concilium 4 2016 - pontificia università gregoriana · 2016-10-12 · concilium rivista...

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CONCILIUM Anno LII Fascicolo 4 (2016)

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CONCILIUMAnno LII

Fascicolo 4 (2016)

Fondatori † Antoine van den Boogaard, Nijmegen Olanda Paul Brand, Ankeveen Olanda † Yves Congar, Paris Francia Hans Küng, Tübingen Germania Johann-Baptist Metz, Münster Germania † Karl Rahner, Innsbruck Austria † Edward Schillebeeckx, Nijmegen Olanda

PRESIDENZA

Presidente Felix WilfredVice-presidenti Thierry-Marie Courau – Diego Irarrázaval – Susan Ross

COMITATO INTERNAZIONALE DI DIREZIONE

Mile Babić, Sarajevo Bosnia-ErzegovinaMaria Clara Bingemer, Rio de Janeiro/RJ BrasileErik Borgman, Tilburg OlandaLisa Sowle Cahill, Boston/MA USAThierry-Marie Courau, Paris FranciaEnrico Galavotti, Chieti - Pescara ItaliaLinda Hogan, Dublin IrlandaHuang, Po-ho, Tainan TaiwanDiego Irarrázaval, Santiago CileStefanie Knauss, Villanova/PA USASolange Lefebvre, Montréal/QC CanadaCarlos Mendoza-Álvarez, Ciudad de México MessicoSarojini Nadar, Durban SudafricaDaniel Franklin Pilario, Quezon City FilippineSusan A. Ross, Chicago/IL USALéonard Santedi Kinkupu, Kinshasa Rep. dem. del CongoAndrés Torres Queiruga, Santiago de Compostela SpagnaJoão J. Vila-Chã, Roma - Barcelos PortogalloMarie-Theres Wacker, Münster GermaniaFelix Wilfred, Madras India

SEGRETARIATO GENERALE

Asian Centre for Cross-Cultural Studies, Madras India

www.concilium.in www.queriniana.it

C O N C I L I U Mrivista internazionale di teologia

INTERNATIONAL JOURNAL OF THEOLOGYINTERNATIONALE ZEITSCHRIFT FÜR THEOLOGIEREVUE INTERNATIONALE DE THÉOLOGIEREVISTA INTERNACIONAL DE TEOLOGÍAREVISTA INTERNACIONAL DE TEOLOGIAMEĐUNARODNI TEOLOŠKI C ASOPIS

Anno LII, fascicolo 4 (2016)

LA LIBERTÀ RELIGIOSA Thierry-Marie Courau – Mile Babic João J. Vila-Chã (edd.)

EDITRICE QUERINIANAvia Ferri, 75 - 25123 BRESCIA

Condizioni di abbonamento per il 2016 (5 numeri annui)

Italia e 49,00 Estero - posta prioritaria: Europa + Bacino del Mediterraneo e 74,00 Estero - posta prioritaria: Paesi extraeuropei e 86,00 Fascicolo singolo e arretrato (formato cartaceo) e 16,00 Fascicolo singolo e arretrato (formato digitale) e 10,00 Il versamento va effettuato con:x Carta di credito Visa, MasterCard, Maestro, collegandosi a www.queriniana.it/abbonamentix Conto corrente postale n. 346254, intestato a Editrice Queriniana - Brescia.x Bonifico bancario intestato a Congregazione Sacra Famiglia di Nazareth – Editrice Queriniana

- Brescia, IBAN: IT15U0350011210000000026479.

Ufficio Abbonamenti - Editrice Queriniana - Via Ferri 75 - 25123 BresciaTel. 030 2306925 - Fax 030 2306932 - E-mail: [email protected]

Tutti i diritti sono riservati. È pertanto vietata la riproduzione, l’archi-viazione o la trasmissione, in qualsiasi forma e con qualsiasi mezzo, comprese la fotocopia e la digitalizzazione, senza l’autorizzazione scritta dell’Editrice Queriniana. – Le fotocopie per uso personale pos-sono essere effettuate, nei limiti del 15% di ciascun volume, dietro pa-gamento alla SIAE del compenso previsto dall’art. 68, commi 4-5, della Legge n. 633 del 22 aprile 1941. Le fotocopie effettuate per finalità di carattere professionale, economico o commerciale, o comunque per uso diverso da quello personale, possono essere effettuate a seguito di specifica autorizzazione rilasciata da CLEARedi (www.clearedi.org).© Asian Centre for Cross-Cultural Studies, Madras, India

e Editrice Queriniana, Brescia, Italia (UE) 2016Segretariato generale: Asian Centre for Cross-Cultural Studies, 40/6A, Panayur Kuppam Road, Sholinganallur Post, Panayur, Madras 600119 (India) Direttore responsabile dell’edizione italiana: Gianluca Montaldi

Autorizzazione del Tribunale di Brescia n. 227 del 31/3/1965

Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in a.p. - D.L. 353/2003 (convertito in L. 27/2/2004, n. 46), art. 1, comma 1 - LO/BS - rivista bimestrale

Associato all’USPI - Unione Stampa Periodica Italiana - ISSN 1125-7164

Stampato da Grafiche Artigianelli Srl - Brescia

Programma di Concilium 2016

1/2016 gennaio-febbraio Cammini di liberazione. Gioie e speranze per il futuro della teologia2/2016 marzo-aprile Famiglia/famiglie3/2016 maggio-giugno La sofferenza e Dio4/2016 settembre-ottobre La libertà religiosa5/2016 novembre-dicembre Per una revisione del Codice di diritto canonico

COMITATO SCIENTIFICO

Regina Ammicht-Quinn, Tübingen (Germania); Gregory Baum, Mon-treal/QC (Canada); José Oscar Beozzo, São Paulo/SP (Brasile); Wim Beuken, Leuven (Belgio); Leonardo Boff, Petrópolis/RJ (Brasile); Chris-tophe Boureux, Lyon (Francia); John Coleman, Los Angeles/CA (USA); Eamonn Conway, Limerich (Irlanda); Claude Geffré, Paris (Francia); Dennis Gira, La Riche (Francia); Norbert Greinacher, Tübingen (Germania); Gustavo Gutiérrez, Lima (Perù); Hille Haker, Chicago/IL (USA); Hermann HÄring, Tübingen (Germania); Werner G. Jeanrond, Oxford (Gran Bretagna); Jean-Pierre Jossua, Paris (Francia); Maureen Junker-Kenny, Dublin (Irlanda); François Kabasele Lumbala, Kinsha-sa (Rep. dem. Congo); Karl-Josef Kuschel, Tübingen (Germania); Nicholas Lash, Cambridge (Gran Bretagna); Mary-John Mananzan, Manila (Filippine); Alberto Melloni, Reggio Emilia (Italia); Éloi Messi Metogo, Yaoundé (Cameroun); Norbert Mette, Münster (Germania); Dietmar Mieth, Tübingen (Germania); Jürgen Moltmann, Tübingen (Germania); Paul D. Murray, Durham (Gran Bretagna); Teresa Okure, Port Harcourt (Nigeria); Aloysius Pieris, Kelaniya/Colombo (Sri Lan-ka); Giuseppe Ruggieri, Catania (Italia); Silvia Scatena, Reggio Emilia (Italia); Mary Shawn Copeland, Milwaukee/WN (USA); Jon Sobrino, San Salvador (El Salvador); Janet Martin Soskice, Cambridge (Gran Bretagna); Elsa Tamez, Medellín (Colombia); Luiz Carlos Susin, Porto Alegre/RS (Brasile); Christoph Theobald, Paris (Francia); David Tra-cy, Chicago/IL (USA); Marciano Vidal, Madrid (Spagna); Elaine M. Wainwright, Auckland (Nuova Zelanda); Ellen van Wolde, Tilburg (Olanda); Christos Yannarás, Athinai (Grecia); Johannes Zizioulas, Pergamo-Smirne (Turchia).

Teologi@Internet: www.queriniana.it/blogForum teologico on line diretto da Rosino Gibellini

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GRUPPO EDITORIALE INTERNAZIONALE

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Lingua inglese: SCM-Canterbury Press Ltd. 9-17 St. Alban’s Place London N1 0NX (Gran Bretagna) www.scm-canterburypress.com.uk

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Lingua tedesca:> per la Germania Matthias-Grünewald-Verlag der Schwabenverlag AG Senefelderstr. 12 D-73760 Ostfildern-Ruit (Germania) www.gruenewaldverlag.de

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> per la Svizzera Herder AG Basel Muttenzerstr. 109 CH-4133 Pratteln 1 (Svizzera)

Lingua spagnola: Editorial Verbo Divino Avda. de Pamplona, 41 - Apd. 34 E-31200 Estella/Navarra (Spagna) www.verbodivino.es

Lingua serba e croata: Ex libris Riva 4 HR-51000 Rijeka (Croazia) www.ri-exlibris.hr Synopsis Kralja Tvrtka 9 71000 Sarajevo (Bosnia-Erzegovina)

Indice

Thierry-Marie Courau – Mile Babic João J. Vila-Chã, Editoriale. . . . . . . . 11I/ La libertà positivaII/ Fede e religione, individuo e comunità,

libertà e responsabilitàIII/ La libertà religiosa

Abstracts . . . . . . . . . . . . . 21

I. La libertà religiosa 25

1. Dalle origini alla situazione contemporanea

1.1. Mile Babic, Il cristianesimo: dalla religione di stato alla libertà religiosa . . . . . . . . . . 27I/ Da Costantino a Gregorio VIIII/ Da Gregorio VII alla Riforma protestanteIII/ Dalla Riforma protestante alla Rivoluzione franceseIV/ Uno sguardo critico

1.2. Roman A. Siebenrock, «Il vangelo della dignità dell’uomo». Dignitatis humanae, una provocazione continua . . . . . . . . 41I/ Senza la libertà religiosa tutto il concilio sarebbe nullo:

il significato della dichiarazione in via di principio

8 Indice

II/ Al servizio della dignità umana: la missione della chiesa secondo Dignitatis humanae

III/ Il significato della dichiarazione nell’insieme del concilioIV/ Il concilio: fine e inizio in via di principio

1.3. Heiner Bielefeldt, La libertà di religione: un diritto umano conteso . . . . . . . . . 53I/ IntroduzioneII/ Sul carattere di diritto umano della libertà di religione 1/ Gli esseri umani come soggetti di diritto 2/ Sull’ampio ambito di utilizzo 3/ Il diritto alla libertà 4/ Uguaglianza e non discriminazioneIII/ Equivoci 1/ Lotta contro la “diffamazione delle religioni”? 2/ Tutela di identità religiose collettive? 3/ Neutralità, secolarità, laicitàIII/ Il mancato rispetto della libertà di religione nella prassi 1/ Sulla varietà dei modelli di repressione 2/ Il quadro delle motivazioni 3/ Violazioni da parte di attori non statali 4/ Sulla situazione in EuropaIV/ Un compito anche per le comunità religiose

2. Tre realtà attuali da tenere in considerazione

2.1. Emmanuel Pisani, Libertà religiosa e stati musulmani: intrecci teologici e politici. . . . . . . . . 68I/ Disparità in materia di statuto della personaII/ Sviluppi costituzionali: i casi della Tunisia e dell’EgittoIII/ Riconsiderare le minoranze religioseIV/ Conclusione

2.2. Felix Wilfred, La libertà religiosa in Asia . . . . 84I/ Tre situazioni asiatiche di libertà religiosaII/ Zone grigie e casi limiteIII/ La sfida di civiltà dell’Asia

alla negazione occidentale della libertà religiosaIV/ Conclusione

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Indice 9

2.3. Carlos Mendoza-Álvarez, La libertà religiosa di fronte alla violenza sistemica . . . . . . . 100I/ Il contesto della violenza globaleII/ Un’altra forma di libertà religiosaIII/ Tre pilastri per una nuova interpretazioneIV/ Comunità credenti che oppongono resistenzaV/ Conclusione: per una libertà religiosa messianica

3. Verso una validità universale della libertà religiosa?

3.1. Hans-Georg Ziebertz, La libertà di religione come sfida per religione e società. . . . . . . 110I/ Il diritto alla libertà di religioneII/ I conflitti legati alla libertà di religioneIII/ La libertà di religione e lo stato laicoIV/ La libertà di religione nel contesto dei diritti umaniV/ La libertà di religione come possibilità o limitazione

della religione?

3.2. Erik Borgman, L’importanza permanente della libertà di religione . . . . . . . . . 123I/ Una nuova “religione istituzionale”II/ Una macchia nera per lo statoIII/ Inerente dignità e diritto inalienabile per gli esseri umaniIV/ Il diritto di contraddire tutti i consensiV/ Dare spazio allo Spirito di Dio

II. Forum teologico 137

1. Dominique Greiner, L’accordo di Parigi sul clima, alla luce di Laudato si’ . . . . . . . . . 139I/ La portata di un accordoII/ L’impegno della società civileIII/ Il ruolo delle religioni

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2. Jean-Paul Vesco, Papa Francesco ha fatto opera di tradizione… Su Amoris laetitia . . 145

3. Giuseppe Bonfrate, Che c’è del Chisciotte in teologia? . . . . . . . . . . . . 150

4. Marie-Theres Wacker, «Chi non tocca la terra non può raggiungere il cielo…». L’opera svolta da Elisabeth Moltmann-Wendel (25 luglio 1926 – 7 giugno 2016) . . . . . . 156I/ Teologa, madre, scrittriceII/ La “conversione” e i primi passi

verso la teologia femministaIII/ Le donne che Gesù incontrò e la sua ricezioneIV/ Una teologia che include il corpoV/ Promotrice di reti di contatti e attività politico-ecclesialiVI/ ContrastiVII/ La natalità come categoria teologica centrale

III. Rassegnabibliograficainternazionale 167

10 Indice[622]

Editoriale

Nell’Evo moderno, la civiltà occidentale ha proclamato l’in- violabilità della dignità di ogni essere umano. Questa dignità è protetta nel modo migliore dal nostro rispetto delle libertà e dei diritti umani. La libertà è l’essenza stessa dell’essere uma-no, mentre la libertà fondamentale è la libertà di coscienza che include la libertà di religione e la libertà di credo e di visione del mondo (Weltanschauung). Non può esserci imposta la co-scienza, né potrebbe esserci imposto un credo. Nei paesi demo-cratici occidentali per lo più si rispetta la libertà di coscienza e di religione; tuttavia è possibile notare una certa parzialità nel-la comprensione delle libertà dei singoli esseri umani. Gli stati e le società borghesi proteggono la libertà; tuttavia non la fon-dano: piuttosto la presuppongono. La libertà è intesa in termini negativi, più che altro come separazione di un individuo dagli altri, e perfino come negazione degli altri. Quindi è una libertà negativa, intendendo con ciò la libertà da costrizione esterna, ma non dalla costrizione interna. Dobbiamo ammettere che questo è soltanto un aspetto della libertà. Se la libertà si limita alla negazione di tutto ciò che ci circonda, se non è capace di diventare positiva, ovvero libertà per qualcosa e per qualcuno, per alcuni valori e per altre persone, allora una tale libertà im-poverisce gli esseri umani, poiché è incapace di comunicazione e collaborazione con gli altri.

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I/ La libertà positiva

Hannah Arendt sostiene che Giovanni Duns Scoto è il più grande pensatore della libertà nella filosofia occidentale e che solo Kant può essere considerato pari a Scoto nella sua lealtà incondizionata alla libertà. Scoto scrive che si danno due in-clinazioni in ogni libera volontà: inclinazione verso il proprio vantaggio (affectio commodi) e inclinazione verso la giustizia (affectio iustitiae). Per Scoto, entrambe queste inclinazioni sono libere. L’inclinazione verso la giustizia frena e modera l’inclina-zione verso il proprio vantaggio personale. Questa inclinazione verso la giustizia ci rende capaci di amare ciò che merita di essere amato. Questa è la libertà che è inerente alla volontà. In latino leggiamo: Innata, quae est ingenita libertas, secundum quam potest velle aliquod bonum non ordinatum ad se. Quindi l’inclina-zione verso la giustizia è un’inclinazione innata, l’inclinazione sulla base della quale la nostra volontà può desiderare un bene che non è ordinato a noi stessi, cioè in cui la nostra volontà si mostra capace di elevarsi al di sopra del nostro naturale egoi-smo ed egocentrismo.

Per Scoto, le nozioni fondamentali sono la nozione di ordo (ordine), cioè ordine essenziale (ordo essentialis), e quella di ordinatum (ordinato, organizzato). Di conseguenza vi sono due ordini: l’ordine ad se e l’ordine ad alterum (l’ordine dell’amore). Nel primo, Dio, le persone e tutti gli esseri, nonché l’intera realtà, esistono per servire l’io umano. In questo ordine, Dio è ridotto a servitore dell’uomo. Nel pensiero filosofico europeo a partire da Aristotele, ogni essere si sforza di preservare se stesso, di migliorare e di realizzare se stesso. Dieter Henrich ha dimostrato che, nella filosofia dell’Età moderna, l’istinto predominante è quello della sopravvivenza di sé (Selbsterhal-tungstrieb). Entrambi questi estremi – l’egoismo totale e l’al-truismo totale – erano presenti nell’Età antica e nel Medioevo – e sono presenti ancora oggi. Entrambi sono violenti. Ogni altruismo estremo (o misticismo) che sminuisce o annulla la natura umana o l’io individuale, non rappresenta nient’altro che violenza contro l’uomo. Parimenti, ogni manifestazione di egoismo estremo che riduce tutto all’io di un individuo, non

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Editoriale 13

rappresenta nient’altro che violenza contro gli altri e contro noi stessi.

Scoto offre una soluzione ingegnosa, distinguendo e col-legando entrambe queste inclinazioni nella volontà. Entrambe sono importanti, ma l’inclinazione verso la giustizia è più su-blime dell’inclinazione verso il vantaggio: Nobilior est affectio iustitiae, quam commodi […], cum “amare aliquid in se” sit actus liberior et magis communicativus quam “desiderare illud sibi”. L’in-clinazione verso la giustizia è più sublime dell’inclinazione verso il vantaggio, poiché amare qualcosa in sé, un qualche bene in sé, è un atto più libero e più comunicativo che non desiderare un vantaggio per noi stessi. Questo atto è più li-bero e più comunicativo perché si eleva al di sopra del nostro egoismo (la nostra schiavitù verso l’io) e perché ci collega agli altri. La speranza (la virtù della speranza) migliora la nostra inclinazione verso noi stessi, mentre l’amore migliora la nostra inclinazione verso la giustizia, cioè verso un bene più alto e più sublime, ovvero la nostra inclinazione verso l’altro come Altro.

Scoto evidenzia semplicemente che la libertà positiva è più sublime di quella negativa, ma egli non la annulla. Da questa presa di posizione deriva il fatto che la libertà sublime dà origi-ne a una sublime connessione con gli altri e con l’Altro assolu-to, la connessione che chiamiamo amore.

II/ Fede e religione, individuo e comunità, libertà e responsabilità

Il più grande filosofo morale del mondo occidentale, Im-manuel Kant, considera l’imperativo categorico (comandamento incondizionato, obbligo) inseparabile dalla libertà. Per lui, l’im-perativo categorico è la ratio cognoscendi (il fondamento cogni-tivo) della libertà, mentre la libertà è ratio essendi (fondamento essenziale) dell’imperativo categorico. In termini moderni, la libertà e la responsabilità sono condizionate reciprocamen-te e si presuppongono l’un l’altra. Coloro che negano la re-sponsabilità, negano la libertà, poiché la responsabilità deriva dalla libertà. Nella nostra Età moderna, per lo più la libertà è

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trasformata nella libertà dalla responsabilità, nella negazione della moralità e del comandamento incondizionato. Invece del rispetto per l’altro, la libertà ha prodotto la negazione dell’altro.

Se applichiamo le tesi summenzionate alla libertà di reli-gione, scopriamo che, in Occidente, abbiamo una fede che de-riva dalla libertà definita negativamente. Una tale fede non è in grado di trovare posto nella comunità religiosa, poiché vuole semplicemente essere libera dalla religione (individualismo). Ne-gli ex paesi socialisti europei, la religione era ridotta alla mera appartenenza a una comunità religiosa, cioè al collettivo reli-gioso (collettivismo). Una tale religione vuole essere affrancata dalla fede (in quanto atto interiore, libero e individuale).

La fede include la religione, poiché esse sono collegate in modo inseparabile: possiamo dire che la fede è l’aspetto inte-riore della religione, mentre la religione è l’aspetto esteriore della fede. Entrambi gli aspetti (interiore ed esteriore, visibile e invisibile) fanno parte della religione. La fede si sforza di concretarsi, cioè di diventare religione, mentre la religione si focalizza sulla sua essenza, cioè la fede. Quando la fede è ma-nifestata e concretata, diventa un fenomeno esterno, ovvero la religione. La fede si riflette nella preghiera, e il culmine della preghiera è il culto. Quando la fede diventa realtà esterna, quando diventa un fenomeno culturale, storico e sociale, allora diventa religione. Quindi, noi chiamiamo “religione” questa forma esterna di fede – religione che deve essere al servizio dell’aspetto interiore della religione stessa, cioè la fede.

Nell’Europa odierna, la fede e la religione sono separate. In Occidente, la fede predomina come un atto interiore, libero e individuale, che ci libera dalla religione intesa come comuni-tà e istituzione. Negli ex paesi socialisti, la religione è ridotta alla mera appartenenza a una comunità religiosa, intesa come separata dalla fede come atto interiore, libero e individuale. In Occidente, la libertà definita negativamente è messa in risalto al punto tale da trasformarsi in “imposizione”, il che non ha niente a che fare con la libertà stessa. Negli ex paesi socialisti, si evidenziano talmente le responsabilità e gli obblighi che an-che ciò diventa un’imposizione (degli obblighi e delle respon-sabilità), il che non ha niente a che fare con la responsabilità stessa. Entrambi gli orientamenti determinano conflitti, perché

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l’Europa e l’Occidente, quando parlano della libertà umana, si riferiscono principalmente alla libertà dell’individuo intesa in termini negativi, mentre gli ex paesi socialisti, quando parlano della libertà, si riferiscono principalmente alla libertà del loro collettivo inteso nuovamente in termini negativi. Mentre i pri-mi parlano solo della libertà dell’individuo – intesa negativa-mente – i secondi parlano della responsabilità e degli obblighi verso il loro collettivo religioso. I grandi pensatori richiamati in precedenza hanno mostrato che la libertà e la responsabilità sono inseparabili.

III/ La libertà religiosa

L’insieme dei contributi di questo numero di Concilium sulla libertà religiosa sono attraversati dall’esame della libertà secondo un punto di vista negativo o positivo, nonché dall’ar-ticolazione delle polarità della fede e della religione, dell’in-dividuo e della comunità, della libertà e della responsabilità. Inizialmente gli autori ricorrono all’esperienza del mondo eu-ropeo di tradizione cristiana, sia dell’Oriente sia dell’Occiden-te, poi passano a considerare ciò che accade nei mondi musul-mani, in Asia, in America latina, al fine di fondare una validità universale e inalienabile dei diritti umani in materia religiosa.

La prima parte del fascicolo si apre con una sezione che cerca di delineare il quadro, i contesti e le prospettive, a partire da tre saggi: uno sulla storia della nozione di libertà religiosa, il secondo sul suo posto nella chiesa a partire dall’ultimo con-cilio, il terzo sulla realtà degli ostacoli attuali al suo esercizio. L’articolo del teologo e filosofo bosniaco Mile Babić, docente allo studium francescano di teologia di Sarajevo (Bosnia-Erze-govina), tratta delle origini della libertà religiosa nei mondi cristiani. Quest’ultima nascerà in Europa con il crollo dell’unità politica fondata sull’unità religiosa. Il mantenimento della pace richiede da parte dello stato di rinunciare a favorire una religione anziché un’altra e di rispettare la neutralità religiosa e di credo. Se la secolarizzazione dello stato sembra imporsi come una necessità, essa non deve tuttavia dissolvere le alterità presenti sulla scena.

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Nel secondo saggio Roman A. Siebenrock, docente di teologia dogmatica alla Facoltà di teologia cattolica dell’Uni-versità di Innsbruck (Austria), si interessa alla questione della dignità dell’uomo così com’è trattata al concilio Vaticano II nella dichiarazione sulla libertà religiosa, Dignitatis humanae. Questa si presenta come l’attuazione pratica e fondamentale della dottrina sulla rivelazione quanto ai rapporti che i cristia-ni devono intrattenere con le persone di altre religioni. Dopo essersi interessato alla genesi storica di questa dichiarazione e alla sua interpretazione in seno ai lavori conciliari, l’autore mo-stra in che modo, con questo testo che è come «una teologia dei segni dei tempi», la chiesa non possa vivere il vangelo se non valorizzando la dignità dell’uomo e la sua libertà.

Il terzo contributo di questa prima sezione, quello del fi-losofo e storico tedesco Heiner Bielefeldt, relatore speciale dell’ONU sulla libertà di religione o di credo, affronta il modo in cui alcuni stati e le loro istituzioni, o attori non statali, pos-sono ampiamente contestare, o addirittura negare, il fatto che la libertà religiosa sia considerata un diritto umano. In parti-colare, la contestazione di questo diritto assume le forme di un mobbing amministrativo, o di azioni e vessazioni spontanee od organizzate. I tipi di oppressione e le loro vittime sono ri-scontrabili in tutto il pianeta, secondo modalità assai variegate. Oggi in Medio Oriente la situazione è particolarmente grave poiché la libertà religiosa è contestata non solo in pratica, ma anche sul piano teorico: sono in corso numerosi tentativi per smantellare le basi giuridiche di questa libertà.

Una volta situata nel suo contesto storico, ecclesiale e con-temporaneo, la problematica è affrontata nella seconda sezione, a partire da tre ambienti concreti: gli stati musulmani, l’Asia, le situazioni di violenza sistemica, in particolare nell’ambito dell’America latina. L’islamologo e teologo francese Emmanuel Pisani, direttore dell’Istituto di scienza e teologia delle religio-ni dell’Institut Catholique di Parigi, si interroga sulla visione della libertà religiosa che emerge nella riflessione dei pensatori musulmani, e in seno alle evoluzioni giuridiche in corso, sul piano costituzionale o dal punto di vista dello status delle per-sone, negli stati musulmani. Sottolineando l’imbricazione del teologico e del politico in questi ultimi, il suo articolo analizza

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a partire da casi concreti i segni delle primizie di un’evoluzio-ne, certamente fragile ma reale, a favore della libertà religiosa.

Per comprendere meglio la problematica della libertà re-ligiosa nelle società asiatiche, multietniche e multireligiose, il teologo indiano Felix Wilfred, direttore dell’Asian Center for Cross-Cultural Studies di Madras, propone di infrangere il quadro convenzionale e liberale classico, che mette al centro la scelta degli individui, per tenere conto dell’espressione legitti-ma e caratteristica delle comunità segnate da un’identità reli-giosa. Ponendo in risalto tre situazioni paradigmatiche dell’A-sia, egli analizza le interazioni fra libertà religiosa e altri fattori e forze. L’articolo mette in evidenza anche certe questioni bloc-cate in seno alla dialettica “promozione o rifiuto” della libertà religiosa, come pure la storia dell’intolleranza nei confronti della religione dell’altro in Europa. L’autore conclude esami-nando l’apporto che, per il mondo occidentale, possono dare le esperienze asiatiche quanto alla lotta per la libertà religiosa, al fine di affrontare con intelligenza le sfide nate da un’immi-grazione crescente di popolazioni con altre tradizioni religiose.

Il teologo domenicano Carlos Mendoza-Álvarez, docente all’Università iberoamericana di Città del Messico, lavora sulla proposta di una teologia fondamentale a partire dai poveri, dalle vittime e dai giusti della storia. Qui egli apre a un altro approccio alla libertà religiosa: quest’ultima non è soltanto un problema di diritti, ma anche una questione antropologica e strutturale. In particolare si tratta di capire in che modo dei credenti possano resistere a potenze egemoniche (sociali, poli-tiche, religiose e mediatiche) grazie a un approccio nuovo alla libertà religiosa. Un’espressione di questo nuovo paradigma appare nelle “resistenze religiose” dei popoli autoctoni dell’A-merica latina e dei Caraibi, nonché in altri movimenti civili delle vittime.

La terza sezione di questa prima parte apre allora su alcu-ne prospettive societali, religiose e politiche, a partire da due contributi. Il primo, quello di Hans-Georg Ziebertz, docente di teologia pratica all’Università di Würzburg (Germania), dove dirige il programma di ricerca internazionale «Religione e diritti dell’uomo», insiste sulla sfida che la libertà religiosa rappresenta sia per la religione sia per la società. Di fronte alla

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pluralità religiosa, questo diritto si presenta come uno stru-mento essenziale per la preservazione della pace sociale e po-litica. Garantendo la libertà di religione, lo stato laico costringe le religioni a concepirsi, ciascuna, come una visione particolare del mondo che non può imporsi in modo universale sulle altre. Quanto ai diritti umani, essi possono ambire a una validità uni-versale: non-religiosi senza essere antireligiosi, devono essere accettabili da parte delle religioni.

Infine, Erik Borgman, docente di teologia pubblica e titola-re della cattedra Cobbenhagen all’Università di Tilburg (Paesi Bassi), in un ultimo saggio mostra l’importanza definitiva del-la libertà religiosa a causa della sua appartenenza intrinseca alla verità e alla giustizia. Dobbiamo ubbidire ad esse e non dobbiamo sottometterci ai valori della democrazia liberale che si ritiene garante della libertà, mentre in realtà si presenta come una nuova religione. Questo articolo sostiene, al pari della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, che dovremmo considerare inalienabile il diritto alla libertà religiosa, anche se certe convinzioni religiose possono farci orrore per ragioni assai sensate.

Il Forum teologico, nella seconda parte del fascicolo, fa eco a quattro avvenimenti recenti significativi: una riunione planetaria, un momento ecclesiale, un anniversario letterario, il decesso di una teologa. Il primo articolo è di Dominique Greiner, economista e teologo moralista, caporedattore del quotidiano La Croix (Parigi), e mostra come la riunione della COP21 a Parigi abbia suscitato, da parte degli organizzatori, un interesse reale per la capacità delle religioni di mobilitare energie libere. Nella dinamica avviata da papa Francesco con Laudato si’, esse possono sostenere la società civile di fronte agli interessi particolari degli stati. Il contributo del vescovo di Ora-no (Algeria), Jean-Paul Vesco, che durante la XIV Assemblea ordinaria del sinodo dei vescovi sulla famiglia si è fatto notare con la sua riflessione argomentata sull’indissolubilità di ogni vero amore, mira ad attirare l’attenzione su alcuni punti rag-guardevoli dell’esortazione apostolica Amoris laetitia, affinché questa non diventi lettera morta. Il terzo articolo è di Giusep-pe Bonfrate, docente di teologia dogmatica alla Gregoriana

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Editoriale 19

(Roma): egli unisce la sua voce a quelle che hanno celebrato il quattrocentesimo anniversario della morte di Miguel de Cervantes e William Shakespeare, per fare alcune considera-zioni sul rapporto fra letteratura e teologia. Infine, l’esegeta di Münster (Germania) Marie-Therese Wacker rievoca la figura di Elisabeth Moltmann-Wendel deceduta di recente (7 giugno 2016), che è stata una delle pioniere della teologia femminista nel mondo germanofono.

Thierry-Marie Courau Mile Babić João J. Vila-ChãParis (France) Sarajevo Roma (Italia) (Bosnia ed Erzegovina)

(traduzione dall’inglese e dal francese di Gloria romaGnoli)

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Piazza Paolo VI, 6 - 20121 Milano - Tel. 02877609 - Fax 0272003162www.glossaeditrice.it - [email protected]

Abbonamento 2016: € 42,00 - Fascicolo singolo: € 13,00

3 20

16

Teologia per CONCILIUM.pdf 1 20/09/16 08:06

Abstracts

I. Dalle origini alla situazione contemporanea

m. babic, Il cristianesimo: dalla religione di stato alla libertà religiosa 27-40

Non appena l’unità religiosa, sulla quale si basava l’unità politica, crollò e non appena si aff ermò la pluralizzazione della religione cristiana in uno stesso stato, nello stato scoppiarono guerre di religione. Per conservare la pace lo stato dovett e, dal punto di vista religioso e ideologico, diventare neutrale, vale a dire laico: nel senso che non si fondava più su fonti sacre, ma secolari. La religione fu prevalentemente strumentalizzata, così come oggi la ragione umana viene strumentalizzata allo scopo di incrementare il potere politico ed economico. Per questo abbiamo bisogno di una secolarizzazione che non elimini l’essere altro dell’altro, e aff ermi piutt osto questo essere altro, e precisamente «nel modo della traduzione» (J. Habermas).

r.a. siebenrock, «Il vangelo della dignità dell’uomo». Dignitatis humanae, una provocazione continua 41-52

Dignitatis humanae si dimostra parte integrante del concilio Vati-cano II in quanto realizza le decisioni di principio dell’insegna-mento sulla chiesa e sulla rivelazione nell’incontro tra i credenti cristiani e persone di altre convinzioni, ripercuotendosi sul loro approfondimento. Dopo la collocazione storica e una interpreta-zione della dichiarazione nell’insieme del concilio, come esempio di una “teologia att enta ai segni dei tempi”, il signifi cato perma-nente di Dignitatis humanae viene visto nel fatt o che la chiesa può

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realizzare il vangelo solo ponendosi al servizio della dignità e della libertà degli esseri umani.

h. bielefeldt, Libertà di religione: un diritto umano conteso 53-67

La libertà di religione è un diritto umano oggetto di contese. Violazioni di questo diritto avvengono da parte di organi sta-tali o di attori non statali e si manifestano in varie forme che, da procedimenti penali formali, passando attraverso vessazioni amministrative, giungono ad azioni spontanee o orchestrate di mobbing. Le costellazioni di colpevole e vittima variano da paese a paese, sebbene i drammi più gravi accadano attualmente in Medio Oriente. La libertà di religione è però contesa non soltanto nella prassi, ma anche in linea di principio. Questo si mostra nei diversi tentativi di negarne il nucleo di diritto alla libertà. Sotto il concetto-guida della “lotta alla diffamazione della religione”, la libertà di religione viene piegata in direzione di una tutela dell’o-nore delle religioni, in particolare dell’islam. Anche un accento unilaterale su una libertà di religione “negativa” (freedom from religion) può avere conseguenze limitative della libertà stessa. Di fronte a tali minacce, il presente articolo rimanda alla funzione irrinunciabile della libertà di religione nel contesto complessivo dei diritti umani.

II. Tre realtà attuali da tenere in considerazione

e. Pisani, Libertà religiosa e stati musulmani: intrecci teologici e politici 68-83

A che punto si trova la questione della libertà religiosa nella rifles-sione dei pensatori musulmani? Gli sviluppi giuridici allo stesso tempo costituzionali o relativi allo statuto della persona negli stati musulmani testimoniano forse di una presa di posizione in favore della libertà religiosa? Sottolineando l’intreccio tra il teologico e il politico negli stati musulmani, questo articolo analizza, a partire da casi concreti, i segni dei primi passi che si stanno muovendo in direzione di uno sviluppo – sicuramente fragile, ma reale – in favore della libertà religiosa.

f. Wilfred, La libertà religiosa in Asia 84-99

Per comprendere la libertà religiosa nelle società multietniche e multireligiose dell’Asia bisogna spezzare la cornice liberale che

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Abstracts 23

convenzionalmente la circonda. La libertà religiosa ha a che fare non solo con gli individui e la loro scelta della religione, ma con la legittima autoespressione delle comunità segnate dalle loro identità religiose e bloccate in un conflitto tra di loro per motivi sociali, politici, culturali ed economici. Il contributo presenta tre diverse situazioni paradigmatiche in Asia e analizza l’interazione della libertà religiosa con altri fattori e forze in ciascuna di quelle situazioni. Esso mette in evidenza anche alcune delle questioni spinose, affascinanti e ambigue, catturate nella dialettica fra li-bertà religiosa e sua negazione. Si fa riferimento anche alla lunga storia di intolleranza religiosa e di negazione della libertà religio-sa in Occidente, riflettendo su come le lotte asiatiche per la libertà religiosa potrebbero essere di aiuto all’Occidente nell’incontro con le nuove sfide della libertà religiosa, connesse all’aumento della migrazione di genti provenienti da altre tradizioni religiose.

c. mendoza-Álvarez, La libertà religiosa di fronte alla violenza sistemica 100-109

Secondo la teoria mimetica e gli studi antisistemici, la libertà reli-giosa non è solo una questione di legge, ma è un problema antro-pologico e strutturale: in che modo i credenti possono opporsi ai poteri egemonici (sociali, politici, religiosi e mediatici) attraverso una libertà religiosa aggiornata al XXI secolo? Un’espressione di questo nuovo paradigma è costituita dalle resistenze religiose dei popoli indigeni in America latina e nei Caraibi, nonché da altri movimenti civili di vittime, che aprono la speranza per l’umanità a partire dall’altra faccia del potere globale.

III. Verso una validità universale della libertà religiosa?

h.-G. ziebertz, La libertà di religione come sfida per religione e società 110-122

Il diritto alla libertà di religione rende possibile agli individui reli-giosi la libera pratica della loro religione e tutela allo stesso tempo gli altri di fronte a possibili conseguenze negative della religione. Questo diritto formula i princìpi per trattare la pluralità religiosa e rappresenta uno strumento centrale per il mantenimento della pa-ce sociale e politica. La migliore garanzia per la libertà di religione è offerta dallo stato laico. Le religioni devono essere pronte a con-

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cepirsi come visioni particolari del mondo, nessuna delle quali in un mondo pluralistico è assunta singolarmente come universale ordinamento politico e giuridico. Affinché i diritti umani possano rivendicare validità universale, essi sono concepiti di proposito in senso non religioso (ma neppure antireligioso), in modo che le religioni li possano sostenere.

e. borGman, L’importanza permanente della libertà di religione 123-135

La libertà religiosa è importante perché è la verità e la giustizia a cui dobbiamo prestare obbedienza, non l’immagine della verità e della giustizia che i nostri stati sostengono o la nostra cultura o il nostro interesse personale mettono al primo posto. Tuttavia la democrazia liberale tende a pensare queste cose come garanzia per la libertà e tende a chiedere a ognuno di sottomettersi ai suoi valori. Ed è così infatti che presenta se stessa come una nuova reli-gione istituita. Il presente contributo sostiene, con la Dichiarazione universale dei diritti umani, che dovremmo considerare il diritto alla libertà religiosa come inalienabile, sebbene la convinzione religio-sa ci possa aborrire per ragioni molto plausibili.

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GIUSEPPE BONFRATERoma (Italia)

Che c’è del Chisciotte in teologia?

Nel mese di aprile 2016 cadeva un anniversario straor-dinario, quello della morte, avvenuta nel 1616, di Miguel de Cervantes, di William Shakespeare e dello scrittore peruviano Garcilaso de la Vega. L’occasione si offre, allora, per qualche considerazione sul rapporto tra letteratura e teologia, a partire da questi grandi autori. La letteratura dispone spazi inediti, divarica frammenti, dona simboli che evocano forme trasu-mananti, capaci d’introdurre a un livello che supera la realtà, sacramentalmente inventivo, percettivo dell’invisibile. L’incipit del Don Chisciotte di Cervantes, per esempio, ci mette di fronte a un no quiero dell’autore – «In un borgo della Mancia, di cui non voglio ricordarmi il nome, non molto tempo fa viveva un gentiluomo» – che ci segnala il punto più acuto della natura del letterario, l’elusione che allude, l’irrealtà e la ricreazione

CONCILIUM 52 (2016/4) 151-155

Giuseppe Bonfrate

Professore di teologia dogmatica alla Pontificia Università Gregoriana, ha svolto studi e ricerche in filosofia, teologia fondamentale e letteratura cristiana antica, a Roma, Cambridge e Boston. Ha pubblicato, fra l’altro, Origene e l’esodo della parola, Studium, Roma 2013.

Pontificia Università Gregoriana, Piazza della Pilotta 4, I-00187 Roma, Italia. E-mail: [email protected]

Che c’è del Chisciotte in teologia? 151

del reale: poietica. La letteratura, infatti, ha il potere di tenerti avvinto a una storia che non esiste, di creare stupore il cui ef-fetto, però, può cambiare la vita: catarsi. Per Vladimir Nabokov la letteratura è «finzione» e «ogni grande scrittore è un grande imbroglione».

Paradossalmente, è lungo le pagine di quel monumento del realismo europeo che è Madame Bovary di Flaubert che Na- bokov delinea la sua teoria che ha la definitività di un apofteg-ma:

La letteratura non è nata il giorno in cui un ragazzo, gridando al lupo al lupo, uscì di corsa dalla valle di Neanderthal con un gran lupo grigio alle calcagna: è nata il giorno in cui un ragazzo arrivò gridando al lupo al lupo, e non c’erano lupi dietro di lui. Non ha molta importanza che il poverino, per aver mentito troppo spesso, sia stato alla fine divorato da un lupo. L’importante è che tra il lupo del grande prato e il lupo della grande frottola c’è un magico intermediario: questo intermediario, questo prisma, è l’arte della letteratura. La letteratura è invenzione. La finzione è finzione1.

E allora, che c’entrerebbe la teologia con Sancho Panza e Dulcinea? Due personaggi che incarnano, di fronte al «genti-luomo di quelli con la lancia nella rastrelliera», che, appunto, si reinventa cambiandosi il nome più simile a quelli dei libri d’avventura che ha divorato, la necessità di tenere assieme la realtà e l’ideale, l’utopia e il disincanto. Fu un teologo della re-sponsabilità e dell’urgenza del reale come Bonhoeffer a fare di don Chisciotte e del suo fido scudiero l’emblema della recipro-cità essenziale di “resistenza” e “resa”: «Mi sono chiesto spesse volte», scrive nella lettera del 21 febbraio 1944, «dove passi il confine tra la necessaria resistenza e l’altrettanto necessaria resa davanti al “destino”. Don Chisciotte è il simbolo della resi-stenza portata avanti fino al nonsenso, anzi alla follia […]. San-cho Panza è il rappresentante di quanti si adattano, paghi e con furbizia, a ciò che è dato»2. L’unione di utopia e disincanto non è un dato statico, e si scopre necessaria quando si è in ricerca,

1 V. Nabokov, Lezioni di Letteratura, Garzanti, Milano 1982, 35.2 D. Bonhoeffer, Resistenza e Resa. Lettere e altri scritti dal carcere, Queriniana,

Brescia 2002, 312.

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in cammino, consapevoli che non a tutti sarebbe dato, come al vecchio Simeone dell’Evangelio di Luca, di lasciarsi andare – nunc dimittis –, avendo visto, trovato e stretto, quanto bramato. I più devono passare dal crogiuolo del disincanto, che corregge la punta indocile dell’utopia, generante un continuo trapasso inquieto e fragile delle parole. Traslato in teologia convince-rebbe che sempre, per quanto precise, fedeli, autentiche, si tratterebbe di adoperare parole penultime, a servizio di qual-cosa che è semper maior, nascosto al fondo del reale. La real- tà circoscrive ma non esaurisce, ospita e ti lascia andare. Don Chisciotte comincia le sue avventure come se ogni suo indugio avrebbe prodotto danno al mondo. Ci crede con tutto se stesso ma il mondo si è scombinato come la sua testa. Quello che gli appare, contro ogni evidenza, si trasfigura: l’osteria diventa una fortezza, i mulini a vento giganti con le braccia rotanti, la rustica Aldonza la sublime Dulcinea. Alla fine, morente, confessa l’essere divenuto prudente a sue spese, avendo con-cesso alla realtà il primato, quella di un Dio più grande delle umane imprese che gli permette, ora che i desengaños si sono dissolti, di tornare Alonso Chisciano. Nella resa malinconica all’ineluttabilità del morire trabocca la verità della misericordia divina e tutto sembra dettarsi sullo schema del De iustificatione di Trento: l’ausilio della grazia libera dall’inganno, gli errori si allontanano e inizia una nuova vita.

Nessuno studente di teologia dovrebbe saltare una simile lettura, per ricrearsi e darsi lo stupore di quell’affondo im-maginario che permette al vero di uscire dall’equivalenza del verosimile, non meno audace della continua ricerca di unità tra fede e ragione, ma dove quest’ultima è nel riflesso di una relazione che accoglie ma non esaurisce. Senza immaginazione buona parte della verità resterebbe nascosta. E quanti manuali saprebbero cesellare con similare incidenza la fenomenologia comico-tragica dell’avventura della grazia? La stessa Bibbia, il “Grande Codice”, si arricchisce di significati già suoi, ma invi-sibili e muti senza quelle rappresentazioni che hanno riempito i silenzi, con la poesia e i romanzi, e le continue rivisitazioni artistiche. E dunque se la teologia può stabilire amicizia con la finzione è perché con essa riesce a esprimere quella verità timida, nascosta, mite, come è avvenuto per la cristologia che

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Che c’è del Chisciotte in teologia? 153

ha dovuto reimparare a dare valore all’umanità di Dio e all’im-moralità della creatura senza moralismi, precorsa dalle lettere profane, quasi a scrivere, come avviene per Shakespeare, un vangelo poetico. La sua è una buona novella solamente uma-na, capace, però, di rendere nitido il male e far risplendere la bellezza; di dare corpo alle parole difficili, come morte e vita nel loro rincorrersi, colpa, perdono e grazia, quel tocco lieve, discreto, e a tratti malinconico che improvvisamente capovolge i destini, secondo una declinazione, solo drammaturgicamente possibile, della trascendenza immanente suonata sulla cetra di-vina delle pagine evangeliche. Questo è il carattere teandrico di ogni ponte che stabilisce relazioni solo apparentemente impos-sibili, molto più di una dialettica compie una sinergia ispirativa che unisce umano e divino (cospirazione) e insegna anche al lettore credente a non trascurare uno iota, a non diffidare della fabula, a non evitare l’epica tensione che, per esempio, promana da Genesi, se vorrà comprendere il Dio che parlando racconta.

Se incontriamo Amleto, un personaggio che Karl Rahner avrebbe definito “disattento” al senso profondo delle cose, ve-dremo che alla fine si concede a cogliere (readiness, “prontezza, disposizione vigile”) i segni di una misteriosa provvidenza di fronte alla caduta di un passero. Il «siate pronti» di Lc 12,35 e lo sparrow-passero di Mt 10,29 sono corrispondenze che non potrebbero riguardare solo la filologia. Ce ne accorgiamo di fronte a Re Lear, dove si tesse una trama cristologica che ap-pare una singolare sequela atta ad assumere la vita nell’accet- tazione-attraversamento del dolore e della morte per rinascere: un re kenoticamente divenuto mendicante «povero animale nudo», tradito e reso prigioniero, immerso in quella “follia” (nell’assonanza paolina) che appare come l’unica via alla ve-ra sapienza. Egli risorge negli occhi, nel riconoscimento di Cordelia, sua figlia. Un’altra kenosi è quella di Prospero, il Maestro, Mago supremo, il poeta, il regista della Tempesta dove il principio e la fine sono (quasi) Genesi e Apocalisse dal caos primordiale – una tempesta, appunto – a una visione che, per tener fede a Nabokov, dopo aver impressionato, svaporerà. Prospero incanta e risveglia, alla fine si spoglia, si libera dei panni del mago, sotterra la bacchetta e torna nella storia. Egli ha perdonato i nemici, anche quelli che non si pentiranno: cosa

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più grande non avrebbe potuto ottenerla da nessun sortilegio. Come avvenne In Principio e nel principio che ogni volta si celebra assolvendo, si esce liberi dalle mani di Dio, anche se il male non sparisce il bene prevarrà, e tutto si consegna nell’a-men di fronte al Provvidente. Prospero, nel finale, infrange il muro della scena e si rivolge agli spettatori che hanno ancora lo sguardo incantato, simile a quello, incatenato al cielo, dei discepoli durante l’ascensione, e come i due angeli li richiama sulla terra (cf. At 1,10s.) dove, in attesa del ritorno del Signore, bisogna riprendere il cammino e caricarsi la missione. L’arte esprime il suo massimo fulgore nel congedo, si esce dal teatro per ritornare rinnovati – si spera migliori – nella vita. Un con-gedo liturgico che invia.

Nella vita, di più, nella storia è immerso il nostro terzo au-tore. Garcilaso pare non aver nulla a che fare con l’invenzione. Il suo proposito è fare storia alla Plutarco, di mostrare in paral-lelo, poggiandosi a punti tesi a fissare una linea ermeneutica, in tensione dialettica, tra l’origine degli Inca e il Perù conquistato dagli spagnoli, riconducendo ogni cosa al suo miglior fine, cioè la “vera fede” radicata nelle Americhe, che sta raccontando, lui di origini spagnole, meticcio, figlio di una peruviana di sangue reale, agli spagnoli. Se la storia è una progressio ad Christum, per lui le storie di un popolo non possono essere recise, le culture demonizzarsi. Esse obbediscono alla concordanza tra Antico e Nuovo Testamento, tra prima e dopo, e come avvenne per i grandi viaggi verso il nuovo mondo, l’aldilà diventa parte del- l’aldiquà. Egli vuole essere cronista interiore, rabdomante alla ricerca di quelle sorgenti che uniscono le narrazioni di ogni angolo della terra, dipingendo quadri, bisognoso, ognuno, del suo parallelo tipologico per essere compreso. Quale necessi-tà segnala il suo stile per il teologo? Che non potrebbe farsi teologia senza entrare, assumere, collegarsi al punto di vista dell’Altro e dunque degli altri. Inoltre, egli prova che non si perde rigore se si coltiva la sapiente arte della narrazione, con-taminando la scrittura con il “parlato”, coi suoni e gli stili paca-ti e nitidi, lucidi e dolenti, al fondo, dunque, empatici, si tratti, allo stesso modo, di provocare ammirazione o riprovazione, e di esprimere malinconia per qualcosa di perduto o speranza in qualcosa di nuovo. E per far questo anche lui a suo modo in-

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Che c’è del Chisciotte in teologia? 155

venta, adoperando una lingua elegantemente evocativa anche quando descrive, intrecciando fili come abile tessitore, mago delle luci che non trascura le ombre. L’arte dell’intreccio, è l’indispensabile maestria che serve alla teologia per avvicinare al mistero delle relazioni trinitarie e dell’incarnazione, al con-nubio di ascese e discese coi suoi risvolti comici e dolenti, alla sinergia potente e drammatica di grazia e libertà.

Ci sono intrecci che liberano verità suscitando racconti. Da essi discende una saggezza così libera da apparire, a volte, insensata, come quando inseguendo don Chisciotte riceviamo l’evidenza che l’utopia sia capace di dare senso alla vita sconfi-nando. Dopo il concilio Vaticano II, la rivelazione non può più esaurirsi in un concetto, ma è relazione la cui essenza è follia, persona la cui forma è paradosso, aspirazione che scombina gli orizzonti e cambia i nomi alle cose, riscattando il lessico del sogno divino che deve trovare posto in teologia, sorridendo, ma non negando che la bacinella del barbiere possa diventare l’elmo di Mambrino.

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