viola, los derechos humanos son derechos naturales

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  • 8/22/2019 Viola, Los Derechos Humanos Son Derechos Naturales

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    FRANCESCO VIOLA*

    I diritti umani sono naturali?

    La storia politica e giuridica della modernit costellata da una miriadeinfinita di concezioni riguardanti i diritti naturali e i loro rapporti con lalegge naturale e divina. Si tratta di un immenso e prezioso serbatoio di

    riflessioni, spesso legate a particolari orientamenti morali e religiosi, aspecifiche circostanze sociali e ad eventi storici rilevanti, sulla dotazioneetico-giuridica dell'individuo nel momento del suo ingresso nella vitasociale. Esse sono strettamente legate al modo di giustificare l'autoritpolitica e di tracciare i limiti del suo potere. Oggi i diritti umani hannopreso il posto dei diritti naturali di un tempo, raggiungendo un grado didiffusione e di consenso che questi non hanno mai conosciuto. Qual ,dunque, il rapporto fra i diritti umani di oggi e i diritti naturali della

    modernit?Questo interrogativo, peraltro ricorrente nel dibattito contemporaneo,pu essere sollevato nell'ottica di una ricostruzione storicadell'evoluzione delle idee giuridiche e politiche della modernit oppure alfine di comprendere meglio la specifica configurazione dei diritti umani,che parte essenziale dell'arredo morale del nostro mondo culturale. Cilimiteremo qui a perseguire quest'ultimo obiettivo al solo fine diafferrare, in qualche modo e sotto qualche aspetto rilevante, il sensoattuale della pratica dei diritti umani.

    1. Le teorie dei dirittiAnche per i diritti umani vale ci che Richard Tuck osserva per i dirittinaturali: si tratta di un concetto che dipende da una teoria ( theory-dependent)1. Ci significa che esso fa parte di una costellazione

    Professore ordinario di Filosofia del diritto presso l'Universit di Palermo.1 R. Tuck, Natural Rights Theories. Their Origin and Development, Cambridge University

    ress, Cambridge 1979, p. 2.

    in F.Botturi e R.Mordacci (a cura di),Natura in etica,"Annuario di etica"

    6,Vita e Pensiero,Milano 2009,pp.69-92.

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    di concetti non solo di carattere etico-giuridico (come quelli di dove-

    re, obbligo, legge), ma anche di carattere politico e antropologico.Ovviamente le varie teorie differiscono tra loro non solo per il modod'intendere tali concetti fondamentali, ma anche per il modo di sta-bilire le relazioni fra di essi. Spesso sono principalmente i rapporti fra iconcetti basilari a distinguere una teoria dei diritti dalle altre.

    Il fatto che il modo di concepire i diritti chiami in causa un com-plesso universo teorico non vuol dire che dobbiamo limitarci a sag-giare la coerenza interna delle varie teorie senza possibilit di una loro

    comparazione e valutazione. Non bisogna mai dimenticare che quisiamo nel campo della ragion pratica e dei concetti pratici. Inquest'ambito descrizione e valutazione sono strettamente connessi. Leteorie dei diritti hanno un inevitabile carattere normativo, checomincia gi ad apparire nel momento dell'interpretazione delleazioni sociali relative e s'intensifica nelle fasi dell'elaborazione siste-matica dei concetti e della correzione della prassi. Da una parte, restavero che non sarebbe possibile una teoria dei diritti se non vi fosserodiritti, ma, dall'altra, che cosa sono, quali sono e come sono i diritti

    solo una teoria dei diritti pu dirlo. Il fatto che vi siano moltepliciteorie in competizione fra loro vuol dire che il modo d'intendere idiritti resta sempre una questione aperta e non solo per ragioni teo-riche, ma anche per una continua evoluzione della pratica dei diritti.Una teoria deve essere in grado di cogliere ci che di nuovo suggeriscequesta pratica senza sacrificarla nel letto di Procuste di un rigoreconcettuale a tutti i costi.

    Le teorie dei diritti, a loro volta, appartengono, cio sono una parte

    rilevante, delle teorie della giustizia, perch riconoscere o attribuirediritti dettato da un'esigenza di giustizia. Avere un diritto vuol direche qualcosa spetta a qualcuno. In questo senso la giustizia hastrutturalmente una priorit sui diritti.

    In ragione della dipendenza dei diritti dalla giustizia ci si chiede aquali condizioni si pu propriamente parlare di una vera e propriateoria dei diritti. Evidentemente non basta che i diritti siano conside-rati un elemento della concezione generale della giustizia, ma occorre

    che essi vi svolgano un ruolo centrale o basilare. Ci non vuol dire chesi debba necessariamente sostenere una concezione del tutto nonderivativa dei diritti, cio che essi debbano avere un ruolo originariorispetto a tutti gli altri concetti teorici (e in particolare rispetto a quellidi natura umana e di legge naturale). Se cos fosse, non potremmoconsiderare come vere e proprie teorie dei diritti natu-

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    rali quasi tutte le concezioni moderne (ad eccezione sicuramentedi Hobbes e forse di Grozio)2. Lo stesso Locke non potrebbe essere

    annoverato come un teorico dei diritti naturali in ragione dell'ineli-minabile (per quanto controversa) presenza della legge naturale nelsuo pensiero3.

    In generale, in quasi tutte le concezioni moderne dei diritti la leg-ge naturale, in qualcuna delle sue possibili versioni, ben presente e,a dir poco, limita l'ambito d'esercizio dei poteri soggettivi, anche se visono tentativi ricorrenti di farne a meno o di ridurne l'importanza. Ilfatto che le teorie moderne dei diritti naturali sono costruite all'in-terno del presupposto dell'esistenza di un ordine morale generale,

    che per si va facendo sempre pi impersonale sulla scia del disin-cantamento del mondo, mentre le forme sociali si concepiscono inmodo categorico e basato sui codici legislativi4. Conseguentementeanche l'ordine morale preesistente alle istituzioni sociali continua adaver bisogno di leggi naturali o morali, che ovviamente non sono pinella forma e nel ruolo di quelle medievali, anche se possono in buo-na parte conservarne il contenuto. Quando si cercher di fare deltutto a meno dell'idea di una legge naturale, come avviene nel c.d.

    'Illuminismo scozzese', sostituendola con il senso morale, con il sen-so comune e con la morale della simpatia, non per questo s' rinun-ciato all'ordine morale impersonale come necessario background deidiritti. Si tratta solo di surrogare i compiti e le funzioni un temposvolte dalla legge naturale5.

    La necessit delle leggi naturali, intese come teoremi dellaragione, riconfermata anche da chi - come Hobbes - ha elabora-to una ben compiuta concezione non derivativa dei diritti6. A questisi dovr rinunciare se si vogliono porre le condizioni di legittimit

    2 Ci dimostrato chiaramente da K. Haakonssen, Natural Law and Moral Philosophy.From Grotius to the Scottish Enlightenment, Cambridge University Press, Cambridge 1996.3 Per la tesi del carattere originario dei diritti naturali in Locke cfr. M.P. Zuckert, DoNatural Rights Derive from Natural Law ?, Harvard Journal of Law and Public Policy,20, 3 (1997), pp. 695-731.4 Cfr. Ch. Taylor, L'et secolare (2007), trad. it. a cura di P. Costa, Feltrinelli, Milano

    2009, cap. 7, pp. 346 ss.5 Cfr., da ultimo, M. Bessone - M. Biziou (ds.), Adam Smith philosophe. De la morale

    l'economie ou philosophie du libralisme, Presses Universitaires de Rennes, Rennes 2009.6 Per quest'interpretazione cfr. L. Strauss, Diritto naturale e storia (1953), trad. it. di N.Pierri, Il Melangolo, Genova 1990, pp. 179-217.

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    della societ politica. Con i soli diritti non si pu costruire una vitaassociata e un ordine politico7.

    La constatazione che nella maggior parte delle teorie modernedei diritti naturali questi non abbiano un carattere non derivativood originario8 non autorizza la conclusione che anche alcune teoriemedievali della legge naturale possono considerarsi per qualche ver-so anche come teorie dei diritti.

    Ad esempio, ancora in atto la disputa se la concezione della

    legge naturale di Tommaso d'Aquino contenga anche una teoriadei diritti9. Per Tommaso jus l'oggetto della giustizia e non gi unpotere soggettivo leci to10. Ma ci non ha impedito ai tomisti spagnoli

    della Seconda Scolastica di sviluppare una teoria dei diritti naturali.Del pari non impedisce oggi a Finnis di sostenere che dalle ingiusti-zie (iniuriae) subite dalle persone si possono derivare i loro diritti

    (iuria), di cui ciascuno titolare come essere umano 11 e che, quindi,una teoria dei diritti implicita nel pensiero di Tommaso.

    Ora, pur senza voler entrare nel merito di questa interpretazione,resta il fatto che nella concezione di Tommaso non solo il concettodi diritto soggettivo derivato12, ma soprattutto non appartiene ai

    concetti basilari o centrali. Ci non significa che la sua concezionenon sia pienamente compatibile con una teoria dei diritti, ma solo

    7 Per questo continuo a ritenere, contrariamente all'opinione diffusa, che Hobbesabbia acutamente previsto le minacce del liberalismo piuttosto che esserne un suo

    precursore. Ho cercato di dimostrarlo nel mio Behemoth o Leviathan? Diritto e obbligonel pensiero di Hobbes, Giuffr, Milano 1979.8 Secondo Zuckert, invece, i diritti naturali della modernit sarebbero caratterizzati

    dal primato sulla legge naturale, che da essi derivata. Ma questa tesi non suffraga-ta dall'orientamento predominante dei teorici moderni dei diritti naturali.9 Cfr., da ultimo, B. Tierney, Natural Law and Natural Rights: Old Problems and Recent

    Approaches, The Review of Politics, 64, 3 (2002), con interventi critici di J. Finnis,D. Kries e M.P. Zuckert e la replica finale di Tierney.10 Questa tesi vigorosamente difesa da M. Villey, La formazione del pensiero giuridicomoderno (1975), trad. it. di R. D'Ettorre e F. D'Agostino, Jaca Book, Milano 1985.1 1J. Finnis, Aquinas. Moral, Political, and Legal Theory, Oxford University Press, Oxford

    1998, p. 136. Il riferimento alla Summa theologiae, II-II, q. 122, a. 6.12

    Con ci intendo anche sostenere, a differenza di Villey, che Tommaso ha ben pre-sente il diritto soggettivo. Infatti, quando difende la ben nota definizione della giu-

    stizia come la volont di concedere all'altro il suo diritto (ius suum) o ci che suo

    diritto (suum), non si pu negare che si riferisca ad un diritto soggettivo. Cfr. Summa

    theologiae, II-II, q. 58, a. 1.

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    che egli non l'ha elaborata13. Possiamo farlo noi al posto suo? Non vietato, ma dobbiamo essere consapevoli che a tal proposito il nostro

    bagaglio concettuale molto pi ricco, articolato e controverso.

    2. Le conquiste dei diritti naturali

    Nella grande famiglia delle teorie dei diritti la storia dello sviluppomorale e giuridico dell'umanit, nonch di quello delle istituzioni

    politiche, un discrimine importante e non rare volte decisivo. Percustodire il vero senso della storia bisogna al contempo cogliere il

    momento della continuit e quello della rottura, quello dell'esplici-tazione e quello del cambiamento di rotta. Con questa attenzione,

    pertanto, bisogna ora affrontare la distinzione tra i diritti naturali e

    i diritti umani. Cercher di mostrare che i diritti umani, pur appar-tenendo alla grande famiglia dei diritti, stanno sviluppando una pro-pria apprensione della soggettivit etico-giuridica, che ben diversada quella dei diritti naturali.

    Nella narrazione di questa storia dei diritti nel mondo occidenta-

    le bisogna necessariamente partire dalla continuit, cio da ci cheaccomuna nella grande famiglia, da ci che costituisce l'affinit traqueste molteplici forme di considerazione dell'essere umano. Si trat-ta di acquisizioni permanenti, che non possono essere abbandonatesenza uscire dalla famiglia dei diritti e che sono, dal punto di vistaetico-giuridico, una conquista delle teorie dei diritti naturali14.

    La prima acquisizione risiede nella convinzione che la soggettivitdell'essere umano, intesa come differenza ontologica tra l'ente-uomoe gli altri enti della natura, debba avere conseguenze etico-giuridichee implichi un'apposita considerazione della societ politica. Il diritto,

    inteso come ordinamento oggettivo di rapporti sociali, deve aprirsi allatutela dell'esercizio della soggettivit e delle sue prerogative. Questa ten-denza appartiene al processo di umanizzazione del mondo dell'uomo.

    13 Ad esempio, proprio partendo dalle iniuriae, Adam Smith, in contrasto con Hume,ha consapevolmente elaborato una teoria dei diritti, traendoli dai molteplici modi in

    cui un uomo pu essere offeso (injured) senza ragione, cio dai modi in cui la giusti-zia pu essere violata. Cfr. A. Smith, Lectures on Jursprudence, ed. by R.L. Meek, D.D.Raphael and P.G. Stein, Oxford University Press, Oxford 1978, LJ(A), i.9-10, p. 7.14 Ho gi avuto modo di esplorare questo tema in Antropologia dei diritti dell'uomo,Nuove Autonomie, 2 (1995), pp. 231-253.

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    interessante notare che quest'umanesimo giuridico cominciagi all'interno dell'essere umano, nella sfera interna dell'io. Il sog-

    getto possiede beni interni quali la vita, il corpo, la libert. Essi costi-tuiscono il suo inviolabile patrimonio, ci che Grozio definisce ilsuum. Nessuno, senza commettere ingiustizia, pu violare il suum dialtri che non gli abbiano arrecato ingiustizia. La soggettivit giuridi-ca appropriazione di s e, quindi, fonte di poteri che si estendonotendenzialmente anche alle cose esteriori, in quanto queste abbianorelazioni necessarie con la sfera interna dell'io. Il soggetto si presentacos come identificato nel suo ruolo di dominus, e il diritto si configu-ra come cumulo di situazioni dominative. L'antropologia originaria

    dei diritti soggettivi connotata - com' noto - dalla patrimonia-lit. Alle origini della storia dei diritti v' proprio quest'equivalen-za tra libert e propriet. Essere liberi significa avere la signoria deipropri atti e quindi del proprio corpo. In tal modo la propriet vienecollocata all'interno del soggetto e viene concepita come sua quali-t intrinseca e caratterizzante. Conseguentemente, l'appropriazionedelle cose (dominium rerum) non che la logica espansione del domi-nium sui, cio della libert.

    Non si tratta tanto di affermare che il soggetto ha poteri indivi-duali, ma ben di pi si profila una concezione antropologica del sog-getto come potere: il soggetto tale perch capace di agire (agen-cy). In seguito alla rivoluzione groziana, il soggetto viene inteso comecentro di decisioni e di azioni che si pone in una relazione di supe-riorit nei confronti delle cose (oggetti) e in una relazione di alterite parit nei confronti degli altri soggetti. Il dominio delle cose e ildominio di s sono le caratteristiche determinanti della soggettivit.Il soggetto quell'ente che tende la sua mano sulle cose e prende inmano se stesso15 .

    La seconda acquisizione immediata conseguenza della prima:l'eterogeneit del soggetto rispetto agli oggetti data dal fatto che

    15 Questa antropologia del soggetto, centrata pi sul modo in cui si relaziona allecose che sulla sua natura, non ha solo un'importanza sul piano etico, ma ancorpi in profondit interessa il piano ontologico e gnoseologico. La stessa relazione

    conoscitiva tra l'uomo e il mondo segnata da questa impronta. Il mondo intesocome un'immagine che sta davanti all'uomo, come un quadro o una rappresen-tazione che l'uomo pone davanti a s (vor-stellen). In tal modo, l'uomo diviene ilpunto di riferimento del mondo, poich nella soggettivit umana il mondo stessotrova il suo senso.

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    esso possiede qualit morali16. Ci non significa tanto che esso abbiaun valore intrinseco, oppure che debba essere trattato con rispetto, e

    neppure che abbia genericamente una vita morale. Tutte queste coseerano gi ampiamente riconosciute come proprie dell'essere umano.L'idea nuova che il soggetto, attraverso l'uso delle proprie facoltmorali, modifica il mondo del dover essere, facendo sorgere obblighiche prima non c'erano e modificando lo status morale di altri sogget-ti: le scelte e le azioni degli individui producono effetti nel mondomorale di altri individui. In questo contesto il soggetto morale nonsolo nel senso che ha fini morali e che ha obblighi morali, ma soprat-tutto nel senso che la sua azione produce effetti morali, per cui esso centro d'imputazione di diritti e di doveri.

    Anche qui interessante notare fino a che punto tale concezionetenda a radicalizzarsi nella teoria degli entia moralia di Pufendorf e diWolff. Non vi sono qualit morali o fini inerenti al mondo fisico. Lemodalit morali sono introdotte nella natura dall'esterno, vale a direle cose o gli eventi naturali acquistano valore se sono messi in rela-zione a norme e questo pu essere fatto solo da esseri che possonointendere le norme, essendo dotati d'intelletto e di libera volont e,

    quindi, capaci di seguirle o meno, di fare il bene o il male. Senza lalegge divina e la volizione umana non vi sarebbe morale nella crea-zione e per la stessa natura umana.

    La terza acquisizione in effetti una condizione per cos dire tra-scendentale di ogni teoria dei diritti. Si tratta ovviamente del prin-cipio di eguaglianza. Senza l'eguaglianza i diritti si trasformano inprivilegi e questi per definizione non generano obblighi morali dirispetto. La questione centrale non certamente se si debba accet-

    tare l'eguaglianza nei diritti, ma come la si debba interpretare

    17

    .Infatti tale principio formale, sicch le teorie dei diritti differisco-no nella risposta alle tre domande: eguaglianza in che cosa? Egua-glianza tra chi? Eguaglianza in che modo? Le possibili risposte, perquanto molto differenti fra loro, tutte debbono far ricorso a valorisostanziali. L'eguaglianza un principio formale che permette il dia-logo e il confronto tra i valori sostanziali a cui si richiamano le varieteorie della giustizia.

    16 Questa moralis facultas l'anima del diritto soggettivo in quanto fonte di poterenormativo.17 Cfr. W. Kymlicka, Introduzione alla filosofia politica contemporanea (1990), trad. it. diR. Rini, Feltrinelli, Milano 1996, p. 14.

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    Comunque sia, l'eguaglianza istituisce una connessione necessa-ria tra i diritti e una regola comune, che d sostanza al principio di

    reciprocit. Dire che A ha un diritto nei confronti di B lo stessoche affermare che eguale a B, cio che partecipa allo stesso titoload una comunanza di beni. Questo titolo pu essere derivato da unacomune natura ontologica, o da una comune modalit di azione, oda una comune condizione esistenziale nello stato di natura (naturalman), o da un'eguale considerazione della dignit umana. In ognicaso senza reciprocit non sarebbe possibile affermare che i dirittialtrui debbono essere rispettati, ma, se non dovessero esserlo, nonsarebbero propriamente diritti. Il concetto di diritto soggettivo portain se stesso l'implicazione di un obbligo, comunque esso venga inte-so. Questo basta a collegare i diritti con la legge. A detta di RichardTuck, Grozio sembra ridurre la legge naturale a questo principio,cio al rispetto dei diritti altrui18.

    Sostenere che queste tre assunzioni (quella della soggettivitdell'essere umano, della dimensione morale del soggetto umano edell'eguaglianza tra i soggetti morali) caratterizzino in generale tuttele teorie dei diritti non significa ritenere che esse siano sempre intese

    allo stesso modo. Se lo fossero, non avremmo teorie dei diritti cosdifferenti fra loro.

    3. Natura umana e artificio

    Affronteremo ora pi direttamente il problema del confronto trai diritti naturali moderni e i diritti umani contemporanei. A primavista si pu notare una differenza nell'origine e nello sviluppo. Idiritti naturali sono sorti nei pensatoi dei filosofi al fine di dettare lecondizioni d'esistenza e di legittimit della societ politica e si sonoimposti nella storia molto lentamente per affermarsi, infine, con laRivoluzione francese e la guerra d'indipendenza americana. I dirittiumani, invece, sono sorti nei trattati internazionali e nelle costituzio-ni nazionali come reazione alla seconda guerra mondiale e si sonosviluppati attraverso una pratica etico-giuridica sempre pi diffusiva.I diritti naturali sono stati una teoria (o pi teorie) in cerca di una

    pratica effettiva, mentre i diritti umani sono una pratica diffusa in

    18 Tuck, Natural Rights Theories, p. 67.

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    cerca ancora di una soddisfacente teoria19. Questo gi un primoindizio significativo che impedisce un'assimilazione degli uni agli

    altri o almeno la rende problematica.In ogni caso i percorsi giustificativi sono esattamente opposti: quel-

    lo dei diritti naturali va dall'alto in basso (top-down), cio dai diritti chel'essere umano ha (o deve avere) in astratto a quelli che sono effetti-vamente riconosciuti nella societ politica; quello dei diritti umani dalbasso in alto (bottom-up), cio dalla pratica effettiva dei diritti alla suacritica e correzione interna20. Conseguentemente, le teorie dei dirittinaturali nascono come critica esterna alle societ esistenti, mentre le

    teorie dei diritti umani sono (o dovrebbero essere) una riflessione cri-tica sul senso interno di questa pratica e sui valori che la sostengono.Pertanto, applicare il modello dei diritti naturali alla pratica dei dirittiumani non solo farebbe perdere alla teoria una portata esplicativa, maanche mortificherebbe la ricchezza interna della pratica. I molteplicitentativi del genere conducono inevitabilmente ad un drastico ridi-mensionamento del numero dei diritti umani in ragione della loroomologazione ad un unico modello di diritto soggettivo. Ci che ingioco, infatti, proprio l'estensione dei diritti umani e, soprattutto, il

    riconoscimento dei diritti sociali e culturali.Con ci non si vuole spogliare i diritti umani di ogni portata filo-

    sofica, ma soltanto affermare che non quella propria dei dirittinaturali. Vedremo ora in che senso.

    Un aspetto assolutamente centrale quello della considerazio-ne della natura in generale e della natura umana in particolare.

    Nell'ottica dei diritti naturali si presuppone una netta separazionetra natura e artificio, tra ci che non prodotto dall 'opera dell'uo-

    mo e ci che lo . vero che spesso l'artificio cerca di riprodurrela natura, ma per potenziarla e, se del caso, per sostituirsi ad essa.In ogni caso per definire ci che naturale dobbiamo elimina-re, anche mentalmente, tutto ci che il risultato della volont edell'ingegno umano21 . Poich la societ politica un tipico prodot-

    19 Sulla concezione dei diritti umani come pratica sociale cfr. F. Viola, Il diritto comepratica sociale, Jaca Book, Milano 1990 e ora, da ultimo, Ch.R. Beitz,The Idea of Human

    Rights, Oxford University Press, Oxford 2009, p. 120.20 II percorso bottom-up come il pi adeguato per i diritti umani viene sottolineato daJ. Griffin, On Human Rights, Oxford University Press, Oxford 2008, p. 29.21 Come sappiamo, per questa ragione dalla natura non umana sar eliminata ognispiegazione in chiave finalistica.

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    to artificiale, generato da un contratto originario, allora il suo ante-cedente naturale sar rappresentato dallo stato di natura, cio da

    un'ipotetica condizione di vita dell'umanit in cui sono assenti leistituzioni umane, il diritto positivo e l'autorit22. Questo modellopuramente ideale serve tra l'a ltro per individuare quei diritti natu-rali che la societ politica dovr rispettare (o, come nel pensierohobbesiano, eliminare).

    Pertanto, il modello paradigmatico il seguente: affinch la vitasociale sia possibile, necessario che non siano poste in essere azio-ni che arrechino un'offesa grave. Per determinare quali siano que-

    ste azioni ingiuriose minimali bisogna rifarsi a due caratteristichedella natura umana: la naturale tendenza biologica alla self-preserva-tion e la capacit naturale di giudicare in modo retto (recta ratio) ciche bene e ci che male. Ci implica l'esistenza di poteri moralioriginari su se stessi e, conseguentemente, anche sulle cose e suglialtri. In primo luogo, si tratta della libert, a cui bisogna aggiungerela propriet e il diritto di esigere ci che dovuto. Queste sono lecondizioni minimali di possibilit della vita sociale e danno luogo adiritti perfetti, che esistono indipendentemente dall'organizzazio-ne sociale23 .

    Nell 'ottica dei diritti umani, invece, non possibile separarenatura da artificio e, soprattutto, la natura umana da quell'artificiorappresentato dalla cultura. L'uomo per natura un essere culturale.La cultura stessa l'ambito della natura trasformata dall 'uomo, cioil nido costruitosi dall'uomo nel mondo24. Senza gli uomini nonci sarebbe la cultura, ma cosa pi importante, senza cultura non cisarebbero uomini25.

    Ci non implica necessariamente il relativismo culturale, perchaltrimenti non si spiegherebbe come mai le culture possano essere

    22 Nota l'indebita identificazione tra natura e stato di natura J. Maritain, Nove lezionisulla legge naturale, a cura di F. Viola, Jaca Book, Milano 1985, pp. 104 ss.23 Questo paradigma riflette direttamente il pensiero di Grozio, ma pu considerar-si quello dominante nel giusnaturalismo moderno, a parte il solito Hobbes che -com' noto - rigetta larecta ratio. Cfr. Haakonssen, Natural Law and Moral Philosophy,

    p. 27.24 A. Gehlen, Prospettive antropologiche (1961), trad. it. di S. Cremaschi, Il Mulino,Bologna 1987, p. 32.25 C. Geertz, Interpretazione di culture (1973), trad. it. di E. Bona, Il Mulino, Bologna1987, p. 91.

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    criticate, possano evolversi e migliorare e possano incontrarsi in valoricomuni. Ci che qui si vuole suggerire soltanto che i diritti umani

    implicano un ben diverso modo di pensare la natura umana. Astrarredalla sua dimensione culturale sarebbe cercare di pensare l'uomo comediverso da quello che . Lo stato di natura non solo un'ipotesi artifi-ciosa e un esperimento mentale irrealistico, ma soprattutto un'ideamistificante, perch aspira a separare la natura umana dalla cultura.

    I diritti umani nascono imbevuti di cultura. Ci deve intendersinon tanto nel senso che la loro provenienza legata alla cultura occi-dentale, cosa che oggi notata per sostenere il relativismo e il partico-larismo dei diritti; e non deve intendersi solo nel senso che tali dirittisono stati proclamati attraverso atti culturali e storici, quali quelli del-le dichiarazioni e dei trattati internazionali. Soprattutto importan-te notare che si pervenuti alla consapevolezza della loro esistenzaattraverso l'esperienza dolorosa della loro violazione da parte delleorganizzazioni statali e, oggi, questa sensibilit per le minacce prove-nienti dai poteri di ogni tipo, statali e non, si va facendo sempre piacuta. Questo senza dubbio un fatto epocale e culturale.

    L'esperienza delle iniuriae resta, dunque, sempre necessaria per

    l'affermazione dei diritti, bench ora non si tratti pi di porre le con-dizioni preliminari della vita associata, bens di proteggere l'essereumano dagli sviluppi non sempre prevedibili delle relazioni umane,mettendo a frutto l'insegnamento del passato. In questo senso spe-cifico i diritti umani sono inscindibilmente legati alla storia e allevicende delle relazioni fra i popoli. In questo senso specifico sonoben lungi dall'essere naturali.

    4. Cosa significa avere un diritto

    In ragione della variet delle minacce alla dignit umana e, conse-guentemente, della variet dei modi di tutela impossibile non soloridurre i diritti umani a un unico modello di diritto soggettivo, mapersino al solo diritto soggettivo, per quanto articolato possa essere.E' sempre meno raro imbattersi in diritti umani sforniti di adegua-te garanzie e dell'individuazione precisa dei destinatari dell'obbligo

    relativo26 . La loro funzione principalmente quella di far presente

    26 Ed allora, sulla scia di Kant, si parla di obbligazioni imperfette intese in senso

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    un'esigenza da rispettare o un aspetto della dignit umana a cui farsiattenti nella misura del possibile.

    Anche se mancano di una robusta tutela, che invece i diritti natu-rali esigevano27 , tuttavia conservano in qualche modo una dimensio-ne giuridica, tant' che possono sempre essere usati come argomentirilevanti nelle decisioni dei giudici nazionali e internazionali. Sonostati chiamati manifesto-rights28, senza con questo voler privarlinecessariamente del loro status giuridico, come fanno tutti coloroche denunciano l'asfissiante retorica dei diri tti29, ma per mostrare, alcontrario, che un diritto pu guidare l'azione anche quando ancora

    non vi sono tutte le risorse necessarie per la sua soddisfazione, e, intal modo, favorirne l'acquisizione.I diritti umani esistono a diverse gradazioni d'intensit quanto

    alla tutela e quanto alla positivizzazione. Sono tutti diritti in sensoanalogico, mentre i diritti naturali sono tali in senso univoco, ciose corrispondono al modello dei diritti perfetti30. Il fatto che ilsenso stesso di avere un diritto differente. Per le teorie dei dirittinaturali significa avere un potere normativo, per quanto giustificatoda uno scopo o dalle caratteristiche della natura umana. Per la prati-ca dei diritti umani vuol dire avere delle ragioni per agire o per rice-vere prestazioni altrui, ragioni basate sul rispetto della dignit uma-na. ovvio che queste ragioni postulano il riconoscimento di potericorrelativi e necessari al loro soddisfacimento, ma resta il fatto cheun diritto umano essenzialmente una o pi ragioni alla ricerca dipoteri che le rendano efficaci, mentre un diritto naturale essenzial-

    molto ampio, tant' che lo stesso monitoraggio delle violazioni e la stessa mobilita-zione (agitation) vengono considerate come parte dell'individuazione di tali obbli-ghi. Cfr. A. Sen, Elements of a Theory of Human Rights, Philosophy & Public Affairs,32, 4 (2004), p. 320.27 Cfr. R. Tuck, The Dangers of Natural Rights, Harvard Journal of Law and PublicPolicy, 20, 3 (1997), pp. 683 ss.28 J. Feinberg, Social Philosophy, Prentice Hall, Englewood Cliffs (NJ) 1973, p. 67.29 Cfr., per tutti, A. Pintore, Diritti insaziabili, Teoria politica, 16 (2000), pp. 3-20.30 Ci non vuol dire che i teorici moderni dei diritti naturali escludano altre possi-

    bili forme come quella dei diritti imperfetti, legati a particolari relazioni socialio transazioni. Ma al pi si tratterebbe di un'analogia di attribuzione, perch questialtri sono diritti naturali nella misura in cui partecipano del modello dei diritti per-fetti, che l'analogato principale. Hart riflette ques t'or ientamento nella sua distin-zione tra general e special rights. Cfr. H.L.A. Hart, Esistono diritti naturali? (1955), in Id.,Contributi all'analisi del diritto, a cura di V. Frosini, Giuffr, Milano 1964, pp. 95-101.

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    mente uno o pi poteri dettati da una concezione minimale e separa-ta della natura umana.

    Fermo restando che sia i diritti naturali sia i diritti umani sonoconcetti giuridici, la differente accentuazione sul potere normativo osulla ragione per agire riflette una differente concezione della mora-le, del diritto e dei loro rapporti.

    Per le teorie dei diritti naturali il diritto un insieme di poterinormativi e di obblighi corrispondenti; quelli naturali sono propri ditutti gli uomini nello stato di natura. A sua volta la morale naturalegiustifica e fonda questi poteri giuridici. Per la pratica dei diritti uma-

    ni il diritto un insieme di ragioni per agire che sono fornite di unriconoscimento pubblico ufficiale. I diritti propr iamente riguardanoragioni legate al rispetto della dignit umana che sono riconosciuteufficialmente o cercano di esserlo31 . Non si pu propriamente par-lare di una morale naturale, se questa intesa come un insieme diregole morali dedotte dalla ragione naturale sulla base della naturaumana di per s considerata. La problematica moderna della leggenaturale, perci, non si adatta alla pratica dei diritti umani e neppu-re la separazione moderna tra morale e diritto.

    Il rapporto tra natura e cultura , dunque, decisivo per il modod'intendere i diritti. Quando la natura umana separata dalla cul-tura, ci che resta si concentra nella sostanza sui poteri di libertdell'individuo separato (unencumbered self), che detta le condizionidi accettazione dei legami sociali32. Quando la natura umana vistanell'ottica della cultura, allora l'individuo si trova gi immerso in unacomplessa rete di relazioni sociali, che evidenziano una ricchissimavariet di bisogni e di esigenze della vita umana non riducibili alla

    libert e neppure adeguatamente soddisfatti dai soli diritti di libert.Sulle basi di una natura umana asettica si pu tentare di costruire

    un ordine morale impersonale, ma ci non pi possibile nel caso diuna natura umana acculturata. Non solo l'impersonalit ostacolatadalla priorit delle relazioni d'interdipendenza e di cooperazione,ma soprattutto ci si chiede se questo nuovo mondo morale possa pre-sentarsi come ordinato o non sia piuttosto radicalmente conflittuale.

    31 Questo sarebbe il caso dei moral rights anteriormente alla loro positivizzazione,che li trasforma in legal rights. Qui intendo questi ultimi in modo molto ampio e nonnecessariamente legato alla previsione di determinati poteri e obblighi giuridici.32 Per Hart i diritti naturali si riducono nella sostanza alla libert di scelta e ai suoieffetti normativi sugli altri.

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    5. Il ritorno dei diritti naturali

    Finora ci siamo limitati ad un confronto superficiale tra la configu-razione dei diritti umani e quella dei diritti naturali nell'intento disottolineare le diversit. Ma ora necessario far fronte a una doman-da e ad un'obiezione ben pi impegnativa: i diritti umani non sonoforse quei diritti che l'uomo ha per il solo fatto della sua umanit? Ese cos, allora non si pu negare che siano diritti naturali a tutti glieffetti, anche se oggi abbiamo un' idea della natura umana diversa daquella del passato. Dovremmo soltanto aggiornare la lista dei diritti

    naturali e introdurre in essa una maggiore flessibilit e attenzioneper la storia. In tal modo i diritti umani verrebbero facilmente ricon-dotti nell'alveo dei diritti naturali.

    La forza di quest'obiezione non riposa soltanto su argomentitestuali, quali, ad esempio, il fatto che nel Preambolo della Dichiara-zione universale del 1948 si parla di riconoscimento della dignit ine-rente a tutti i membri della famiglia umana, e dei loro diritti ugua-li ed inalienabili e nell 'art . 1 si afferma che tutti gli esseri umani

    nascono liberi ed eguali in dignit e diritti. Non c' dubbio che illinguaggio dei diritti naturali ben presente soprattutto nella suddet-ta Dichiarazione, poich l'unico a disposizione nello status nascendidella pratica dei diritti umani33. Ma, soprattutto, si deve affrontare ilpeso filosofico di quest'obiezione: diritti che appartengono all'uma-nit come tale non possono che inerire alla natura umana, comun-que questa venga considerata.

    Di rincalzo, si nota acutamente che far dipendere l'esistenza (e lagiustificazione) dei diritti dalle minacce provenienti dai poteri statali

    e non statali condurrebbe a relativizzare gravemente il loro significa-to e la loro portata. Se si sostiene - come avviene di frequente - chela finalit dei diritti umani quella di proteggere gli individui e igruppi dall'imposizione da parte della maggioranza di una conce-zione comune della vita buona che non sia quella che loro stessi scel-

    33 Ho avuto modo di notare che gi nei Patti vi sono indizi consistenti di un allonta-

    namento da questo linguaggio quando, al posto dei diritti di ogni essere umano, siparla dei diritti dei popoli . In generale c' la tendenza attuale a sottolineare al con-tempo sia l'universalit dei diritti sia il rispetto delle differenze regionali, storiche,culturali e religiose. Cfr. il mio L'universalit dei diritti umani: un'analisi concettuale, inF. Botturi - F. Totaro (a cura di), Universalismo ed etica pubblica, Annuario di etica/3 ,Vita e Pensiero, Milano 2006, pp. 155-187.

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    gono per s, si fa dipendere a contrario il contenuto dei diritti dalledecisioni politiche.

    Un esempio di quest'orientamento quella che Dworkin hachiamato rights conception (in opposizione alla rule-book con-ception). Una societ politica si caratterizza per una visione pub-blica dei diritti individuali, cio dei diritti morali (e dei doveri) chei cittadini hanno l'uno nei confronti dell'altro e dei diritti politiciche hanno nei confronti dello Stato per difendersi dalle politiche di

    benessere collettivo34. Se intendiamo questa concezione - come sem-brerebbe - nel senso che i diritti sono contropoteri (rights as trumps)che esistono nella misura in cui vi sono poteri da cui difendersi, allo-ra tali diritti sono costruiti piuttosto che preesistenti35 . Se cos fosse,dovremmo forse ritenere - come ha obiettato Hart - che in assenzadi una politica welfarista i diritti umani mancherebbero di una lorogiustificazione? Ma anche ammettendo che sia compito della politicaproteggere i diritti degli individui e dare ad essi effettivit, essa nonbasta a giustificarli e a individuarne il contenuto. Per questo sembraancora una volta necessario ricorrere a una giustificazione indipen-dente o prepolitica, che sottragga i diritti dalla contingenza. Ma ci

    significa ricondurre i diritti umani a quell'atemporalit (timeless) che propria dei diritti naturali36.

    Possiamo, pertanto, riformulare cos l'obiezione proveniente daiteorici dei diritti naturali: se si sostiene che i diritti umani difendonogli individui dalle decisioni della maggioranza, poich ognuno ha ildiritto di scegliere da s la propria concezione di vita buona, allorail vero e proprio diritto fondamentale quest'ultimo e gli altri nonne sono che una conseguenza logica contingente. Questo diritto non

    pu essere pensato se non sulla base del modello dei diritti naturali.I diritti umani non sarebbero che una mera derivazione dei dirittinaturali o un'applicazione di questi alle circostanze del nostro tempo.

    34 Cfr., in generale, R. Dworkin, Taking Rights Seriously, Duckworth, London 1977. Perl'evoluzione della concezione di Dworkin cfr., da ultimo, M. Mangini - F. Viola, Dirit-to naturale e liberalismo. Dialogo o conflitto ?, Giappichelli, Torino 2009, pp. 84-99.35 Cfr. M. Freeman, The Philosophical Foundations of Human Rights, Human Rights

    Quarterly, 16 (1994), pp. 491-514.36 Dworkin stesso arriva a questa conclusione quando dist ingue fra i diritti politici,per cui vale la logica dei rights as trumps, dai diritti umani fondati sulla dignit pro-pria di tutti gli esseri umani . Cfr. R. Dworkin, La democrazia possibile. Princpi per unnuovo dibattito politico (2006), Feltrinelli, Milano 2007, pp. 45-50.

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    Sembrerebbe, dunque, che non vi possa essere una terza via tra lariconduzione dei diritti umani alla dimensione ontologica dei diritti

    naturali e la considerazione dei diritti umani come una dottrina poli-tica che si consolidata per ragioni storiche e contingenti legate alloStato moderno. Mentre la prima via difende la derivazione dei dirittidalla natura dell'essere umano in quanto tale, la seconda via li derivadalle contingenti minacce provenienti dallo Stato nei confronti diinteressi urgenti e impone allo Stato stesso l'obbligo di proteggerli ealla comunit internazionale di sorvegliare e, se possibile, integrarequesta protezione37. E tuttavia tali orientamenti sono entrambi ina-

    deguati a spiegare la pratica dei diritti umani, cos come si va artico-lando nel mondo contemporaneo.

    6. I diritti degli altri

    Una pratica sociale stata opportunamente definita come qualsiasiforma coerente e complessa di attivit umana cooperativa socialmentestabilita, mediante la quale valori insiti in tale forma di attivit vengonorealizzati nel corso del tentativo di raggiungere quei modelli che per-tengono ad essa e parzialmente la definiscono38. Questi valori imma-nenti definiscono la natura di una pratica, aiutano a individuarla, adistinguerla da altre consimili e, soprattutto, a criticarla dall'interno ea correggerla. Ed allora ci dobbiamo chiedere quali siano questi beniinterni che caratterizzano la pratica dei diritti umani e ne definisconola ragion d'essere.

    Possiamo senza dubbio affermare che in generale la ragion d'esse-

    re della pratica dei diritti umani riposa sulla difesa e sulla promozio-ne della dignit umana. Tale obiettivo, che in realt un coacervo divalori non delimitabili apriori, s'individua di volta in volta sulla basedella disumanit delle minacce possibili nei confronti degli esseriumani. Per questo, al fine di comprendere quali siano i diritti umani,bisogna calarsi nella storia, che il luogo in cui l'umano si realizza eincontra gli ostacoli alla sua fioritura. I diritti umani sono mezzi per

    37 Quest'orientamento, gi prefigurato nel pensiero di Rawls, stato da ultimo svi-luppato in modo organico da Beitz. Ma v. anche M. Kriele, L'universalit dei dirittiumani, Rivista internazionale di filosofia del diritto, 69, 1 (1992), pp. 3-26.38 A. Maclntyre, Dopo la virt. Saggio di teoria morale (1984), trad. it. di R Capriolo,Feltrinelli, Milano 1988, p. 225.

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    difendersi dalle minacce nei confronti della dignit umana, che ilmodo di designare approssimativamente l'universo dell'umano.

    L'umano non n una cosa, n una natura o un'essenza, ma unmodo di trattare le vite degli altri. Si potrebbe dire che il principioportante della pratica dei diritti umani sia il seguente: bisogna tratta-re in modo umano gli esseri umani. Questo doppio senso nella consi-derazione di questi diritti come umani non deve essere trascurato.In virt del riferimento agli esseri umani c ' senza dubbio un con-tatto con i diritti naturali, che per - come vedremo - non implicaaffatto una coincidenza. Mentre il secondo senso, cio il trat tamentoumano, introduce una prospettiva che del tutto assente nei dirittinaturali e che conferisce ai diritti umani tutta la loro specificit.

    Se ora cerchiamo di comprendere meglio le presupposizioniimplicite nell'ottica del trattamento umano, dobbiamo subito nota-re che, mentre i diritti naturali sono individuati dal punto di vista deititolari o beneficiari, quelli umani invece si configurano dal puntodi vista di coloro che sono chiamati a rispettarli, cio degli obbligati.Non altro, infatti, significa il fatto della loro positivizzazione.

    I diritti umani nascono con un atto di positivizzazione, anche se si

    tratta di un atto giuridico molto flebile e timido qual la Dichiarazioneuniversale del 1948, che appartiene al campo della soft law

    39. Il senso della

    giuridificazione quello di andare alla ricerca e di determinare i sogget-ti o le istituzioni che sono obbligati al rispetto e all'implementazione deidiritti degli individui o dei gruppi. Nella pratica dei diritti umani questaricerca e questa determinazione si sviluppano storicamente, diventandosempre pi precise e stringenti. Come abbiamo gi visto, i legal rightssono suscettibili di gradi differenti di obbligatoriet giuridica.

    Poich l'esperienza delle due guerre mondiali ha dimostrato che leviolazioni pi gravi dei diritti umani sono venute dagli Stati, la Dichia-razione universale e i successivi Patti internazionali si rivolgono agli Sta-ti come soggetti obbligati in prima istanza al rispetto di tali diritti intutte le forme possibili. Questi doveri non sono meramente morali, ntantomeno supererogatori, ma sono strettamente giuridici (o almenotendono ad esserlo) e devono diventarlo anche sul piano dell'effetti-vit. Tuttavia gli Stati non sono gli unici obbligati, ma, nel caso di unaloro inadempienza o di una loro incapacit, subentrano altri soggetti o

    istituzioni responsabili, quali, ad esempio, le specifiche organizzazioni

    39 Cfr. il mio Etica e metaetica dei diritti umani, Giappichelli, Torino 2000, cap. III.

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    internazionali o la Comunit internazionale nel suo complesso, anchese l'individuazione di questa responsabilit pi complessa e incerta40 .

    Dunque, i diritti umani indicano il valore che ogni vita umanadeve avere agli occhi degli altri, cio in primo luogo da parte delleistituzioni nazionali e internazionali e, pi in generale, da parte delpotere politico ed economico. La giuridificazione ha senso in quanto- come nota Hart - ascrive diritti e responsabilit. La pratica interna-zionale dei diritti umani sorretta dall'idea che la responsabilit neiconfronti del rispetto e della tutela dei diritti si estende al di l degliStati e riguarda tutti coloro che sono in grado di proteggere l'uma-

    no. Ci significa che essa ha un carattere tendenzialmente cosmo-politico: l'universalit dei diritti umani deve essere declinata anchenel senso di una responsabilit giuridica universale41 . Questo profilo,

    pur molto spesso trascurato, invece del tutto assente nelle teoriedei diritti naturali. Dobbiamo cercare ora di comprenderne le impli-cazioni.

    I diritti naturali sono pensati come universali in riferimento al lorotitolare o beneficiario, ma non gi per quanto riguarda gli obbligati.Il loro rispetto compito degli Stati, a cui il patto sociale ha conferitoil potere e l'obbligo della tutela. Sono, dunque, gli stessi titolari deidiritti che determinano i doveri dei governanti, creando degli obbli-ghi speciali legati alla cittadinanza42.

    Tutto il contrario avvenuto e continua ad avvenire per i diritti uma-ni. Il patto sociale che li riguarda non stretto dagli individui beneficia-ri dei diritti, ma dagli Stati, cio dagli obbligati, e si estende anche agliStati che non hanno partecipato ai trattati internazionali relativi, cioa tutta la comunit internazionale. Tale patto non crea obblighi specia-

    li, ma riconosce diritti a tutti gli esseri umani, cio un'assunzione diresponsabilit da parte dei contraenti e di tutta la comunit internazio-nale, una responsabilit tendenzialmente universale, cio di tutti versotutti. Per questo ho detto che i diritti umani riguardano la considerazio-

    40 Questa descrizione della pratica dei diritti umani ben enucleata da Beitz quandoscrive: human rights are standards for domestic institutions whose satisfaction is amatter of international concern. Beitz, The Idea of Human Rights, p. 128.

    41 Questa rilevanza della responsabilit nella concezione dei diritti umani di recen-te sottolineata dall'enciclica Caritas in veritate, n. 43.42 Per una discussione critica del dogma della preferenza per i connazionali e dellatesi che l'eguaglianza ha sede solo all 'interno di una comunit politica cfr. I. Trujllo,Giustizia globale. Le nuove frontiere dell'eguaglianza, Il Mulino, Bologna 2007.

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    ne della vita degli altri43 . Di conseguenza, l'interpretazione individuali-stica dei diritti umani come pretese che ogni essere umano avanza nei

    confronti dei poteri politici non adeguata a render conto di questapratica e porta ancora l 'impronta delle teorie dei diritti naturali.

    Concordo, pertanto, ancora una volta con Charles Beitz quandoafferma: our understanding of international human rights is distort-ed rather than helped by conceiving them on the model of naturalrights44. Tuttavia non concordo sulla sua conclusione del caratteremeramente pragmatico e contingente della pratica dei diritti umani,visti soltanto come un aspetto del discorso della vita politica globale

    del nostro tempo. In tale ottica la teoria dei diritti umani avrebbe uncarattere decisamente modesto, opererebbe solo nel livello interme-dio del ragionamento pratico al fine di consolidare l'uso di differentitipi di ragioni per agire45.

    Se cos fosse, non si potrebbe parlare di una vera e propria teoriadei diritti umani in grado di rivaleggiare con quella dei diritti natura-li, che resterebbe l'unica vera e propria teoria dei diritti. Senza dub-

    bio ci spiegherebbe il persistente ritorno al modello dei diritti natu-rali, anche se con aggiustamenti46, per evitare lo scetticismo sui dirittiumani, per dare ad essi un pi solido fondamento, per determinareuna lista canonica di diritti, per dare ad essi una forma giuridica pistringente. Tuttavia, a uno sguardo pi attento, la pratica dei dirittiumani rivela un suo proprio spessore filosofico e antropologico cheora cercheremo di enucleare.

    7. Dal soggetto alla persona

    La prima cosa da notare il carattere eminentemente relazionaledella pratica dei diritti umani. Come s' detto, tali diritti in quantopositivi esistono perch altri riconoscono di essere in qualche modoresponsabili della loro tutela. Questo riconoscimento esterno costi-tutivo dell'essere dei diritti e ci dice che ogni vita umana ha valore

    43 Cfr. S. Benhabib, I diritti degli altri. Stranieri, residenti, cittadini (2004), trad. it. di S.

    De Petris, Raffaello Cortina, Milano 2006.44 Beitz, The Idea of Human Rights, pp. 50-51.4 5

    Ibi, p. 212.46 Cfr., per il dibattito suscitato dalle tesi di Griffin, gli articoli di J. Raz e J. Gardner inRagion pratica, 29 (2007).

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    non solo per il possessore di tale vita, ma allo stesso modo per tutti glialtri. Si 'umani' quando si considera la vita degli altri come avente

    la stessa importanza della propria e quando si vive in un mondo diriconoscimento reciproco, in un mondo umanizzato. E qui il valoregiuridico dell'eguaglianza raggiunge il suo pi profondo significato.Questa l'oggettivit etico-giuridica propria dei diritti umani, un'og-gettivit relazionale.

    Ci vuol dire che fa parte del senso di ogni vita umana conferire lastessa importanza alla vita degli altri e al modo in cui questi gestisco-no la propria esistenza. Ma non vuol dire che sia per ognuno di noiindifferente come gli altri conducano la propria vita, che non vi siauna ricerca comune sul modo migliore di sviluppare una vita umanae che non vi siano vite sprecate e vite riuscite.

    In quest'ottica appare evidente l'inadeguatezza del concetto dinatura umana come fondamento dei diritti. La natura umana pre-supposta dai diritti naturali palesemente un mondo chiuso in sestesso, che trova nel principio di autoconservazione la sua chiave dilettura. La soggettivit a cui si fa riferimento indica una capacit diprendere in mano la propria vita, di essere autonomi, capaci di auto-

    determinazione e di creare obblighi per altri. Ma non si tratta affattodi una soggettivit relazionale, che si edifica nel discorso comune. Seproprio si vuole cercare una relazionalit, la si trover solo all'internodella stessa natura umana. Basti qui solo pensare al suum di Grozio,cio alle relazioni che ognuno ha con il proprio corpo e con la pro-pria libert. L'io dei diritti naturali un soggetto separato (unencum-bered self) o un soggetto murato o schermato (buffered self)

    47, ma non

    certo aperto e poroso nei confronti di un mondo umano comune.

    Proprio per prendere le distanze dalla soggettivit dei diritti natu-rali il portatore di diritti umani viene indicato come 'persona uma-na'48 . Di cosa si tratti molto misterioso e ci d adito a moltepliciconcezioni in conflitto tra loro, ma concordanti nel riconoscimentodel carattere sacrale o inviolabile della persona. La pratica dei dirit-ti umani non diretta emanazione di nessuna di esse 49 e tuttavia il

    47

    Taylor, L'et secolare, p. 44.48 Per le differenza fra soggetto e persona rinvio al mio Dalla natura ai diritti. I luoghidell'etica contemporanea, Laterza, Roma-Bari 1997, pp. 271 ss. Cfr. anche, da ultimo, S.Rodot, Dal soggetto alla persona, Editoriale Scientifica, Napoli 2007.49 Qui vale la pena ricordare che i diritti umani internazionali sono stati definiti

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    conflitto fra le differenti concezioni della persona umana fa parteintegrante del suo dinamismo interno. Ci rende le teorie dei diritti

    umani tutte interne alla pratica e, quindi, non separate da essa. Essesono non solo un modo d'interpretarla o di spiegarla, ma anche esoprattutto un modo di dirigerla e di renderla effettiva. Hanno, cio,inevitabilmente un carattere ideologico.

    Indubbiamente la persona umana, perch ha una natura uma-na, ma non si comporta come meramente derivata da essa, cio comeuna sua qualit. Anzi - come ha acutamente notato Spaemann50 -prende posizione nei confronti della propria natura, si sporge al dil di essa e, persino, va contro di essa e le sue leggi costitutive e pro-

    prio per questo si afferma ed una persona. La persona trascende ladistinzione fra interno ed esterno che propria di tutto ci che psi-chico e, tuttavia, per il suo riconoscimento necessaria la percezioneesterna e, quindi, la corporeit.

    Com' possibile una concezione della persona che renda con-to insieme dei suoi stretti legami con la natura umana e della sua

    indipendenza da essa? Proprio quest 'ardua difficolt la ragionedella variet delle concezioni della persona e della loro inevitabile

    parzialit.Il paradosso della persona consiste nella compresenza di un mas-

    simo di singolarit con un massimo d'interdipendenza. La chiavedi lettura della persona non certamente il principio minimale di

    autoconservazione, ma quello massimale della libert di coscienza,perch la persona qualcuno e non gi qualcosa. Chi noi siamo non lo stesso di che cosa siamo, ma anche vero che, se non fossimoqualcosa, non potremmo essere qualcuno e che il primo modo per

    offendere la persona colpire le sue basi ontologiche.Attraverso la coscienza ogni persona ha un proprio modo di porsi

    nei confronti del mondo e, quindi, anche di avanzare pretese e d'in-terpretare diritti. Ma allo stesso tempo le persone sono interdipen-denti in un senso ancora pi radicale del principio d'utilit sociale(cos com' inteso da Hobbes, da Locke e da Bentham), sono inter-

    practical conclusions which, although justified in different ways by different per-

    sons, are principles of action with a common ground of similarity for everyone.J. Maritain, Introduction, in UNESCO, Human Rights: Comments and Interpretations, Allan

    Wingate, London 1949, pp. 9-10.50 Le osservazioni che seguono sono tratte da R. Spaemann, Persone. Sulla differenzatra 'qualcosa' e 'qualcuno'(1998), trad. it. di L. Allodi, Laterza, Roma-Bari 2005.

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    dipendenti in un senso culturale, perch solo sulla base di un lin-guaggio comune il soggetto pu prendere le distanze da se stesso e

    guardarsi dal di fuori e, soprattutto, mettersi nei panni degli altri,cio esercitare il suo essere persona. Non ci pu essere coscienza sen-za la societ, ma allo stesso tempo la coscienza pu destabilizzare l'or-dine sociale ed essere la pi grave minaccia per esso.

    Nel momento in cui le istituzioni nazionali e internazionali rico-noscono la loro responsabilit nei confronti delle persone, e si assu-mono gli obblighi corrispettivi, sono costrette a considerare le perso-ne come una categoria, perch sarebbe impossibile (almeno sul pia-no legislativo) un rispetto della singolarit delle persone51. Ma le per-sone non possono costituire una categoria, non esiste la specie dellepersone. Una categoria i cui membri non sono parte, ma ognuno un tutto, esigerebbe che l'eguaglianza di trat tamento non fosse pura-mente formale. Se si trattassero le persone tutte allo stesso modo,sarebbero considerate come casi particolari di un genere e non giognuna come una totalit. Per questo difficile applicare il principiodi eguaglianza alle persone52. Per trattare in modo eguale le persone

    bisognerebbe trattare ognuna di esse come un tutto incomparabile.

    Questa l'eguaglianza nella diversit.Mentre gli esseri umani sono eguali, le persone umane sono diver-se, perch le loro forme di vita sono molteplici. Sono uomini e don-ne, bambini, adulti e anziani; sono lavoratori, consumatori e rispar-miatori; sono sani e ammalati; hanno differenti identit culturali ereligiose e cos via. Tutte queste forme di vita sono costitutive della

    persona, sicch essa esige di essere tutelata nel rispetto delle esigenzee degli interessi legati al suo particolare stato di vita. Per questo il

    rispetto dell'essere umano in quanto tale assume nei confronti dellapersona un carattere multiforme e decisamente storico. Tuttavia, sele persone non avessero qualcosa in comune, non vi potrebbero esse-re comunit di persone e neppure si potrebbe parlare della comuneumanit a cui si rivolge la pratica dei diritti umani.

    51 Una delle ragioni della crescita della rilevanza del potere giudiziario rispetto aquello legislativo sta proprio nel rendere giustizia ai casi particolari, cio alla fin dei

    conti alla singolarit delle persone.52 Ho affrontato questo tema in La legalit del caso, in La Corte Costituzionale nellacostruzione dell'ordinamento attuale. Princpi fondamentali (Atti del 2 Convegno Nazio-nale della Societ italiana degli studiosi di diritto civile, Capri, 18-20 aprile 2006),t.1, Esi, Napoli 2007, pp. 315-327.

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    Il carattere normativo del concetto di persona induce a cercare etrovare questa comunanza nei valori piuttosto che in elementi biolo-

    gici o psichici. Per questo la teoria dei diritti naturali inadeguata.Ritornare ad essa significherebbe adottare una concezione naturali-stica della persona. Ma necessario che questi valori siano concepitiin modo molto generale, cio come orizzonti comuni di bene uma-no, suscettibili di una grande variet d'interpretazioni, di determina-zioni e di concretizzazioni53. I diritti, a loro volta, cercano di traghet-tare i valori nella vita sociale e politica, cercano di urbanizzarli, ciodi renderli compatibili in un ordine delle libert54. Infatti, nessunvalore singolarmente considerato esaurisce le istanze della persona

    e, quindi, nessun diritto fondamentale pu mettere a tacere del tuttogli altri diritti fondamentali. La tutela della persona implica la globa-lit dei diritti umani55.

    L'elenco dei diritti deve essere inteso in questo senso, anche diquelli che ricordano i vecchi diritti naturali, anche dei basic rights.Non si dovr dimenticare che anche il diritto elementare al cibo,all'alloggio e al vestiario non quello di una natura umana, ma quel-lo di una persona umana. E ci spiega perch il diritto a un livello di

    vita decente o alle ferie pagate abbia la stessa legittimit del diritto alminimo necessario di sussistenza. La persona comprende tutti i gradidi umanizzazione e questi, a loro volta, hanno un carattere storico,perch dipendono dallo sviluppo materiale e morale. Cos oggi pudiventare disumano un comportamento che ieri non era tale o chenon avevamo coscienza quanto lo fosse.

    Ho cercato di tratteggiare per grandi linee, in verit molto appros-simative, che cosa c' dietro la pratica dei diritti umani, che cosa essa

    presuppone e che cosa implica. Nella sostanza essa cerca di determi-nare i diritti delle persone, di ordinarli e di renderli effettivi. Poich- come s' detto - essi sono per definizione suscettibili di differenticoncezioni e interpretazioni, la pratica dei diritti umani ha un caratte-

    53 Quest'or ientamento di pensiero si va consol idando e approfondendo. Qui mi rife-risco soprattutto, ma non solo, al pensiero di Jo hn Finnis e di Martha Nussbaum, chehanno sviluppato versioni non compatibili, ma simili, di questa linea di pensiero.54

    Per questo tema rinvio al mio Conflitti d'identit e conflitti di valori, Ars interpretan-di, 10 (2005), pp. 61-96.55 Che i diritti vadano considerati come un insieme e non come separati un ovvioriflesso della priorit della persona rispetto alle istanze estremistiche dei singoli valo-ri. Cfr. Viola, Dalla natura ai diritti, pp. 274-276.

  • 8/22/2019 Viola, Los Derechos Humanos Son Derechos Naturales

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    92 FRANCESCO VIOLA

    re argomentativo che resta (e deve restare) sempre aperto a continuecontestazioni e revisioni. E qui si manifesta quell 'elemento che per-mette ancora di parlare della grande famiglia delle teorie dei diritti.

    Infatti, a proposito dei diritti vi sono due sensi in cui si possonoconsiderare come naturali: per il primo ci che naturale si distin-gue da ci che artificiale; ma per il secondo ci che naturale ci che scoperto dalla ragione naturale, che si suppone adeguata acogliere i fatti pi rilevanti, compresi i fini propri e comuni di tutti gliesseri umani.

    Rispetto al primo senso i diritti umani non sono naturali, ma nei

    confronti del secondo, se intendiamo per ragione naturale quell'in-sieme di argomenti che ogni essere umano in grado di compren-dere e di accettare come plausibili, anche senza necessariamentecondividerli, allora i diritti umani mantengono qualche legame coni diritti naturali.

    La pratica dei diritti umani una grande impresa volta ad umaniz-zare il mondo degli esseri umani e ad adeguarlo al mistero della per-sona. Per questo ben lungi dall'essere una pratica di medio livelloe di carattere modesto, bench ci non significhi che sia sempre cor-retta e che abbia sempre successo.