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pontificia facolt teologica della sardegna Studi e Ricerche di Cultura Religiosa Testi e monografie XI DIVINA QUAE PULCHRA scritti di estetica e teologia offerti ad antioco piseddu a cura di Ignazio Ferreli university press

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pontificia facolt teologica della sardegna

Studi e Ricerche di Cultura ReligiosaTesti e monografie

XI

DIVINA QUAE PULCHRA

scritti di estetica e teologia offerti ad antioco piseddu

a cura di Ignazio Ferreli

university press

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© 2016 PFTS university pressPontificia Facoltà Teologica della Sardegnavia Sanjust, 13 - 09129 Cagliari

isbn 978-88-98146-23-9

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La scena della Crocifissione nei dipinti absidali della SS. Trinità di Saccargia

Sandra Sedda

Sulla parete dell’abside maggiore della basilica romanica della San-tissima Trinità di Saccargia, sita nel comune di Codrongianos (SS)1,

è dipinta la scena della Crocifissione, con Maria e Giovanni evangelista ai piedi della croce (fig. 1)2.

L’icona è raffigurata al centro del secondo registro, dove cinque ri-quadri riportano gli episodi salienti della Passione di Cristo: Ultima cena, Arresto, Crocifissione, Sepoltura e Discesa agli inferi.

I noti affreschi di Saccargia, ascritti al XII secolo3, sono stati oggetto di studio da molti anni a questa parte e i numerosi contributi si sono

1 R. Coroneo, Architettura romanica dalla metà del Mille al primo’300, (Storia dell’Ar-te in Sardegna), Ilisso edizioni, Nuoro 1993, 137-144, sch. 46, con bibliografia preceden-te; sulla storia dei restauri si veda SS. Trinità di Saccargia. Restauri 1891-1897, a cura di S. Gizzi, Gangemi Editore, Roma 2007.

2 R. Serra, Pittura e Scultura dall’età romanica alla fine del ’500, schede e apparati diR. Coroneo, Ilisso Edizioni, Nuoro 1990, 32, figg. a, f.

3 Gli affreschi sono stati variamente datati alla prima metà o all’ultimo quarto delXII secolo, oppure tra il XII e il XIII. Sostanziosa la bibliografia, tra cui si segnalano i contributi più recenti che riportano anche la storia degli studi: R. Coroneo, R. Serra, Sardegna Preromanica e Romanica, (Patrimonio Artistico Italiano), Editoriale Jaca Book SpA, Milano 2004, 181-195; D. Rovina, D. Dettori, “L’Abbazia della SS. Trinità di Sac-cargia”, in Committenza, scelte insediative e organizzazione patrimoniale nel medioevo. Atti del Convegno di studio (Tergu, 15-17 settembre 2006), a cura di L. Pani Ermini, Fonda-zione Centro Italiano di Studi sull’Alto Medioevo, Spoleto 2007, 139-165; N. Usai, “Gli

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concentrati principalmente sull’analisi iconografica delle scene cristolo-giche4, tralasciando quasi del tutto il significato iconologico.

Questo contributo propone una lettura della scena della Crocifissio-ne, adottando un approccio d’indagine interdisciplinare che, attraverso la lettura iconografica, mira a cogliere il significato intrinseco dell’im-magine, ossia quello iconologico.

Questi due metodi d’indagine – iconografico e iconologico5 – si di-stinguono solo in teoria ma in realtà sono interdipendenti, poiché leg-gere e comprendere un’immagine non implica solo la visione semplice e diretta dei codici figurativi di cui questa è composta, ma anche la com-prensione profonda dei significati originari, ossia la funzione che riveste l’immagine e il messaggio che l’artista e/o il committente ha voluto trasmettere al pubblico del tempo.

L’arte del Medioevo – epoca di appartenenza della SS. Trinità di Sac-cargia – è caratterizzata da una forte valenza religiosa. Gli artisti e com-mittenti erano, infatti, molto spesso uomini di Chiesa, il cui intento era

affreschi romanici della Santissima Trinità di Saccargia (Codrongianos). Stato degli Studi” in Annali della Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Cagliari, n. s. XXVII (vol. LXIV), 2009, 5-28.

4 Per l’analisi iconografica delle scene si confrontino: R. Serra, “La pittura me-dievale in Sardegna”, in La pittura in Italia. L’Altomedioevo, a cura di C. Bertelli, Electa, Milano 1994, 321-326; EadEm, “Pittura medievale in Sardegna tra Saccargia e Galtellì”, in Scritti e immagini in onore di Corrado Maltese, a cura di S. Marconi, Roma 1997, 413-422; EadEm, ““In Figura Christi”. Storie della salvezza nella pittura e nella scultura romani-che in Sardegna”, in Studi in onore di Ottorino Pietro Alberti, a cura di F. Atzeni, T. Cabizzosu, Cagliari 1998, 121-141; S. Sedda, “Per una rilettura degli affreschi della SS. Trinità di Saccargia: analisi delle fonti e nuovi confronti iconografici”, in Biblioteca Francescana Sarda, X, Oristano 2002, 189-211; F. Poli, “Il complesso monastico della SS. Trinità di Saccargia. Gli affreschi: restauri e narrazione storico-critica delle storie rappresentate”, in I 900 anni della basilica della SS. Trinità di Saccargia. Atti del convegno di Saccargia (Codrongianos, 15 dicembre 2012), a cura di G. Strinna, M. Vidili, Edes, Sassari 2014, 109-126.

5 Il metodo iconografico – iconologico fu teorizzato da Erwin Panofsky, il quale specificò che l’iconografia descrive e classifica le immagini e risulta fondamentale per calcolare date, stabilire provenienze e stili delle opere d’arte, l’iconologia, invece, in-terpreta i dati iconografici, indaga sulla genesi, il significato, la relazione dei vari tipi iconografici, e studia l’influenza su di essi delle idee teologiche, filosofiche o politiche, le intenzioni e le tendenze dei singoli artisti o committenti; cfr. E. Panofsky Il signifi-cato nelle arti visive, Torino 1962, 35-37.

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quello di valorizzare gli edifici religiosi con opere d’arte che rappresen-tassero da una parte uno strumento di evangelizzazione e catechesi, dall’altra un simbolo del loro potere.

Con la decifrazione del messaggio trasmesso dall’immagine, dun-que, il monumento plastico-figurativo diventa non solo una testimo-nianza artistica ma anche materiale, in quanto delinea il quadro storico, culturale, sociale e naturalmente religioso del periodo di appartenenza. In tal senso, come ha specificato Maria Giovanna Muzj, riprendendo il pensiero di André Grabar, si può dire che l’iconografia è lo studio semi-otico dell’immagine 6.

Attraverso l’approccio interdisciplinare7, l’icona della Crocifissione di Saccargia sarà analizzata, innanzitutto, confrontandola con altre im-magini di Crocifissione, sia in senso sincronico, cioè con altre scene del-la stessa epoca di appartenenza – nel nostro caso il Romanico – sia in senso diacronico, ossia rilevando le varianti iconografiche nel corso del tempo. Si prenderanno poi in considerazione le fonti documentarie di cui l’artista e/o il committente si è avvalso per rappresentare le scene bibliche. Infine, la rappresentazione della Crocifissione sarà messa in relazione al contesto in cui è inserita, considerando la dinamica assiale rispetto all’altare e la sua funzione in senso liturgico, al fine di coglierne il significato più profondo, ossia quello iconologico.

La scena della Crocifissione di Saccargia (fig. 2) si distingue per alcuni dettagli iconografici che, se a prima vista possono sembrare irrilevanti, attraverso un’attenta analisi, mostrano peculiarità significative.

Su uno sfondo verde scuro e blu notte, la scena della Crocifissione rappresenta, al centro del riquadro, Cristo in croce8, a torso nudo e con

6 M. G. Muzj, Visione e presenza, iconografia e teofania nel pensiero di André Grabar, R.C. Edizioni s.r.l. La Casa di Matriona, Milano 1995, 31.

7 Si seguirà principalmente il metodo tipologico-funzionale teorizzato da Andrè Grabar, esplicitato da M. G. Muzj in Visione e presenza, iconografia e teofania nel pensiero di André Grabar, cit., in part. pp. 29-43.

8 Per un excursus sull’iconografia del Crocifisso si vedano: P. Thoby, Le Crucifix des origines au Concile de Trente. Étude iconographique, La Roche-sur-Yon (Vendée), Paris 1959 ; E. Sandberg Vavalà, La croce dipinta italiana e l’iconografia della passione, Roma 19852 ; G. Passarelli, L’Icona della Crocifissione, Milano 1992; G. Jászai, v. “Crocifisso”, in Enciclopedia dell’Arte Medievale, V, Roma 1997, pp. 557-558, con bibliografia preceden-te; A. Sari, L’iconografia del Crocifisso dai primi secoli del cristianesimo al concilio Tridentino, in Biblioteca Francescana Sarda, VII (1997), 135-218; B. Ulianich, “Note in-

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il perizoma annodato in vita. Egli è raffigurato con gli occhi chiusi, col capo reclinato sulla spalla destra e il corpo leggermente inarcato nel-lo spasimo dell’agonia, senza però apparire eccessivamente sofferente, come nello schema bizantino del Christus patiens, che accentua il do-lore e la morte. Cristo appare con un’espressione serena, rivelando la sua divinità e al tempo stesso la sua umanità, secondo la concezione cristologica classica che ha trovato espressione artistica negli ambien-ti monastici medioevali9, attraverso un giusto equilibrio tra il Christus triumphans e il Christus patiens.

La croce immissa, color ambra, è contornata da una fascia bianca e decorata con un raro motivo a losanghe, che, allo stato attuale delle ricerche, si confronta unicamente con la Crocifissione rappresentata sul Paliotto in argento sbalzato, datato al 1142 e conservato nel Museo Dio-cesano di Città di Castello (figg. 3, 3 a.)10; il suppedaneo su cui poggiano i piedi di Cristo è ceruleo, mentre della parte superiore, ormai poco leggibile, si conserva un lacerto pittorico del titulus. La croce poggia sulla roccia del Golgota, disegnata con girali fitomorfi come fosse un germoglio, particolare questo assai rilevante per l’analogia della croce-albero di vita e di Cristo-germoglio messianico. In tal senso sono indi-cativi i passi di Is 11,1 “Un germoglio spunterà dal tronco di Iesse, un virgulto spunterà dalle sue radici”, e dell’Ap 5,5: “Non piangete più: ha vinto il leone della tribù di Giuda, il germoglio di Davide, e aprirà il libro dei sette sigilli”. L’interpretazione iconica del legno della croce come albero della vita è esplicitata nelle fonti patristiche che riprendono la teologia cristocentri-ca delle lettere paoline11. Lo stesso modo di raffigurare la roccia da cui si

troduttive. Croce. Crocifisso. Unità del mistero salvifico”, in La Croce. Iconografia e interpretazione. Atti del convegno internazionale di studi (Napoli, 6-11 dicembre 1999), a cura di B. Ulianich con la collaborazione di U. Parente, Elio de Rosa editore, Napoli 2007, vol. I, 11-71.

9 Sull’argomento si vedano: J. Leclercq, La contemplazione di Cristo nel monachesimo medievale, Cinisello Balsamo 1994; G. Picasso, “La croce nella teologia monastica”, in La Croce. Iconografia e interpretazione, cit., vol. II, 321-329.

10 S. Zuffi, I Musei Diocesani in Italia, vol. III, San Paolo, (Supplemento n. 1 a Fami-glia Cristiana n. 12 del 21 marzo 2004), 8.

11 Cfr. E. Cavalcanti, v. “Croce”, in Enciclopedia dell’Arte Medievale, V, Milano 1994, 529-535.

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erge la croce si riscontra sulle croci dipinte pisane12, nominate n. 15 e 20, datate all’ultimo quarto del XII secolo e custodite nel Museo Nazionale e Civico di San Matteo a Pisa 13.

Ai lati della croce, in alto, in corrispondenza dei bracci, sono raffi-gurati due angeli a mezza figura14 in vesti bicrome, con un’espressione mesta, il cui sguardo si rivolge a Cristo mentre alzano le braccia con le mani velate. Ai piedi della croce sono raffigurati stanti la Madonna e San Giovanni evangelista, entrambi con il volto e lo sguardo rivolti ver-so lo spettatore e con le braccia sollevate verso il Cristo. Maria indossa una tunica con sfumature che vanno dall’azzurro al verde acqua e porta dei calzari ai piedi, dello stesso colore del maphorion che le copre anche il capo – come era consuetudine per le donne sposate15 -, la cui tonalità originaria doveva avvicinarsi al color porpora, segno di pienezza divina. Maria è raffigurata advocata, cioè nell’atto di “intercedere” per l’intera umanità.

San Giovanni è raffigurato come un giovane imberbe, vestito di una tunica azzurra, di un pallio bicolore ocra e verde e di calzari con le strin-ghe, ormai illeggibili.

Tale schema iconografico richiama chiaramente quello della Deesis, con la sola differenza che, in questo caso, Cristo è raffigurato in gloria e non sulla croce e, spesso, al posto di Giovanni evangelista vi è il Batti-sta. Un esempio importante per le analogie con Saccargia, si rileva nel

12 Le analogie iconografiche con le croci dipinte sono state già ampiamente rileva-te da studi precedenti: cfr. S. Sedda, “Per una rilettura degli affreschi della SS. Trinità di Saccargia: analisi delle fonti e nuovi confronti iconografici”, cit., in part. p. 196-200.

13 E. Carli, Pittura medievale pisana, Aldo Martello editore, Milano 1958, figg. 16, 19. 14 La presenza degli angeli sulla Croce deriva dall’arte bizantina, così come la scena

semplificata con Maria e Giovanni, cfr. E. Sandberg -Vavalà, La croce dipinta italiana e l’iconografia della passione, Multigrafica, Roma 19852, 38.

15 M. G. Muzj, “La prima iconografia mariana”, in La Vergine Madre nella Chiesa delle origini, a cura di E. M. Toniolo, Roma 1996, pp. 209-243, in part. p. 212; per altri riferimenti cfr. S. Sedda, “Influenze dei Vangeli Apocrifi del ciclo dell’“Infantia Salva-toris” nella primitiva iconografia cristiana in Italia (secc. III-VII)”, in Theotokos. Ricer-che interdisciplinari di Mariologia, X (2002), 2, 251-342, in part. p. 256, nota 30. Singolare l’interpretazione di F. Poli, secondo la quale il manto che copre il capo di Maria è un segno di lutto, cfr. Saccargia. L’abbazia della SS. Trinità, Carlo Delfino Editore, Roma 2008, p. 51.

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mosaico datato al 1207 della facciata del Duomo di Spoleto, dove Maria avvocata rivolge lo sguardo verso lo spettatore (fig. 4)16.

Considerando le varianti tipologiche, dunque, la scena della Croci-fissione di Saccargia si differenzia dal classico schema iconografico. Qui la singolarità della scena consiste proprio nell’atteggiamento di Maria e Giovanni: in essi non vi è alcun segno di dolore, come si osserva gene-ralmente nelle scene della Crocifissione17, ma sono raffigurati in adora-zione di Cristo in croce e nell’atto di “presentare” ai fedeli il sacrificio del Salvatore, morto in croce per redimere l’umanità. Questa scena da un lato rimanda alla dimensione “gloriosa” della croce, intesa come portatrice di salvezza attraverso la passione di Cristo, dall’altro sintetiz-za la liturgia dell’adorazione della Croce, e implicitamente della Trinità, a cui la stessa chiesa è intitolata.

Sono piuttosto rari i confronti iconografici con le peculiarità che si osservano sulla Crocifissione di Saccargia. Uno schema iconografico molto simile si riscontra sui mosaici del catino absidale della chiesa di San Clemente a Roma (fig. 5), datati alla prima metà del XII secolo18. Qui però, nonostante Maria sia raffigurata come advocata, questa e Gio-vanni si mostrano addolorati. Si potrebbe addurre il confronto con un lacerto pittorico, benché più tardo, della catacomba di San Valentino a Roma (fig. 6), datato agli inizi dell’VIII secolo,19 dove è rappresentato San Giovanni che tiene il libro in una mano, mentre l’altra mano indica il Cristo in croce, di cui s’intravvede un braccio20. Le parti mancanti del-la scena si conoscono da un disegno di Antonio Bosio, nella sua Roma Sotterranea 21, dove sono raffigurati il Cristo in croce con il colobium e,

16 Il volto di San Giovanni evangelista è stato purtroppo ampiamente rimaneggia-to nel 1927. Cfr. E. Parlato, “La pittura medievale in Umbria”, in La pittura in Italia. L’Altomedioevo, a cura di C. Bertelli, Electa, Milano 1994, 180-196, in part. p. 190, fig. 242;

17 Tipici segni di dolore sono, oltre l’espressione di tristezza in volto, l’accostamen-to della mano destra alla gota e l’altra al cuore.

18 C. Bertelli, “Miniatura e pittura. Dal monaco al professionista”, in Dall’Eremo al Cenobio. La civiltà monastica in Italia dalle origini all’età di Dante, prefazione di G. Puglie-se Carratelli, (Antica Madre), Libri Scheiwiller, Verona 1987, 578-699, fig. 495.

19 G. Matthiae, Pittura romana del Medioevo, vol. I, secoli IV-IX, con aggiornamento scientifico e bibliografia di M. Andaloro, Roma 19872, 151-152 e 272.

20 R. Giordani, “La scoperta della catacomba sotto la Vigna Sanchez”, in Rivista di Archeologia Cristiana, LXXXIII (2007), 277-315, in part. 310-315, fig. 12.

21 Ibi, 311, fig. 11.

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alla sua destra, Maria che alza le braccia nell’atto di indicare il Figlio. Nel Trittico di Alton Towers, che riporta scene della Passione, datato al 1150 circa e conservato a Londra nel Victoria and Albert Museum, Maria e Giovanni sono raffigurati con atteggiamenti simili a quelli rilevati a Saccargia, con le mani alzate a mostrare Cristo in croce al centro della scena, nei cui angoli sono le quattro figure dei tetramorfi (figg. 7, 7.a)22.

Altri importanti confronti si riscontrano nelle miniature dei libri li-turgici. Uno di questi è una pagina del Sacramentarium Rossianum (Ross. 204, fol. 10r) datato all’XI secolo, della Biblioteca Apostolica Vaticana23, dove Maria e Giovanni, che non mostrano alcuna espressione di tristez-za, alzano le braccia nel gesto di mostrare Gesù in croce, raffigurato sereno e con gli occhi aperti, rivolto verso la Madre (fig. 8). Ancora più rilevante per le analogie stilistiche è la Crocifissione del Salterio di Mar-turi (f. 165v) della Biblioteca Medicea Laurenziana, Plut. XVII, 324, della metà del XII secolo, dove Maria con la mano destra indica il Cristo in croce, mentre Giovanni regge il libro con la sinistra e appoggia la destra al petto (fig. 9). Ugualmente rilevante il confronto con una preziosa le-gatura del Liber Evangeliorum della Biblioteca Capitolare di Vercelli (fig. 10) del XII secolo, con Maria orante e Giovanni con il libro sulla sinistra e con il palmo destro aperto verso l’esterno25.

Dai confronti addotti si possono trarre evidenti analogie iconogra-fiche tra la Crocifissione di Saccargia e le illustrazioni dei libri liturgici, la cui è importanza è assodata, in quanto queste ultime da un lato ri-

22 L. Castelfranchi Vegas, L’arte del Medioevo, (collana Storia dell’Arte Europea), Jaca Book, Milano 1993, 185-186, fig. 194, tav. 37.

23 M. Siponta De Salvia, “tav. XXI «Sacramentarium Rossianum»” in Bibliotheca Apostolica Vaticana, Nardini Editore, Firenze 1985, p. 72.

24 L. Alidori, “Salterio”, in Maria. Vergine Madre Regina. Le miniature medievali e rinascimentali, (Roma Biblioteca Vallicelliana, dicembre 2000 - febbraio 2001), a cura di C. Leonardi, A. Degl’Innocenti, direzione scientifica a cura di G. Cavallo, Ministero per i Beni e le Attività Culturali, Carrugate (Mi) 2000, 443- 444, fig. 81. La miniatura mostra segni di rielaborazione sugli occhi di Cristo che sono stati abrasi e l’aggiunta della barba, della corona di spine e del velo con soggolo nella figura di Maria.

25 C. Bertelli, “Miniatura e pittura. Dal monaco al professionista”, in Dall’Eremo al Cenobio. La civiltà monastica in Italia dalle origini all’età di Dante, cit., fig. 395.

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mandano il lettore-celebrante agli eventi della salvezza, dall’altro alla meditazione dei misteri cristiani26.

Per comprendere nel suo significato iconologico la scena della Cro-cifissione di Saccargia è opportuna, a questo punto, una riflessione più specifica sui rapporti che legano la pittura absidale e lo spazio liturgico in cui questa si inserisce.

In epoca medievale la relazione dell’immagine con il luogo in cui è collocata è strettissima. L’arte medievale, caratterizzata da una forte valenza religiosa, è funzionale al luogo di culto. In epoca romanica, nel-lo specifico, la chiesa acquisisce un ruolo sociale determinante, ossia diventa il polo di riferimento del centro abitato, in cui, come precisa Jérôme Baschet, si realizza l’unità globale della cristianità, di cui l’Euca-ristia è l’espressione tangibile27.

Considerando lo spazio liturgico, dunque, il rapporto tra la Crocifis-sione dipinta sulla parete absidale e la celebrazione della messa, che è il memoriale del sacrificio di Cristo, è palese. La scena della Crocifissione, con la raffigurazione di Maria e Giovanni che “presentano” il Cristo ai fedeli, assume più specificamente una funzione mistagogica28, cioè l’im-magine aiuta a comprendere la celebrazione del mistero della salvezza: infatti, l’icona della Crocifissione in qualche modo riflette su un asse verticale la celebrazione che avviene sull’altare disposto su un asse oriz-zontale. In tale contesto rituale la funzione mistagogica dell’immagine della croce, come specifica Fabio Trudu, «accompagna [i fedeli] nella celebrazione e li guida a entrare nel cuore del mistero celebrato»29.

La scena della Crocifissione e, più in generale, l’intero ciclo absidale di Saccargia, devono dunque essere correlati con la liturgia eucaristica.

26 P. Iacobone, Mysterium Trinitatis. Dogma e iconografia nell’Italia medievale, Roma 1997, p. 143.

27 J. Baschet, “Il decoro dipinto degli edifici romanici. Percorsi narrativi e dinamica assiale della chiesa”, in Arte medievale. Le vie dello spazio liturgico, a cura di P. Piva, Jaca Book, Milano 2010, 181-220, in part. 181-182.

28 Sulla funzione mistagogica dell’iconografia cristiana si veda V. Gatti, Liturgia e arte. I luoghi della celebrazione, Bologna 2005, EDB Bologna 2005, pp. 30-35; da ultimo F. Trudu, “Percorsi iconografici nell’edificio di culto cristiano”, in Theologica & Historica, Annali della Pontificia Facoltà Teologica della Sardegna, XXIV (2015), 109-142, con ulteriori indicazioni bibliografiche.

29 F. Trudu, “Percorsi iconografici nell’edificio di culto cristiano”, in Theologica & Historica, cit., 127.

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In tal senso, lo studio condotto da Marcello Angheben30 sulla scultura romanica in rapporto alla liturgia è significativo, in quanto interpre-ta, riprendendo anche le teorie di altri studiosi31, alcune teofanie delle chiese occidentali del Cristo in gloria correlandole direttamente con le parole del Vere dignum, ossia «la preghiera con la quale comincia il prefa-zio in cui si invocano le gerarchie celesti e Cristo, attraverso il quale gli angeli rendono grazie al Padre»32. I libri liturgici, riferiti al Vere dignum e al canto che segue, il Sanctus, illustrano generalmente la Maiestas Do-mini, a volte accompagnata da serafini o da un cherubino tetramorfo: «Nel contesto dei sacramenti, la Maiestas Domini si relaziona dunque effettivamente ai tempi presenti e più particolarmente alla presenza di Cristo e dei suoi angeli in chiesa al momento del canone della messa»33. Dunque, l’assenza dei Viventi dell’Apocalisse nei dipinti di Saccargia (fig. 11), raffigurati generalmente intorno al Cristo in gloria, e la pre-senza, invece, di Arcangeli, angeli e serafini è indicativa, nel senso che la scena non può essere interpretata nella sola accezione escatologica, ma direttamente collegata, evidentemente, con la scena della Crocifissione, entrambe raffigurate in posizione assiale34 rispetto all’altare, ad indicare la presenza divina al momento del sacrificio eucaristico.

Un ciclo iconografico absidale così singolare, in cui la scena della Crocifissione è naturalmente collegata con la scena della Resurrezio-ne, trova una spiegazione da un lato con la pratica liturgica medievale e dall’altro con la spiritualità benedettina: la Croce diventa il simbolo della vittoria sulla morte terrena e l’immagine di Cristo in croce, privo di segni di sofferenza, la via di redenzione più efficace da mostrare agli uomini35. L’imagine cristiana, o per meglio dire il suo significato sim-bolico, per il monaco benedettino diventa un modo per attingere alla

30 M. Angheben, “Scultura romanica e liturgia”, in Arte medievale. Le vie dello spazio liturgico, a cura di P. Piva, Milano 2010, pp. 131-180, in part. pp. 139-149.

31 Ibi, note 33-34.32 Ibi, 139.33 Ibi, 140.34 Sul ruolo dei dipinti absidali in relazione alla dinamica assiale si veda in part. J.

Baschet, “Il decoro dipinto degli edifici romanici. Percorsi narrativi e dinamica assiale della chiesa”, cit., pp. 181-219.

35 Si confrontino gli scritti di Ruperto di Deutz (1075-1130), In Evangelium s. Johan-nis, XIII (PL, CLXIX, col. 785); De divinis officiis, VII, 20 (PL, CLXX, coll. 200-201), e di Bernardo di Chiaravalle (1090-1153), per il quale il Cristo crocifisso diventa il punto di

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spiritualità dei sacramenti, rivestendo una funzione di preghiera e me-ditazione36.

Lo spazio che la teologia della Trinità ha avuto nella liturgia tra il IX e l’XI secolo diede un forte impulso alla creazione di canoni iconografici relativi sia alla Trinità che alla Crocifissione37. La messa votiva della SS. Trinità fu particolarmente diffusa nei monasteri benedettini di Ania-ne e di Tours, fondati rispettivamente da San Benedetto e da Alcuino. San Benedetto dedicò nel 782 la prima chiesa abbaziale alla SS. Trinità, mentre Alcuino di York (735-804) – la cui figura si colloca nel contesto della “rinascenza carolingia” – introdusse la messa votiva della Trinità38. Dopo di lui, all’inizio del X secolo, il vescovo di Liegi, Stefano (903-920), sulla scia di Alcuino, istituì la festa della Trinità nella prima domenica dopo la Pentecoste e compose anche uno splendido Ufficio, trascritto nel Breviario Romano con qualche piccola aggiunta39. La diffusione del-la festa e dell’ufficio della SS. Trinità si deve ai monaci dell’ordine di San Benedetto, a partire dall’ XI secolo40.

La spiritualità benedettina diventa, dunque, un tramite fondamenta-le per comprendere a fondo la scelta, piuttosto singolare, di raffigurare sul catino absidale un intero ciclo della Passione, il cui punto focale è rappresentato dalla scena della Crocifissione.

Solo in questo modo si può cogliere l’autentico significato iconolo-gico dell’intero ciclo di Saccargia*.

partenza della meditazione mistica; citati in G. Jászai, v. “Crocifisso”, in Enciclopedia dell’Arte Medievale, V, Roma 1996, 577-586, in part. p. 579.

36 T. Verdon, “Il monachesimo e le arti”, in Id. (ed.), Pellegrinaggio, monachesimo, arte. La visibilità del cammino interiore, Edizioni Polistampa, Firenze 2000, 33-62.

37 J. Baschet, v. “Liturgia e Iconografia”, in Enciclopedia dell’Arte Medievale, VII, 744-749.

38 A. P. Frutaz, v. “Trinità. VI. Liturgia”, in Enciclopedia Cattolica, XII, Firenze 1954, 541-544; P. Iacobone, Mysterium Trinitatis. Dogma e iconografia nell’Italia medievale, cit., in part. pp. 135-139.

39 A. P. Frutaz, v. “Trinità. VI. Liturgia”, cit., 542.40 F. Bœspflug, Le immagini di Dio. Una storia dell’Eterno nell’arte, trad. it. di C. Bon-

giovanni, Einaudi, Torino 2012, 143-148. * Un affettuoso ringraziamento va alla prof.ssa suor Rita Lai e al prof. Antonio

Piras, per avermi generosamente offerto la loro competenza scientifica, specialmente in ambito teologico, e per il sostegno nel lavoro di ricerca del significato iconologico.

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La scena della Crocifissione nei dipinti absidali della SS. Trinità di Saccargia

Fig. 1. Codrongianos, (SS), Basilica della SS. Trinità di Saccargia: dipinto absidale, XII secolo.(da: R. Serra, Pittura e Scultura dall’età romanica alla fine del ’500, schede e apparati di R. Coroneo, Ilisso Edizioni, Nuoro 1990, 32, fig. a)

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Fig. 2. Codrongianos, (SS), Basilica della SS. Trinità di Saccargia, dipinto absi-dale, XII secolo: Crocifissione. (da: R. Serra, Pittura e Scultura dall’età romanica alla fine del ’500, schede e apparati di R. Coroneo, Ilisso Edizioni, Nuoro 1990, 32, fig. f.)

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La scena della Crocifissione nei dipinti absidali della SS. Trinità di Saccargia

Fig. 3. Città di Castello, Museo Diocesano: paliotto in argento sbalzato, 1142.(da: S. Zuffi, I Musei Diocesani in Italia, vol. III, San Paolo, (Supplemento n. 1 a Famiglia Cristiana n. 12 del 21 marzo 2004), 8)

Fig. 3.a. Particolare della scena della Crocifissione.

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Fig. 4. Duomo di Spoleto, mosaico della facciata, 1207: Deesis. (da: E. Parlato, “La pittura medievale in Umbria”, in La pittura in Italia. L’Altomedioevo, a cura di C. Bertelli, Electa, Milano 1994, fig. 242)

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La scena della Crocifissione nei dipinti absidali della SS. Trinità di Saccargia

Fig. 5. Roma, chiesa di San Clemente, mosaico del catino absidale, prima metà del XII secolo: particolare della Crocifissione. (da: C. Bertelli, “Miniatura e pittura. Dal monaco al professionista”, in Dall’Eremo al Cenobio. La civiltà mona-stica in Italia dalle origini all’età di Dante, Libri Scheiwiller, Verona 1987, fig. 495)

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Fig. 6. Roma, catacomba di San Valentino, inizi dell’VIII secolo: Crocifissione da un disegno di A. Bosio. (da: R. Giordani, “La scoperta della catacomba sot-to la Vigna Sanchez”, in Rivista di Archeologia Cristiana, LXXXIII (2007), fig. 11)

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La scena della Crocifissione nei dipinti absidali della SS. Trinità di Saccargia

Fig. 7. Londra,Victoria and Albert Museum: Trittico di Alton Towers, 1150 cir-ca. (da: L. Castelfranchi Vegas, L’arte del Medioevo, Jaca Book, Milano 1993, fig. 194, tav. 37)

Fig. 7a . Particolare della Crocifissione.

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Fig. 8. Biblioteca Apostolica Vaticana, miniatura: Sacramentarium Rossianum (Ross. 204, fol. 10r), XI secolo. (da: Bibliotheca Apostolica Vaticana, Nardini Edi-tore, Firenze 1985, p. 72)

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La scena della Crocifissione nei dipinti absidali della SS. Trinità di Saccargia

Fig. 9. Biblioteca Medicea Laurenziana, miniatura, Salterio di Marturi (f. 165v) Plut. XVII, 3, metà del XII secolo: Crocifissione. (da: Maria. Vergine Madre Re-gina. Le miniature medievali e rinascimentali, (Roma Biblioteca Vallicelliana, di-cembre 2000 - febbraio 2001), Carrugate (Mi) 2000, fig. 81)

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Fig. 11. Codrongianos (SS), Basilica della SS. Trinità di Saccargia, dipinti absidali, XII secolo: particolare della Maiestas Domini.

Fig. 10. Vercelli, Biblioteca Capitolare: legatura del Liber Evangeliorum. (da: C. Bertelli, “Miniatura e pittura. Dal monaco al professionista”, in Dall’Eremo al Cenobio. La civiltà monastica in Italia dalle origini all’età di Dante, Libri Scheiwil-ler, Verona 1987 fig. 395.