il el caso denali per diffidenti, iii para … · ni siquiera por la del tonto el pueblo. esa cabra...

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1 IL “CASO DENALI” PER DIFFIDENTI, III Preparavo io uno studio sulla stella delle 8 punte, dal- la quale, senza sdegnare altre basiliche, è seminata quella di San Pietro in Vaticano, e dalla quale ci sono repliche per tutto il mondo, quando mi arrivò l’Introito 315 di Jorge. Devo dire che lui già conosceva il mio interesse per questa stella e incluso sapeva dove mi porterebbe, cosa che io soltanto intuivo. E certo: Mi portò al “Faro di Ercole”, al “Sole di Occidente” -che non dell’Oriente-, alla Torre della quale Jorge veniva a mostrare alcuni dei suoi antichi nomi, tra di essi, quel di “Torre di Estrada”, alla quale fanno onori le street inglese, le strade italiane, le istralas rumene… e l’universale STOP -come è stato spiegato nella II parte del nostro “Denali”-, alla Torre torrente di derivati per il fatto di essere stata così “straordinaria”, “strupenda”, “estrema”… ben- ché non fossero tanti coloro che desiderassero “estrenarse” in essa, giacché era per slanciarsi al vuoto dalla sua imponente altezza; la Torre che tanto “strupore” causava agli estranei o stranieri e alla quale si deve il proverbio castel- lano che “tutti i cammini conducono a Roma” (grande verità!) cioè, all’originale “Compostela”, al Nord della Spagna, primo foco di pellegrina- zioni della umanità. Già sa il lettore della persistente memoria collettiva delle origini, a dispetto tanta “gomma per cancellare”, tanto succedaneo e plagio segnalatore. Per certo che, la Divina Providenza sembra avere voluto concentrare la detta memoria collettiva, nella mente rivendi- catrice di Jorge. Mi congratulo allora con ambedue e grazie. Come dicevo, mi ricreavo io tra la torre e la stella, e di pronto mi vedo tra “la capra e il campanile” di Manganeses della Polvorosa (Zamora). EL “CASO DENALI” PARA RECELOSOS, III Estaba yo preparando un estudio sobre la estrella de 8 puntas, de la que, sin desdeñar otras basílicas, está sembrada la de San Pedro del Vaticano, y de la que hay réplicas por todo el mundo, cuando me llegó el Introito 315 de Jorge. Debo decir que él ya conocía mi interés por esta estrella e incluso sabía a dónde me llevaría, algo que yo tan sólo intuía. Y sí: Me llevó justo al “Faro de Hércules”, al “Sol de Occidente” -que no de Oriente-, a la Torre de la que Jorge venía a explicitarnos varios de sus antiguos nombres, entre ellos el de “Torre de Estrada, a la que hacen honores las street inglesas, las estradas italianas, las istralas rumanas… y el universal STOP -como quedó explicado en la II parte de nuestro “Denali”-, a la Torre torrente de derivados por haber sido tan “estraordinaria”, “estrupenda”, “estrema”… aunque no fueran tantos los que desearan estrenarse en ella, puesto que era para lanzarse al vacío desde su imponente altura; la Torre que tanto “estrupor” causaba en extraños o extranjeros y a la que se debe el dicho castellano de que “todos los caminos conducen a Roma” (¡gran verdad!), al original “Compostela”, en el norte de España, primer foco de peregrinaciones de la humanidad. Ya sabe el lector de la persistente memoria colectiva de los orígenes, pese a tanta “goma de borrar”, a tanto sucedáneo y plagio señalizador. Por cierto que, la Divina Providen- cia parece haber querido concentrar dicha memoria colectiva, en la mente reivindicadora de Jorge. Felicidades a ambos y gracias. Pues, como decía, me recreaba yo entre la torre y la estrella, y de pronto me veo entre “la cabra y el campanario” de Manganeses de la Polvorosa (Zamora).

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Page 1: IL EL CASO DENALI PER DIFFIDENTI, III PARA … · ni siquiera por la del tonto el pueblo. Esa cabra es el símbolo de nuestra “Madre Solar” -de la ... indovinino loro perché

1

IL “CASO DENALI”

PER DIFFIDENTI, III

Preparavo io uno studio

sulla stella delle 8 punte, dal-

la quale, senza sdegnare altre

basiliche, è seminata quella di

San Pietro in Vaticano, e dalla

quale ci sono repliche per

tutto il mondo, quando mi

arrivò l’Introito 315 di Jorge.

Devo dire che lui già

conosceva il mio interesse per

questa stella e incluso sapeva

dove mi porterebbe, cosa che

io soltanto intuivo. E certo: Mi

portò al “Faro di Ercole”, al “Sole di Occidente”

-che non dell’Oriente-, alla Torre della quale

Jorge veniva a mostrare alcuni dei suoi antichi

nomi, tra di essi, quel di “Torre di Estrada”,

alla quale fanno onori le street inglese, le

strade italiane, le istralas rumene… e

l’universale STOP -come è stato spiegato nella

II parte del nostro “Denali”-, alla Torre torrente

di derivati per il fatto di essere stata così

“straordinaria”, “strupenda”, “estrema”… ben-

ché non fossero tanti coloro che desiderassero

“estrenarse” in essa, giacché era per slanciarsi

al vuoto dalla sua imponente altezza; la Torre

che tanto “strupore” causava agli estranei o

stranieri e alla quale si deve il proverbio castel-

lano che “tutti i cammini conducono a Roma”

(grande verità!) cioè, all’originale “Compostela”,

al Nord della Spagna, primo foco di pellegrina-

zioni della umanità. Già sa il lettore della

persistente memoria collettiva delle origini, a

dispetto tanta “gomma per cancellare”, tanto

succedaneo e plagio segnalatore. Per certo che,

la Divina Providenza sembra avere voluto

concentrare la detta memoria

collettiva, nella mente rivendi-

catrice di Jorge. Mi congratulo

allora con ambedue e grazie.

Come dicevo, mi

ricreavo io tra la torre e la

stella, e di pronto mi vedo tra

“la capra e il campanile” di

Manganeses della Polvorosa (Zamora).

EL “CASO DENALI”

PARA RECELOSOS, III

Estaba yo preparando

un estudio sobre la estrella

de 8 puntas, de la que, sin

desdeñar otras basílicas,

está sembrada la de San

Pedro del Vaticano, y de la

que hay réplicas por todo el

mundo, cuando me llegó el

Introito 315 de Jorge.

Debo decir que él ya

conocía mi interés por esta

estrella e incluso sabía a

dónde me llevaría, algo que

yo tan sólo intuía. Y sí: Me llevó justo al “Faro

de Hércules”, al “Sol de Occidente” -que no de

Oriente-, a la Torre de la que Jorge venía a

explicitarnos varios de sus antiguos nombres,

entre ellos el de “Torre de Estrada”, a la que

hacen honores las street inglesas, las estradas

italianas, las istralas rumanas… y el universal

STOP -como quedó explicado en la II parte de

nuestro “Denali”-, a la Torre torrente de

derivados por haber sido tan “estraordinaria”,

“estrupenda”, “estrema”… aunque no fueran

tantos los que desearan estrenarse en ella,

puesto que era para lanzarse al vacío desde su

imponente altura; la Torre que tanto “estrupor”

causaba en extraños o extranjeros y a la que se

debe el dicho castellano de que “todos los

caminos conducen a Roma” (¡gran verdad!), al

original “Compostela”, en el norte de España,

primer foco de peregrinaciones de la

humanidad. Ya sabe el lector de la persistente

memoria colectiva de los orígenes, pese a tanta

“goma de borrar”, a tanto sucedáneo y plagio

señalizador. Por cierto que, la Divina Providen-

cia parece haber querido concentrar

dicha memoria colectiva, en la

mente reivindicadora de Jorge.

Felicidades a ambos y gracias.

Pues, como decía, me

recreaba yo entre la torre y la

estrella, y de pronto me veo entre

“la cabra y el campanario” de

Manganeses de la Polvorosa (Zamora).

Page 2: IL EL CASO DENALI PER DIFFIDENTI, III PARA … · ni siquiera por la del tonto el pueblo. Esa cabra es el símbolo de nuestra “Madre Solar” -de la ... indovinino loro perché

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Certamente le cose non ci sono là per

casualità, né per la genialità dei sindachi…

nemmeno per quella del tonto il paese. Quella

capra è il simbolo della nostra “Madre Solare” -

dalla srtella delle 8 punte, direi io adesso-

precipitata per generare la vita nella Terra.

Io, che sono molto sensibile alle cadute,

e non lo posso rimediare, avevo pensato

d’invitare ai “Manganesi” a buttare una gallina,

o un tacchino -come fanno in Cazalilla (Jaén)-

che, senza volare tanto quanto per andarsene

via, possono planare e non si schiantano contro

il suolo. Ma già vedo Jorge con suo veto:

No. Perché né le galline né i tacchini dan-

no latte e proprio per essere la capra l’animale

delle più proporzionate mammelle -e addirittura

atta per il salto-, fu l’indentificata con la strella,

cioè, con la nostra Madre Solare, la generatrice

del “Mare di latte” che

batte e biancheggia azzurri

contro gli scogli cantabrici.

Per questo all’Oceano gli si

chiama Amalechio, o

Amallakia, nome che

ancora perdura nel rione

di Amaliach, a Santander

-in qui centro io alzerei un

monumento alla tua

strella, o alla sua capra, al nostro Oceano, alle

lattiere o a qualcosa del genere- poiché Amal-

iach significa malka, milk, leche, cioè, latte,

che, bianco e senza imbottigliare… “¡La schiu-

ma del mare!” Proprio quello che imbottiglia il

nome del popolo di atti: Manganeses.

Nessuno però pensi che la cosa era così

chiara, perché nemmeno D. Francisco Amaliach

Orta -governatore dello Stato di Carabobo

(Venezuela)- sapeva che portava un Oceano

per cognome; come neanche noi sapevamo

che, per la stessa originale ragione, i baschi

chiamavano malkor ai precipizi, e malkatx ai

litorali scabrosi.

D’accordo, Jorge. Saluta da parte mia ai

tenaci Manganesi, così fedeli alle tradizioni e

alla più antica linguistica, e chi sia così sensibile

al colpo del povero animale, gli attacchi un

paracadute, o metta dei materassi di spuma…

Ma non gli porti dopo al mattatoio per farlo

costolette. Arrostino delle patate…

Si es que las cosas no están ahí por

casualidad, ni por la genialidad de los alcaldes…

ni siquiera por la del tonto el pueblo. Esa cabra

es el símbolo de nuestra “Madre Solar” -de la

estrella de 8 puntas, diría yo ahora- precipitada

para generar la vida en la Tierra.

Yo, que soy muy sensible a las caídas,

y no lo puedo remediar, había pensado

invitar a los “Manganesos” a tirar una gallina, o

un pavo -como hacen en Cazalilla (Jaén)- que,

sin volar tanto como para escaparse, pueden

planear y no se estrellan contra el suelo. Pero

ya me veo a Jorge con su veto:

Pues no, porque ni las gallinas ni los

pavos dan leche y, precisamente por ser la

cabra el animal de más proveídas ubres -amén

de apta para el salto-, fue la identificada con tu

estrella, o sea, con nuestra Madre Solar, la

generadora del “Mar de Le-

che” que bate y blanquea

azules contra los acantil-

ados cantábricos. Por eso

al Océano se le llamaba

Amalechio, o Amallakia,

nombre que aún perdura en

el barrio santanderino de

Amaliach -en cuyo centro

yo haría un monumento a tu

estrella, o a su cabra, a nuestro Océano, a las

lecheras o a algo del género- puesto que

Amaliach significa malka, milk, latte, o sea,

leche, que, blanco y sin embotellar… “¡La

espuma del mar!” Justo lo que embotella el

nombre del pueblo de actos: Manganeses.

Pero que nadie piense que la cosa estaba

tan clara, porque ni siquiera D. Francisco

Amaliach Orta -gobernador del Estado de

Carabobo (Venezuela)- sabía que llevaba un

Océano por apellido; como tampoco nosotros

sabíamos que, por la misma original razón, los

vascos llaman malkor a los precipicios, y

malkatx a los litorales escabrosos.

Pues, vale, Jorge. Felicita de mi parte a

los tenaces Manganesos, tan fieles a las

tradiciones y a la más rancia lingüística, y quien

tan sensible sea al golpe del pobre animal,

póngale paracaídas, o coloque colchones de

espuma… Y que no le lleven luego al matadero

para hacerle chuletas. Que asen patatas…

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…Segua però la rappre-

sentazione, amici Manganesi,

così sia con delle bambole;

che non è tanto che si sia

conservato il ritto in soltanto

un paese di Castiglia, la regio-

ne della Spagna direttamente

erede della Strella, la Strada,

la Ishtar…, in definitiva, del

Sole Asture.

Certo che, per non sapere…, nessuno

sapeva che il Denali del nostro conto era

gemellato con tanti luoghi della Spagna, incluso

il Teniche portoghese né la fratellanza di questi

con i monti canari Teneza e Taniche, o con lo

Stato USA di Tennessee, benché al tempo di

andare battezzare questa creatura, né i genitori

ne i padrini sapevano che quel nome non le

quadrava. Perché com’è detto, i nomi di radice

Tana/Tena > Tani/Teni erano gli usati dai

popoli plaleoispanici per designare “Finisterri”

(così come per mettere Fine o “The End” ai film

del suo avanzamento civilizzatore), quello che

non è molto conforme con il riferito Stato né

con nessun’altro dell’intorno.

Sicuramente gli antichi

guanci, fedeli alla sua memoria

storica, sapendo il significato sacro

delle parole e rispettando il

linguaggio, seminarono con

migliore criterio le sue isole più

“Denali” che stelle di 8 punte

dipingono i messicani sul manto

della Madonna di Guadalupe;

indovinino loro perché. Ciao

Tàbara! E copio la relazione di

Jorge per chi di nuovo voglia ricrearsi in essa,

sempre senza intenzione di essere conclusivo.

Isola della Palma: Tenagua, Tinjarafe,

Tingalate, Tanjuya, Caldera de “Tanburiente >

Taburiente.

Isola di Hierro: Pico Tenerife, Monte

Tinbaronbo, Pico Tenbargena, Pico Tánbano,

Risco Tinbataje, Tinjimirake, Punta de Res-

tinga.

Isola della Gomera: Pico Tenchereda,

Pico Tenselinde, Tenjiade, Tanpahuga,

Tanguluche…

…Y que siga la representación,

amigos manganesos, así sea con

muñecos; que no es tanto que se

haya conservado el rito en un pueblo

de Castilla, la región de España

directamente heredera de la Estrella,

la Estrada, la Ishtar…, en definitiva,

del Sol Astur.

Claro que, por no saber…,

nadie sabía que el Denali de nuestro

cuento estaba hermanado con tantos rincones

de España, incluido el Teniche portugués, ni la

familiaridad de éste con los montes canarios

Teneza y Taniche, o con el Estado USA de

Tennessee, aunque a las alturas en que fueron

a bautizar a esta criatura, ni padres ni padrinos

sabían que tal nombre no le cuadraba. Y es

que, como quedó dicho, los nombres de raíz

Tana/Tena > Tani/Teni eran los usados por los

pueblos paleohispánicos para designar

“Finisterres” -algo así como para poner Fin o

“The End” a las películas de su avance

civilizador-, lo que no cuadra con el referido

Estado ni con ningún otro de alrededor.

Seguramente los antiguos

guanches, fieles a su memoria

histórica, sabiendo el signifi-

cado sagrado de las palabras y

respetando el lenguaje,

esparcieron con mejor criterio

por sus islas más “Denalis” que

estrellas de 8 puntas pintan los

mejicanos en el manto de la

Virgen de Guadalupe; adivinen

ellos por qué. ¡Hola, Tábara! Y

copio la relación de Jorge para

quien de nuevo quiera recrearse, siempre sin

intención de ser conclusivo:

Isla de La Palma: Tenagua, Tinjarafe,

Tingalate, Tanjuya, Caldera de “Tanburiente >

Taburiente.

Isla de Hierro: Pico Tenerife, Monte

Tinbaronbo, Pico Tenbargena, Pico Tánbano,

Risco Tinbataje, Tinjimirake, Punta de Res-

tinga.

Isla de La Gomera: Pico Tenchereda,

Pico Tenselinde, Tenjiade, Tanpahuga,

Tanguluche…

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Isola di Tenerife: Valle di “Oro-Tanba”

> Orotava, Pico Tanborno, Txanborga, Parag-

gio di “Tánparo” > Amparo, Punta di Tanbadi-

ta, Burone di Tanbodíao, Tanblero, Tanbaide,

Txinbeske, Teno, Punta di Teno, Croce di

“Tena” > Tea, Tanke, Tanko, “Tankoronte” >

Tacoronte, Tangoro, Fonte del Tanke, San

Miguel di Tanjao, Tinjoko, Tenjina…

Isola di Lanzarote: Monte Teneza,

Monte ”Tano”, Monte “Taniche” > Tahiche,

Monte ”Zenés” > Femés, Tinajo, “Tinás” >

“Tínás” > Tías, Tengoyo, “Tenguise” >

Teguise, “Tinagua” > Tiagua, “Tinanfaya” >

Timanfaya.

Isola di Fuerteventura: Monte

Tindaya, Burrone Tinojay, Tonikos, Toneles,

Tiñosa, Tuineje, “Tenfía” > Tefia, “Tano” >

Tao, “Tenguital” > Teguital.

Isloa di Gran Canaria: Tenoya, Pico

”Tanburga” > Amurga, Monte “Tanbadaba” >

Tamadaba, Monte “Zanbarrilla” > Zamarrilla,

Tinbagada, Zendro, ”Guanar-Tene” >

Guanarteme.

Questo esposto, buono sarebbe avere

notizie di toponimi simili in luoghi più lontani,

perché intuisco che non mancheranno. A

disparte questo, ¿che cosa possiamo dedurre?

Una cosa molto semplice: Che coloro che

si s’interessarono in una toponimia con il

flagrante significato di santo e finale o

“finisterre” -come abbiamo spiegato nella II

parte-, soltanto potevano procedere della

Spagna. Se qualcuno trova migliori ragioni che

le nostre, dica il contrario.

Ma allora, questo tale, con

il basco s’incontrerebbe. Perché,

a disparte che nelle Canarie gli

unici resti archeologici trovati

della Torre di Estrada sono le

stelle di 8 punte, risulta che il

nome dell’Isola di Tenerife ha un

precedente nella toponimia

basca. Si tratta del Monte

Zenarruza, al quale seconda il

monte Zengotitagane, ambedue

nel massiccio del Oiz -il

“Belvedere dell’infinito”-, accanto

a toponimi come Zeniga e Zinarregui.

Isla de Tenerife: Valle de “Oro-Tanba”

> Orotava, Pico Tanborno, Txanborga, Paraje

de “Tánparo” > Amparo, Punta de Tanbadita,

Barranco de Tanbodíao, Tanblero, Tanbaide,

Txinbeske, Teno, Punta de Teno, Cruz de

“Tena” > Tea, Tanke, Tanko, “Tankoronte” >

Tacoronte, Tangoro, Fuente del Tanke, San

Miguel de Tanjao, Tinjoko, Tenjina…

Isla de Lanzarote: Monte Teneza,

Monte ”Tano”, Monte “Taniche” > Tahiche,

Monte ”Zenés” > Femés, Tinajo, “Tinás” >

“Tínás” > Tías, Tengoyo, “Tenguise” >

Teguise, “Tinagua” > Tiagua, “Tinanfaya” >

Timanfaya.

Isla de Fuerteventura: Monte Tindaya,

Barranco Tinojay, Tonikos, Toneles, Tiñosa,

Tuineje, “Tenfía” > Tefia, “Tano” > Tao,

“Tenguital” > Teguital.

Isla de Gran Canaria: Tenoya, Pico

”Tanburga” > Amurga, Monte “Tanbadaba” >

Tamadaba, Monte “Zanbarrilla” > Zamarrilla,

Tinbagada, Zendro, ”Guanar-Tene” >

Guanarteme.

Esto expuesto, bueno sería tener noticias

de topónimos parecidos en lugares más lejanos,

pues intuyo que no faltarán. Pero aparte esto,

¿qué podemos deducir?

Pues algo muy sencillo: Que quienes se

interesaron en una toponimia con el flagrante

significado de santo y final o “finisterre” -cual

explicamos en la II parte-, sólo podían proceder

de España. Si alguien encuentra mejores

razones que las nuestras, diga lo contrario.

Claro que, ese tal, con el

vasco toparía. Porque, aparte

de que por las Canarias los

únicos restos arqueológicos

encontrados de la Torre de

Estrada son las estrellas de 8

puntas, resulta que el nombre

de la isla de Tenerife tiene un

precedente en la toponimia

vasca. Se trata del Monte

Zenarruza, al que secunda el

monte Zengotitagane, ambos

en el macizo del Oiz -el

“Mirador del infinito”-, junto

con topónimos tales como Zeniga y Zinarregui.

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Perché succede che la derivazione Zenar-

ruza > Tenerife non può essere al rovescio

giacché, nella sua evoluzione linguistica, la Z è

molto anteriore alla T, alla sua sorella la D e

alla sua cugina la F, come anche la A antecede

alla E, per non parlare della R e la RR. Cioè,

che Zenarruza precede in migliaia di anni a

Tenerife: Quanti tardarono i sapiens del Nord

peninsulare della Spagna in arrivare al Sud

insulare della stessa, che non al rovescio.

Questo visto, come nel caso delle

Americhe del 1492, bene può parlarsi di

riscoperta -che non di scoperta- delle Canarie

nel s. XIV. Fine quindi delle sfide berberi-fenici-

greci da una parte o dei asiatici-pollinesi-

vichinghi dall’altra; né tiri né troiani. Spagnoli,

amico Max!

E Max risponderebbe:

- Per la salvezza eterna non è necessario

credere in Cristo, né nella Chiesa, né nei

sacramenti. Basta con credere nell’Ispanità.

“Non ti manca ragione”, gli si potrebbe

rispondere, perché della Spagna cattolica o

universale non si libera nemmeno la Svizzera

calvinista. Qualche giorno avrò l’occasione di

mostrare che anche quest’affermazione la

dimostra “l’Archeologia linguistica” benché,

scettico, Max la derida. Non mancherà chi

finisca per deridere le sue etimologie

greco-latine.

E nominato il tema, vada una

chiamata agli eruditi: Non vale la

pena di fare un’analisi profonda delle

“assurde” Etimologie di San Isidoro di

Sevilla, il Vescovo ispano gotico? Non

sorprenderò Jorge.

Y es que la derivación Zenarruza >

Tenerife no puede ser al revés porque, en su

evolución lingüística, la Z es muy anterior a la

T, a su hermana la D y a su prima la F, lo

mismo que la A antecede a la E, por no hablar

de la R y la RR. O sea, que Zenarruza precede

en millares de años a Tenerife: Los que

tardaron los sapiens del Norte peninsular de

España en llegar al Sur insular de la misma,

que no al revés.

Visto lo visto, como en el caso de las

Américas de 1492, bien puede hablarse de

redescubrimiento -que no descubrimiento- de

las Canarias en el s. XIV. Fin pues de los duelos

bereberes-fenicios-griegos de una parte o de

asiáticos-polinesios-vikingos de la otra; ni tirios

ni troyanos. ¡Españoles, amigo Max!

Y Max respondería:

- Para la salvación eterna no se necesita

creer en Cristo, ni en la Iglesia, ni en los

sacramentos. Basta con creer en la hispanidad.

“Pues no te falta razón”, se le podría

responder, porque de la España católica o

universal no se libra ni la Suiza calvinista. Algún

día tendré ocasión de mostrar que también esta

afirmación la demuestra la “Arqueología

lingüística” aunque, escéptico, Max la ría. No

faltará quien termine por reír sus

etimologías greco-latinas.

Y, sacado el tema, vaya una

llamada a los eruditos: ¿No

merecerían un análisis profundo esas

“absurdas” Etimologías de San Isidoro

de Sevilla, el Obispo hispano godo? No

sorprenderé a Jorge.

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Ma se lo Zenarruza ci porta in Tenerife,

“l’Archeologia linguistica” ci continua a dispen-

sare delle sorprese in quanto identifica una

famiglia di parole della radice zen = zan, con il

suo flagrante significato di finale incluso più al

di là dell’ambito geografico. Ecco alcune:

- In spagnolo: Zena, l’ultimo pranzo del

giorno (per questo sappiamo gli spagnoli a

partire di quale momento possiamo dire con

proprietà “buona notte” en non “buona sera”);

zenefa, ornato degli orli o estremi dei vestiti;

zenotafio, monumento che commemora una

persona che passò a migliore vita; zeniza, zeni-

ciento, colore delle brace stinte, come quel del

Sole che si oscura, da dove si deduce che Zana

e Zena furono nomi antichissimi del Sole di Oc-

cidente… e anche del mezzogiorno, poiché il ze-

nit o punto zenitale è il più elevato dello stesso,

cioè, che ZEN è un nome del Sole dalla sua

uscita fino al suo zenal > zinal > finale. E io

non dimenticherei la parola “dezena” (decina),

quella della X, la lettera del nome di Dio.

- In vasco: Zan = zen,

defunto; zandu, morire

(hiltzen). Per questo Lauriña

ha potuto fotografare

quell’isolotto dello Zentollo, nel

Finisterre gallego, un singolare

zenotafio a un Sole che passa

o passò a migliore vita.

- En greco: Zan = zen =

occidente, occaso, Ade, inferno, luogo dove il

Sole spariva, o Zan = zen > Zeus, il

nome del Dio supremo, cioè del Sole.

¡Caspita, il nome del Dio supre-

mo dei greci anche è spagnolo!

Elementale, caro Watson, e

così occidentale come loro, perché

anche gli Asturi erano conosciuti

come Galli e Greci, o Seleni > Heleni. Per

questo una mappa del 1647, dall’inglese Robert

Dudley, chiama “Mare Greco” all’attuale Mare

Cantabrico. Ecco.

Se a questo aggiungiamo quello già sapu-

to sui primi colonizzatori di Alaska, i ballaski >

blaski > balski > vaski, o i ballaski della

Balleskia > Bellexia, cioè, i castellani di Castiglia

la “Vieja”, più addirittura quello riferito dalla mi-

Pero si el Zenarruza nos lleva a Tenerife,

la “Arqueología lingüística” nos sigue deparando

sorpresas al identificar una familia de palabras,

todas de raíz zen = zan, con su flagrante

significado de final incluso más allá del ámbito

geográfico. He aquí algunas:

- En español: Zena, la última comida del

día (por eso sabemos los españoles a partir de

qué momento podemos decir con propiedad

“buenas noches” y no “buenas tardes”); zenefa,

adorno de los bordes o extremos de los ves-

tidos; zenotafio, monumento que conmemora a

una persona que pasó a mejor vida; zeniza,

zeniciento, color de las brasas extintas, como el

del Sol que se oscurece, de donde se deduce

que Zana y Zena fueron nombres antiquísimos

del Sol de Occidente… y también del mediodía,

porque el zenit o punto zenital es el más eleva-

do del mismo, o sea, que ZEN es un nombre

del Sol desde que sale hasta su zenal > zinal >

final. Y yo no olvidaría añadir la palabra “deze-

na”, la de la X, la letra del nombre de Dios.

- En vasco: Zan = zen,

difunto; zandu, fallecer

(hiltzen). Por eso Lauriña pudo

fotografiar el islote del Zentollo,

en el Finisterre gallego, un

singular zenotafio a un Sol que

pasa o pasó a mejor vida.

- En griego: Zan = zen =

occidente, ocaso, hades,

infierno, lugar donde el Sol desaparecía, o Zan

= zen > Zeus, el nombre del Dios

supremo, o sea del Sol.

¡Caramba, el nombre del Dios supre-

mo de los griegos, también es español!

Elemental, querido Watson, y tan

occidental como ellos, porque a los Astures

también se les conocía como Galos y

Griegos, o Selenos > Helenos. Por eso un mapa

de 1647, del inglés Robert Dudley, llama “Mar

Griego” al actual Mar Cantábrico. Pues eso.

Si a esto añadimos lo ya dicho sobre los

primeros colonizadores de Alaska, los ballaskos

> blaskos > balskos > vaskos, o ballaskos de la

Balleskia > Bellexia, o sea, los castellanos de

Castilla la Vieja, junto con lo referido por la

mitología clásica sobre los pelasgos, como ante-

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tologia classica sui pelasghi, come antenati dei

greci, voi mi direte dove è stato l’origine degli

alaski di Alaska come dei greci della Grecia. E

quanto piccolo rimasse l’Olimpo per uno Zeus

spagnolo che pernotta al di là il “GRANDE”, di là

dal monte DENALI!

Diciamo, infine, in onore della F come

nipote della Z, che “San Bizente d’Alabarzera”,

fu la metropoli dell’antico “Regno degli

Inziernos > Infiernos (Inferi), la parola che

diede nome ai defunti. Proprio per questo è

così vicina la Torre degli Estrada! Come ricordo

di quell’altra dalla quale non erano capre, ma

umani coloro che si precipitavano.

Come testimone a

carico, c’è la rocca

dell’illustrazione, trovata

all’ingresso della baia di San

Vicente. In essa si può

leggere scritto, in

impeccabile traccio, la

parola “MARE” in greco:

ΘΑΛΑΣΣΑ = ZALLAZA >

ZALLASSA > ZALASSA. Data l’ubicazione della

rocca, si deduce che era l’antico nome di San

Vicente, una delle più antiche ville dell’umanità.

Un nome condiviso con il MARE, il luogo dove

andavano FALLECER (morire) i nostri antenati,

pellegrini al risaputo “Campostella”. Se da

ZALLAZA deriva FALLECER, un’altra prova per

supporre che San VICENTE era un paese di

DEFUNTI, che questo significa VICENTE.

Anche a “San Vizente” -il cui nome replica

la città greco-turca di Bizancio, e anche il paese

castegliano di Villa-Bizencio-, il tsunami del 2

febbraio 2015 venne a confermare i nostri

argomenti sulla Z:

pasados de los griegos, ya me dirán donde

estuvo el origen tanto de los alaskos de Alaska

como de los griegos de la Grecia. ¡Y qué

pequeño se quedó el Olimpo para un Zeus

español que pernocta más allá del “GRANDE”,

más allá del monte DENALI!

Digamos, en fin, en honor de la F como

sobrina nieta de la Z, que “San Bizente de

Alabarzera” fue la metrópoli del antiguo “Reino

de los Inziernos > Infiernos, la palabra que

dio nombre a los difuntos. ¡Por algo está tan

cerquita la Torre de los Estrada! Como recuerdo

de aquella otra desde la que no eran cabras,

sino humanos los que se despeñaban.

Como testigo de cargo,

la roca de la ilustración,

hallada en la bocana de la

bahía de San Vicente. En ella

se puede leeer, escrito en

impecable trazo, la palabra

“MAR” en griego: ΘΑΛΑΣΣΑ

= ZALLAZA > ZALLASSA >

ZALASSA. Dada la ubicación

de la roca, se deduce que ZALLAZA era el

antiguo nombre de San Vicente, una de las más

antiguas villas de la humanidad. Un nombre

compartido con el MAR, el lugar donde iban a

FALLECER nuestros ancestros, peregrinos al

“Campostella” de marras. Si de ZALLAZA deriva

FALLECER, una prueba más para suponer que

San VICENTE era el pueblo de los DIFUNTOS,

que eso significa VICENTE.

También en “San Vizente” -cuyo nombre

replica la ciudad greco turca de Bizancio, así

como el pueblo castellano de Villa-Bizenzio-, el

tsunami del 2 de febrero del 2015 vino a

rerefrendar nuestros argumentos sobre la Z:

Page 8: IL EL CASO DENALI PER DIFFIDENTI, III PARA … · ni siquiera por la del tonto el pueblo. Esa cabra es el símbolo de nuestra “Madre Solar” -de la ... indovinino loro perché

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Perché lasciò allo scoperto il già

detto giacimento in spiaggia, dove

Jorge ha trovato documentata questa

vecchia lettera, madre e nonna della

D, la T e la F che tanto gioco ci ha

dato nella nostra ricreazione in torno

al Denali. Una di queste Zete è quel-

la che si legge nel sasso della foto.

A questo punto, ricordo che,

nell’introduzione alla mia “Ispanità d’Ispanoa-

merica” (arringa contro la “maschera latina” di

taglio ideologico-razzista con chi i francesi e gli

italiani piacciono di seguire a vestire gli

ispanoamericani) dicevo che i miei scritti non

avevano “l’autorità di nessuna università o

facoltà italiana; la sua unica autorità è quella da

chi ha la convinzione di dire una verità come un

tempio, più ancora, come un universo

continentale, benché senza sedersi in questa o

in quella cattedra, dove anche la bugia e il

sopruso possono installare la sua sede.

Ebbene: Può che non sia questo il caso

dell’università spagnola, o forse sì -che io non

lo so-, ma riaffermandomi in quello allora detto,

alla luce di quanto adesso scopriamo, con dei

berretti o senza, tutti a riciclarci, fratelli. Un

ultimo appunto:

Se tutta questa investi-

gazione intorno all’origine

ispano di coloro che battez-

zarono “IL GRANDE” mi fosse

stata mostrata con delle

prove genetiche, dovrei avere

incominciato per fare un triple

atto di fede: Nell’onestà del

genetista, nella sua corretta

metodologia e nella stessa

genetica, poiché è scienza che non conosco;

invece le parole…, benché sia incapace di tro-

varle, là ci sono e, al punto mi si mostrano, so

leggerle. Grazie, Jorge, per la tua “Archeologia

linguistica” e per le tue lezioni, che è quello di

meno che si può dire a chi le da gratis.

Se di qua e di là abbiamo detto qualcosa,

con la Z, la T e la D che possono diventare F e

altri regali, è arrivato il momento di tutto conta-

re. Ho compiuto io con il mio Zen > Zenali >

Tenali > Denali, e ambedue, lettore, siamo del

nostro conto al Zen > Zenal > Zinal > Finale.

Porque dejó al descubierto el ya

citado yacimiento playero, donde

Jorge ha encontrado documentada

esta vieja letra, madre o abuela de la

D, la T y la F que tanto juego nos han

dado en nuestra recreación en torno

al Denali. Una de tantas Zetas es la

que se lee en el guijarro de la foto.

A este punto, recuerdo que, en

la introducción a mi “Hispanidad de Hispanoa-

mérica (alegato contra el “disfraz latino” de

corte ideológico-racista con el que franceses e

italianos gustan seguir vistiendo a los hispanoa-

mericanos) decía que mis escritos no tenían “la

autoridad de ninguna universidad o facultad

italiana; su única autoridad es la de quien

escribe con la convicción de decir una verdad

como un templo, más aún, como un universo

continental, pese a no sentarse en esta o en

aquella cátedra, donde también la mentira y el

atropello pueden instalar su sede”.

Pues bien: Puede que no sea el caso de la

universidad española, o tal vez sí -que no lo sé-

pero, reafirmándome en lo dicho entonces, a la

luz de cuanto estamos descubriendo, con

birrete o sin birrete, a reciclarnos todos,

hermanos. Un último un apunte:

Si toda esta investí-

gación en torno al origen

hispano de quienes bautiza-

ron a “EL GRANDE” me la

hubieran mostrado con prue-

bas genéticas, debería haber

empezado por hacer un triple

acto de fe: En la honestidad

del genetista, en su correcta

metodología y en la misma

genética, por ser una ciencia que desconozco;

en cambio las palabras…, aunque sea incapaz

de hallarlas, ahí están y, no más mostrármelas,

sé leerlas. Gracias, Jorge, por tu “Arqueología

lingüística” y por tus lecciones, que es lo menos

que se puede decir a quien las da gratis.

Y si, “burla burlando van los tres delante”,

con la Z, la T, y la D que pueden dar en F y

otros regalos, llegado es el tiempo de contarlo

todo. Cumplí yo con mi Zen > Zenali > Tenali

> Denali, y ambos, lector, estamos de nuestro

cuento al Zen > Zenal > Zinal > Final.