermundanum quemdam transformata affectum [recuérdese: e con ardente affetto il sole aspetta] tota supra semetipsam eat. Et sicut lux crescendo desinit, non quidem esse lux, sed esse lux matutina, ut ipsa aurora jam non sit aurora, ita humana intelligentia [Beatriz] ex dilatationis suae magnitude quandoque accipit, ut ipsa jam non sit ipsa, non quidem ut non sit intelligentia, sed ut jam non sit humana, dum modo mirabili mutationeque incomprehensibili efficitur plus quam humana, dum gloria Domini speculando, in eadem imaginem transformatur a claritate in claritatem [por elevación, de cielo en cielo] tanquam a Domini spiritu (II Cor. III) (Ricardo de San Víctor 1844-1891: 178-179).

Así pues, considerando el paralelismo casi perfecto entre el proceso descrito por Ricardo de San Víctor y el de Beatriz-pájaro a lo largo del Paraíso (paralelismo que el símil-resumen pone de manifiesto), tendremos los siguientes significados alegóricos:

LETRA

1- El pájaro está en la noche, junto al nido.

2- El pájaro percibe la primera luz del alba y ve li aspetti disïati.

3- El pájaro sube de rama en rama hasta la más abierta, mientras el alba, aún luz mezclada de tinieblas, se dilata.

4- En la rama más alta espera con ardiente afecto al sol, mirando fijamente.

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ejiusmodi sublevatione [el alba presolar, la luz mezclada de tinieblas es la elevación mental, mientras que la aparición del sol, como ahora veremos, es la alienación; lo cual confirma la identificación alegorizada por nuestro símil entre alba presolar, el recorrido por los primeros ocho cielos y la sublevatio mentis], dum mens humana semper ad altiora crescit, dum diu crescendo tandem aliquando humanae capacitatis metas trascendit, fit demum ut a semetipsa penitus deficiat, et in supermundanum quemdam transformata affectum [recuérdese: e con ardente affetto il sole aspetta] tota supra semetipsam eat. Et sicut lux crescendo desinit, non quidem esse lux, sed esse lux matutina, ut ipsa aurora jam non sit aurora, ita humana intelligentia [Beatriz] ex dilatationis suae magnitude quandoque accipit, ut ipsa jam non sit ipsa, non quidem ut non sit intelligentia, sed ut jam non sit humana, dum modo mirabili mutationeque incomprehensibili efficitur plus quam humana, dum gloria Domini speculando, in eadem imaginem transformatur a claritate in claritatem [por elevación, de cielo en cielo] tanquam a Domini spiritu (II Cor. III) (Ricardo de San Víctor 1844-1891: 178-179).

Así pues, considerando el paralelismo casi perfecto entre el proceso descrito por Ricardo de San Víctor y el de Beatriz-pájaro a lo largo del Paraíso (paralelismo que el símil-resumen pone de manifiesto), tendremos los siguientes significados alegóricos:

LETRA

1- El pájaro está en la noche, junto al nido.

2- El pájaro percibe la primera luz del alba y ve li aspetti disïati.

3- El pájaro sube de rama en rama hasta la más abierta, mientras el alba, aún luz mezclada de tinieblas, se dilata.

4- En la rama más alta espera con ardiente afecto al sol, mirando fijamente.

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ejiusmodi sublevatione [el alba presolar, la luz mezclada de tinieblas es la elevación mental, mientras que la aparición del sol, como ahora veremos, es la alienación; lo cual confirma la identificación alegorizada por nuestro símil entre alba presolar, el recorrido por los primeros ocho cielos y la sublevatio mentis], dum mens humana semper ad altiora crescit, dum diu crescendo tandem aliquando humanae capacitatis metas trascendit, fit demum ut a semetipsa penitus deficiat, et in supermundanum quemdam transformata affectum [recuérdese: e con ardente affetto il sole aspetta] tota supra semetipsam eat. Et sicut lux crescendo desinit, non quidem esse lux, sed esse lux matutina, ut ipsa aurora jam non sit aurora, ita humana intelligentia [Beatriz] ex dilatationis suae magnitude quandoque accipit, ut ipsa jam non sit ipsa, non quidem ut non sit intelligentia, sed ut jam non sit humana, dum modo mirabili mutationeque incomprehensibili efficitur plus quam humana, dum gloria Domini speculando, in eadem imaginem transformatur a claritate in claritatem [por elevación, de cielo en cielo] tanquam a Domini spiritu (II Cor. III) (Ricardo de San Víctor 1844-1891: 178-179).

Así pues, considerando el paralelismo casi perfecto entre el proceso descrito por Ricardo de San Víctor y el de Beatriz-pájaro a lo largo del Paraíso (paralelismo que el símil-resumen pone de manifiesto), tendremos los siguientes significados alegóricos:

LETRA

1- El pájaro está en la noche, junto al nido.

2- El pájaro percibe la primera luz del alba y ve li aspetti disïati.

3- El pájaro sube de rama en rama hasta la más abierta, mientras el alba, aún luz mezclada de tinieblas, se dilata.

4- En la rama más alta espera con ardiente afecto al sol, mirando fijamente.

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ejiusmodi sublevatione [el alba presolar, la luz mezclada de tinieblas es la elevación mental, mientras que la aparición del sol, como ahora veremos, es la alienación; lo cual confirma la identificación alegorizada por nuestro símil entre alba presolar, el recorrido por los primeros ocho cielos y la sublevatio mentis], dum mens humana semper ad altiora crescit, dum diu crescendo tandem aliquando humanae capacitatis metas trascendit, fit demum ut a semetipsa penitus deficiat, et in supermundanum quemdam transformata affectum [recuérdese: e con ardente affetto il sole aspetta] tota supra semetipsam eat. Et sicut lux crescendo desinit, non quidem esse lux, sed esse lux matutina, ut ipsa aurora jam non sit aurora, ita humana intelligentia [Beatriz] ex dilatationis suae magnitude quandoque accipit, ut ipsa jam non sit ipsa, non quidem ut non sit intelligentia, sed ut jam non sit humana, dum modo mirabili mutationeque incomprehensibili efficitur plus quam humana, dum gloria Domini speculando, in eadem imaginem transformatur a claritate in claritatem [por elevación, de cielo en cielo] tanquam a Domini spiritu (II Cor. III) (Ricardo de San Víctor 1844-1891: 178-179).

Así pues, considerando el paralelismo casi perfecto entre el proceso descrito por Ricardo de San Víctor y el de Beatriz-pájaro a lo largo del Paraíso (paralelismo que el símil-resumen pone de manifiesto), tendremos los siguientes significados alegóricos:

LETRA

1- El pájaro está en la noche, junto al nido.

2- El pájaro percibe la primera luz del alba y ve li aspetti disïati.

3- El pájaro sube de rama en rama hasta la más abierta, mientras el alba, aún luz mezclada de tinieblas, se dilata.

4- En la rama más alta espera con ardiente afecto al sol, mirando fijamente.

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ALEGORÍA

1- El intelecto, como guía de la imaginación, ha superado “las cosas mundanas y sus cogitaciones” (noche), pero está aún cerca de lo temporal (nido). Para ello, se basa en la fe (nido) [Paraíso Terrenal].

2- El intelecto recibe la primera iluminación (y la imaginación a través de ella), el initium gratiae, y gracias a ella ve (y presenta a la imaginación) imágenes infundidas por la divinidad [transhumanación de Dante por la iluminación que llega a través de Beatriz].

3- El intelecto sube de conocimiento en conocimiento, aún con el concurso de las imágenes, y de claridad en claridad, en una sublevatio mentis que supera la capacidad humana [subida cielo a cielo].

4- Llegado al final del conocimiento supra rationem sed non praeter rationem, el intelecto espera, transformado en afecto supramundano, la contemplación más pura que le provocará la alienación mental [llegada a la división estructural entre el cielo estrellado y el cristalino].

No podemos olvidar, por último, que en todo este camino que hace Beatriz-pájaro, y que es el mismo que el de Dante, ella no es más que la guía, la mediadora entre Dante y la divinidad, quien da alas a su vuelo, quien le da “valor” para subir cielo a cielo. El pájaro quiere ver el sol con la finalidad de encontrar la comida, il cibo con que alimentar a los polluelos. Beatriz quiere la aparición del triunfo para alimentar a Dante. Por eso ruega a los beatos:

O sodalizio eletto a la gran cena del benedetto Agnello, il qual vi ciba sì, che la vostra veglia è sempre piena, se per Grazia di Dio questi preliba di quel cha cade de la vostra mensa prima che morte il tempo li prescriba,

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ALEGORÍA

1- El intelecto, como guía de la imaginación, ha superado “las cosas mundanas y sus cogitaciones” (noche), pero está aún cerca de lo temporal (nido). Para ello, se basa en la fe (nido) [Paraíso Terrenal].

2- El intelecto recibe la primera iluminación (y la imaginación a través de ella), el initium gratiae, y gracias a ella ve (y presenta a la imaginación) imágenes infundidas por la divinidad [transhumanación de Dante por la iluminación que llega a través de Beatriz].

3- El intelecto sube de conocimiento en conocimiento, aún con el concurso de las imágenes, y de claridad en claridad, en una sublevatio mentis que supera la capacidad humana [subida cielo a cielo].

4- Llegado al final del conocimiento supra rationem sed non praeter rationem, el intelecto espera, transformado en afecto supramundano, la contemplación más pura que le provocará la alienación mental [llegada a la división estructural entre el cielo estrellado y el cristalino].

No podemos olvidar, por último, que en todo este camino que hace Beatriz-pájaro, y que es el mismo que el de Dante, ella no es más que la guía, la mediadora entre Dante y la divinidad, quien da alas a su vuelo, quien le da “valor” para subir cielo a cielo. El pájaro quiere ver el sol con la finalidad de encontrar la comida, il cibo con que alimentar a los polluelos. Beatriz quiere la aparición del triunfo para alimentar a Dante. Por eso ruega a los beatos:

O sodalizio eletto a la gran cena del benedetto Agnello, il qual vi ciba sì, che la vostra veglia è sempre piena, se per Grazia di Dio questi preliba di quel cha cade de la vostra mensa prima che morte il tempo li prescriba,

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ALEGORÍA

1- El intelecto, como guía de la imaginación, ha superado “las cosas mundanas y sus cogitaciones” (noche), pero está aún cerca de lo temporal (nido). Para ello, se basa en la fe (nido) [Paraíso Terrenal].

2- El intelecto recibe la primera iluminación (y la imaginación a través de ella), el initium gratiae, y gracias a ella ve (y presenta a la imaginación) imágenes infundidas por la divinidad [transhumanación de Dante por la iluminación que llega a través de Beatriz].

3- El intelecto sube de conocimiento en conocimiento, aún con el concurso de las imágenes, y de claridad en claridad, en una sublevatio mentis que supera la capacidad humana [subida cielo a cielo].

4- Llegado al final del conocimiento supra rationem sed non praeter rationem, el intelecto espera, transformado en afecto supramundano, la contemplación más pura que le provocará la alienación mental [llegada a la división estructural entre el cielo estrellado y el cristalino].

No podemos olvidar, por último, que en todo este camino que hace Beatriz-pájaro, y que es el mismo que el de Dante, ella no es más que la guía, la mediadora entre Dante y la divinidad, quien da alas a su vuelo, quien le da “valor” para subir cielo a cielo. El pájaro quiere ver el sol con la finalidad de encontrar la comida, il cibo con que alimentar a los polluelos. Beatriz quiere la aparición del triunfo para alimentar a Dante. Por eso ruega a los beatos:

O sodalizio eletto a la gran cena del benedetto Agnello, il qual vi ciba sì, che la vostra veglia è sempre piena, se per Grazia di Dio questi preliba di quel cha cade de la vostra mensa prima che morte il tempo li prescriba,

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ALEGORÍA

1- El intelecto, como guía de la imaginación, ha superado “las cosas mundanas y sus cogitaciones” (noche), pero está aún cerca de lo temporal (nido). Para ello, se basa en la fe (nido) [Paraíso Terrenal].

2- El intelecto recibe la primera iluminación (y la imaginación a través de ella), el initium gratiae, y gracias a ella ve (y presenta a la imaginación) imágenes infundidas por la divinidad [transhumanación de Dante por la iluminación que llega a través de Beatriz].

3- El intelecto sube de conocimiento en conocimiento, aún con el concurso de las imágenes, y de claridad en claridad, en una sublevatio mentis que supera la capacidad humana [subida cielo a cielo].

4- Llegado al final del conocimiento supra rationem sed non praeter rationem, el intelecto espera, transformado en afecto supramundano, la contemplación más pura que le provocará la alienación mental [llegada a la división estructural entre el cielo estrellado y el cristalino].

No podemos olvidar, por último, que en todo este camino que hace Beatriz-pájaro, y que es el mismo que el de Dante, ella no es más que la guía, la mediadora entre Dante y la divinidad, quien da alas a su vuelo, quien le da “valor” para subir cielo a cielo. El pájaro quiere ver el sol con la finalidad de encontrar la comida, il cibo con que alimentar a los polluelos. Beatriz quiere la aparición del triunfo para alimentar a Dante. Por eso ruega a los beatos:

O sodalizio eletto a la gran cena del benedetto Agnello, il qual vi ciba sì, che la vostra veglia è sempre piena, se per Grazia di Dio questi preliba di quel cha cade de la vostra mensa prima che morte il tempo li prescriba,

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ponette mente a l’affezione immensa, e roratelo alquanto; voi bevete sempre dal fonte onde vien quel ch’ei pensa

(Par., XXIV, 1-9)

Por supuesto, ese cibo es alimento espiritual (laudando il cibo che la sù li prande; Par., XXV, 24), más elevado incluso que lo pane de li angeli de Convivio I, I, 7.

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ponette mente a l’affezione immensa, e roratelo alquanto; voi bevete sempre dal fonte onde vien quel ch’ei pensa

(Par., XXIV, 1-9)

Por supuesto, ese cibo es alimento espiritual (laudando il cibo che la sù li prande; Par., XXV, 24), más elevado incluso que lo pane de li angeli de Convivio I, I, 7.

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ponette mente a l’affezione immensa, e roratelo alquanto; voi bevete sempre dal fonte onde vien quel ch’ei pensa

(Par., XXIV, 1-9)

Por supuesto, ese cibo es alimento espiritual (laudando il cibo che la sù li prande; Par., XXV, 24), más elevado incluso que lo pane de li angeli de Convivio I, I, 7.

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ponette mente a l’affezione immensa, e roratelo alquanto; voi bevete sempre dal fonte onde vien quel ch’ei pensa

(Par., XXIV, 1-9)

Por supuesto, ese cibo es alimento espiritual (laudando il cibo che la sù li prande; Par., XXV, 24), más elevado incluso que lo pane de li angeli de Convivio I, I, 7.

Juan VARELA-PORTAS Un símil estructural del Paradiso...

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NOTAS 1 El posa de XXXII, 30, implica también reposo, apagamiento de todo apetito o deseo. 2 Recordamos aquí los significados alegórico y anagógico generales que, tras el estudio de los símiles del Paradiso, hemos expuesto en Varela-Portas 2002. Alegoría: la imaginación racional es guiada por el intelecto, y a medida que va espiritualizándose y la imagen deviniendo concepto (es decir, semejanza inteligible) va asumiendo las capacidades de él. Anagogía: la mens (alma racional) es guiada por la inteligencia (o potencia en la que se da la intuición racional e inspirada, el juicio intuitivo de la verdad), y la va asumiendo hasta convertirse en alma plenamente contemplante. 3 Ver Pg. XVIII, 19-39. Cfr, Par. V, 4-6: ...ché ciò procede / da perfetto veder che, come apprende, / così nel bene appreso move il piede. 4 Supra rationem, sí, pero no praeter rationem, según la clasificación del 5º grado del Itinerarium bonaventuriano (Ver Varela-Portas 2002). 5 No podemos evitar la identificación del augello con un águila, como en I, 48. Evidentemente, si Dante hubiese querido resaltar los valores simbólicos del águila, la hubiese nombrado (come l’aguglia, intra l’amate fronde), pero no nos podemos resistir a la sugestión de, aunque sea en nota, aplicar al símil sus tres implicaciones simbólicas más difundidas: 1- mira al sol-Dios fijamente; 2- sobrevuela las nubes de las apariencias (ver, por ejemplo, Ricardo de San Víctor 1844-1891: 143D y 144A); 3- lleva a sus polluelos a contemplar también fijamente al sol-Dios. 6 Nótese cómo Beatriz-intelecto-inteligencia va por delante de Dante-imaginación-mens: mientras que éste no puede mirar directamente, Beatriz sí puede hacerlo. El intelecto-inteligencia sí puede enfrentar cara a cara el triunfo de Cristo, pero aún no la imaginación-mens. Cuando la imaginación-mens pueda hacerlo (en el Empíreo) Beatriz desaparecerá, pues la imaginación se habrá vuelto intelectual y la

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NOTAS 1 El posa de XXXII, 30, implica también reposo, apagamiento de todo apetito o deseo. 2 Recordamos aquí los significados alegórico y anagógico generales que, tras el estudio de los símiles del Paradiso, hemos expuesto en Varela-Portas 2002. Alegoría: la imaginación racional es guiada por el intelecto, y a medida que va espiritualizándose y la imagen deviniendo concepto (es decir, semejanza inteligible) va asumiendo las capacidades de él. Anagogía: la mens (alma racional) es guiada por la inteligencia (o potencia en la que se da la intuición racional e inspirada, el juicio intuitivo de la verdad), y la va asumiendo hasta convertirse en alma plenamente contemplante. 3 Ver Pg. XVIII, 19-39. Cfr, Par. V, 4-6: ...ché ciò procede / da perfetto veder che, come apprende, / così nel bene appreso move il piede. 4 Supra rationem, sí, pero no praeter rationem, según la clasificación del 5º grado del Itinerarium bonaventuriano (Ver Varela-Portas 2002). 5 No podemos evitar la identificación del augello con un águila, como en I, 48. Evidentemente, si Dante hubiese querido resaltar los valores simbólicos del águila, la hubiese nombrado (come l’aguglia, intra l’amate fronde), pero no nos podemos resistir a la sugestión de, aunque sea en nota, aplicar al símil sus tres implicaciones simbólicas más difundidas: 1- mira al sol-Dios fijamente; 2- sobrevuela las nubes de las apariencias (ver, por ejemplo, Ricardo de San Víctor 1844-1891: 143D y 144A); 3- lleva a sus polluelos a contemplar también fijamente al sol-Dios. 6 Nótese cómo Beatriz-intelecto-inteligencia va por delante de Dante-imaginación-mens: mientras que éste no puede mirar directamente, Beatriz sí puede hacerlo. El intelecto-inteligencia sí puede enfrentar cara a cara el triunfo de Cristo, pero aún no la imaginación-mens. Cuando la imaginación-mens pueda hacerlo (en el Empíreo) Beatriz desaparecerá, pues la imaginación se habrá vuelto intelectual y la

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NOTAS 1 El posa de XXXII, 30, implica también reposo, apagamiento de todo apetito o deseo. 2 Recordamos aquí los significados alegórico y anagógico generales que, tras el estudio de los símiles del Paradiso, hemos expuesto en Varela-Portas 2002. Alegoría: la imaginación racional es guiada por el intelecto, y a medida que va espiritualizándose y la imagen deviniendo concepto (es decir, semejanza inteligible) va asumiendo las capacidades de él. Anagogía: la mens (alma racional) es guiada por la inteligencia (o potencia en la que se da la intuición racional e inspirada, el juicio intuitivo de la verdad), y la va asumiendo hasta convertirse en alma plenamente contemplante. 3 Ver Pg. XVIII, 19-39. Cfr, Par. V, 4-6: ...ché ciò procede / da perfetto veder che, come apprende, / così nel bene appreso move il piede. 4 Supra rationem, sí, pero no praeter rationem, según la clasificación del 5º grado del Itinerarium bonaventuriano (Ver Varela-Portas 2002). 5 No podemos evitar la identificación del augello con un águila, como en I, 48. Evidentemente, si Dante hubiese querido resaltar los valores simbólicos del águila, la hubiese nombrado (come l’aguglia, intra l’amate fronde), pero no nos podemos resistir a la sugestión de, aunque sea en nota, aplicar al símil sus tres implicaciones simbólicas más difundidas: 1- mira al sol-Dios fijamente; 2- sobrevuela las nubes de las apariencias (ver, por ejemplo, Ricardo de San Víctor 1844-1891: 143D y 144A); 3- lleva a sus polluelos a contemplar también fijamente al sol-Dios. 6 Nótese cómo Beatriz-intelecto-inteligencia va por delante de Dante-imaginación-mens: mientras que éste no puede mirar directamente, Beatriz sí puede hacerlo. El intelecto-inteligencia sí puede enfrentar cara a cara el triunfo de Cristo, pero aún no la imaginación-mens. Cuando la imaginación-mens pueda hacerlo (en el Empíreo) Beatriz desaparecerá, pues la imaginación se habrá vuelto intelectual y la

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NOTAS 1 El posa de XXXII, 30, implica también reposo, apagamiento de todo apetito o deseo. 2 Recordamos aquí los significados alegórico y anagógico generales que, tras el estudio de los símiles del Paradiso, hemos expuesto en Varela-Portas 2002. Alegoría: la imaginación racional es guiada por el intelecto, y a medida que va espiritualizándose y la imagen deviniendo concepto (es decir, semejanza inteligible) va asumiendo las capacidades de él. Anagogía: la mens (alma racional) es guiada por la inteligencia (o potencia en la que se da la intuición racional e inspirada, el juicio intuitivo de la verdad), y la va asumiendo hasta convertirse en alma plenamente contemplante. 3 Ver Pg. XVIII, 19-39. Cfr, Par. V, 4-6: ...ché ciò procede / da perfetto veder che, come apprende, / così nel bene appreso move il piede. 4 Supra rationem, sí, pero no praeter rationem, según la clasificación del 5º grado del Itinerarium bonaventuriano (Ver Varela-Portas 2002). 5 No podemos evitar la identificación del augello con un águila, como en I, 48. Evidentemente, si Dante hubiese querido resaltar los valores simbólicos del águila, la hubiese nombrado (come l’aguglia, intra l’amate fronde), pero no nos podemos resistir a la sugestión de, aunque sea en nota, aplicar al símil sus tres implicaciones simbólicas más difundidas: 1- mira al sol-Dios fijamente; 2- sobrevuela las nubes de las apariencias (ver, por ejemplo, Ricardo de San Víctor 1844-1891: 143D y 144A); 3- lleva a sus polluelos a contemplar también fijamente al sol-Dios. 6 Nótese cómo Beatriz-intelecto-inteligencia va por delante de Dante-imaginación-mens: mientras que éste no puede mirar directamente, Beatriz sí puede hacerlo. El intelecto-inteligencia sí puede enfrentar cara a cara el triunfo de Cristo, pero aún no la imaginación-mens. Cuando la imaginación-mens pueda hacerlo (en el Empíreo) Beatriz desaparecerá, pues la imaginación se habrá vuelto intelectual y la

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mens habrá adquirido inteligencia, es decir, intuición racional. 7 Del mismo modo Dante en Par. XXXIII, 97-99: così la mente mia, tutta sospesa, / mirava fissa, immobile e attenta. Ya hemos señalado que lo que ocurre en esta visión es prefiguración de la visión final. 8 El estado de Dante es el del que espera la contemplación, tal y como lo describe Agustín de Hipona en el De Trinitate (I, 8, 17): «Cuando lleguemos a dicha contemplación [que, por cierto, acaba de ser nombrada mane: “Tunc erit mane nostrum, de quo in Psalmo dicitur: Mane astabo tibi, et contemplabor (Ps. 5,5)”] no anhelaremos otra cosa. Ahora, privados de esa vista, vivimos del gozo esperanzado. La esperanza que se ve ya no es esperanza. ¿Cómo esperar lo que uno ve? Pero si esperamos lo que no vemos, en paciencia esperamos (Rom. 8, 25, 25)».

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mens habrá adquirido inteligencia, es decir, intuición racional. 7 Del mismo modo Dante en Par. XXXIII, 97-99: così la mente mia, tutta sospesa, / mirava fissa, immobile e attenta. Ya hemos señalado que lo que ocurre en esta visión es prefiguración de la visión final. 8 El estado de Dante es el del que espera la contemplación, tal y como lo describe Agustín de Hipona en el De Trinitate (I, 8, 17): «Cuando lleguemos a dicha contemplación [que, por cierto, acaba de ser nombrada mane: “Tunc erit mane nostrum, de quo in Psalmo dicitur: Mane astabo tibi, et contemplabor (Ps. 5,5)”] no anhelaremos otra cosa. Ahora, privados de esa vista, vivimos del gozo esperanzado. La esperanza que se ve ya no es esperanza. ¿Cómo esperar lo que uno ve? Pero si esperamos lo que no vemos, en paciencia esperamos (Rom. 8, 25, 25)».

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mens habrá adquirido inteligencia, es decir, intuición racional. 7 Del mismo modo Dante en Par. XXXIII, 97-99: così la mente mia, tutta sospesa, / mirava fissa, immobile e attenta. Ya hemos señalado que lo que ocurre en esta visión es prefiguración de la visión final. 8 El estado de Dante es el del que espera la contemplación, tal y como lo describe Agustín de Hipona en el De Trinitate (I, 8, 17): «Cuando lleguemos a dicha contemplación [que, por cierto, acaba de ser nombrada mane: “Tunc erit mane nostrum, de quo in Psalmo dicitur: Mane astabo tibi, et contemplabor (Ps. 5,5)”] no anhelaremos otra cosa. Ahora, privados de esa vista, vivimos del gozo esperanzado. La esperanza que se ve ya no es esperanza. ¿Cómo esperar lo que uno ve? Pero si esperamos lo que no vemos, en paciencia esperamos (Rom. 8, 25, 25)».

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mens habrá adquirido inteligencia, es decir, intuición racional. 7 Del mismo modo Dante en Par. XXXIII, 97-99: così la mente mia, tutta sospesa, / mirava fissa, immobile e attenta. Ya hemos señalado que lo que ocurre en esta visión es prefiguración de la visión final. 8 El estado de Dante es el del que espera la contemplación, tal y como lo describe Agustín de Hipona en el De Trinitate (I, 8, 17): «Cuando lleguemos a dicha contemplación [que, por cierto, acaba de ser nombrada mane: “Tunc erit mane nostrum, de quo in Psalmo dicitur: Mane astabo tibi, et contemplabor (Ps. 5,5)”] no anhelaremos otra cosa. Ahora, privados de esa vista, vivimos del gozo esperanzado. La esperanza que se ve ya no es esperanza. ¿Cómo esperar lo que uno ve? Pero si esperamos lo que no vemos, en paciencia esperamos (Rom. 8, 25, 25)».

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REFERENCIAS BIBLIOGRÁFICAS

AGUSTÍN DE HIPONA (1985): La Trinidad (De Trinitate), en Obras completas, vol. V. Madrid, BAC.

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ALIGHIERI, D. (1988): Convivio. Opere minori. Tomo I, parte II, a cura di C. Vasoli, Milano-Napoli, Ricciardi.

ALIGHIERI, D. (1921): La Divina Commedia, a cura di F. Torraca, Milano-Roma-Napoli, Società editrice Dante Alighieri.

ALIGHIERI, D. (1976a): Paradiso. A cura di Tommaso Casini e Silvio Adrasto Barbi, Fratelli Fabbri Editori.

ALIGHIERI, D.(1976b): Paradiso, a cura di Siro Chimenz. Torino, UTET.

ALIGHIERI, D.(1988a): Paradiso, a cura di Natalino Sapegno. Firenze, La Nuova Italia.

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RICARDO DE SAN VÍCTOR (1844-1891): Benjamin Major. De Gratia Contemplationis, en Migne, J. P. (ed.) Patrologiae Cursus Completus Series Latina, París, vol. 196, columnas 63-202.

VARELA-PORTAS DE ORDUÑA, J. (1999): «El error de Dante (Paradiso III, 10-18)», en Atti del XXI Congresso Internazionale di linguistica e filologia romanze, a cura

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Tenzone nº 8 2007

202

di G. Ruffino, Tübingen, Max Niemeyer Verlag, sezione VII, pp. 505-509.

VARELA-PORTAS DE ORDUÑA, J. (2000): «El símil de Trivia y las eterna ninfas» (Paradiso XXIII, 25-33)», en Tenzone 1, pp. 159-178.

VARELA-PORTAS DE ORDUÑA, J. (2002), «El ordenamiento del Paradiso», en Tenzone 3, pp. 283-323.

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di G. Ruffino, Tübingen, Max Niemeyer Verlag, sezione VII, pp. 505-509.

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